La questione politica primaria
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Certi bambini frustrati si consolano succhiandosi il dito. Charlie Brown, con la copertina. Umberto Bossi sul pratone di Pontida, dove non mancano mai i soliti celti che si sono fatti in casa l’elmo con le corna di cartapesta e lo spadone con la carta argentata del cioccolato, sempre i soliti, di anno in anno più vecchi, che non gli lesinano l’applauso. Contento lui.

Quella è la sua gente, quella che continua a votarlo perchè condivide i sogni etilici nati nelle osterie di Pontedilegno, ciò che fra i celti di cartapesta passa per il carisma del capo. Più facile che ascoltare davvero l’elettorato del Nord produttivo, quello che ha smesso di votare Lega e Pdl.

Magari, quelli non sono delusi perchè la Lega non ha portato a Milano due o tre ministeri; sono delusi perchè non ha abolito le provincie. O perchè, commercianti, piccoli imprenditori o famiglie che non riescono a pagare tutte le tasse e i contributi in quanto in difficoltà, e preferiscono pagare prima i salari che gli arretrati INPS, si sono visti sequestrare la casa e l’auto da Equitalia: un Moloch di Stato, persecutore e strangolatore dell’intrapresa privata, che nemmeno Lenin aveva saputo escogitare per distruggere i capitalisti, e c’è riuscito un governo di centro-destra il cui Bunga Bunga aveva promesso: «Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani».

Magari non sono tanto delusi perchè ancora non hanno avuto il federalismo, ma lo sono perchè il 19 gennaio un Airbus di Stato ha portato da Roma-Ciampino all’aeroporto di Cuneo-Levaldigi il ministro Calderoli, desideroso di «far visita al figlio della compagna che quel giorno aveva subito un piccolo intervento». Il ministro della Semplificazione aveva deciso di semplificarsi la vita sentimentale per incontrarsi con gli amori suoi, facendo alzare in volo un aereo che nella versione commerciale porta 120 passeggeri (ma naturalmente, lorsignori hanno scelto l’allestimento VIP, tipo emiro del Kuweit): un viaggetto costato ai contribuenti almeno 20 mila euro. Calderoli ha smentito, ma a Cuneo-Levaldigi non si vedono atterrare tanti Airbus, e c’è chi si ricorda. Incidentalmente, l’amante del Calderoli, tale Gianna Gancia, è la presidente della provincia di Cuneo: il che può contribuire a spiegare come mai l’abolizione delle provincie non è più nel programma della Lega.

Questa storia degli aerei di Stato avrà contribuito all’improvviso disamore dell’elettorato di centro-destra? Parecchi hanno votato Berlusconi in base a due pensieri: è ricco, dunque non ha bisogno di rubare; è un imprenditore privato, grosso contribuente, dunque sarà un oculato spenditore del denaro pubblico. Macchè: oltre a 3 Falcon 900 (il meglio degli executive all’ultima moda) e quattro Falcon 50, la flotta degli aerei-blu disponeva già di 3 Airbus, mica pochi; Bunga ne ha voluto un quarto, versione 319 CJ ossia extralusso, con appartamentino e suite da letto presidenziale, tutto in pelle bianca. E mica l’ha pagato coi soldi suoi; l’ha messo in conto a noi, è per questo che Equitalia ci pignora l’appartamento e la macchina. Non basta: Bunga ha comprato coi soldi nostri anche una trentina di Piaggio P180, un biturbina executive ad otto posti, ideale per voli d’affari a medio raggio (Roma-Londra, per esempio), e li ha distribuiti fra Polizia, Protezione Civile, Forestale. Ma non servono a questi benemeriti organismi di protezione e soccorso: difatti, Al Caprone li ha voluti tutti con allestimento VIP. Servono a scarrozzare nei cieli i politici, e qualche generale, mica feriti e ustionati. Sporcherebbero gli interni in pelle chiara.

E questa flotta, che di per sè farebbe l’invidia di una compagnia aerea medio-grande, non basta. Ci sono momenti in cui tutti gli aerei di Stato sono occupati in voli dei capi del centro-destra, e allora ecco che un ex-presidente della repubblica ne chiede uno – facciamo un nome a caso, Oscar Luigi Scalfaro per tornare nella sua Novara – perchè sì, anche gli ex capi di Stato hanno diritto agli aerei-blù. Che fare allora? Si richiede uno dei numerosi Falcon 900 della CAI (nulla a che vedere con la sigla che comprò Alitalia), compagnia finto-privata, che è in teoria la flotta dei servizi segreti, ma anche quella tutta in versione VIP, e in pratica in cui ha le mani in pasta la amatissima figlia di Oscar Luigi Scalfaro. Secondo i maligni, quando Scalfaro chiede un aereo subito subito e tutta la flotta di Stato è occupata, lo fa per far guadagnare la CAI e l’amatissima figlia. Naturalmente ci dissociamo da questo sospetto.

Solo ci domandiamo: non poteva Berlusconi, o Bossi, o Calderoli, o uno qualunque dei ministri del centro-destra votato dal popolo dei privati che i soldi se li gudagnano e ci pagano le imposte, in tanti anni di cosiddetto governo, abolire questo indebito privilegio di volo gratis degli ex-capi di Stato? Tremonti ha detto: «Meno aerei blu e più Alitalia»: parole al vento, lo sa anche lui. La spesa di aerei blu è almeno triplicata, sotto Bunga-Bunga, e non c’è verso di diminuirla.

E poi c’è chi critica Tremonti perchè ha fatto tagli lineari, invece di andare a tagliare precisamente là dove il grasso cola. «Con la manovra finanziaria dello scorso anno aveva provato a tagliare del 50% i generosissimi rimborsi elettorali, come si chiama ipocritamente il finanziamento pubblico ai partiti: era infatti cresciuto del 1.100% tra il 1999 e il 2008», ha scritto Sergio Rizzo sul Corriere. Non c’è riuscito: i politici e i governanti di Lega e Pdl sono riusciti a limitare il taglio al 10%. D’altra parte, anche le spese della presidenza del Consiglio sono triplicate sotto Berlusconi; ma a sottrarre le spese di Palazzo Chigi al controllo della Ragioneria dello Stato, autorizzazione fattuale alle spese pazze, era già stato il centro-sinistra.

Magari è per questo che l’elettorato moderato o quello leghista – quella maggioranza che non porta gli elmi di cartapesta – è deluso: avevate promesso di mettere ordine nella spesa pubblica, ma siete diventati indistinguibili da Roma Ladrona. Ci state perseguitando fiscalmente proprio mentre da un governo nordico ci si aspettava qualche comprensione per le reali difficoltà economiche delle piccole imprese. Invece di agevolare l’iniziativa privata, la state distruggendo; e non tornerà più, il che significa che il gettito tributario sparirà, anzi sta già calando. E proclamate che troverete i miliardi necessari per la riforma fiscale (o clientelismo tributario a pioggia) nella fantastica lotta allevasione, questo tesoro leggendario con cui le sinistre attizzano il sospetto di classe. In che cosa vi distinguete da Visco e da Padoa Schioppa?

Intanto, ci avrete fatto caso, ad impadronirsi della vittoria – o piuttosto, la revulsione dei delusi – sono le caste parassitarie e inadempienti. Quelle da sempre nemiche della società e della libertà; rialzano la testa i precari, ben rappresentati dalla precaria che ha insultato Brunetta (o che Brunetta ha insultato chiamandola, giustamente, «lItalia peggiore»): figlia di un senatore di Rifondazione Comunista, figlia di papà della Casta che cumula emolumenti, pensioni e bonus. E avete sentito i sindacalisti Bonanni e Angeletti, fare le intimazioni al governo Bunga-Bossi, abbassa le tasse ed altre grida? Ma proprio Angeletti e Bonani sono quelli che – avendo deciso di difendere i pubblici dipendenti, più facili che i privati – hanno regalato loro aumenti del 22% in otto anni, tre volte di più che nel settore privato (e non dite di no, lettori delle caste parassitarie: ho sentito io, con le mie orecchie, Bonanni mentre, parlando a non so che dipendenti pubblici che si lamentavano di non avere avuto aumenti nella più grave recessione di questi decenni, vantarsi di averli salvaguardati).

Ho già detto altrove che, se solo i pubblici dipendenti fossero pagati come i privati, lo Stato avrebbe 7,2 miliardi di euro in cassa: da spendere per la riduzione delle imposte reclamata in ritardo dal Bossi di cartapesta.

Così, dopo quasi un ventennio di Casa delle libertà, siamo tornato al punto di partenza.  All’ineliminabile, elementare, primordiale questione politica: l’antagonismo fra 1) coloro che i soldi allo Stato li danno, e 2) coloro che i soldi dallo Stato (regione, provincia, comune, università, scuola, magistratura) li prendono. Solo che è un antagonismo a senso unico: coloro che i soldi li prendono ne sono ben coscienti, e decisi a svenare quelli che i soldi allo Stato li danno; sono questi a non essere coscienti della lotta di classe in corso, e a lasciarsi bollare da evasori fiscali dalle figlie di senatori di Rifondazione, l’Italia peggiore. Il problema politico primario è tutto lì: i tartassati non sono rappresentati, non hanno nessuno che li difenda. E non saranno gli spadoni di stagnola a difenderli, anzi.

A questo punto, devo parare una critica che sento venirmi dall’affezionato lettore Franco_PD:

«Un articolo godibile, nel quale ce ne è per tutti. Ma ora che abbiamo contemporaneamente riso e ci siamo mangiati il fegato che si fa? Sappiamo tutti quali siano i meccanismi che determinano la situazione, sempre che li vogliamo conoscere. E qui cade il discorso di Blondet. Non credo sia una questione di persone. Queste sono generate dalle meccaniche che ad esempio impediscono che si possa governare realmente. Berlusconi ci aveva pensato e provato e guardate come sta finendo».

Caro lettore, qui sfondi una porta aperta. Già più volte abbiamo accusato non la corruzione delle persone – come amano far finta di credere i magistrati giustizialisti – ma quella dei meccanismi, delle autonomie che corrompono e consentono lo spreco e le ruberie. Ancora di più: accusiamo le istituzioni, da cui discendono quei meccanismi corruttori.

Voglio citare qui una frase di Churchill: «Noi plasmiamo le nostre istituzioni, ma poi le istituzioni plasmano noi». È – oltre che il segno di una qualità di pensiero politico-giuridico inarrivabile da noi – un altolà e un allarme preventivo contro la manipolazione dei fondamenti del diritto, le riforme furbesche fatte per favorire una parte o una cosca, o la cosca bipartisan dei deputati o altro. Le istituzioni così distorte e deformate, ci deformano moralmente, umanamente; ci fanno applaudire il Primo Demagogo (che sta al Quirinale) contro i demagoghi da quattro soldi di Arcore e di Pontida. E adesso, ovvio, le sinistre continueranno a fare quel che hanno sempre fatto: rappresentare i parassiti pubblici e i loro stipendi in aumento, infornare precari stabilizzati, colpire gli evasori che non ce la fanno a pagare multe e contributi. Chieder sempre di più, a nome di coloro che i soldi li prendono, dissanguando quelli che i soldi allo Stato li danno, e poi magari vanno in giro con l’elmo da barbaro di cartone.

Di questi tempi, mi capita di dar ragione (incredibile) a Massimo Cacciari. Sempre più scorbutico e inascoltato, anzi detestato dai movimenti e referendari perchè non si accoda al plauso per la vittoria delle sinistre. Perchè non si accoda? Perchè, dice, le sinistre «nelle loro varie denominazioni» andranno al potere, senza avere un programma, una strategia che non sia inseguimento demagogico dei precari della scuola e degli aumenti ai pubblici magistrati, deformando ancor più le istituzioni.
Magari, dice Cacciari, «se il centrosinistra, nelle sue varie denominazioni, avesse posto al centro della propria strategia già da anni il tema di una riforma di respiro costituzionale, radicale quanto coerente. Ma così non è avvenuto, e forse non poteva avvenire, per la cultura e la storia dei suoi gruppi dirigenti».

Hanno lasciato de-industrializzare, non hanno detto un motto contro la globalizzazione e gli abusi della finanza globale, non «hanno sfruttato i margini ancora concessi per lesercizio di un potere democratico», imponendo – almeno nel dibattito pubblico, se non nelle leggi – severe leggi «anti-monopolistiche» contro i capitali che si muovono come gli pare, «armonizzazione delle politiche fiscali almeno nellambito dellUnione Europea, leggi che colpiscano i conflitti dinteresse a tutti livelli» e non solo quelli del Bunga-Bunga...

E ancora: «Forse oggi viviamo indemocrazie della conservazione’, caratterizzate da pachidermici tempi nellassumere qualsiasi decisione ma come sapranno confrontarsi tali regimi con una storia mondiale che sta assumendo caratteri del tutto rivoluzionari, rimane misterioso».

Infatti, da ultimo il mistero si sta chiarendo: non solo in Italia, ma in Spagna e in Grecia, governi e classi politiche che non risolvono da decenni il problema della disoccupazione giovanile e della sua precarietà universale, perdono legittimità agli occhi dei loro popoli. Che cosa ci state a fare, voi ricchi di Stato, voi che volate a sbafo coi soldi che ci sequestrate, soldi che non riusciamo più a guadagnare? Voi che non avete più il potere di dettare una politica economica perchè avete abbandonato tutte le vostre responsabilità al liberismo globale, ad enti sovrannazionali non eletti, a poteri forti di cui vi siete fatti servi anzichè antagonisti, voi che vi mantenete al potere con trucchi, ossia distorcendo le istituzioni in modo da restare nelle poltrone anche se nessuno vi vota più...?

Non avrei mai pensato di dover dar ragione a Cacciari, questo aedo della dissoluzione degli anni ‘70, oggi agghiacciato dagli effetti: «Se a un certo punto si avverte che la procedura democratica non funziona più nel promuovere gli aristoi’, ma magari proprio a rovescio, e che la classe politica ha come proprio fine linvestitura di cortigiani e fedeli, lidea democratica perde di senso, prima ancora che di funzioni», dice Cacciari. «Quando i partiti politici si riducono a oligarchie e comitati elettorali, quando selezionano invece che competenze economiche, giuridiche, istituzionali, retori, ideologi e portaborse, possono proclamarsi democratici da qui alleternità, ma agiscono nei fatti per precipitare la democrazia a demagogia e populismo».

Ma non basta. Deciso a farsi odiare, il filosofo dalla triste figura ha aggiunto una verità indicibile, quasi identica alla «Italia peggiore» di Brunetta.

«La democrazia entra in una crisi senza sbocco allorché il politico irresponsabile si sposa a unopinione pubblica che, per i motivi più vari, abbia rinunciato alle proprie responsabilità, e cioè ai propri doveri. Quando il popolo cessa di essere formato da persone responsabili, allora vince necessariamente il demagogo». Ieri Bunga Bunga e Bossi, oggi Napolitano?

Mai avrei pensato di trovarmi d’accordo con Cacciari. Ma tant’è. Abbiamo voluto una Costituzione e migliaia di leggi, e alla fine queste ci hanno plasmato così come siamo. Irresponsabili da operetta, e mica solo a Pontida.




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