L’anticristo e la bestia apocalittica
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Presentazione

EFFEDIEFFE ha già pubblicato, nella sezione Storia, il 21 luglio 2011 ed il 25 ottobre 2011 due monografie tratte dalla RISS rivista fondata e diretta, fino alla sua morte, da monsignor Jouin. Le monografie precedenti riguardavano Il Re del Mondo, la prima, pubblicata in quattro parti, e gli Albigesi o Catari la seconda.

Proseguendo questo impegno, oggi presentiamo ai lettori uno scritto a firma di Kam Naphats, pseudonimo di uno dei tanti redattori della rivista a cui non sappiamo dare un nome reale.

L’argomento è quanto mia interessante, visto anche il periodo storico che stiamo vivendo, l’Anticristo e la Bestia apocalittica più che mai sono di grandissima attualità: il genere umano che sembra impazzito, le efferatezze che quotidianamente riempiono i notiziari dei media e le pagine della carta stampata, la rapacità delle élites economiche, la miseria dilagante, le malattie ci danno un quadro della nostra epoca che molti tratti ha in comune con gli scenari descritti dall’Apocalisse.

Quando San Giovanni scrive nelle Epistole: «… L’ultima ora è arrivata ed avete udito che deve venire l’Anticristo, di fatto ora molti Anticristi sono apparsi… L’Anticristo è colui che nega il Padre ed il Figlio… Qualsiasi spirito che non crede che Gesù Cristo sia Dio… Questo era l’Anticristo di cui voi avete già sentito dire che è venuto nel mondo… Molti seduttori sono venuti nel mondo ed essi non hanno accettato che Gesù Cristo è venuto in carne… Tali uomini sono tutti Anticristi …».

Le sue parole ci mettono i brividi: quanti negano Dio, quante dottrine «avanzate» distorcono in maniera molto seducente, per noi che abbiamo sostituito le mollezze ed i piaceri materiali della vita alla Verità, la parola che Gesù ha predicato per la nostra salvezza? Quanti ormai vivono la loro esistenza come se Dio non esistesse e se la loro vita fosse soltanto quella che trascorriamo su questa terra e finisse con la morte corporale? Quanti hanno forti dubbi sull’incarnazione del Verbo di Dio e sulla sua doppia natura umana e divina? Le parole dell’Epistola di San Giovanni ci folgorano con la sua incredibile attualità e ci feriscono come una lama di un rasoio per la loro crudele aderenza a quello che viviamo tutti i giorni.

La contaminazione che in materia è stata operata da una vasta letteratura rabbinica, è servita sicuramente per diffondere innanzitutto un clima di aspettativa negativa se non di terrore, ma soprattutto, per accreditare false concezioni e distorte teorie in materia.

Se si piegano le profezie alla necessità di dover giustificare gli avvenimenti che si svolgono in un determinato periodo storico, o in un certo luogo geografico, le si svuota del loro contenuto essenziale ed astratto che conferiscono alle medesime un valore acronico e sempre calabili in qualsiasi realtà temporale e spaziale. Se così non fosse si andrebbero a negare alcune importantissime ed essenziali prerogative di Dio: l’onniscienza e la sua eternità. La sua parola è eterna e sempre valida, i suoi moniti al di fuori del tempo e della limitatezza umana: Dio non può, ex natura sua, profetizzare qualcosa che non sia eterno, non si riferisce mai ad un fatto specifico, ad una singola situazione particolare, ma parla sempre ben tenendo presente la fragilità della natura umana, l’attitudine del genere umano a sbagliare ed a credersi superbamente infallibile e potente.

Quindi l’Anticristo non è un uomo singolo, ma il termine deva essere inteso in maniera collettiva, al contrario di quanto la scuola rabbinica vorrebbe accreditare e che anche in campo cristiano, in mancanza di una specifica dottrina della Chiesa e di un pronunciamento definitivo della tradizione in materia, ha avuto accoglienza ed accettazione. Il senso collettivo dei termini Anticristo e Bestia assumono una luce nuova e sicuramente più precisa e dottrinariamente esatta.

Altra interessante e, personalmente ritengo, validissima teoria è quella legata alla identificazione del numero 666 con la sommatoria di lettere risultanti dalla composizione di un nome; ciò è possibile, è anche necessario legare la fonetica linguistica alla possibilità di conversione in numeri, ma una volta stabilite le giuste coordinate, il nome ed il numero coincidono perfettamente e danno una visione dello scenario dell’Apocalisse estremamente reale e vera.

Ho voluto aggiungere al testo alcune note esplicative che mi sembravano opportune per mettere il lettore in condizione di capire meglio quanto esposto, poichè spesso l’autore dà per scontata la conoscenza di alcune affermazioni, in quanto le si considerano inserite nel contesto della consequenzialità degli articoli pubblicati dalla RISS: quindi, in sostanza, per evitare di dover ripetere sempre le stesse spiegazioni, le si danno per acuisite, come se il lettore seguisse da sempre le tematiche esposte nella rivista.

Per chi non conoscesse approfonditamente la RISS ed il suo fondatore, Monsignor Jouin, ripeto quanto scritto a suo tempo sul mio precedente lavoro dedicato al Re del Mondo.

Monsignor Ernest Jouin: breve biografia

È l’indiscusso padre e fondatore della RISS. Nacque ad Angers nel 1844, figlio di un artigiano ebanista. Ricoprì, successivamente, l’incarico di vicario a Brézé, ad Angers e a Saint Etienne-du-Mont (Parigi). Nel 1882 diventava curato di Joinville-le-Point fino al 1886. Qui per la prima volta si scontrava con la Massoneria. Il 23 marzo 1918 fu elevato alla dignità di Prelato Domestico Romano e poi a quella di Protonotaio Apostolico. Divenne amico di Arthur Preuss. Nel 1912, un Tribunale Penale francese lo condannò per violazione della legge 9 dicembre 1905, sulla separazione tra Stato e Chiesa, avendo distribuito, in chiesa, una brochure contenente l’annuncio di una Messa di cordoglio. Oltre alle numerose opere di carattere storico, monsignor Jouin scrisse anche moltissime opere antimassoniche ed antiebraiche.

Entrato in possesso di un vasto ed attendibilissimo archivio documentale e librario, grazie alla donazione fattagli, post mortem, da un alto grado della Massoneria francese, che lui stesso aveva convertito, nel 1912 fondava la Revue internazionale des Sociétés Secrètes, con lo scopo principale di informare e rivelare il pericolo massonico. Coraggioso denunciatore dei complotti orditi dalle sette segrete e dalle altre forze occulte, fu un grande specialista e conoscitore di esoterismo, occultismo e Massoneria: diverse sono le sue pubblicazioni a riguardo. Ebbe una grande influenza sulla letteratura cospirazionista del suo tempo, simile a quella avuta dall’abate Barruel e da certi pensatori controrivoluzionari nel secolo precedente.

Fu Jouin a divulgare la nota teoria secondo la quale Leone XIII avrebbe sventato un tentativo d’infiltrazione massonica in Vaticano, dopo il caso dell’Alta Vendita della Carboneria. Cosa che purtroppo pare sia riuscita in epoche molto più recenti, tanto da far dichiarare a Papa Paolo VI che «Il fumo di Satana è penetrato nei Sacri Palazzi». Emile Poulant, uno dei grandi sociologi del Cattolicesimo, ne parla come di una «Personalità fortemente ragguardevole e rispettata, la cui opera fu lodata ed incoraggiata sia da Benedetto XV che da Pio XI», dai quali Papi, come abbiamo già visto, fu nominato sia Prelato Domestico Romano, che Protonotaio Apostolico. Monsignor Jouin morì a Parigi, nel 1932.

La RISS e l
azione del suo fondatore

Monsignor Jouin fu il fondatore e l’ispiratore della Revue Internationale des Sociétés Secrètes, la celeberrima RIIS. Tale rivista fu il centro pulsante di tutta la sua azione.

«È tutto qui» soleva affermare senza aggiungere altro. Con questa espressione voleva intendere quel preciso ambito mistico, simbolico ed occultistico che, servendosi di artifici differenti, spinge sempre e comunque i suoi seguaci al servizio dell’Avversario.

In questa rivista, dal primo all’ultimo numero, non si fece altro che presentare l’ispirazione diabolica delle sette. Forte delle assicurazioni che gli forniva la sua fede, delle premonizioni della sua ragione e delle conferme che gli venivano dalla propria esperienza, monsignor Jouin continuò tranquillamente ad esorcizzare tutti i diavoli semplicemente mostrandoli alla luce del giorno. Tale familiarità con il mondo soprannaturale che in lui era la conseguenza di una vivissima fede, non faceva diminuire affatto la preoccupazione ed il rigore della ricerca positiva delle cause umane. Già dal 1913 aveva chiaramente, su tale punto di capitale importanza, espresso la sua posizione.

«Da parte mia non ammetto assolutamente il diretto coinvolgimento del demonio nell’estrinsecazione dell’azione massonica; ma capisco che lo studio delle iniziazioni spinge lo spirito verso questo tipo di soluzione mistica alla quale le imprese della Massoneria moderna portano una palese conferma (...). A tale soluzione io contrappongono semplicemente l’ordine provvidenziale in conseguenza del quale tutto, su questo mondo, dipende da un potere umano: ed addirittura il Cristo stesso, capo invisibile della Chiesa cattolica, su questa terra è visibilmente rappresentato dal Papa. Nondimeno ritengo che Satana, capo invisibile degli eserciti del male, dia ai suoi soldati degli ordini attraverso delle persone fisiche, ma i suoi sottoposti, le sue anime dannate sono comunque sempre libere di sottrarsi ai suoi ordini ed ai suoi suggerimenti. Quanto al potere più o meno occulto della Massoneria nelle varie altre Società Segrete, che perseguono gli stessi scopi e fini, esso esiste veramente per il semplice fatto che non esistono assolutamente corpi privi di teste, non esistono società senza chi le governi, o eserciti senza generali e non esiste popolo senza potere pubblico. L’assioma latino ‘tolle unum est turba; adde unum est populus’ (‘se ne togli un capo, è una folla, se aggiungi un capo questa diventa un popolo ’) trova qui piena giustificazione e significato: senza un potere direttivo, la Massoneria sarebbe una folla, più o meno permeata da qualche idea sovversiva, che tuttavia si disperderebbe da se medesima, invece di essere la padrona del mondo».

In questo modo la tesi è ben strutturata: in cima a tutto Satana; al di sotto di lui alcuni capi occulti; ancora più sotto l’immenso esercito delle sette, di cui la Massoneria non è che una forma particolare.

Quando si possiede tale chiave di lettura, si può interpretare tutto, in cielo e sulla terra. È facile e naturale credere solo a ciò che si può toccare. Specialmente in un’epoca di grossolano materialismo. Ma tale era la purezza della sua ortodossia cattolica, che monsignor Jouin sapeva mettere in guardia, sebbene in un’epoca disorientata come quella in cui viviamo, contro l’eccesso opposto. Quello, cioè, di uno spiritualismo sconsiderato, senza alcun aggancio con la realtà, senza alcuna corrispondenza con la natura umana che si voleva considerare uguale alla natura angelica: la mistica di monsignor Jouin lo teneva ben lontano dal soprannaturale a buon mercato che era fornito dai bazar dell’Oriente. Egli portava la lotta direttamente contro il nemico della Chiesa e della Verità su di un piano molto più elevato di quello puramente e semplicemente politico, ma sempre su di un livello di ordine morale e spirituale. Monsignor Jouin fu un grande difensore della Chiesa, per il quale la forza della Verità era più che sufficiente per poter convincere qualsiasi spirito onesto ed in buona fede.

Per poter ben misurare la qualità dei lavori che sono alla base della realizzazione di questi documenti che vengono qui riproposti, ecco alcune informazioni che vanificano le critiche dei modernisti che attualmente occupano la Chiesa:

Sua Santità Benedetto XV, nel Breve Prestantes animi laudes, del 23 marzo 1918 si complimentava, con monsignor Jouin, per tutta la sua attività antimassonica;

il cardinal Gasparri, il 20 giugno 1919, gli indirizzò una lettera di Sua Santità Benedetto XV con la quale il Pontefice si felicitava con lui per la sua opera Guerre maçonnique;

Sua Santità Pio XI, nel 1923, lo ricevette in udienza particolare e lo incoraggiò vivamente e poi gli inviò la sua benedizione speciale in punto di morte.

L’estremo conforto religioso gli fu portato da monsignor Crépin, vescovo ausiliare della diocesi di Parigi. Monsignor Verdier, attorniato da tutto il clero di Parigi, benedì il suo funerale. La causa di canonizzazione di monsignor Jouin, iniziata nel 1957, è attualmente in corso.

Come già scritto sopra la rivista nacque nel 1912 e cessò le pubblicazioni nel 1939, ben oltre la morte del suo fondatore avvenuta nel 1932. Essa fu anche l’organo ufficiale della Ligue Franc-catholic nome scelto sicuramente per contrapporsi a Franc-Maconnique. La sua linea editoriale era, essenzialmente, antimassonica, antiebraica ed anticospirazionista. Il suo contenuto era prevalentemente dedicato alla denuncia dei complotti e delle trame ordite dalle società segrete esoteriche e giudaico-occultistiche.

La RISS pubblicò anche numerose opere monografiche sulle attività massoniche e su quelle occulte: tra le varie pubblicazioni ricordiamo i Protocolli dei Savi Anziani di Sion, di Serghiei Nilus, e la traduzione in francese di Studi sulla Massoneria americana, di Arthur Preuss.

Tra le firme di spicco della rivista troviamo Charles Nicollaud, che si firmava con lo pseudonimo di De Formalhaut, Emmanuel Bon, Pierre Virion, sotto gli pseudonimi di J. Boicherot ed anche di Lefrancois. Come capo redattore, dal 1926 troviamo il Marchese De La Franquerie. Altri nomi illustri sono Paul Copin Albacelli, Gustave Bord, Olivier de Fremont, G. Mariani ed Henri De Guillebert. Spesso la RISS era divisa in due parti: parte massonica stampata su carta di color grigio, parte giudeo-occultista su carta rosa.

L’articolo qui proposto è uscito sulla RISS nel 1928: una cosa sconvolgente per la sua attualità e profetico crudo realismo.

Luciano Garofoli


L’anticristo e la bestia apocalittica
Revue Internationale des Sociétés Secrètes

Per i giudeo massoni una profezia non è l’annuncio di ciò che succedeva, bensì essa è l’indicazione di ciò che bisogna realizzare e dei mezzi da impiegare per permettere questa realizzazione.

Bisogna anche dire, che la giudeo Massoneria si sforza di realizzare in maniera artificiosa le profezie bibliche e apocalittiche, in modo particolare quelle che riguardano il simbolismo della Bestia, la fine del mondo e l’Anticristo, ed esse sono interpretate dai giudeo massoni, con lo scopo preciso di stabilire la loro dominazione.

La tradizione cristiana non ha trasmesso niente di preciso sull’interpretazione di queste profezie. In assenza di una tradizione certa e di definizioni precise in materia, gli esegeti cattolici si sono lasciati andare alle immaginazioni più stravaganti, spesso suggerite, senza che essi abbozzassero un minimo dubbio, dagli ebrei e quasi sempre dettate dalla preoccupazione di mettere queste profezie in concordanza di fase con le evoluzioni sociali e politiche di un’epoca particolare o di uno specifico Paese. Alcuni poi sono arrivati a pretendere una sorta di infallibilità acquisita a forza di preghiere e di volontà, mediante una presupposta assistenza diretta dello Spirito Santo.

Al contrario, la tradizione ebraica non ha mai smesso di accumulare documenti su documenti delle sue interpretazioni delle profezie simboliche e apocalittiche e di diffonderne le nozioni negli ambienti cattolici in modo tale da preparare il mondo alla loro concreta realizzazione. Ed è così che essi hanno fatto della Bestia infernale ed apocalittica e dell’Anticristo un personaggio individuale e ben definito.

Questa concezione di un uomo unico al quale spetterebbe principalmente il nome di Anticristo e la rappresentazione di un tale personaggio non si trovano assolutamente espressi negli insegnamenti categorici dei Vangeli e delle Epistole, ma al contrario entrambi sono molto presenti negli scritti dei rabbini e nelle produzioni pseudo profetiche di cui essi sono gli autori nascosti. In questo modo esse si sono diffuse nel mondo cristiano con una sorprendente facilità ed una tenacia sconcertante.

Per i deicidi ed i loro successori, l’Anticristo sarà il vincitore del falso Cristo, tradito da Giuda e il crocifisso sul Calvario.

Questo Re dei Re, Principe del Santo Impero, Principe inatteso, insomma, in una parola, questo Anticristo, sterminerà Gesù Cristo nella persona del Papa e di tutti i singoli membri del clero romano. Sottometterà i popoli cattolici e li farà suoi schiavi.

Nei loro trattati, gli ebrei, sdoppiano questo personaggio immaginario, in due figure umane: uno che è il precursore, non appartenente alla nazione israelita, il cosiddetto Messia Ben Efraim, (1) il quale preparerà la strada, l’altro, invece, il Messia Ben David (2), il quale creerà il Santo Impero, cioè quella costruzione civile e politica dell’umanità, nella quale tutti i figli d’Israele saranno come dire, come degli dei ed i figli di tutti gli altri popoli saranno, per loro, come degli schiavi e degli strumenti di piacere.

Il Talmud, le leggende rabbiniche, le cosiddette profezie, ispirate dagli ebrei, le parole sibilline, di figure simboliche, i libri di divinazione sono tutti pieni di questa nozione falsa dell’Anticristo, chiamato con mille nomi diversi.

Tutte queste fonti espongono il piano giudaico, che consiste da una parte nel creare il terrore dell’Anticristo individuale, presentandolo, nel mondo cristiano, come un empio, uno scellerato consumato, un grandissimo traditore, dedito anima e corpo al compiere il misfatto spaventoso. E anche tutto concentrato nel diffondere l’orrore del Papa e della Chiesa calunniosamente accusati di dissolutezze, di avvelenamenti, di omicidi e di tirannia. Il tutto poi serve dopo aver suscitato l’odio dei popoli cristiani contro questi due nozioni viste separatamente, di presentarle, un giorno, riunite nella persona del Pontefice romano e di sollevare contro di lui le nazioni che una volta erano cattoliche e che adesso si sono armate contro la Chiesa per sbarazzare l’umanità dell’abominio della tirannia del Papa anticristico (3).

Questa distruzione della Chiesa e questo sterminio del popolo cristiano, saranno il risultato dell’azione compiuta dal Messia Ben Efraim, l’Anticristo degli ebrei (4). Ed essa preparerà l’avvento del Messia Ben David il Cristo di Israele.

Dunque questo termine di Anticristo viene usato dai rabbini per mascherare le loro pretese. Il loro Cristo, il Messia, l’unto del Signore, il Santo, uscirà dal popolo ebraico sarà un bambino maschio comune come quelli che nascono tutti i giorni. Egli inaugurerà l’epoca messianica. Il loro Anticristo, è un usurpatore, nel mondo, del posto e delle prerogative del vero Cristo, cosa che è stata fatta da Cristo medesimo e dal Papa.

Secondo loro, essi avrebbero fatto morire Gesù in quanto si sarebbe impossessato dei diritti spettanti al Cristo, facendosi proclamare Re dei Giudei. Ed è proprio per questo che essi hanno inutilmente protestato presso Pilato dicendo che egli non doveva scrivere, sulla Croce del Calvario, le parole «Re dei Giudei», bensì «che egli si proclamava Re dei Giudei». Ma il loro reclamo arrivò troppo tardi: «Quello che è scritto è scritto» rispose loro Pilato. Malgrado le proteste di Israele, il crocifisso sul Calvario era stato proclamato di fronte al mondo: «Gesù Nazareno, re dei Giudei».

Per capire meglio queste pretese giudaiche sull’avvento del loro Messia e sull’interpretazione delle profezie bibliche, bisogna leggere ciò che i rabbini hanno scritto a riguardo di questo insegnamento tradizionale.

In certe edizioni rabbiniche della Bibbia, alcune parole sono rimpiazzate da altre o addirittura omesse e il loro posto è lasciato in bianco, in maniera da permettere al lettore di compiere lui stesso la sostituzione (5). Altre volte dopo le parole conservate, viene lasciato in bianco il posto del commento ed il lettore può, lui stesso, inserirlo. Troviamo queste aggiunte fatte nelle opere che sono appartenute a dei rabbini. E talvolta le si trovano anche stampate.

In questo modo le profezie relative ad Edom sono tutte automaticamente applicate a Roma, da parte dei cabalisti. La parola Edom, nei testi rimpiazzati, lasciata in bianco affinché la sostituzione possa essere fatta a mano, oppure viene conservata e seguita da uno spazio bianco affinché il commento «Roma empia» possa esservi aggiunto, sempre a mano, se non arriva addirittura prestampato.

Tali commenti sono molto sviluppati in termini simbolici nei trattati speciali. E la loro traduzione risulta molto facile, possedendo la chiave di interpretazione. In queste opere iniziatiche, la Bestia e l’Anticristo sono identificati rispettivamente nella persona convenzionale di Armilus e Romeloos nome, questo, fittizio del popolo di Roma o di colui che lo deve sterminare, seguendo le etimologie adottate. A tale leggende si rifanno le tradizioni che applicano dei nomi propri biblici a delle città o a dei paesi moderni: Edom a Roma, Tzorphat alla Francia, Sephard alla Spagna (6).

E sempre ad esse si rifanno e su di esse si fondano, le pubblicazioni relative alla fine del mondo, alla costituzione del Santo Impero romano, alla Bestia apocalittica, all’Anticristo, che hanno infestato il mondo cattolico e presso il quale hanno trovato molto credito. Profezie di di persone conosciute o anche semplicemente inesistenti, tentacoli come quello di Gioacchino da Fiore, immagini di Nicolas Flamel (7) ed altri romanzi e novelle, medievali o contemporanei. Bibliografie queste molto importanti dal punto di vista numerico delle opere, ma assolutamente senza fondamento scientifico e frutto esclusivamente dell’immaginazione dei rabbini.

Gli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa sono molto poco numerosi e molto reticenti sulla questione dell’interpretazione delle profezie simboliche e, in particolare, su quelle relative all’Anticristo e la Bestia apocalittica.

Riguardo all’Anticristo, esiste una tradizione che risale a Sant’Ireneo, il quale difendeva una tesi oggi perduta. Essa prima di lui era stata sostenuta da Papias e da San Giustino stessi, che sembra essersi poi più tardi perduta nelle vie poco conosciute del millenarismo. In un capitolo dedicato specificamente alle questioni di numeri apocalittici, il santo vescovo cerca di scoprire il nome corrispondente al numero 666, nel quale riconosce essere simbolicamente rappresentato il nome stesso dell’Anticristo. Sant’Ireneo non dice di credere alla personalità di un Anticristo individuale e dice di non conoscere e di ignorare l’applicazione ad un nome specifico del numero 666.

Dopo di lui Sant’Ippolito di Porto, scrisse un libro sull’Anticristo. In questo libro è tracciato un parallelo tra Cristo e il suo contraltare in termini tali che l’autore non sembra assolutamente dare dell’Anticristo la forma di persona individuale, ma piuttosto abbozza un tipo d’uomo del peccato, che impiega tutti i mezzi a sua disposizione per ristabilire ed imporre il proprio potere.

Tutti invece conoscono il libro di Sant’Agostino Le due città nel quale egli espone, confrontandole una con l’altra e tenendo conto anche di fatti storici, l’evoluzione della società cristiana e quella della società anticristiana:appunto Cristo e l’Anticristo.

Bisogna arrivare al X secolo, termine probabile del millenarismo, per trovare altri scritti sull’Anticristo. Il monaco Addo, nel suo Libellus Antichristi, dopo aver scritto che: «È Anticristo chiunque, membro del clero o laico, prete o monaco, vive nel disordine e nell’empietà», ciò che evidentemente implica la spersonalizzazione dell’Anticristo; ma ciò non gli impedisce di poter arrivare alla conclusione che possa essere possibile la venuta di un uomo che sarà più Anticristo degli altri. L’autore ne definisce la nascita, l’educazione, il potere, la durata, la morte che precederanno la fine del mondo. Ma tuttavia si pone numerose riserve.

Non è assolutamente possibile rendersi conto del perché e del come questa ultima interpretazione abbia prevalso su una questione, sicuramente secondaria da un punto di vista dottrinario propriamente detto, ma che diventa molto importante se la si considera dal punto di vista del suo apprezzamento da parte dei rabbini e della sua autorizzazione da parte loro. A questo va aggiunta anche l’accettazione della medesima da parte di un gran numero di cristiani. Infatti nessun pronunciamento romano, nessuna tradizione della Chiesa, nessuna interpretazione autentica autorizzano ad accreditare, attraverso i testi sacri, che quest’espressione Anticristo si possa adattare ad una personalità individuale.

L’espressione è adoperata cinque volte nelle scritture da San Giovanni, che dice nelle sue Epistole: «… L’ultima ora è arrivata ed avete udito che deve venire l’Anticristo, di fatto ora molti Anticristi sono apparsi… L’Anticristo è colui che nega il Padre ed il Figlio… Qualsiasi spirito che non crede che Gesù Cristo sia Dio… Questo era l’Anticristo di cui voi avete già sentito dire che è venuto nel mondo… Molti seduttori sono venuti nel mondo ed essi non hanno accettato che Gesù Cristo è venuto in carne… Tali uomini sono tutti Anticristi…».

L’uso della parola Anticristo, usata sia singolare che al plurale, prova evidentemente che questa debba essere intesa in maniera collettiva.

Secondo questi testi, è Anticristo colui che nega che Gesù Cristo sia Dio, che nega il padre e il figlio, che è venuto come seduttore nel mondo, non accetta che Gesù Cristo si sia incarnato.

Anche coloro che partendo dal concetto che l’Anticristo abbia personalità individuale, che questa figura debba venire alla fine dei tempi, e di cui essi parlano della nascita, della vita, dei costumi, della dottrina, della potenza, delle reazioni, della durata, si appoggiano comunque su altri testi le cui traduzioni, almeno per quanto riguarda quelle in francese, talvolta si fondano su queste idee false e preconcette. In questi testi si parla infatti «dell’uomo del peccato», «del figlio della perdizione», «dell’uomo del nulla», «del fariseo», «dell’empio», «della bestia».

L’uguaglianza di tutte queste espressioni è perfettamente logica, perché esse designano tutte lo stesso uomo, lo stesso avversario del Cristo, lo stesso nemico della dottrina. Ma esse sono generiche e designano tutto ciò in maniera collettiva e non in modo individuale. Differiscono non perché esse identifichino delle persone differenti, ma piuttosto, perché queste rappresentano aspetti differenti del nemico della Chiesa. L’espressione sintetica Anticristo designa l’insieme dei caratteri di questo nemico, mentre altri ne segnalano soltanto altre caratteristiche diverse, come quelle dell’empietà, della infrazione delle regole divine, del farisaismo, della bestialità.

Per rendersi conto di che cosa sia l’Anticristo, cioè a dire l’umanità nemica del Cristo, bisognerà compulsare i testi, raggrupparli, sintetizzarli, dedurne con la massima precisione delle teorie che in essi sono sparse ed evidenziare la dottrina dell’unico Anticristo, descritta sotto le diverse forme di varie macchinazioni anticristiane.

Per compiere bene questo studio sono particolarmente utili due testi: la seconda epistola di San Paolo ai Tessalonicesi ed il passo dell’Apocalisse relativo alla Bestia. Questi testi identificano l’uomo del peccato, che è l’Anticristo con la Bestia così come permette di constatare la comparazione delle descrizioni dei loro caratteri distintivi.

In San Paolo, l’uomo del peccato, figlio della perdizione, che deve essere svelato, è uno strumento delle manovre di Satana, un ribelle che insorge contro tutto ciò che porta il nome di Dio. Esso ha la seduzione e il prestigio dell’iniquità. Pretende di occupare il posto di Dio nel suo tempio e ricevere il suo culto. Terrà il mondo in schiavitù fino al giorno in cui, dopo essere stato riconosciuto pubblicamente, egli viene contemporaneamente smascherato; allora il Signore sterminerà con il soffio della sua potenza tutto ciò che non sia in sintonia con lo spirito della sua parola e del suo Verbo. Lo schiaccerà con l’esplosione della sua presenza. Fino a quel momento, la presenza di questo empio si manifesterà attraverso le opere di Satana, in tutti gli sforzi, segni e prodigi della menzogna, in tutte le seduzioni possibili dell’empietà in tutti coloro che si dannano perché non hanno avuto l’amore per la verità, che li avrebbe salvati. E ciò perché Dio li ha abbandonati al prestigio dell’aberrazione, che li porta ad aver confidenza con le menzogne. Egli farà giustizia di tutti coloro i quali, non essendosi voluti legare alla verità, si sono compiaciuti nel compiere opere ingiuste.

In San Giovanni, la Bestia, che esce dall’abisso delle grandi acque, portando la grande cortigiana e confondendosi di fatto con queste grandi acque. Essa simboleggia i popoli, le nazioni, i linguaggi, disfa e uccide i due testimoni del Signore: l’osservanza della legge ed i Profeti nella loro applicazione, essi sono rappresentati da Mosé e da Elia il giorno della trasfigurazione sul Tabor. Questo vuol dire che essa li svilisce agli occhi del mondo con la forza della menzogna. Ma i due testimoni resuscitano. I cattivi sono sterminati. Gli uomini che vengono risparmiati rendono grazie al Dio. Il regno del mondo ritorna a Nostro Signore Gesù Cristo, che regnerà nei secoli dei secoli in quanto lo spirito del Signore è più forte dell’errore e, perché egli restituisce la vita a questi due testimoni, riportando il fervore antico e, attraverso loro, ritrovando l’ascendente sull’intelligenza umana. La Bestia riceve dal dragone rosso, Satana, la sua forza il suo trono e la sua potenza. Essa ha sette teste, rappresentano i sette peccati capitali. Rende prigioniero il mondo, lo sfrutta con dei prodigi di seduzione, fa adorare la sua immagine. Ma il Verbo di Dio si presenta su un cavallo, il cui candore immacolato rappresenta l’incorruttibile disposizione delle leggi della natura e della grazia. Porta la spada a doppio taglio, la legge e i profeti, con la quale percuote le nazioni. Fa gettare la Bestia in una palude di zolfo e di fuoco, radunando tutti i re della terra in un luogo chiamato Armaghedon (8), luogo di distruzione, di estirpazione di colui che abbatte, taglia, sbriciola luogo mentale e sostanziale piuttosto che cosmico ed ideologico. Stato di cattivi pensieri, di cattivi sentimenti, di cattivi sforzi, stato di tutti i malvagi, condizionato dalle opere perverse, nel tempo e nell’eternità, dalla loro ostinata ribellione contro le leggi della vita divina e umana. Confrontando le due descrizioni, risulta con evidenza che la Bestia è la figura simbolica dell’uomo del peccato, di cui l’Anticristo è la personificazione scritturale, l’Anticristo è il nome collettivo e sintetico della società dei malvagi.

Ogni malvagio è un Anticristo individuale, un falso profeta della Bestia. La Bestia dell’Apocalisse, l’uomo del peccato, l’empio, non determinano più l’unicità personale di questo uomo; in questo testo ne distingue, invece, una individualità personale nell’espressione «uomo di Dio»: «ogni scrittura è divinamente costituita e ispirata… Perché l’uomo di Dio sia perfetto». Allo stesso modo l’uso al singolare del nome della Bestia non designa un animale particolare, ma definisce questa personalità sociale che le Scritture chiamano «l’uomo della Bestia».

Storicamente l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, senza legge, malvivente, Anticristo, che deve essere svelato malgrado la sua volontà formale è conosciuto, disprezzato e maledetto già dai primi giorni di esistenza dell’umanità. Insomma quello che ha chiamato Caino tra gli uomini e dei misfatti della sua esecrabile linea hanno causato il diluvio. Ma che è anche chiamato Cham, avo di Nemrod (9), antenato dei sinistri potentati, che con i loro idoli, i loro falsi sacerdoti, i loro incantatori, hanno tolto il vecchio mondo ai preti di Sem e di Aaron. È quello che è chiamato Giuda, il traditore, colui che vendette il Giusto, i cui figli prezzolati e degeneri si sono associati per congiurare con i Cainidi ed i Nemrod per guidare i sovrani della terra ed i titani del pensiero contro Cristo e la sua Chiesa.

L’abominio della desolazione, che non è assolutamente predetto dalle Scritture come un fatto futuro, ma che è menzionato e descritto come un fatto acquisito nella continuità dei secoli. Storicamente e profeticamente presentato, gli scrittori hanno visto questo fatto alla luce divina e ne hanno previste anche le più remote conseguenze.

La Sacra Scrittura tutta intera è come un soffio impetuoso contro l’uomo del peccato, che alla fine sarà portato da un turbine supremo nell’Armaghedon della più assoluta impotenza e della più infamante disperazione, quando sarà terminato il processo criminale che l’Onnipotente ha voluto sottomettere al giudizio della rettitudine umana in modo che Dio sia vincitore in questo giudizio formidabile e senza appello nel tribunale di tutti i viventi.

È piaciuto così a Dio di compararsi di fronte ai suoi tenebrosi aggressori. Si sarebbero mostrati come sono e dove sono. Tutti i figli della Chiesa, resuscitati, avranno visto, controllato e compreso il misfatto antiteandrico, attentato permanente contro la bellezza, il progresso, la gioia, la prosperità, la pace, il benessere e la sicurezza degli uomini e dei popoli.

Dopo Caino, prototipo di tutti gli anticristi, l’uomo del peccato, l’Anticristo, è la società dei continuatori di Nemrod. I segni di riconoscimento imposti a questi schiavi, sono descritti nel libro dei Proverbi e la definizione chiara e precisa della dottrina che li unisce è formulata dal profeta Osea: «Gloriam eorum a partu, ab utero et a conceptu».

Anche San Paolo diceva che il Mistero di Iniquità è già in attività e San Pietro attestava l’esistenza, nel passato di questi falsi profeti, precursori dei settari e degli anticristi dell’avvenire. San Giovanni affermava che già a suo tempo esistevano molti anticristi e, come affermava anche San Giuda Taddeo, si sono insinuati tra i fedeli degli enti che trasformeranno in lussuria, la grazia del Signore.

Sono sempre gli stessi che San Marco accusa di aver abbandonato la legge di Dio per le tradizioni degli uomini, ed a coloro i quali Santo Stefano rimproverava di aver offerto sacrifici al simulacro del vitello d’oro e di essersi votati all’adorazione di Moloch e delle figure geroglifiche. Attraverso queste figure, essi rappresentano i miserabili oggetti della loro idolatria: ingannatori, falsi profeti, lupi rapaci, uomini della Bestia e non uomini dello Spirito.

Ci sono anche innumerevoli anticristi personali, ma l’Anticristo per eccellenza, sempre presente tra gli uomini e che agiva già al tempo degli Apostoli è un Anticristo sociale. La sua presenza si manifesta attraverso le operazioni di Satana in tutti gli artifici, le pratiche di menzogna, in tutti i piaceri di iniquità, negli uomini che si perdono per non aver voluto sviluppare in loro l’amore della Verità.

Il Mistero di Iniquità che tiene prigionieri tutti questi anticristi, a causa del quale essi si perdono e vanno in rovina, fa di questi uomini, nati liberi, dei miserabili schiavi, persino nella loro facoltà superiore di conoscere ed amare.

In realtà la Bestia, il Dragone, il Tiranno degli inferi è il solo Anticristo individuale che possiede l’Anticristo sociale e che pensa bene di non renderlo mai alla Verità.

Malgrado i suoi schiavi, Satana non otterrà mai assolutamente un suo avvento personale presso gli uomini. Il Mistero di Iniquità sarà svelato. L’uomo del peccato sarà smascherato. Gli agenti del male saranno additati all’avversione dei popoli.

Alla fine questi disillusi dalla menzogna evidente del trionfo dei loro seduttori, si separeranno spontaneamente dei loro inumani tiranni.

Il Mistero d’Iniquità, attraverso il quale Satana rende schiavi gli uomini del peccato, dell’orgoglio e dell’empietà è il mistero delle società segrete e delle iniziazioni occulte, come è dimostrato dallo svelamento delle evoluzioni che subisce l’umanità per compiere i suoi destini, rivelazione che rimane sempre molto oscura in quanto essa è scritta il linguaggio simbolico.

È questa la chiave della scienza.

«Chi possiede dell’intelligenza cerca il numero della Bestia. Questo numero è il numero di un nome d’uomo e questo numero corrisponde al 666». Così dice l’Apostolo in un enigma proposto all’intelligenza di tutti.

Il testo è formale, benché spesso sia stato interpretato come se esso fosse scritto in modo tale che non la bestia fosse il nome di un uomo e non invece il nome di un uomo, di una personalità che sarebbe la Bestia; l’Anticristo è tale che il valore nominale delle sue lettere addizionate sia una somma uguale a 666.

Scoprire il nome della Bestia addizionale il numero delle lettere del suo nome, prese come valore numerico e considerate in maniera metodica non arbitraria come delle cifre. Il numero così ottenuto è corrispondente al nome di un uomo. Il testo è estremamente rigoroso. È necessario che il numero 666, risultante dal nome della Bestia, sia anche corrispondente al nome di un uomo. Lungi dal dire che la Bestia sia un uomo, questo significa invece che un uomo e la Bestia hanno lo stesso numero che deriva dallo stesso nome.

Nelle lingue in cui le caratteristiche dell’alfabeto fonetico assumono anche un valore nominale, il problema di un nome è dato da un numero indeterminato, in quanto moltissimi nomi possono dare come risultanza questo numero. Al contrario, il problema di un numero dato da un nome è perfettamente determinato in quanto un nome non può dare che un numero, quello delle sue lettere o cifre addizionate.

Nel testo apocalittico in numero della Bestia e dato dal nome di un uomo. L’enigma è risolubile soltanto nel momento in cui si conosce il nome dell’uomo stesso il quale ha il valore numerico di 666, il quale a sua volta è anche il numero e il nome della Bestia.

San Giovanni infatti, distingue il nome, il numero e i caratteri della bestia dicendo:

«Allora un’altra bestia, immagine della Bestia stessa, tratterà gli uomini in maniera tale da far portare loro un segno sulla mano destra o sulla fronte, in modo tale che nessuno possa né comprare né vendere se questo non è colui che porta il segno, in nome della bestia o il numero del suo nome».

Ecco quindi i seguaci della Bestia, sono tutti coloro che si appoggiano o riposano su di essa, uniformemente marcati sulla mano destra o sulla fronte del carattere, del numero o del nome della Bestia stessa. Questo nome, questo numero e questo carattere si trovano conseguentemente e come effetto, su questa cortigiana seduta sulla Bestia stessa, simbolo della folla dei suoi partigiani, dell’insieme di coloro i quali hanno riposto la loro fiducia in essa, fino a tal punto, da non accettare altro appoggio che il suo nella loro condotta di vita.

Essa ha: «Nella mano un vaso d’oro riempito degli abomini e delle imprudenze della fornicazione, cosa che è il carattere preponderante della Bestia, e sulla sua fronte è scritto: Mistero» cioè, quello che dovrebbe essere il nome della Bestia stessa.

Questo nome deve avere per numero il 666, numero che deve essere a sua volta quello del nome di un uomo.

Per ricercare metodicamente e non arbitrariamente questo numero della Bestia e ricavarne conseguentemente il suo nome, coincidente con il numero del nome di un uomo, bisogna evidentemente ricercare gli elementi di calcolo in un sistema ortografico in cui i segni siano nello stesso tempo e fin dall’origine, dei segni aritmetici di un valore immutabile in quanto il testo non contiene alcun termine che implichi l’idea di un cambiamento accidentale nel valore nominale o fonetico della lingua alla quale appartiene in nome della Bestia.

Poiché l’enigma è insolubile in tutti i sistemi alfabetici i cui segni hanno cambiato di valore, bisogna ricercare la soluzione in un sistema alfabetico che soddisfi questa condizione primordiale della inalterabilità numerale e fonetica dei suoi caratteri cioè il sistema arcaico di cui l’ebraico sembra quello al quale si avvicini di più. L’ebraico è d’altra parte, la lingua sulla quale i rabbini si dedicano a questa operazione che consiste nel mettere in rapporto i nomi e i numeri.

È quindi in un documento ebraico e autentico e conseguentemente nella Bibbia, sul documento ebraico autentico anche ai tempi di San Giovanni, che si deve trovare il nome dell’uomo che corrisponde al numero 666, che come sappiamo è il numero del nome della Bestia.

Ora il nome «mistero», che appare scritto sulla fronte della cortigiana, è la traduzione del solo nome d’uomo, citato nelle Scritture, il quale, derivante da verbi che esprimono l’idea di nascondere, rubare, abbia un valore nominale pari a 666. Questo non è unico Sthur, ortografizzato in valore nominale 200.60.400.6 = 666.

È per questo che il numero della bestia è quindi 666 e che questo numero è anche il nome di un uomo. Mistero, allo stesso momento il mistero in se stesso, come anche gli uomini del mistero e la società del mistero, le società segrete, o insiemi di società segrete e dunque a sua volta il nome ed il numero della bestia, il nome ed il numero di un uomo, Sthur.

È anche il nome e il numero della folla di enti organizzati in società di propaganda sfrenata, il nome ed il numero dell’Anticristo, la grande prostituta, e, più particolarmente, il nome ed il numero della Sinagoga, che sottomessa al nemico di Dio, all’angelo ribelle, quando invece era stata scelta da Dio stesso per concorrere con lui alla penetrazione delle anime.

È della Sinagoga e della sua fine di cui parla il profeta quando afferma: «Io vedo uscire dalla bocca del dragone (Satana ed i suoi demoni), e da quella della Bestia (la genia degli anticristi) e dalla bocca dei falsi profeti (la letteratura del vizio, del fariseismo, delle false scienze che hanno allontanato e distolto i popoli dal sublime e reale ideale) tre spiriti impuri, simili a rane (gli scritti, le opere e le parole, attraverso le quali l’impurità si trastulla e rotola nel fango della vita). Sono questi spiriti e questi demoni che compiono prodigi (trasferimenti d’isteria, di allucinazioni e di sogni) e che si dirigono verso i re della terra per radunarli alla battaglia…».

Là li aspetta Armaghedon, la distruzione di colui che abbatte, colpisce e spezza, che «ha spiegato la forza delle sue braccia per rovesciare i potenti dei loro troni, mentre elevava gli umili, che ha colmato di beni, quelli che morivano di fame ed ha ricacciato nella miseria coloro che si vantavano della loro opulenza», a colui al quale il Signore ha detto: «Siedi alla mia destra mentre ridurrò i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi».

Un’ora suprema viene assegnata al trionfo, quella, senza dubbio, in cui tutti gli sforzi degli uomini avranno spiegato il loro niente riguardo a tutti i popoli.

Nell’attesa, per un tempo sconosciuto, la Bestia ha il potere di nuocere. Essa eccita ed istruisce gli uomini a raffinarsi sempre di più nella ricerca e nel godimento delle schifezze voluttuose, della vana ostentazione, del lusso e della lussuria.

Le sue energie oppressive e disorganizzate ci si manifestano attraverso i piaceri sregolati, le calunnie, la cupidità, la disonestà, la discordia e l’odio. Essa pretende di possedere la verità ed inganna miseramente gli uomini sulle loro origini e sui loro fini; sui loro diritti e sui loro doveri; sulle condizioni della loro pace; del loro benessere e della loro sicurezza; portando loro il furto, l’impostura, l’inimicizia, l’adulterio, l’assassinio, la miseria, la peste, le malattie vergognose, la guerra e la desolazione.

I suoi mezzi di propaganda sono le scienze occulte, la falsa medicina, regalate artificiosamente, troncate e fraudolentemente interpretate da varie scienze, le iniziazioni. I suoi modi di procedere sono la sistematizzazione dottrinale e disciplinare, nel quadro dell’occultismo, delle aberrazioni cabalistiche, magiche, alchemiche, teosofiche, spiritistiche, massoniche.

Il suo metodo consiste nel disegnare il suo inconfessabile oggetto, le voluttà disordinate della carne, attraverso delle analogie e dei simboli, delle allegorie e geroglifici, in maniera che l’abisso della grande rivoluzione resti sconosciuto anche da coloro i quali vi precipitano.

Le rivelazioni cerimoniose, grandiose, attraverso la mimica, le esibizioni in natura, le suggestioni, la sperimentazione, la tradizione, le scienze illogicamente uscite dai loro limiti naturali, le fantasie nevrasteniche dell’occultismo, presentate nei libri sacri di tutti gli esoterismi, nei manuali allegorici delle iniziazioni presso tutti i differenti popoli, nelle diverse epoche della loro storia.

Questo insieme dottrinale e disciplinare, considerato in quelli che lo conservano e lo propagano, è la Bestia e l’Anticristo.

Kam Naphats

Traduzione dal francese per EFFEDIEFFE.com di Luciano Garofoli





1) Messia Ben Efraim (in ebraico: Efráyim, Ep̄ráyim/Ep̄rāyim; ... – ...) è stato, secondo la Genesi, il secondo figlio di Giuseppe e Asenath e il fondatore della tribù di Efraim. Si pensa che inizialmente questa fosse unita a quella di Manasse e di Beniamino e fosse la tribù di Giuseppe, che solo in seguito si sarebbe divisa. Un certo numero di studiosi sospetta che la distinzione delle tribù di Giuseppe (incluso Beniamino) è da intendersi che essi erano i soli ebrei a giungere in Egitto facendone poi ritorno, mentre le principali tribù emersero semplicemente come una subcultura dai Canaaniti e rimanendo sempre in Cananea. La Scolastica ritenne tuttavia che queste informazioni fossero state aggiunte successivamente per fare in modo che la tribù fosse legata alle altre da un antenato che le desse il nome e fosse imparentato con gli altri Patriarchi. La Torah spiega che il nome Efraim significa doppiamente fecondo, riferito all’attitudine del padre di avere figli, soprattutto quando si trovava in Egitto (che nella Torah viene definita la terra della sua afflizione). Quindi Efraim era un ebreo «errante» e che identifica la storia precedente della creazione del regno, che invece è rappresentata da David: ma siccome il Messia doveva essere un conduttore, un capo, un conquistatore, lui doveva avere come riferimento anche figurativo non più Efraim, ma David stesso.
2) Il Messia Ben David identifica la figura mitica del Re che nelle aspettative ebraiche si metterà alla testa del Popolo Eletto, imponendo il suo dominio su tutti i popoli della terra: Insomma il concetto veterotestamentario del Messia politico militare che impone al mondo la supremazia del popolo d’Israele. Quello stesso Messia che ancora la maggior parte degli ebrei aspetta e che in alcuni si incarna con il popolo d’Israele Messia di se stesso, soprattutto dopo il sacrificio dell’olocausto. È ben vero che esistono, all’interno di Israele, dei gruppi come i Jewish for Jesus che dicono che il Messia era veramente Gesù Cristo e che l’evento messianico si è compiuto, anche se poi la predicazione di Gesù è stata male interpretata e forzata dalla Chiesa. Oppure come il rabbino Rav Shmuley Boteach il quale nel suo libro «Kosher Jesus» presenta Cristo come un patriota molto devoto alla legge mosaica che non avrebbe assolutamente tradito o rinnegato.
3) È difficilissimo negare, oggi, questa affermazione. Ormai il piano anticattolico ed anticristico è al suo stadio finale. Ci sembra superfluo ricordare qui le stragi, le offese, le denigrazioni e le calunnie cui sono sottoposti i Cristiani oggi in ogni parte del mondo. Ma la coalizione per distruggere il Cristianesimo e la Chiesa di Roma, in particolare, è composita anche se la mano nascosta che la dirige e, strategicamente la guida, è una sola e facilmente riconoscibile: oggi non c’è più motivo di celarsi: il Re del Mondo sta cominciando a preparare ed a celebrare il suo totale finale trionfo, così almeno crede lui. L’Anticristo avrebbe vinto e la sua figura non è di certo rappresentata da un solo uomo, come qui giustamente sostenuto: il Mistero d’Iniquità ha avuto ragione del Katechon (la Chiesa cattolica ed il suo capo il Vicario di Cristo in terra). Cristo al suo ritorno in potenza sulle nubi del cielo non troverà più la fede nemmeno in quelle nazioni che sempre l’avevano professata, ma questo non può smentire il «Non praevalebunt» che Cristo solennemente promise a Pietro, affidandogli la guida della Sua Santa Chiesa.
4) Qui si fa riferimento all’usurpazione della Primogenitura compiuta nei confronti di Giacobbe vecchio e cieco, che tuttavia veniva ritenuto da Dio sufficiente giusto e la sua benedizione ritenuta, davanti ai suoi occhi, valida, anche se a lui estorta con l’inganno. Quindi il Messia Ben Efraim sarebbe comunque figura rappresentativa del tradimento, del raggiro e dell’inganno: tutti attributi ben riconducibili all’Anticristo.
5) Certi tipi di operazioni di «disinformazia» sono abbastanza comuni. Dopo il 70 dopo Cristo la Bibbia fu cambiata ed epurata; ogni riferimento al Messia che potesse essere accostato a Gesù cancellato: sparirono il libro dei Maccabei, tutte le citazioni di Isaia sul Messia compresa naturalmente quella letta da Gesù stesso nella Sinagoga,tanto per fare degli esempi. La diaspora fece poi il resto con la creazione dei Gran Kaahl che divennero i depositari e gli interpreti autentici delle scritture, oltre ad erigersi a Tribunali del popolo ebraico.
6) Da qui il termine Sefarditi dato in generale a tutti gli ebrei occidentali e nord africani, mentre gli orientali vengono chiamati Aschenaziti.
7) Nicolas Flamel (Pontoise, 28 settembre 1330, Parigi 22 marzo 1418) fu uno scrivano giurista, libraio e alchimista francese. La reputazione di Flamel come alchimista nacque dopo la sua morte, legata alla leggenda della pietra filosofare. Si suppone che Flamel sia stato il più completo fra gli alchimisti europei. Le leggende narrano che riuscì a perseguire quelli che sono ritenuti gli obiettivi principali dell’alchimia; creò la pietra filosofare, in grado di trasformare il piombo in oro, ed assieme a sua moglie Perenelle ottenne anche da essa l’immortalità. La pietra fu poi da lui distrutta. Si suppone che Flamel abbia ricevuto da un vecchio Rabbino di nome Nazard un libro misterioso, scritto da un antico personaggio noto come Abramo l’Ebreo. Il libro era pieno di parole cabalistiche in greco ed ebraico. Flamel dedicò la sua vita al tentativo di comprendere il testo di questi segreti perduti. Viaggiò per le università in Andalusia per consultare le massime autorità ebraiche e mussulmane. A Santiago de Compostela incontrò un misterioso maestro ebreo convertito, Leon che gli insegnò l’arte di comprendere il suo manoscritto. Si crede che il 17 gennaio 1382 Flamel riuscì nella trasmutazione del piombo in argento e l’anno seguente riuscì a trasmutare il piombo in oro. È uno di quei personaggi in bilico tra realtà e leggenda, senza tempo ed età che nel corso della storia compaiono all’improvviso (Guenon e Saint Yves d'Alveydre sostengono, provenienti da Agartha, la terra della sapienza sotterranea) svolgono il loro compito strano ed oscuro, per poi sparire nel nulla come dal nulla erano arrivati: quei pontifex tra umano e transumano luciferino, quei «superiori incogniti» che non sono più uomini e nemmeno angeli, una strana via di mezzo. La leggenda della sua immortalità è nata in quanto la sua tomba è vuota, non si sa se devastata da chi cercava segreti alchemici, oppure, cosa davvero strana, perché il suo corpo immortale l’abbia abbandonata.
8) Armaghedon: cioè la montagna di Meghiddo. Questa città della pianura che costeggia la catena del Carmelo, luogo della disfatta del re Giosia, resta un simbolo del disastro per gli eserciti che vi si radunano. Commento alla Bibbia di Gerusalemme, pag. 2.649.
9) Nimrod o Nemrod, personaggio biblico, secondo la Genesi 10,8-12, era figlio di Kus (Cush) o Etiopia, figlio di Cam, figlio di Noè. Era inoltre grande cacciatore e fu il primo fra gli uomini a costituire un potente regno. Il nucleo iniziale del regno fu Babele, insieme ad alcune altre città, ma poi si spostò ad Assur, dove fondò Ninive. In seguito si sposò con la propria madre Semiramide, la quale dopo la sua morte dichiarò che egli era diventato il dio sole Baal. Secondo alcuni ebrei Nimrod venne ucciso da Esaù, figlio di Isacco e fratello di Giacobbe. Gli scritti rabbinici fanno derivare il nome Nimrod dal verbo ebraico maràdh, il cui significato va ricercato in ribellarsi. Nel Talmud babilonese (Erubin 53a) si legge: «Perché, allora, fu chiamato Nimrod? Perché istigò il mondo intero a ribellarsi (himrid) alla Sua sovranità (di Dio)».


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