Gesù sotto influenza?
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Una risposta è dovuta a questo lettore:

«Lo so è una domanda rischiosa ma la faccio lo stesso. Vorrei capire. Dove meglio di EFFEDIEFFE e della sua comunità approdindire un tale Tema... Sicuramente molti di voi sanno che il Papa stesso in un suo libro afferma che Gesù aveva influenze’ essene. A questo proposito cè tutta una letteratura, molto ma molto vasta, che sembra affermare proprio il contrario di quanto qui affermato... Gesù era un esseno!...? Perchè un esseno non potrebbe essere stato investito da Dio per trasmettere la sua Parola? Quale è la prova che Gesù era quello che dice la Chiesa cattolica? Mi piacerebbe sapere il vostro parere. Cordiali saluti e buon 2012 a tutti».

Quando Gesù appare in pubblico, a trent’anni, mostra una dottrina così completa e matura e anticonformista, una cultura dei testi sacri così profonda e pronta, una «didattica» così metodica (l’insegnamento in parabole) una dialettica così sicura di sè, un atteggiamento di tale autorità, da suscitare stupore nelle folle, e sbalordimento nei vicini e nei parenti, come è attestato nei Vangeli: «Non è quello il figlio del falegname? E i suoi fratelli non sono fra noi?». E i farisei gli chiedono continuamente: «Con che autorità fai questo?».

Ora, chi – deliberatamente o no – tende a negargli la natura di Dio, deve per forza supporre che il Personaggio derivi la sua visione religiosa e culturale, così originale, alta e completa, da un «insegnamento» precedentemente ricevuto, da un qualche «corso di formazione», da qualche «scuola» frequentata; e che magari il Suo pensiero abbia subito una «evoluzione» nel corso degli anni della vita nascosta (vedete dove si annida l’evoluzionismo).

Pre-supposto (per pre-giudizio) che Costui doveva aver «imparato» ciò che predicava, come accade a tutti gli uomini normali, gli si attribuisce una permanenza nella comunità di Qumram, i cosiddetti esseni.

E perchè? Io credo, per due motivi. Il primo è che la comunità essena è la sola ad essere ben conosciuta dagli studiosi, non solo perchè documentata da autori antichi (Flavio Giuseppe, Plinio il Vecchio, Ippolito...) ma soprattutto grazie ai fortunati e clamorosi ritrovamenti archeologici della sua biblioteca manoscritta e dei resti degli insediamenti abitativi e cultuali, appunto, nelle grotte di Qumram (1).

Ma esistevano altri gruppi religiosi ebraici a margine dell’ebraismo egemone, di cui si sa poco: per esempio, Filone l’Ebreo (Filone di Alessandria) accenna a una setta di asceti giudaici stabiliti in Egitto, che chiama «terapeuti», sparsi in varie comunità isolate – Filone usa per la prima volta, a proposito dei loro luoghi di ritiro, il termine «monastérion» – e che, dice, praticavano una medicina che non si limitava a curare i corpi, ma anche l’anima.

Dovevano esistere altri gruppi di cui non si sa nulla, in quell’epoca di fermento quasi esplosivo di un ebraismo in attesa del Messia, dove sono attestati ogni genere di pratiche e credenze (fino ai sadducei, materialisti e «liberi pensatori», che non credevano nella resurrezione) dalle non volute influenze straniere (ellenistiche) insieme culturali e politiche, da una crisi sociale profondissima e persino dall’inquietudine generata negli ebrei da una cronaca politica che si allontanava dagli ideali della  prevista «storia sacra»: basti dire che l’indipendenza israelita era stata conquistata dai Maccabei, anzichè dall’atteso Messia discendente di Davide, e che costoro (gli Asmonei) si arrogarono anche l’autorità religiosa (grandi sacerdoti del Tempio) ciò che per i più pii giudei era un’usurpazione, non essendo gli Asmonei discendenti della stirpe di Sadoc, la sola famiglia grande-sacerdotale legittima secondo il profeta Ezechiele. E tuttavia i Maccabei e i loro discendenti, che liberarono la Giudea dalla Siria verso il 160 avanti Cristo e la mantennero indipendente per un secolo (fino all’entrata di Pompeo a Gerusalemme, 63 avanti Cristo) erano «patrioti», che il nazionalismo ebraico non poteva rifiutare e rinnegare.

La situazione di ambiguità religioso-nazionale si aggravò con il regno di Erode il Grande: fu lui a ricostruire grandiosamente il Tempio, eppure era di madre araba e di padre idumeo (un gruppo etnico integrato a forza nel giudaismo dagli Asmonei) quindi «illegittimato» quanto al Tempio; per di più, era «amicus» (satellite-alleato) di Roma, e totalmente imbevuto di cultura ellenistica e pagana, tanto da lasciar stabilirsi a Gerusalemme squadre di gladiatori e gilde dionisiache... Tutto ciò era vissuto, nelle coscienze ebraiche più scrupolose, come un divorzio tra la società così com’era e la «santità» del popolo santo per eccellenza. A questo malessere furono trovate molte e plurali soluzioni, tendenti alla «purificazione» come recupero della «santità»; quella degli esseni fu una di queste. Il movimento di Giovanni il Battezzatore ne fu probabilmente un altro, non necessariamente dipendente dagli esseni.

L’altro motivo che ha indotto alcuni studiosi a supporre una «formazione» di Gesù nella comune di Qumram (senza alcuna prova diretta) sono alcune assonanze di temi: per esempio, i settarii di Qumram si autonominavano «comunità della Nuova Alleanza», e qualche volta nei loro testi si dicono «i poveri», occasionalmente «poveri nello spirito», come nel discorso delle Beatitudini di Gesù riportato da Matteo; prendevano un pasto in comune che aveva il valore di un rituale sacro; si sottoponevano ad una specie di battesimo, eccetera.

Ma ciò significa sottovalutare le dissonanze radicali tra la dottrina di Gesù e quella di Qumram. La più enorme è che gli esseni o comunità di Qumram si erano separati volontariamente dagli altri ebrei, giudicandoli in blocco impuri; mentre Gesù andava in cerca di peccatori, pubblicani e prostitute. È ben documentata archeologicamente la vera ossessione degli abitanti di Qumram per i bagni rituali e le abluzioni di purificazione. Sono state trovate delle piscine d’abluzione munite di scale (si scendeva impuri da un lato e si risaliva purificati dall’altro, prima di entrare nella mensa comune e nella sala delle assemblee); altri bacini erano approntati per l’immersione degli abiti, altri ancora per il vasellame. Ben cinque lavatoi erano previsti per la preparazione dei cibi, che evidentemente necessitavano di una purificazione specialissima... Sarebbe grossa se Gesù avesse compiuto la sua «formazione» in questa comunità. È quel Gesù che dichiara «Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma ciò che ne esce», e che viene dai farisei rimproverato di lasciare che i suoi discepoli mangino senza prima lavarsi le mani, nonchè di farsi toccare da una peccatrice pubblica.

C’è da chiedersi piuttosto: dove ha «imparato» a fare il contrario degli Esseni?

Si aggiunga che la Regola della comune, di cui c’è rimasto il testo, consiste in «un insieme cogente di prescrizioni, di maledizioni e di scomuniche» per i minimi trasgressori. I rigidi divieti contro l’esogamia dei libri di Esdra e Neemia vengono ulteriormente induriti. Un solo esempio: chi dà la propria figlia in matrimonio ad uno estraneo d’Israele, uno straniero, dev’essere lapidato, e la figlia bruciata viva: «Non ci sarà nè oblio nè perdono», tuona l’orribile regolamento. L’odio per gli stranieri si trova ad ogni passo. Al punto che i piissimi settari non si fanno scrupolo di modificare i Testi Sacri per adeguarli alla loro ideologia: laddove nella Bibbia come la conosciamo Giacobbe finisce per riconciliarsi col fratello Esaù (a cui ha rubato la primogenitura) nei testi esseni Giacobbe ammazza Esaù: non a caso, Esaù è ancor oggi la figura archetipica dello «straniero» per i rabbini. Gesù cura «stranieri» e non esita a dichiararsi ammirato dalla fede del Centurione; è chiaro per lui che «la carne e il sangue» non contano tanto quanto lo «spirito e Verità».

Gli adepti di Qumram praticavano l’astrologia. Chi voleva essere ammesso veniva sottoposto ad un accurato oroscopo personale (accompagnato da un esame fisiognomico) perchè lì si credeva che il quadro zodiacale di nascita avrebbe decretato la predestinazione, alla salvezza o alla dannazione. Gesù non sembra altrettanto interessato, nè versato, all’astrologia; forse il suo pensiero ha avuto una «evoluzione»?

Non basta. I settarii erano rigidissimi osservanti del Sabato. Al punto che in quel giorno si astenevano dal defecare. Uno dei loro testi più importanti, lo Scritto di Damasco, recita: «Non si aiuti una bestia nel giorno di sabato; se cade in un pozzo o in una fossa, non la si sollevi nel giorno di sabato» (XI, 13-14). È clamoroso che Gesù dica l’esatto contrario, e lo fa come se citasse a rovescio l’ingiunzione essena: «Chi di voi che abbia una sola pecora, se cade in un buco nel giorno di sabato, non andrà a prenderla e a sollevarla?» (Matteo 12,11).

Dico e ripeto queste cose perchè colpito dal tono ingenuamente tendenzioso con cui il caro lettore dice: «Perchè un esseno non potrebbe essere stato investito da Dio per trasmettere la sua Parola? Quale è la prova che Gesù era quello che dice la Chiesa cattolica?».

C’è in queste domande l’implicita accusa alla Chiesa di aver scientemente travisato la figura di Cristo, censurando e sopprimendo presunte «verità» nascoste, per esempio, nei vangeli che ha definito «apocrifi». Non è colpa del lettore se sospetta questo; è l’effetto e il successo di decenni di propaganda anti-cattolica, massonica o protestante, spesso sostenuta da eruditi – come quella Elaine Pagels di Princeton, cui si deve la «riscoperta» dei vangeli gnostici, finanziata dalla Rockefeller Foundation. Una vasta letteratura divulgativa è riuscita a diffondere nel «senso comune» moderno quel tipo di sospetto.

Le domande del lettore rivelano però, come mi pare di aver provato, una non-conoscenza fondamentale sulla dottrina degli esseni e la sua divergenza da quelle di Gesù, e una ignoranza sui criteri con cui la Chiesa «scelse» i quattro Vangeli canonici, rifiutando gli altri.

Il criterio era basato sulla «Tradizione», che va intesa in modo molto preciso e perfino tecnico, come trasmissione fedele del «deposito della fede». Ciò è ancora ben noto nella Chiesa ortodossa bizantina, ancorchè alquanto dimenticato nella nostra. Ai grandi padri greci, di quarta o quinta generazione, da Cristo, era ancora possibile sapere che un loro maestro aveva avuto a sua volta un maestro, il quale era stato discepolo diretto di un apostolo, e aveva appreso il Vangelo dalle sue parole. Così Ireneo di Lione aveva appreso l’insegnamento di Cristo da San Policarpo, morto nel 155, che a sua volta era stato discepolo di San Giovanni, apostolo e testimone oculare di Gesù. Similmente Clemente d’Alessandria aveva avuto come padre spirituale Panteno, che a sua volta era un discepolo di un discepolo di Giovanni. Se dunque costoro asseriscono che quel tal vangelo è «di Giovanni», non è perchè ne hanno giudicato il testo omogeneo agli altri tre Vangeli (non lo è) ma perchè l’autenticità è attestata dalla trasmissione documentabile, e risalente al testimone oculare Giovanni.

Per questo la Chiesa, oltrechè cattolica, si chiama «apostolica»: perchè la sua tradizione viene fatta risalire direttamente agli Apostoli, senza variazioni nè interpolazioni – e da parte di credenti, interpolare le parole di Cristo con proprie idee sarebbe stato un crimine e un peccato gravissimo.

Come scrive Clemente Alessandrino, a proposito dei maestri e specie del suo, Panteno: «Questi maestri conservavano la vera tradizione della beata dottrina: essi lavevano ricevuta di padre in figlio (ossia per trasmissione orale da maestro a discepolo) accogliendola così direttamente dai Santi Apostoli Pietro e Giacomo, Giovanni e Paolo. In tal modo, grazie a Dio, sono giunti fino a noi, depositando anche in noi quei preziosi semi dei Padri e degli Apostoli» (Stromata, I, 11,3).

Se il vangelo gnostico di Tommaso avesse potuto esser fatto risalire davvero alle prediche dell’Apostolo Tommaso attraverso suoi discepoli diretti, o quello di Giacomo al «fratello di Gesù», attraverso la catena di tramissione da maestro a discepolo che abbiamo descritto, anche quelli sarebbero stati accolti fra i canonici. E le «stranezze» o gnosi di quei testi sarebbero oggi patrimonio della Chiesa. Perchè, voglio ripeterlo, i padri non si attentavano a giudicare i contenuti di quella che credevano parola di Gesù, ma si limitavano a conservare quei testi e contenuti – qualunque fossero, e basta considerare la profonda differenza tra il Vangelo di Giovanni e gli altri tre – che si potevano effettivamente far risalire a testimoni oculari, discepoli o Apostoli di Gesù, attraverso la catena di testimonianze sicure.

Non è una cosa tanto insolita. Anche nell’Islam si tramandano gli «hadith», i detti di Maometto non compresi nel Corano, facendoli precedere dalla lunga catena («silsila») di «garanti» trasmettitori, che risalgono fino a un Compagno o un Seguace che lo sentì direttamente dal Profeta.

Così funzionano le cose quando vige una fede forte: estremo scrupolo nella trasmissione, ricevuta da testimoni oculari e auricolari noti per la loro onestà, o addirittura santità – che non oserebbero quindi mai distorcere le parole del loro Messia o Profeta, convinti com’erano che, facendolo, si sarebbero dannati. Per questo sono convinto che Gesù è «proprio quello che dice la Chiesa cattolica», anzi apostolica (ossia direttamente discendente da quei testimoni diretti, detti Apostoli). Al punto che si può dire che la fede è non tanto la fede in Cristo, ma la fiducia in Pietro, Giovanni, Giacomo, e Paolo, e nella loro veridicità.

Oggi, il senso comune laicista che invade tutto, fa sì che questo tradizionale criterio di veridicità, questo tipo di prova (credo in Pietro e nel suo evangelista, che ne ascoltò la predicazione) non venga accettato – come non lo accetta il lettore. Egli crede invece alla «scienza», e in quello che ci ha rivelato degli esseni: e non si rende conto, che anche la sua è una «fede» in certi testimoni, che hanno fatto certe asserzioni in quanto «scienziati», archeologi, epigrafisti, eccetera.

Dunque anche la sua fede è basata su delle persone. Quanto siano credibili queste persone, quanto siano mosse da proprie motivazioni inconfessate o persino confessate – spesso sono protestanti anti-papisti, ebrei, massoni, o semplicemente ignoranti dei metodi di trasmissione chiamati «tradizione», è qualcosa che il lettore non sottopone ad esame (2). Egli crede, e basta. Complimenti.

Cosa poi creda degli esseni, lo fa capire la sua stessa domanda: egli, semplicemente, non sa cosa facevano e asserivano gli esseni, o ne ha un’idea molto vaga; si appella ad una «letteratura molto vasta», ma non dice quale. È ovvio che «Dio poteva scegliere un esseno per trasmettere la sua parola»; ma bisogna dimostrarlo. La dottrina degli esseni ha contenuti precisi. La dottrina di Gesù ha contenuti precisi. I due contenuti non coincidono, anzi divergono.

Anche evocare il Papa che «in un suo libro afferma che Gesù aveva ‘influenze’ essene», è – a parte la svaporata vaghezza – un tipico trucco disonesto usato dagli anti-cristiani contro i credenti. «Come osate non credere al Papa? Il Papa ha affermato la verità dell’evoluzionismo darwiniano; il Papa dice che Gesù aveva influenze essene... Vi state ribellando al Papa, infallibile?». Così dicono costoro, che al Papa non credono mai. Cercano di metterci in situazione di colpa come cattolici, per impedirci di discutere i luoghi comuni del tempo. È singolare che in questi casi invochino contro di noi l’autorità dogmatica (a cui sono ostili in ogni altro caso) e soprattutto, che ci esortino a rinunciare all’indagine sui fatti – nel caso degli esseni come del darwinismo è lo stesso – e a credere per fede «a quel che dice il Papa», ma solo quando il Papa concede ai luoghi comuni imperanti. E che ci venga rimproverato nello stesso tempo di essere «troppo creduli» nella Chiesa, e non abbastanza, pare francamente troppo.

La nostra fede non è di questa cattiva lega. La nostra fede è ragionevole, ed esige criteri di ragionevolezza, e non rinuncia all’indagine su ciò che è discutibile. E la scienza è discutibile per principio, e la discutono gli stessi scienziati; è la pseudo-scienza che si pretende indiscutibile, e chiude la bocca a chi – poniamo – discute il darwinismo, impedendogli di opporre la sua critica nello spazio pubblico. Con gli esseni è lo stesso. Lo stesso coi vangeli gnostici, a cui ci viene ingiunto di credere più che ai Vangeli canonici, o almeno ugualmente. Ora, i vangeli gnostici – di Tommaso, di Giuda perfino – sono tutti testi in lingua copta, neo-egizia, e già questo dovrebbe porre qualche dubbio almeno sulla natura indiretta della loro testimonianza.

Parlare di «influenze essene» da parte del Papa, se l’ha fatto, è di una genericità assoluta. Perchè non ipotizzare influenze «terapeutiche», ossia dalla setta dei Terapeuti che praticavano guarigioni? Anche Gesù era guaritore... E perchè non «influenze platoniche»? Dopotutto, il greco era molto conosciuto nella Palestina di allora; la lingua ufficiale e l’amministrazione del regno erodiano erano greche, il prestigio dell’ellenismo era stellare; i Vangeli furono scritti primariamente in greco – nel greco comune della gente comune – ed anche ammesso che Pietro povero pescatore galileo non conoscesse la lingua, già Paolo, studente rabbinico, la conosceva. E non è da escludere che la conoscesse Gesù.

Ma naturalmente, asserire «influenze platoniche» non sarebbe meno arbitrario che affermare «influenze essene». Nel secondo caso, però, è da notare la volontà di svalutare l’originalità di Gesù, di ridurlo all’alveo dell’ebraismo, per mettere tra parentesi la clamorosa rottura con il giudaismo che rappresenta. È un elemento di tutta l’ideologia giudaizzante che è di gran voga specie (se non esclusivamente) tra le alte gerarchie clericali, per cui pare necessario descrivere Gesù come «un buon ebreo», e nient’altro che un buon ebreo. Magari, un pò esseno, da cui aveva ricevuto qualche formazione a Qumram...

Il che – si capisca o no – significa in fondo dire che non solo Gesù era un buon ebreo, ma che era solo un uomo. Un uomo ha bisogno di imparare, di ricevere formazione, e magari influenze culturali. Ma un Uomo-Dio, il Logos incarnato, ha questo bisogno? Il Suo pensiero è passibile di evoluzione, di influenze?

Questo Personaggio, a 12 anni, fu ritrovato dai suoi angosciati Genitori nel Tempio, «seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava . E tutti quelli che ludivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte». Così attesta Luca, 41-45.

In piena disputa rabbinica, il ragazzino. E alla Madre che lo rimprovera dice:

«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Già allora cosciente della sua natura di Figlio. Evidentemente senza alcuna «evoluzione».

Luca aggiunge che i genitori «non capirono le sue parole», ma che «sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore». Vi si sente l’eco della pudica testimonianza diretta – la più diretta possibile – che l’intraprendente Luca, il greco, strappò al riserbo della Madre, lei sì in via di «evoluzione», nel segreto del suo cuore. Questo cuore che ci è così caro.




1) E nonostante tutta la documentazione, ci sono studiosi i quali negano l’identità della comunità di Qumram con gli Esseni di cui scrivono gli antichi autori. A a tal punto la ricerca e la scienza sono ipotetiche e problematiche. Al contrario dei testi divulgativi sugli esseni, per lo più ispirati a sentimenti anticristiani.
2) Circolano ancora, fuori tempo massimo, polemiche calunniose, ormai radicalmente superate e smentite da tempo, secondo cui il Vaticano avrebbe sottratto alcuni manoscritti trovati a Qumram perchè «compromettenti per la fede cattolica». Cosa assurda, dato che dei libri di Qumram si è occupata una commissione internazionale scientifica, dove coi francescani (i più famosi archeologi di Terrasanta) operavano esperti d’altre fedi, fra cui israeliani della ufficialissima Aurotità per le Antichità. La fonte di queste calunnie è nota: il professor Robert Eisenman, della California State University, che indispettito per non far parte del gruppo esaminatore dei manoscritti, diffuse il sospetto che era in corso una sorta di monopolio culturale, che sottraeva i testi agli altri «scienziati». Eisenman si servì e fu affiancato da una certa stampa scandalistica (spiccano i giornalisti britannici Michael Baigent e Richard Leigh) che agitò il tema della sottrazione da parte del Vaticano di testi che sarebbero stati imbarazzanti: non stupirà apprendere che si insinuava fossero testi relativi ai rapporti di Gesù con la Maddalena... Einsenman pubblicò anche alcune traduzioni di testi sostenendo falsamente che erano del tutto inediti. Per mettere fine a queste polemiche, l’Autorità Israeliana per l’Antichità ordinò nel 1993 una riproduzione per microfilm di tutti i testi trovati a Qumram; da allora tutto il materiale è disponibile agli studiosi. E Eisenman è completamente screditato negli ambienti scientifici. Non però fra il vasto pubblico di lettori del «Codice Da Vinci» ed opere simili.



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