Voto di verginità perpetua di Maria santissima
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Un po’ di rumore nei media merita di essere commentato.

«‘Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?’ (1,34). Questa domanda appare incomprensibile, perché Maria era fidanzata, e, secondo il diritto giudaico, era ritenuta ormai equiparata ad una moglie, anche se non abitava ancora con il marito e la comunione matrimoniale ancora non era iniziata. A partire da Agostino la questione è stata spiegata nel senso che Maria avrebbe fatto un voto di verginità e avrebbe avuto un fidanzamento solo per avere un protettore della sua verginità. Ma questa ricostruzione fuoriesce totalmente dal mondo del giudaismo dei tempi di Gesù e sembra impensabile in tale contesto’».
(L’infanzia di Gesù di Joseph Ratzinger)

Sappiamo già che il Pontefice, con la pubblicazione della propria trilogia su Gesù, non intende insegnare Magistero della Chiesa né in alcun modo utilizzare della propria infallibilità; la sua è una riflessione teologica e come tale può essere non priva di errori.

Detto questo, mi voglio schierare a difesa della tesi sostenuta dal grande Sant’Agostino. In realtà non fu lui il primo e neppure l’ultimo a leggere il passo evangelico di San Luca secondo l’idea di un proposito perpetuo di Verginità di Maria Santissima. Prima del vescovo di Ippona, si era pronunciato in tal senso anche San Gregorio di Nissa; egli, nell’Oratio in diem natalem Christi, afferma:

«Ascolta la pudica voce della Vergine. L’Angelo le annunzia il parto; ma Ella aderisce alla verginità e ritiene di anteporre l’integrità all’angelico detto, di modo che né nega alle parole dell’Angelo la fede, né recede dal suo proposito. “Io – dice – mi sono interdetta qualsiasi relazione con l’uomo: In che modo avverrà ciò dal momento che io non conosco uomo?”... Se infatti fosse stata sposata da Giuseppe con l’intenzione di aver da lui dei figli, in che modo all’Angelo che le annunzia un parto, Ella poté portarsi come dinanzi ad una cosa nuova ed insolita, dal momento che anch’Ella si era già legata alla legge della natura, per essere un giorno madre? Ma siccome Ella doveva conservare integro e intatto, come un dono santo offerto, il corpo a Dio consacrato, perciò dice (all’Angelo): “Quantunque tu sia un angelo, e quantunque tu venga dal cielo, quantunque ciò che appare trascenda la natura umana, tuttavia a me non è lecito conoscere uomo. In che modo, senza opera d’uomo, io sarò madre? Conosco infatti Giuseppe come sposo, ma non già come uomo” (PG 1139-1142).

Le argomentazioni di San Gregorio sono forti, perché si radicano nel contesto del fatto evangelico narrato. Finanche la sorpresa di Maria Santissima avrebbe avuto nessun senso, qualora l’annunzio non avesse riguardato una sorprendente novità. Il semplice evento della nascita, infatti, non poteva meravigliare una promessa sposa; da lì a poco avrebbe certamente potuto concepire; che senso attribuire, allora, alla domanda rivolta all’Angelo Gabriele?

Sant’Agostino spiega bene che:

«Cristo, prima del suo concepimento, ha scelto, per nascere da Essa (Maria), questa verginità già consacrata a Dio, ciò viene indicato dalle parole di Maria all’Angelo che le annunzia un figlio; In che modo – chiede Ella – avverrà ciò dal momento che io non conosco uomo? Ella non avrebbe sicuramente parlato così se non si fosse consacrata come vergine a Dio. Ma siccome i costumi ebraici non ammettevano ancora un tal voto, Ella fu data come sposa ad un uomo giusto il quale non le avrebbe rapito con violenza ma avrebbe piuttosto protetto contro i violenti ciò che Ella aveva di già votato. E anche se Ella si fosse limitata a dire: In che modo avverrà ciò?, senza aggiungere dal momento che io non conosco uomo, la sua questione avrebbe dimostrato che Ella non si era maritata con l’intenzione di usare il matrimonio. Colei nella quale il Figlio di Dio avrebbe preso la forma di schiavo, per miracolo avrebbe potuto ricevere l’ordine di rimanere vergine. Ma affinché Ella fosse un esempio per le sante vergini, affinché non si pensasse che avesse dovuto esser vergine Colei soltanto che aveva meritato di essere, allo stesso tempo, vergine e madre, Ella consacrò la propria verginità a Dio nel momento in cui Ella ignorava ancora il futuro concepimento. In tal modo la vita celeste sarebbe stata imitata in un corpo mortale e terrestre, e ciò per mezzo di un voto, non già per mezzo di un precetto; per amore di una predilezione, non già per mezzo di un’obbligazione». (De sancta virginitate, 4, 4 PL 40, 398; confronta anche PL 38, 1097 e 1318; 44, 420).

Le parole del santo sono meravigliosamente profonde e rispondono, credo io, in tutto alle obiezioni sollevate in merito all’impossibilità di un sentire giudaico, all’epoca, differente. Invero, a ben vedere, anche qualora il contesto culturale del tempo non avesse ammesso in nessun modo un voto di verginità, questo non prova affatto che la Vergine santissima e neppure San Giuseppe non potessero costituire eccezione. Oltre che dalle testimonianze di Qumran, degli Esseni e della comunità dei Terapeuti, sappiamo dell’esistenza di persone che votavano a Dio la castità perpetua dei loro corpi dalle stesse parole di Gesù, in San Matteo 19,12: «Non tutti comprendono questa dottrina, ma coloro soltanto ai quali è dato. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal seno della madre; vi sono eunuchi che sono stati fatti dagli uomini, e vi sono eunuchi che si fanno tali da se stessi per il regno dei cieli». L’uso del presente: «si fanno tali» e «vi sono eunuchi», lascia poco spazio a proiezioni prossime nel tempo; si sta parlando di qualcosa che già c’è.

Tuttavia, l’argomento testuale resta il più forte: il «non conosco uomo» è infatti tempo presente, ma l’espressione ha valore «durativo»; si protrae nel tempo come un qualcosa di determinato e non modificabile. In realtà l’esistenza del voto precedente alla verginale concezione è già in re ipsa, nelle medesime parole di Maria santissima. Non dice infatti «non ho ancora conosciuto», ma, intendendo questo come già assodato, esclude possibilità di un futuro imbattersi in tal senso.

Ecco il passo di san Luca:



L’affermazione potrebbe essere letta anche in tal maniera: non sono rimasta incinta né prevedo di rimanervi, come potrò dare alla luce un figlio? Questo tipo di lettura non è difforme dal contesto né si oppone al senso letterale.

Un’ultima breve considerazione. Pensiamo davvero che Dio, l’eccelso, l’Essere trascendente ed onnipotente, onnipossente e creatore, infinito, eterno, invincibile, imperscrutabile, Sommo Bene, onnisciente ed inaccessibile, abbia potuto risparmiare alla Vergine santissima qualche dono o regalo, qualche grazia? La verginità, esaltata da Cristo, come superiore al matrimonio, non poteva non appartenere come dono a colei che avrebbe avuto in grembo lo stesso Figlio di Dio; e come pensare che tale sublime grandezza non potesse provenire da un proposito deliberato e consapevole di vivere solo e soltanto per l’Altissimo, di essere sua, corpo, anima e spirito, di lasciarsi invadere da Colui che è, oltre ogni misura? Davvero pensiamo la Vergine santissima tanto spaurita e sprovveduta da non essere in grado di penetrare i cieli e rubare all’Altissimo l’effusione dello Spirito divino, unico suo padrone, sposo e signore, capace di renderla talmente sua, da fecondarla dello stesso Verbo del Padre?

La regina delle vergini è stata tale sin dalla sua fanciullezza, quando lo Spirito Santo sussurrò al suo cuore purissimo il proposito di essere solo per Dio; e, a tal punto lo fu, che il Padre concesse lei quel che nessuna creatura avrebbe potuto «sopportare», il Figlio Gesù dalla sua carne e dal suo sangue.

Stefano Maria Chiari



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