Siete davvero tradizionalisti?
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Carissimi, vorrei almeno mettervi in guardia dalla vostra stupidità cieca. State rovinando la causa che pretendete di difendere. Ad ogni vostro intervento, mostrate di non conoscere la tradizione che dite di promuovere contro il Papa.

Un esempio: accenno al possibile pellegrinaggio di Papa Francesco e di Bartolomeo a Gerusalemme, e uno di voi si allarma per

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«... quel sinistro “ritorno a Gerusalemme”, segno principale della apostasia finale, quella che, se non abbreviata, ingannerebbe anche i giusti. Chi è destinato ad assidersi come Gran sacerdote dell’umanità?».

Dunque a voi non piace questo Papa, e dunque gli vietate – in nome della tradizione – di andare a Gerusalemme: ciò lo trasformerebbe immediatamente in Anticristo. Ma scusate, non avete mai sentito parlare di «pellegrinaggio a Gerusalemme»? Di come fosse un fenomeno di massa nell’alta Cristianità, quando folle affrontavano il viaggio e i suoi rischi perché andare a Gerusalemme lavava da tutti i peccati, e lucrava l’indulgenza plenaria? Avete mai avuto la nozione che le Crociate di cui proprio voi siete nostalgici per ideologia, e i Templari – che voi tanto ammirate – nacquero proprio per proteggere i pellegrini che andavano in Terrasanta?

E adesso quel pellegrinaggio, che dura a due millenni, se lo fa il Papa, diventa un «sinistro segno principale dell’apostasia finale». Non so se vi rendete conto.

Un altro, dall’alto del suo sapere, consiglia:

«Penso che i due vescovi possono pure risparmiarsi il viaggio in Israele... ma celebrino in comunione di sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo: Israele può attendere... nessuno mette il vino nuovo in otri vecchi».


Qui, ammutolisco. Costui pensa che io, proprio io, auspichi quanto segue: che i due discendenti di Pietro ed Andrea e loro successori apostolici vadano a sottomettersi alla Sinagoga. Almeno cercate di capire quello che leggete. Il vostro settarismo vi acceca e vi fa vergogna.

Una lettrice:

«Anche a me veramente questo papa lascia perplessa, un gesuita poi, ma non ho ben capito se le profezie di Malachia e dell’Apocalisse hanno o no fondamento, mi sapete dare lumi?».

La cara lettrice dovrebbe rivolgere le sue perplessità prima di tutto a se stessa, visto che ignora la differenza tra l’Apocalisse e le profezie di Malachia, e le mette sullo stesso piano. L’Apocalisse è una Sacra Scrittura canonica, cui il fedele è tenuto a credere e meditare. Le profezie di Malachia sono noto un falso storico. Vengono attribuite a san Malachia, vescovo inglese del XII secolo; disgraziatamente, a stilare la biografia di questo Malachia fu nientemeno Bernardo di Chiaravalle (suo amico personale: le basta come fonte?) , che non menziona per nulla le presunte sue profezie. Queste appaiono solo nel 1595. Gli storici hanno appurato, con buona probabilità, che furono scritte cinque anni prima, in occasione del Conclave del 1590, per influenzare i cardinali a favore del card. Simomcelli di Orvieto (segnalato nella «profezia» col motto «ex antiquitate urbis», appunto Urb Vetus, Orvieto). Influenza che fallì. Si è potuto anche identificare il falsario: Alfonso Ceccarelli, un antiquario, astrologo e numismatico, fertile fabbricatore di falsi alberi genealogici, falsi testamenti, documenti di proprietà contraffatti – a favore di chi era in grado di pagarlo.

Di tutto ciò è facile accertarsi con rapida ricerca, anche sul web. Ma invece, tan ti cattolici lo inseriscono accanto alle profezie più o meno apocalittiche cui sono avidi collazionatori, vedendovi le conferme della loro ideologia. Ora, per favore, volete chiedervi qual è la «fonte» da cui avete appreso le profezie di Malachia? Da qualche rotocalco: Oggi, Eva Express, Donna Moderna, Astra... Di certo non dalla Chiesa. E gente come voi fa la schizzinosa perché è diventato papa «un gesuita, poi», e fa le pulci ai suoi primi atti e fare i difficili sulle sue «fonti»? Vi prego caldamente di nuovo: vergognatevi di voi stessi.

Un altro molto sicuro della sua dottrina:

«Il compito di Bergoglio, che si sta delineando sempre più chiaramente nel corso del tempo, è quello di abbattere la figura del Papa come vicario di Cristo ed ultimo vero monarca assoluto, per farla diventare, più modestamente, quella di primus inter pares (lo stucchevole accento sull’essere vescovo di Roma sta ormai raggiungendo livelli da vomito e siamo solo all’inizio...)».

Non piace ai tradizionalisti l’ultimo Pietro che si dichiara un primus inter pares? Chissà se il loro estremo tradizionalismo disapproverà anche il primo Pietro: infatti anche lui nella Prima Lettera di Pietro (5, 1-4), che è la prima enciclica effettiva, rivolta ai vescovi (presbiteri) delle chiese d’Asia Minore, si dice primus inter pares: «Esorto i vostri presbiteri, io co-presbitero, ....pascete il gregge di Dio che vi è stato affidato, non per costrizione ma di cuore».

Vomitevole umiltà, questo Pietro, vero? Stucchevolmente, si dichiara semplice co-vescovo e poi, come vescovo di Roma, afferma la sua autorità (nella carità). Da allora chiunque si dichiari vescovo di Roma implica con ciò stesso di essere anche depositario del primato petrino. Bergoglio è stato perfettamente in questa linea: s’è chiamato «vescovo di Roma» ossia – ha aggiunto – della «chiesa che ha il primato della carità sulle altre». Ciò che il patriarca ortodosso ha capito molto bene.

Se da tradizionalisti trovate vomitevole e stucchevole l’ultimo Pietro, per lo stesso motivo dovete rifiutare obbedienza al primo Pietro, che mai s’è detto «papa» e nemmeno sapeva cosa volesse dire.

Eh sì, ad essere tradizionalisti fino in fondo, si deve concludere che la Sede è vacante da 2 mila anni. Magari obbedirete «solo a Cristo»? Cristo sì, Chiesa no... dovreste sapere dove porta questa deriva.

Il primo Pietro già era sospetto; non obbediva ai tradizionalisti. Non si vestiva come vogliono loro. Veramente non trovo, nei quattro evangeli, un passo dove Cristo prima di ascendere ordinasse a Cefa: «Mi raccomando, zuccotto rosso, mantella con l’ermellino e scarpette rosse, altrimenti ti ritiro il mandato. Ah, e croce pettorale d’oro, mi raccomando!». Ma per i tradizionalisti devono avere un quinto evangelo (l’avrà scritto Malachia?) visto che condannano Bergoglio perché va in giro con normali scarpe nere e senza ermellino.

Lo fa per diabolici intenti, giurano. Per «abbattere la figura del Papa come vicario di Cristo ed ultimo vero monarca assoluto»: ora, appunto, certi vestimenti papali risalgono al 500 (e qualche volta al ‘700: orrore innovativo!) quando effettivamente esistevano le monarchie assolute in senso politico, e il Papato era forse lo Stato più potente fra questi. Oggi, tutto questo Cinquecento vestimentario ed architettonico – che aveva un senso nella Controriforma – rischia di apparire come un orpello alquanto ridicolo; la massima parte dei contemporanei non ha nozioni storiche sufficienti per apprezzare, e vive «nel presente immediato»; trova dunque certe cose, come gli Svizzeri nel costume michelangiolesco, una buffa archeologia, e dunque persino un ostacolo all’evangelizzazione. È, del resto, una cosa caduca; è veramente strano che i «tradizionalisti» si attacchino a cose caduche come ad assoluti.

Oltretutto s’irritano perché papa Francesco appare semplicemente vestito di bianco. Ma sanno almeno da dove viene questa talare bianca? Si tengano forte: da papa Pio V. Sì, il San Pio Quinto il cui catechismo e la cui Messa pare a loro l’unica ed ultima verità. Ebbene: elevato al Soglio, questo severo restauratore della fede e fustigatore dei costumi preteschi, rifiutò il manto rosso dei Cesari (di moda allora) e volle tenere l’abito bianco dell’ordine da cui veniva, quello dei domenicani: ordine mendicante fra parentesi, ossia «vomitevolmente pauperistico» poco meno dell’ordine francescano. Sta a vedere che il modernista Bergoglio è più tradizionalista di voi, ignorantelli.

Ignorantelli ed anche un po’ volgarotti, amici miei: voi non riuscite a vedere un re se non sotto ermellini e broccati ed ori. Vi sfugge l’essenziale aristocraticità della «sprezzatura» – qualità nobile a voi evidentemente estranea – del vestire semplice dei sovrani. Giusto per fare un esempio puramente politico: avreste mai riconosciuto nell’omino avvolto in un pastrano militare senza gradi né decorazioni tal Napoleone Bonaparte? L’autorità non dipende dagli orifiammi e dalle pompe di tre secoli fa. Chissà quanto avreste disprezzato, se foste vissuti ai suoi tempi, San Francesco vestito di sacco; eppure non ebbe mai tanta autorità come quando cominciò a indossare panno dei poveri (forse quello che aveva visto ai sufi in Nordafrica) e a gettar via le scarpe. Sposò Madonna Povertà e con lui «Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro/ dietro a lo sposo, sì la sposa piace» (Paradiso, canto XI).

Qualcuno di voi dovrebbe spiegarmi – o spiegare a se stesso – il vero furore, la frenesia di odio che vi suscita la prospettiva dell’unione ritrovata con la Chiesa d’Oriente. Desiderio ardente ed auspicio tradizionale della Chiesa da mille anni, che di colpo diventa per voi un segno dell’Anticristo. «Non si deve! Non si può», stridete all’unisono.

Qualcuno di voi profferisce vere e proprie insensatezze da paranoici:

«Forse che di fronte al “secondo polmone” della Chiesa, uomini come padre Kolbe, papa Pio X e padre Pio diventano meno significativi per la Tradizione cattolica rispetto a ciò che potrebbe essere contribuito da un televisivamente imponente abbraccio tra il Patriarca e il Vescovo di Roma?».


Cerco di fare l’analisi logica di questa frase, ma non ci riesco. Aiutatemi voi: secondo voi, il sospirato compiersi del desiderio di Cristo – ut unum sint –, se si adempisse, si farebbe a danno della venerazione di padre Kolbe e padre Pio? Che cosa c’entra? V’immaginate che papa Bergoglio li cancellerà dal calendario, vieterà di onorarli e pregarli? Sono deliri di persecuzione che richiedono appositi psicofarmaci, non ragionamenti. Provi a rileggersi; magari capirà la figura che ha fatto.

Un altro è sconvolto perché,

«In Terra Santa, eccezion fatta per Gerusalemme e Betlemme, TUTTE le comunità cristiane, latine ed ortodosse, celebreranno la Pasqua insieme... a MAGGIO, perché così prevede il calendario giuliano, seguito, come si sa, dagli ortodossi. È una sperimentazione decisa dal locale consiglio episcopale, sulla quale si deciderà poi definitivamente e, penso sempre, localmente, tra 2 anni. A Gerusalemme e Betlemme, invece, i cattolici celebreranno come in tutto il resto della Cristianità il 31 marzo p.v. Perché? Perché così i turisti/pellegrini che si recheranno ora in Terra Santa per la Pasqua non rimarranno male, e gli stranieri che lavorano in Israele potranno cumulare le ferie pasquali “latine” con quelle della Pasqua ebraica che è oggi. Non ho parole».

Siccome questa situazione l’ho vista coi miei occhi nei miei reportage in Terrasanta, ve la spiego: nelle locali comunità cristiane, piccole ed isolate e circondante da ostili nemici, avvengono sempre più spesso matrimoni misti; non solo tra giovani cattolici e ortodossi, ma con armeni. Là la cordiale accettazione reciproca è nata dal basso, nel particolarissimo stato di necessità della terra occupata; i patriarcati latino ed altri sono in contatto continuo. Se ben ricordo, la Pasqua vien celebrata secondo il calendario giuliano ortodosso (ma che era il nostro calendario secoli fa), mentre il Natale vien celebrato dai due gruppi il 25 dicembre alla cattolica (e protestante, anglicana..). Ciò di comune accordo. Da parte di autorità religiose ecclesiastiche, che devono la loro legittimità alla successione apostolica. Forse che voi guardate con mal occhio costoro «perché sono buoni?» (Matteo 20, 16). Perché si vengono incontro come fratelli?

La rabbia che mostrate al solo pensiero di una riunione delle due Chiese manifesta un grumo di pregiudizi e sospetti , di odio e di bile, di obbedienza a uno spirito di divisione e chiusura che fa paura, così sinistro, irrazionale e impulsivo che un lettore non prevenuto li sente ispirati da Qualcuno.

«Mo’ avevamo bisogno degli scismatici per sapere cosa diceva la chiesa in rapporto alla tradizione orale?? Follia!».

Un altro:

«La tradizione di questi “patriarchi” è morta. Quella di Roma è viva: c’è una bella differenza. (...) Una della parti quindi (cioè loro che se ne sono andati) deve ritornare».

Tornare dove, di grazia, visto che per voi la Chiesa di Roma non è più la Chiesa del vero Pietro? Tornare ad un papato dove, secondo il vostro giudizio, da Pio XII in poi si succedono solo antipapi, falsi papi e impostori che traviano il gregge? So però che gente come voi è non si lascia convincere da nulla. Fa parlare la pancia, come succede ai troppi lemuri che affollano internet per schizzare qualche tipo di bile su qualunque argomento. Siete persino fieri dei vostri «ragionamenti».

Come questo:

«... ‘patriarchi’ lo sarebbero se fossero dentro l’Unica Chiesa di Cristo. Siccome ne sono fuori non sono patriarchi se non del loro scisma. O vuoi dire che ci sono 2 Chiese di Cristo? La tradizione apostolica è DI ESSERE CON PIETRO e non solo di avere la successione apostolica come un possesso. Perché il potere di confermare i fratelli è di Pietro e non il contrario. Una della parti quindi (cioè loro che se ne sono andati) deve ritornare. Se poi hanno una bella liturgia chi se ne frega? Senza la fede integra è una pantomima. La fede o c’è tutta o niente (non lo dico mica io.

Nemmeno ti accorgi, caro Maccabeo, che hai pronunciato un’accusa in piena regola contro te stesso e la tua setta sedevacantista.

«La tradizione apostolica è DI ESSERE CON PIETRO e non solo di avere la successione apostolica come un possesso. Perché il potere di confermare i fratelli è di Pietro e non il contrario».

Appunto a voi, tradizionalisti da stadio, dovete applicare questa asserzione. Siete voi che non siete con Pietro, e lo proclamate pure.

«Una della parti quindi (cioè loro che se ne sono andati) deve ritornare».

Appunto, come si diceva: de te fabula narratur. Sei tu quell’uomo che accusi. Sei – siete – contro l’attuale papa per amore sviscerato della Messa antica in latino? Posso risponderti con le tue parole:

«Se poi hanno una bella liturgia chi se ne frega? Senza la fede integra è una pantomima. La fede o c’è tutta o niente (non lo dico mica io)».

E ti dò ragione, stavolta.

Se per venire alla Messa in latino bisogna adottare la vostra ideologia che disconosce radicalmente l’assicurazione di Cristo (Tu es Petrus) e rivestire il vostro odio preventivo per un Papa per il fatto che si è presentato con «buonasera» e non indossa i ridicoli scarpini rossi ma porta le scarpe che aveva prima, allora alla larga da voi e dalle vostre liturgie.

«Senza la fede integra è una pantomima. La fede o c’è tutta o niente».

Io mi domando: siete ancora cristiani? Siete davvero tradizionalisti, voi che vi siete fermati alle esteriorità del Cinquecento, e non vedete che qui si evoca il Dugento (Francesco d’Assisi), anzi il Mille di prima dello scisma? Esaminate se non avete perso la fede, e per motivi futili e sciocchi, animati da un odio scomposto e molto preoccupante.

Se foste per la tradizione, dovrebbe piacervi un papa che preferisce abitare in un residence per godere della convivialità coi confratelli, e non farsi soffocare dal pletorico, proliferante, venefico apparato vaticano. Dovreste intuire che il papa che abbandona «l’Appartamento» si allontana dal nido di vipere che è diventato il Vaticano, dove fioccano lettere anonime e si rubavano documenti dalla scrivania del pontefice, dove un povero successore di Pietro non sa come guardarsi le spalle fra trame, voglie di potere e denaro, marciumi e perversioni , e falsi amici e cattivi consiglieri.

Io credo che Francesco si sia trasferito al residence perché l’Appartamento ha bisogno di una disinfezione radicale. E credo che stia per farla.



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