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Scienziato morto mentre provava bombe da «terrorista»
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Si chiamava Terry Jupp, era uno scienziato dipendente dal ministero della Difesa britannico. E’ morto il 14 agosto 2002, nel poligono di prova di bombe ed esplosivi statale di Shoeburyness, avvolto dalla vampa prodotta da un esplosivo che stava preparando. Cinque anni dopo, la famiglia aspetta ancora di sapere le ragioni della sua morte.

Non c’è stata alcuna inchiesta né autopsia. Un tentativo di chiamare in giudizio uno dei direttori sotto cui Jupp lavorava è fallito: il procuratore ha ritirato la causa, dicendo che il caso era «troppo delicato» per essere discusso in un pubblico giudizio.

Il Guardian, in una sua difficile inchiesta, (1) si è sentito dire che Jupp, 45 anni e due figli, era impegnato con «scienziati americani» in un esperimento che consisteva nel «fabbricare ordigni con ingredienti del tipo che i terroristi possono ottenere» in farmacia o anche al supermercato. Gli esperimenti comprendevano l’uso, tra i materiali facilmente rintracciabili sul mercato, di un fertilizzante al nitrato d’ammonio, che Jupp e i colleghi avrebbero mescolato a «un metallo in polvere» e ad un altro ingrediente da banco. Il tutto messo in vecchie latte di vernice.

Apparentemente Jupp stava «rinforzando» la miscela con un altro esplosivo quando è avvenuto lo scoppio, che l’ha gravemente ustionato. Lo scienziato è morto sei giorni dopo. Era alle dipendenze del ministero Difesa da 25 anni. Da ultimo, lavorava in una sezione del ministero detta «Forensic Esplosive Laboratori», soggetta al Defense Science and Technology Laboratory (DSTL).

Ma se Jupp e la squadra di scienziati USA stavano solo cercando di capire quali esplosivi potessero farsi i «terroristi» con ingredienti casalinghi, come mai il caso è così «delicato» da non poterne far parola in un pubblico processo? Come mai era avvolto nel segreto assoluto? E soprattutto: come mai  l’esperimento era in corso non semplicemente nell’area del poligono di prova statale, ma in un’isolotto remoto dentro questo vasto poligono, l’isolotto di Foulness, nell’estuario del Tamigi, a dieci miglia dal Southend Essex?

Il Guardian ritiene che l’ordigno «da terroristi» fosse una bomba sporca, ossia contenente materiale radioattivo che l’esplosione doveva disperdere nell’ambiente. Infatti al tempo del fatale esperimento, il poligono di Shoeburyness era (secondo la Environment Agency) la sede di un «importante programma di smantellamento di testate nucleari»: là, tra il ‘98 e il 2003, si estraeva dalle testate di bombe atomiche a caduta, e da quelle dei missili Polaris, la carica di esplosivo convenzionale che serve ad innescare la reazione a catena. Esplosivo altamente contaminato da uranio e tritio, dunque radiologicamente attivo. Ciò si faceva proprio nella remota isola di Foulness.

Nessun pericolo per l’uomo, sostiene il ministero, dato che i livelli di radioattività sono bassi. Ma il giornalista del Guardian, ispezionando a piedi la «lugubre linea costiera a sud del sito», ha visto «una quantità di cartelli che intimano di non pescare nella zona e vietano di raccogliere molluschi». Una fonte che il Guardian non identificata spiega: «Nell’agosto 2002, meno di un anno dopo l’11 settembre, gli scienziati britannici e americani erano ansiosi di capire se Al Qaeda era in grado di costruire una bomba sporca usando esplosivi convenzionali avvolti con materiale radioattivo. Stavano cercando gli esplosivi che più probabilmente (i terroristi) avrebbero usato per spargere le radiazioni. Volevano capire quanto grossa dovesse essere una tale bomba. Stavano sperimentando sostanze chimiche acquistabili sul mercato per vedere quanto potente poteva essere l’esplosione provocata».
Stavano facendo un esperimento «sporco»?

La risposta del ministero della Difesa britannico è stata: «Il DSTL è impegnato in ricerche coperte da segreto che sono di importanza nazionale, per proteggere le forze armate britanniche e il pubblico da pericolo molto reali». Ma se questo era lo scopo - proteggere la gente dai terroristi - non si vede perché non ammetterlo. Invece la causa contro un dirigente a cui Jupp era sottoposto, trascinata per anni, è stata infine abbandonata dal procuratore che trattava il caso, in seguito ad un parere dell’attoprney general (avvocato dello Stato), che a quel tempo era Sir Peter Goldsmith.

Sir Goldsmith, membro della nota famiglia ebraica inglese, ha ricoperto quella importante carica - di fatto consulente legale del governo - durante il governo di Tony Blair, dando le dimissioni nel 2007. In quella veste Lord Goldsmit emise (nel marzo 2003) un memorandum riservato in cui sanciva che l’attacco all’Iraq era giustificato dal diritto internazionale. Quel memorandum - rivelato alla stampa nel 2005 - fu la causa dell’invasione dell’Iraq da parte degli inglesi a fianco degli americani.

Nel caso della morte di Terry Jupp, Goldsmith ha fatto pressioni per insabbiare l’inchiesta. Secondo le fonti del Crown Prosecution Service (la Procura generale) il caso era comunque reso fragile dal «rifiuto di testimoniare da parte di uno degli scienziati americani»; altri funzionari hanno confidato al Guardian che «in entrambi i Paesi ci si preoccupava che un processo potesse esporre la natura dell’esperimento».

Fatto sta che Gareth Paterson, il procuratore del caso, nel gettare la spugna il marzo 2007, ha scritto: «Le difficoltà e la delicatezza di questa causa sono tali, che non posso dettagliare le informazioni relative in un processo pubblico».

Vale la pena di ricordare che tutti gli «attentati islamici» perpetrati in Gran Bretagna, dalla strage nella metropolitana di Londra del luglio 2005 a quello sventato nel 2006, dove terroristi sarebbero stati arrestati mentre progettavano di far esplodere in volo ben sei aerei di linea contemporaneamente, erano basati - o almeno così ci è stato spiegato - su esplosivi composti di sostanze facilmente acquistabili sul mercato senza suscitare sospetti, come acetone, fertilizzanti al nitrato ed acqua ossigenata (ribattezzata dai media come «perossido di idrogeno», nome più minaccioso).

Nelle indagini conseguenti, vaste quantità di acetone e acqua ossigenata sono stati trovati dagli inquirenti nelle case dei sospetti; in un caso, è stato detto, la miscela riempiva la vasca da bagno - tale miscela può produrre un esplosivo altamente instabile, ma a patto che l’acqua che risulta in grande quantità nella reazione chimica sia prosciugata con acido solforico o pompe a vuoto, cose molto meno disponibili sul mercato.

Nello sventato attentato aereo plurimo, i giornali hanno scritto che i terroristi intendevano portare a bordo sostanze innocue, che poi avrebbero mescolato nelle toilettes; fra cui «una bevanda simile al Gatorade», il che ha giustificato il divieto, tutt’ora vigente, di portare a bordo anche fondotinta, lozioni solari, acqua minerale e bibite.

La «delicatezza» delle indagini sulla morte di Jupp potrebbe  essere dovuta al fatto che l’esperimento consisteva nel preparare plausibili attentati «false flag», da attribuire con qualche verosimiglianza a giovani musulmani digiuni di nozioni chimiche?

Fatto è che Jupp e i colleghi stavano apparentemente cercando le dimensioni «minime» ma efficaci per quelle bombe da terroristi: secondo il Guardian, gli ordigni che provavano nelle vecchie latte da vernice non dovevano superare i dieci chili, per essere trasportabili.

La famiglia di Jupp ha detto al giornalista che non sapeva assolutamente nulla del lavoro del congiunto. Roy, il padre: «Ci aveva detto che lavorava nella plastica (!). Solo questo». La sorella Alison: «Quando ci chiamarono al telefono per dirci dell’esplosione, restammo di stucco: perché mai Terry doveva essere coinvolto in un’esplosione?». La mamma, Annie: «E’ chiaro che ‘quelli’ vogliono insabbiare tutto. La morte di un uomo non conta molto per loro».




1) Ian Cobain, «Curious case of the dead scientist and the bomb experiment», Guardian, 24 marzo 2008.


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