05 Maggio 2010
Voci allarmistiche, diffuse ad arte, hanno provocato la caduta delle Borse il 3 maggio: la Spagna ha chiesto aiuto al FMI, le agenzie di rating stanno per degradare il debito pubblico spagnolo... Inutilmente il governo di Madrid ha smentito con durezza. Tutte le Borse sono cadute, per «il diffuso timore sui debiti pubblici» dei Paesi europei, hanno scritto i giornali britannici.
Jacques Delors
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Le proposte di regolamentare e frenare la speculazione selvaggia vengono da ben identificati governi nazionali, Germania, Francia e Italia. L’eurocrazia di Bruxelles conduce un gioco ambiguo in questa partita (la sua assenza nella crisi greca è stata notata da molti osservatori) per un motivo preciso: continua a seguire il progetto stilato da Padoa Schioppa in quel vero manuale della sovversione che pubblicò nel 1987 con il titolo «Efficienza, Stabilità, Equità», e con l’entusiastica prefazione di Jacques Delors.
In questo manuale, Padoa Schioppa prevedeva freddamente quel che stiamo soffrendo: che la moneta unica europea avrebbe provocato tragiche «crisi asimmetriche» fra Paesi di diversa forza economica, trasferimenti speculativi selvaggi di capitali ed anarchia economica.
E questo sarà un bene, scrivevano Padoa Schioppa e Delors, perchè i governi nazionali, non potendo controllare il disastro, dovranno accettare di cedere i loro ultimi poteri sovrani alle elites sovrannazionali eurocratiche.
Questo il loro progetto: facilitare le crisi economiche, a prezzo della miseria di milioni di lavoratori, allo scopo di prendere il potere.
«Dovremo amministrare noi la nuova ricchezza», scriveva Delors, «la Commissione CEE [l’organo non votato che governa l’eurocrazia] deve avere più poteri regolatori. Deve controllare il bilancio globale. La Commissione deve coordinare le politiche macroeconomiche, e per questo bisogna abolire il protezionismo».
Questo progetto era approvato - se non suggerito - dai poteri forti britannici. Samuel Brittan, fratello di sir Leon Brittan che allora era il delegato britannico a Bruxelles, scrisse nel Financial Times il 23 giugno 1984: «Pochi capiscono quanto avanti si siano già spinti gli Stati del Sistema Monetario Europeo (SME, il precursore dell’euro). Il punto chiave è l’abolizione dei controlli sui cambi e la libera circolazione dei capitali come parte del mercato unificato; da quel momento sarà impossibile ai Paesi dello SME perseguire politiche monetarie indipendenti, o anche imporre alle proprie banche obblighi di riserva differenti».
In realtà, nella crisi del debito greco, questa previsione tanto desiderata dai poteri finanziari globali non si è realizzata del tutto. Anzichè correre a consegnare a Bruxelles i poteri sovrani residui, gli Stati si sono (più male che bene) (1) accordati fra loro per il «salvataggio» del debito pubblico di Atene.
Da qui la necessità, per Londra, di aggravare ed estendere la crisi del debito pubblico ad altri Paesi, per scardinare questo principio di intese bilaterali fra Stati sovrani. E per sventare una regolamentazione delle attività speculative, che danneggerebbe il business degli hedge funds londinesi.
In questo gioco, Bruxelles è oggettivamente complice delle oligarchie finanziarie globali, perchè dall’aggravarsi della crisi continua a sperare di vedersi consegnare dai governi i poteri assoluti a cui aspira. Da gestire poi insieme ai fondi speculativi e ai suoi Soros e Goldman Sachs.
La Banca Centrale Europea è parimenti complice, vietando ogni flessibilità di manovra ai Paesi in crisi, e rifiutandosi di monetizzare. Si ricordi che Trichet presta alle banche tutto il denaro che vogliono all’1%, ma alla Grecia no. Alla Grecia, gli Stati europei hanno promesso di prestare al 5%, il che per la Grecia significa un maggior esborso di 9 miliardi di euro l’anno . I «mercati» (speculatori) vogliono il 12%, il 14%.
«La scelta dell’Europa è integrarsi o disintegrarsi», si rallegra Wolfgang Munchau, capintesta e ideologo del liberismo britannico sul Financial Times del 4 maggio. Evidentemente, come Padoa Schioppa, auspica una maggiore «integrazione». In mano a persone non elette dal popolo, e magari ex dipendenti di Goldman Sachs.
E gli oligarchi non mancano di alleati ben piazzati (2). Si sarà notato che, solo poche ore prima che le false voci da Londra facessero crollare i mercati, il capo della Banca d’Italia, nonchè presidente del Financial Stability Board presso la BCE ed ex-funzionario Goldman Sachs, ossia Mario Draghi, ha fornito un altro allarmismo dichiarando: «Ci sono altri Paesi che, senza misure di aggiustamento, sono esposti a un rischio simile» a quello greco. Senza dire quali.
Un banchiere centrale che soffia sul fuoco e agevola la speculazione, è una bella novità. E sul piano penale, si chiama «aggiotaggio».
Il risultato di questa sovversione dall’alto sarà che i tassi d’interesse rincareranno. Tutti i tassi: non solo quelli dei debiti sovrani, che dovremo pagare come italiani sui titoli del debito pubblico, insieme a spagnoli e portoghesi. Diverranno più gravosi anche i tassi sui debiti delle aziende (il denaro rincarerà, le obbligazioni che emettono costeranno loro di più) e delle famiglie e dei privati, mutui, acquisti a rate, carte di credito. L’economia reale, aggravata dal maggior costo del denaro e del credito, sarà ulteriormente strangolata.
1) Con un aiuto tardivo e ingeneroso, s’è solo guadagnato tempo, a prezzo di un aggravamento della situazione ellenica. E’ stato calcolato che il rapporto fra debito pubblico e PIL greco peggiorerà: dal 127% del 2010 al 185% e passa nel 2013.
2) Ovviamente, fra i complici obbiettivi della nostra crisi finanziaria, va annoverata la corruzione politica: il costo della Casta, delle mazzette, degli appartamenti regalati all’insaputa di Scajola. La Corte dei Conti ne ha valutato i costi in 60 miliardi di euro l’anno. La Banca d’Italia ha deunciato che l’aumento della corruzione è stato nel 2009 del 200%.
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