Fiamma Nirenstein e Yitzhak Shamir
Il fascismo che ci consentono
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Ecco il pericolo che incombe sull’Italia: Ciarrapico il fascista confesso. «La rabbia del leader di AN», scrivono i giornali, «Bossi: faccia un passo indietro». I TG strapieni di mal trattenuta indignazione, l’Unità figuriamoci. C’è un fascista nelle liste del Salame. Scandalo.

Almeno per un giorno, come richiede l’ammuina pre - elettorale, la sinistra regressista ritrova il suo riflesso condizionato preferito. Ciarrapico fascista? Per favore. Il fascismo fu un movimento combattentistico, esito della Grande Guerra, fu un movimento di massa, fu un movimento giovanile e giovanilista. Oggi non ci sono né combattenti, nè masse, né giovani: non fosse per la demografia calante, il fascismo sarebbe impossibile.

Ciarrapico è un senile miliardario un po’ losco, intimo in affari con Berlusconi, messo in lista, pare per togliere le «masse» a Storace, qualche decina di voti. Per favore, un minimo di serietà. L’incidente tuttavia è stato istruttivo.

«Le leggi razziali del ‘38» sono state ripetutamente indicate come il delitto massimo e delegittimante del fascismo; nessuna menzione all’entrata in guerra in totale impreparazione, evento alquanto più grave per l’Italia, che infatti è morta dall’8 settembre del ‘43. Istruttivamente, Il Messaggero s’è precipitato a intervistare Fiamma Nirenstein, candidata nelle liste del Salame accanto al Ciarra, sperando di raccogliere il suo sdegno o almeno imbarazzo.

Imbarazzo nessuno: «Sono perfettamente a mio agio», dice subito. Ma come, non dice a Berlusconi  «o lui o io»? «Assolutamente no. Mi candido convintamente. Farebbero bene a imbarazzarsi nel PD, dove c’è D’Alema che ha come obiettivo il dialogo con Hamas e con l’Iran. Questa sì è una cosa grave». Ma molti altri ebrei dicono che una convivenza con Ciarra è impossibile per un ebreo, boccheggia il giornalista.

«Parole strumentali», replica la Nirenstein. E subito dopo: «Mi riconosco nel PDL perché sulla questione del Medio Oriente non si è fatto influenzare dalla propaganda anti-israeliana. Qui non c’è chi è andato a braccetto con un deputato Hezbollah in Libano. Io sono stata candidata da Fini, un politico che stimo enormemente perché è andato in Israele, con la kippà in testa, a riconoscere le colpe del fascismo».
 
Insomma Berlusconi ci fa votare una cittadina israeliana la cui sola preoccupazione è Israele, non l’Italia. Per la quale, di tutti i problemi e le sciagure che incombono sull’Italia, il solo discrimine che conta è: essere filo-israeliano. Essere andati in Israele con la kippà in testa. D’Alema che «ha come obiettivo il dialogo con Hamas e con l’Iran», questa sì «è una cosa grave». Dobbiamo intendere: più grave del fascismo.

E insiste: D’Alema «è andato a braccetto con un Hezbollah in Libano». Ciò che è veramente grave, male-assoluto, imperdonabile, è non appiattirsi sulle posizioni di Sharon, di Olmert. Nessuna minima autonomia è permessa. Altrimenti si è peggio che fascisti. Ma c’è di più. Fiamma Nirenstein è fascista.

Lo disse lei stessa, tutta giuliva, in un’intervista alla Jewish World Review del 15 luglio 2003. Dove spiegava «How I became an unconscious fascist», come sono diventata una fascista inconscia (eh già, gli ebrei hanno l’inconscio), abitando in Israele e prendendo parte alle lotte contro la razza inferiore. Una fascista così fanatica, raccontò, «che un famoso scrittore israeliano mi ha detto al telefono un paio di mesi fa: tu sei diventata una estremista di destra».

Naturalmente, il fascismo della Nirenstein non è quello di Ciarrapico. E’ il fascismo israeliano, venato di razzismo talmudico, che deriva direttamente da Vladimir Jabotinsky e dal suo partito cosiddetto revisionista: un partito armato, che già propugnava la guerra e l’espulsione dei palestinesi, e le cui milizie («Legione ebraica») furono addestrate da Mussolini, di cui Jabotinsky era un fiero ammiratore.

Il movimento di Jabotinsky è stato fertile di personaggi neri, o meglio bruni. Nel 1940 la Lehi (Banda Stern) contattò il Terzo Reich offrendo il suo aiuto nell’«evacuare» gli ebrei d’Europa, e proponendo «l’instaurazione di uno storico Stato ebraico su base nazionale e totalitaria, connesso al Reich germanico con un trattato». Non si tratta di elementi marginali nella storia sionista.

Yabotinski fu eletto membro del Congresso Sionista Mondiale (1921-23). Un esponente di primo piano della Banda Stern, terrorista attivo e promotore della alleanza coi nazisti, Yitzhak Shamir, fu capo del governo israeliano nell’83; era a destra persino di Sharon; entrambi esponenti del Likud, il partito nato dal movimento di Yabotinski. Il Gush Emunim, il movimento la cui yeshiva è stata colpita dal recente attentato, nido di coloni armati, è omogeneo alle idee razziste di Jabotinsky: simpatizzano per il Gush Emunim il 52% degli israeliani.

Movimento armato, che propugna la violenza come mezzo di affermazione politica, con milizie giovanili, assetato di «terra», di «spazio vitale» da portar via ai palestinesi con il sangue. Sembra qualcosa di più seriamente fascista di Ciarrapico. Dopo l’attentato, i militanti della yeshiva hanno gridato «Morte agli arabi». Provate solo a pensare se qualcuno gridasse «morte agli ebrei»…

Ma questo è il punto: c’è un solo fascismo legittimo, oggi. Potentemente armato, e intento ad espandere il suo «spazio vitale» con continue provocazioni e attacchi preventivi ai vicini. Su cui non si leva nessuno scandalo, e che non subisce alcuna discriminazione.

Le vedute di Fiamma Nirenstein sono, non si sa quanto «inconsciamente», perfettamente coincidenti con il nazifascismo israeliano. Lo ammette lei stessa, nella rivista ebraica sopra citata. Magari a forza di lapsus linguae, come insegna Freud, quando il subconscio rigurgita: «Solo perché mi identifico con un paese continuamente attaccato dal terrore sono diventata una estremista di destra?», protesta lei.

«Ogni Paese ha diritto a difendersi. Solo agli ebrei nella storia è stato negato il diritto all’autodifesa, e così è anche oggi».

«La parola d’ordine degli ebrei deve essere ‘Orgoglio ebraico’, nel senso dell’orgoglio
per la nostra storia e la nostra identità nazionale».

E ancora: «Orgoglio ebraico significa che dobbiamo rivendicare l’unicità identitaria del popolo ebraico e il suo diritto ad esistere: dobbiamo agire come non sia mai stati riconosciuto, perché oggi, di nuovo, non è più riconosciuto. Nella difesa della nostra identità dobbiamo essere, come dice Hillel Halkin, più duri che possiamo e più liberali di chiunque altro».

«Né destra né sinistra. Non diamo alla sinistra il potere di decidere dove collocarci. Noi decideremo le nostre alleanze da soli, secondo l’attuale posizione dei nostri partner potenziali».
 
Tutte queste frasi, camerata Fiamma, sono puro fascismo. Anche i tedeschi, negli anni ‘30, protestavano: ci chiamate estremisti di destra solo perché ci identifichiamo con il nostro Paese, attaccato da tutte le parti? La nostra parola d’ordine dev’essere «orgoglio ariano», orgoglio per la nostra identità nazionale. In questa difesa della nostra identità - sempre minacciata dalla «pugnalata alla schiena», dalla «vittoria mutilata», dallo «spazio vitale» che ci viene negato dal complotto demo-pluto giudaico, dobbiamo essere i più duri.

Anche gli italiani pensavano così, negli anni ‘30: che c’era una congiura mondiale che impediva alla razza italiana colonizzatrice di conquistare il suo spazio vitale. Anche il fascismo non volle essere «né destra né sinistra».

Solo che dalle nostre parti - se sia un bene o un male decida il lettore - queste cose non si possono più dire. Non si può identificarsi con la propria nazione. Non si può mostrare orgoglio per le armi della nazione e le sue vittorie, la storia e l’identità sono cancellate, o motivo di colpa. Quello era il fascismo «nostro». Se fu un errore o un delitto, fu un «nostro» errore o delitto - come una malattia di famiglia, che non dovrebbe essere negata ma semmai studiata, capita.

Invece no: il fascismo nostro ci è stato asportato. E in quel vuoto, ci trapiantano il fascismo ebraico. Potete ancora essere fascisti senza vergogna, purchè lo siate per Giuda.

La falsificazione della politica italiana, della stessa natura e storia italiana, non potrebbe avere sintomo più chiaro: ci è permesso di vivere politicamente solo dopo aver subìto il trapianto, di esistere solo con organi altrui, per scopi altrui. Oggi israeliani, ieri atlantici o sovietici, russi o americani. Italiani mai più.


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