Segreti_UE.jpg
Defenestrazione di Praga, formato Angela Merkel
Stampa
  Text size
Il presidente ceco Vaclav Klaus si ostina a non voler ratificare il Trattato di Lisbona? Allora la Germania deve avviare l’impeachment contro di lui: è la proposta di Jo Leinen, parlamentare europeo tedesco (1). Leinen (SPD) non è un isolato minacciatore: è il presidente della Commissione parlamentare UE per gli affari costituzionali; e proprio in questa veste sta premendo per la ennesima «defenestrazione di Praga» (2).

Il suo argomento: siccome la Corte Costituzionale ceca ha già approvato il Trattato di Lisbona, la detta Corte deve dichiarare decaduto il presidente renitente Klaus, perchè non obbedisce alla «legge».

Benchè membro del partito socialdemocratico SPD sconfitto alle elezioni tedesche, Leinen (grande amico dei radicali italiani) ha nella sua azione l’appoggio di Angela Merkel e del suo governo. Come ha rivelato il Times di Londra, diplomatici e giuristi tedeschi si sono stabiliti a Praga per studiare, insieme agli «europeisti» praghesi, i trucchi legali per rendere possibile la deposizione. O come minimo, come modificare la costituzione ceca in modo da spogliare il presidente del suo diritto di veto. Affiancano i tedeschi anche i diplomatici francesi, uniti nella ricerca «del modo di togliere di mezzo l’ostacolo Klaus».

Il Times cita un (anonimo) diplomatico tedesco che dice: se Klaus insiste a non firmare il trattato, «ne pagherà le conseguenze» (3). Se l’attacco avrà successo, per la prima volta uno Stato europeo potente come la Germania avrà preso misure dirette per deporre il capo di un altro Stato della UE che non gli piace.

Chiamatelo, se volete, il profumo della «nuova» Europa: col Trattato di Lisbona, il diritto costituzionale degli Stati membri meno potenti può essere violato da altri Stati membri. Anzi: nel caso ceco, il Trattato di Lisbona sarà applicato anche contro uno Stato che non lo ha ratificato.

Il caso è gravissimo, perchè – se i tedeschi riescono nella loro manovra – non c’è dubbio che farà giurisprudenza in quello strano «diritto» che regge l’Unione europea. L’ingerenza negli affari interni di un altro Stato e governo diverrà legittima pratica corrente (fossimo in Berlusconi, inviso ai poteri forti europeisti, ci preoccuperemmo).

La cosa è tanto più grave in quanto nel luglio scorso la Corte Costituzionale germanica a Karlsruhe ha invece sancito che il Trattato di Lisbona deve essere accettato solo nella misura in cui è «compatibile» con la costituzione nazionale in tutti i campi che «plasmano le condizioni di vita della popolazione e, in particolare, dipendono da precondizioni culturali, storiche e linguistiche» (4). Di fatto, la Germania è il solo Stato-membro che ha mantenuto una porzione di sovranità e, mentre si ingerisce degli affari altrui, può rigettare ogni ingerenza eurocratica sulle sue leggi. La repubblica federale si avvia a diventare così – surrettiziamente, agendo sul  melmoso «diritto in fieri» della UE – la sola potenza egemone europea.

Questo, naturalmente, non fa nulla per acquietare le ansie di Vaklav Klaus: il presidente esita a firmare il Trattato di Lisbona proprio perchè teme l’espansionismo tedesco del secolo precedente, di cui furono i cechi a fare le spese. Più specificamente, Klaus vuole dalla Unione garanzie che la sedicente «Carta UE dei Diritti Umani», che è appiccicata al Trattato di Lisbona, non venga strumentalizzata dalla Germania per avanzare pretese territoriali o di compensazione per i tedescofoni dei Sudeti, che nel 1945 furono espulsi in massa (una pulizia etnica comunista).

Per quanto «democratica e antinazista», la repubblica federale tedesca non ha mai lasciato cadere, ma anzi ha sempre sistematicamente sostenuto le pretese sulle proprietà terriere dei profughi dai Sudeti, o per meglio dire, ormai, dei loro discendenti. E il presidente dei «Sudeten German Homeland Association» è un parlamentare europeo, Bernd Posselt, che proclama il diritto al ritorno dei tedescofoni nelle terre ceche, proprio agitando la Carta dei Diritti Umani.

Ma possibile che Vaklav Klaus sia contrario ai diritti umani? E chi ha il coraggio di opporsi ai diritti umani?

La cosa si chiarisce meglio quando si sa quali «diritti umani» la Carta UE dei Diritti Umani promuove: non il diritto al lavoro e ad un onesto salario (c’è il libero mercato adesso), bensì il diritto umano degli omosessuali di sposarsi ed adottare bambini, il diritto all’aborto delle minorennni senza il consenso dei genitori (Zapatero sta già introducendo questo «diritto» in Spagna), il diritto all’eutanasia, e soprattutto la lotta contro «omofobia» (5), «razzismo» ed «antisemitismo». Sopratttutto quest’ultimo.

Pochi sono informati che la UE si è già dotata di una «definizione operativa dell’antisemitismo», preludio legale all’inserimento nel codice penale europeo di figure di antisemitismo. La definizione viene chiamata «operativa» (working) perchè essa si amplia costantemente secondo le indicazioni delle «ONG ebraiche» che – come afferma la UE – collaborano attivamente ad aggiungere sempre nuove manifestazioni di odio antisemita (6). In pratica, è la «sensibilità» degli ebrei a definire che cosa è antisemita. Una sensibilità che diventa ogni giorno più ipersensibile, quante più sono le atrocità israeliane da rendere impunibili.

Infatti, la sezione europea dell’ADL (Anti Defamation League) ha recentemente annunciato il suo programma della sua prossima campagna: entro il 2010 conta di espandere il reato di «negazionismo dell’olocausto» – che è un delitto penale in Germania e in Francia – a tutti gli altri Paesi europei.

La campagna di pressione non comincia adesso: già nell’aprile 2007 la Commissione Europea ha approvato una legge (chiamiamola così) che commina un minimo di tre anni di carcere per negazionismo, pur lasciando agli Stati membri l’opzione di non applicare tale «legge» ove non esistesse già nei loro codici.

Immediatamente la Germania annunciò che avrebbe fatto pressioni per rendere il negazionismo un crimine in tutti i 27 Stati membri. Sorprendentemente, Gran Bretagna, Svezia, Danimarca e Slovacchia non hanno accolto questa cosiddetta norma. L’Unione delle Comunità Ebraiche italiote fece i dovuti passi sul ministro della «Giustizia», il famoso Mastella, che effettivamente ha varato la legge che infligge tre annni di galera per «istigazione all’odio razziale»; ma la legge Mastella non soddisfa l’UCEI, in quanto non menziona esplicitamente il delitto di negazionismo olocaustico. La lotta dunque continua.

Col varo del Trattato di Lisbona diventa evidentemente più facile per i tedeschi obbligare gli altri Stati membri ad adottare il loro senso di colpa in termini penali. Il Procuratore centrale europeo ha già di fatto il potere di incarcerare qualunque cittadino d’Europa che nega o minimizza la Shoah.

Il Trattato di Lisbona, in modo ignorato dai più, cambia il senso essenziale della cittadinanza.

Dalla dizione «la cittadinanza dell’Unione è complementare alla cittadinanza nazionale», si è passati alla formula: «La cittadinanza dell’Unione si somma (shall be in addition) alla cittadinanza nazionale».

Con questa variazione, gli azzeccagarbugli eurocratici hanno dato per la prima volta ai 500 milioni di abitanti del vecchio continente una cittadinanza europea separata dalla loro naturale. Con ciò, hanno aperto la porta all’imposizione dei «doveri europei» al disopra dei doveri nazionali, e quindi all’estensione a tutti dei famosi «diritti umani eurocratici»: sia il diritto della sedicenne di abortire senza dirlo alla mamma, sia il diritto delle comunità ebraiche di sbattere in galera per negazionismo chinque critichi Israele,o anche chi «tracci paragoni tra l’attuale politica di Israele e quella dei nazisti».

Così si capisce come mai l’agenzia ebraica European Jewish Press il 4 ottobre scorso abbia salutato l’approvazione de Trattato da parte dell’Irlanda con un titolo esultante: «E’ un grande giorno per l’Europa!» (7).

Il Trattato dà alla UE, per la prima volta, una personalità giuridica e una esistenza legale indipendente dagli Stati membri. Presto avrà un presidente scelto da loro (Tony Blair), come hanno già la Banca Centrale Europea, non a caso con sede a Francoforte, che è la culla natale della famiglia dei banchieri Rotschild. Avrà anche un procuratore che potrà applicare le «leggi» che stanno a cuore a lorsignori, siano o no ratificate dagli Stati membri.

L’esultanza dunque si spiega. Per la lobby, è molto più semplice manipolare una singola entità il cui potere non dipende dal voto popolare, che far pressioni e influenza su una quantità di politici eletti per ciascuno dei ventisette Stati, come faceva prima. E’ anche più economico.




1) «MEPs call for Klaus’s impeachment», Prague Daily Monitor, 13 ottobre 2009.
2) Il 14 marzo 1948 il ministro degli Esteri ceco Jan Masarik cadde «accidentalmente» dalla finestra del bagno del ministero a Praga. Masarik era l’unico ministro non socialista nel governo comunista, creato un mese prima dai carri armati di Stalin. Nel 1938 Hitler aveva fatto dimettere il presidente ceco Edward Benes, ma senza defenestrarlo.
3) «Germans seek to oust Czech president Vaclav Klaus over EU treaty», The Sunday Times, 11 ottobre 2009. La rete radiofonica tedesca ARD, con la sua emittente di Praga, sta conducendo una forsennata campagna di discredito di Klaus, definito un «egomaniaco», un «nazionalpopulista», che fa della Cechia «il manicomio d’Europa». Essendo la ARD una emittente dello Stato tedesco, è impossibile che questa campagna d’insulti non sia permessa dalla Merkel.
4) Si veda il mio «Trattato di Lisbona sepolto dai tedeschi», Effedieffe, 7 luglio 2009. Il titolo era un errore: come ora si vede, i tedeschi si sono impadroniti, per così dire, del Trattato di Lisbona. Per applicarlo agli altri.
5) Come si sa, la UE e persino l’ONU hanno deplorato la mancata approvazione della legge sull’omofobia da parte del nostro parlamento.
6) Ecco alcune delle aggiunte più recenti alla definizione «operante»: «E’ antisemitismo penalmente perseguibile (...) «accusare gli ebrei in quanto popolo, o Israele in quanto Stato, di inventare o esagerare l’Olocausto (...). Accusare cittadini ebrei di essere più leali a Israele, o a supposte priorità degli ebrei in tutto il mondo, che agli interessi della loro nazione. Esempi di come l’antisemitismo si manifesti con riguardo allo Stato d’Israele, prendendo in considerazione il contesto generale, possono includere: negare al popolo ebraico il proprio diritto all’autodeterminazione, cioè sostenere che l’esistenza dello Stato d’Israele è un atto di razzismo. Adottare due misure diverse (a Israele) aspettandosi da esso un comportamento non atteso o richiesto a nessun’altra nazione. Tracciare paragoni tra la presente politica d’ Israele e quelle dei nazisti. Ritenere gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato d’Israele. «Gli atti antisemiti sono criminali quando sono così definiti dalla legge (per esempio la negazione dell’Olocausto o la distribuzione di materiale antisemita in certi paesi)» fonte: http://www.european-forum-on-antisemitism.org/working-definition-of-antisemitism/?fontsize=2
7) Maud Swinnen, «Yes Irich vote to Lisbon Treaty: a good day for Europe», European Jewish Press, 4 ottobre 2009.



La casa editrice EFFEDIEFFE, diffida dal riportare attraverso attività di spamming e mailing su altri siti, blog, forum i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore.



Home  >  Europa                                                                                            back to top