La protesta dei vorrei essere un proprietario
Stampa
  Text size

È abbastanza sorprendente vedere come alcuni tra i marxisti più convenzionali siano così presi dalle odierne proteste popolari in Israele, che interpretano stupidamente come una manifestazione dello «spirito rivoluzionario israeliano». Sono convinti che in questo momento la «classe dei lavoratori» si stia sollevando, e che prevarrà necessariamente la pace. 

E, infatti, quello che si sta verificando in Israele (almeno fino a questo momento) è l’esatto opposto di risveglio della classe dei lavoratori. Invece alcuni in Israele la stanno chiamando la «Protesta dell’Immobiliare» perché in sostanza quelli che protestano desiderano le ricchezze: tutti vorrebbero una proprietà, una casa loro. Vogliono essere padroni. Vogliono le chiavi e le vogliono ora. Quello che vediamo a Tel Aviv non ha niente a che vedere con le lotte che si sono verificate in piazza Tahrir o ad Atene. Al massimo, le proteste israeliane si atteggiano a essere manifestazioni di lotta per la giustizia o socialiste. 

Ma qui finiscono le similitudini. 

Motti Ashkenazi (una figura leggendaria contro la dirigenza israeliana) ieri ha scritto su Ynet che «cè bisogno di ben altra sinistra (in Israele) una sinistra che si preoccupi prima di tutto dei poveri della nazione invece delle condizioni difficili dei nostri vicini». In parole povere che non possono essere altrimenti interpretate: Motti Ashkenazi sta analizzando quello che considera una svolta necessaria nel pensiero progressista israeliano, e le sue conclusioni sembrano voler dire di lasciar perdere la Palestina; concentriamoci una volta per tutta su noi, gli ebrei. Ashkenazi continua, dicendo che «abbiamo bisogno di unaltra sinistra, una più modesta. Invece di una visione dellintero Medio Oriente, farebbe meglio a immaginare un punto di visto sulla Stato di Israele». 

Anche il professore Nissim Calderon (un docente in Letteratura Ebraica) ha pronunciato conclusioni simili: «Abbiamo costruito una sinistra che si è concentrata sulla lotta per la pace, e solo quella. Ma ci sono enormi lacune nella nostra lotta: non siamo riuscita a lottare per la giustizia sociale». E ancora il Calderon di sinistra si riferisce alla lotta sociale all’interno della popolazione ebraica in Israele. 

La protesta di massa in Israele è, in effetti, l’esatto opposto di una genuina rivoluzione sociale: anche se si presenta come una protesta popolare, è un  festival populista. Secondo le notizie giunte da Israele, i dirigenti delle proteste che stanno montando sono persino riluttanti a chiedere le dimissioni di Netanyahu. Lo stesso vale per gli aspetti sulla sicurezza, sull’occupazione, sui fondi da destinare alla Difesa, visto che gli organizzatori non sfioreranno questi argomenti per non veder scemare rapidamente il sempre più ampio sostegno.

Quello a cui assistiamo in Israele non è neppure una rivoluzione socialista, e neanche una lotta per la giustizia. È in realtà una rivoluzione degli aspiranti borghesi e gli israeliani sono scesi in strada perché ognuno vuole essere proprietario, possedere un immobile. Non si preoccupano granché della politica, dell’etica o delle questioni sociali, e nemmeno sembrano interessarsi molto dei crimini di guerra di cui sono collettivamente complici. La malnutrizione a Gaza non è assolutamente una loro preoccupazione. Sembra che niente li riguardi, a parte sentirsi anche loro proprietari.

Ma perché vogliono avere una proprietà? Perché non riescono ad affittarne una. E perché non ci riescono? Perché ovviamente sono troppo care. Perché sono troppo care? Perché Israele è l’incarnazione definitiva di una società corrotta, speculatrice e capitalista. E io credo che questa sia la vera storia di cui non si parla. Se il sionismo era un tentativo di risolvere la Questione Ebraica – come l’autore Shahid Alam ha esplorato in modo dettagliato –, ha chiaramente fallito visto che è riuscita solo a trasferire la Questione Ebraica in altri luoghi, ad esempio in Palestina.

Il sionismo promise di formare un nuovo ebreo, sia dal lato produttivo che da quello etico, all’opposto di quello che ha definito il «capitalismo speculativo della Diaspora Ebraica» (1). Ha palesemente fallito, è il nocciolo della questione è che, nello Stato ebraico, gli ebrei israeliani stanno ora sperimentando i sintomi della propria cultura controversa (2).

Israele, che doveva essere lo Stato del popolo ebraico, è diventando un porto sicuro per gli ebrei più ricchi e più corrotti proveniente da tutto il mondo: secondo il Guardian, «delle sette oligarchie che controllavano il 50% delleconomia russa negli anni 90, sei erano ebree». Nel corso degli ultimi due decenni, molti oligarchi russi hanno ottenuto la cittadinanza israeliana. Hanno anche messo al sicuro i propri soldi sporchi nel porto finanziario Blu & Bianco. Wikileaks ha rivelato ultimamente che «fonti della Polizia (israeliana) stimano che il crimine organizzato russo (la mafia russa) ha riciclato 10 miliardi di dollari tramite le holding israeliane» (3). I mega-truffatori come Bernie Madoff hanno indirizzato i propri capitali tramite le istituzioni sioniste e israeliane per decenni. Israele è anche commerciante leader dei diamanti insanguinati. E non è certo una sorpresa che Israele sia anche al quarto posto nel mondo per il commercio di armi. Ovviamente, i diamanti insanguinati e i fucili sono una questione importante. E la cosa non si ferma qui, perché sempre più spesso è stato appurato che Israele prende parte al traffico e alla raccolta di organi. 

Sempre di più Israele sembra essere nient’altro che una macchina lava-soldi per gli oligarchi ebrei, per i truffatori, per i mercanti d’armi, per i trafficanti di organi, per il crimine organizzato e per i commercianti di diamanti insanguinati. Ma soprattutto i ricchi ebrei comprano le loro case per le vacanze a Tel Aviv e a Gerusalemme: ci sono informazioni che, nella sola Tel Aviv, migliaia di case vacanza sono vuote, tutto l’anno, mentre gli israeliani del posto non riescono a trovare un tetto. 

Il popolo israeliano è ancora lontano dal capire il proprio ruolo in questo spettacolo dell’orrore: il popolo israeliano deve ancora rendersi conto di non essere altro che truppe di terra in questo scenario sempre più pesante. Non riescono neppure a comprendere che il loro Stato mantiene uno degli eserciti più forti al mondo, per difendere i beni di alcuni dei più ricchi e immorali ebrei che siano in circolazione. 

Mi chiedo davvero se gli israeliani riusciranno a capire tutto questo. Quello che corrisponde alla realtà è che i dirigenti della odierna rivoluzione immobiliare israeliana vogliono che la lotta rimanga una caccia al tesoro materialista, e che stanno chiaramente evitando la politica: i sentimenti che fanno da guida e le motivazioni sono, ovviamente, espressi dal «dateci le chiavi delle nostre case e ripuliamo la piazza». 

Io credo che non sia affatto sorprendente che, in una società così avida nelle sue fondamenta e così orientata razzialmente, il dissenso che manifesta sarà inevitabile, anche se si ridurrà solamente al più bieco materialismo.

Sembra proprio che gli israeliani non riescano a salvarsi da soli dal proprio destino rovinoso, perché sono ciecamente dirottati dalla propria cultura distruttiva. Come io e pochi altri prevedono da più di un decennio, la società israeliana sta per implodere. È solo una questione di tempo.

 Gilad Atzmon

Fonte >
   www.gilad.co.uk | (L’ultimo libro di Gilad Atzmon è The Wandering Who).




1
) Il marxista sionista Ber Borochov (1881-1917) evidenziava che la struttura di classe della comunità ebraica europea somigliava a una «piramide di classe» invertita, una struttura in cui un numero relativamente piccolo di ebrei occupava il ruolo di lavoratore all’interno dei «settori produttivi», mentre un numero più significativo erano collocati nei commerci capitalistici e speculativi come nelle banche.

2) Su Haaretz Beni Ziper ha scritto: «Ho visto alla televisione alcune persone che gridavano contro i ricchi, o contro i magnati che controllano il Paese. Sembra che tutti pensano che sia eccitante e ardito e nessuno riflette sulla agghiacciante equivalenza storica con la Depressione in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, quando i ricchi ebrei che ci controllanoerano lobbiettivo di tutti’. Ziper è abbastanza attento per notare una ripetizione simile e sconvolgente nella storia ebraica. Comunque, Ziper è anche molto critico con i suoi connazionali. ‘Io sono sempre a favore delle proteste contro lo Stato, ma mai contro persone o gruppi di persone, che siano riccheo ‘(ebrei) ortodossi o persino coloni’. Chiunque sia in questa nazione a dare questi privilegi ai coloni, non sono loro che arrivano e rubano la cassa con la pistola puntata». Si può essere o meno d’accordo con Ziper, ma è evidente che anche lui ha ammesso l’esistenza di una similitudine tra gli argomenti sollevati in Israele contro i ricchi e l’attitudine anti-semitica della destra tedesca negli anni ‘20 e ‘30.

3) Per ulteriori informazioni sulle connessioni col crimine globale organizzato del Likud e degli altri maggiori partiti politici israeliani, seguite questo link:
http://cosmos.ucc.ie/cs1064/jabowen/IPSC/php/topic.php?tid=147

 

Home  >  Worldwide                                                                               Back to top