Netanyahu, Neocons. & Neosionismo
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Neoconservatorismo contro Siria e Russia

Si parla comunemente oggi di “trans/atlantismo”, di “occidentalismo”e di “Magna Europa” per indicare il mondo, che va dall’occidente atlantico sino allo Stato d’Israele e che formerebbe “l’impero del bene” contro “l’impero del male”, rappresentato dai regimi autoritari del Medio Oriente e  dalla  Russia di Putin.

L’occidentalismo o la cultura della modernità europea e anglo/americana viene comunemente presentata come un civiltà superiore o addirittura unica rispetto alle altre sia del passato che del presente, la qual è trasversale al mondo, andando dall’Atlantico sino al Mediterraneo, e aspira al dominio del globo volendo conquistare geograficamente il resto del mondo per esportare intellettualmente la democrazia, che con la modernità e soprattutto con Popper ha preso il posto del Summum Bonum della scolastica medievale.

Popper è il partigiano della Società aperta, tollerante, democratica, non conservatrice. Il tirannicidio o “l’omicidio mirato”, secondo lui, è lecito solo se è democratico, ossia se abbatte i regimi monarchici, dittatoriali, invece una volta instaurata la democrazia non è più lecito rivoltarsi contro essa. Tutti vanno accolti tranne coloro che non sono sinceramente democratici, per cui occorre imporre - anche con la forza - la democrazia se “Democrazia” lo vuole.

Popper ha influito – tramite Russel Kirk – grandemente e praticamente prima sull’amministrazione Reagan e poi su quella dei due Bush ed esercita tuttora un grande influenza nel mondo politico, anche se diminuita dalla presidenza Obama. Il 19 settembre 2002 il quotidiano francese Le Monde scriveva: «La scuola neo-imperialista americana: «L’attuale campagna contro l’Iraq serve a sostituire al mondo post-ottomano una nuova organizzazione fondata sulla democrazia come la intende l’America [...]. Essa si sente investita da una missione divina di proselitismo democratico, impiegando la sua formidabile macchina di guerra [...]. L’11 settembre 2001 è stata un’occasione per portare la democrazia liberale nei Paesi arabi. [...] L’America secondo Bush deve portare la “salvezza” liberal-democratica in Medio Oriente, anche con l’uso della forza [...] Gli Usa hanno capito di aver fallito la politica di cooperazione con i Paesi arabi moderati, nei quali regna ancora la dittatura o l’autoritarismo. Occorre far cadere l’Iraq per giungere all’Iran, Siria. L’Iraq è come il Giappone del 1945, un Paese che dopo la disfatta (di Saddam) domanderà di essere educato nei principi democratici. […] Nel 1945 non si trattava solo di sbarazzarsi del potere imperiale giapponese concorrenziale economicamente con gli Usa; si trattava di ricostruire la politica e la società nipponica ad immagine e somiglianza dell’America [...]. Bush ha detto chiaramente che la guerra contro l’Iraq ha senso solo se porterà la democrazia liberale e pluralista in quella regione [...]. La scomparsa di Saddam deve segnare l’inizio di una “nuova èra” in Medio Oriente».

L’attuale occidentalismo si basa anche sull’equivoco del “giudeo/cristianesimo”, come su quello di “Magna Europa”. Infatti come la metafisica classica greco/romana e quella scolastica della Cristianità medievale sono inconciliabili con la modernità illuministica empirista anglo/americana; così il Cristianesimo è inconciliabile col Giudaismo post-biblico, che nega i due dogmi fondamentali del primo: la SS. Trinità e la divinità di Cristo.

Inutile dire che i pezzi forti dell’occidentalismo sono gli Usa e Israele, mentre la vecchia Europa rappresenta solo un continente oramai conquistato e americanizzato (dopo i due conflitti mondiali) pronto come base aerea per futuri bombardamenti di guerre preventive contro il nuovo “impero del male”.

Questa divisione manichea (stile “Torre di Guardia” dei Testimoni di Geova) è stata teorizzata da un cattedratico americano di origine israelitica, Samuel Huntington, in un libro del 1993 intitolato Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale (tr. it., Milano, Garzanti, 2000), il quale è stato calato in pratica ideologica e bellica dagli intellettuali neoconservatori dell’Amministrazione di George W. Bush, data la semplicità propagandistica del suo titolo.

Huntington riduce, semplifica e uniforma la civiltà medio orientale araba a poche caratteristiche (fondamentalismo islamista, qaedista e wahabita) e ne tace tutte le altre (la cultura araba mutuata dalla Cina e dall’India, la metafisica scolastica araba medievale…). Quindi la caricaturizza e la dipinge a tinte fosche come il “male assoluto” contro cui la democrazia americana e occidentalista si deve battere oggi per portare la pace, la libertà e il liberismo nel mondo intero.

Gli ideologi neoconservatori statunitensi (R. Perle, I. Kristol, L. Strauss, P. Wolfowitz) sono quasi tutti di origine israelitica e di formazione trozkista, che, dopo la delusione subita dalla “politica della distensione” verso l’Urss del liberalismo classico di Henry Kissinger, si son trasferiti armi e bagagli  nel campo del liberismo radicale della “guerra preventiva” di Popper, Hayek e Mises e della scuola di Chicago di Milton Friedman per portare nel mondo intero la “Rivoluzione (apparentemente) conservatrice” di cui parlavano Burke e Kirk. Non più la rivoluzione radicale sovietica del 1917, ma quella culturale del 1968, che ha sprofondato già mezzo mondo nell’abisso del nulla, dal quale solo l’Onnipotenza divina può farlo risorgere.

Essi si son proposti di scalare il potere statunitense appoggiandosi alla dottrina trozkista dell’entrismo, ossia di entrare dall’interno in una organizzazione per scalarne i gradini del potere ed impadronirsene. Vi son riusciti in Inghilterra con la Thatcher e in Usa con Reagan e poi con i Bush, diffondendo la teoria di Popper secondo cui la democrazia può e deve usare la forza anche preventiva per esportare la libertà nei Paesi arretrati e ideologicamente illiberali.

Ma già nel lontano 1953 Bernard Lewis in una conferenza intitolata Comunismo e Islam aveva iniziato a individuare nell’Islam, semplificato e omologato al wahabismo, il nemico che avrebbe dovuto rimpiazzare l’Urss quando sarebbe caduta. Nel 1961 scrisse un libro Emergence of Modern Turkey per arrivare nel 1972 al famoso Islamic Concept of Revolutions, che apriva la strada nel 2002 al What Went Wrong? The Clash Between Islam and Modernity in the Middle East, in cui presenta un Islam unico e compatto, ostile per natura alla cultura, alla civiltà, alla modernità e quindi incline ad uno scontro culturale e bellico con la grande civiltà moderna occidentalista, la quale avrebbe potuto e dovuto abbatterlo preventivamente sotto pena di essere sopraffatta da lui. L’Islam secondo Lewis (1) si riassume nell’11 settembre 2001 e va trattato come un terrorista universale.

Proprio l’11 settembre consente ai neoconservatori statunitensi di lasciare le università per entrare nell’Amministrazione degli Usa e passare dalla teoria alla pratica nella stanza dei bottoni.

Il mondo contemporaneo ha rimpiazzato il Golgota con la shoah e la Pentecoste con l’11 settembre, le due divinità immanenti e laiche della modernità immanentista e laicista.

Netanyahu e il neosionismo


Tutto ciò che riguarda il neoconservatorismo statunitense è noto ai lettori. Ciò che lo è di meno è il ruolo svolto da Benjamin Netanyahu nella nascita di un neosionismo liberista e bellicista, che ha stretto un asse di acciaio con il neoconservatorismo statunitense a partire dal presidente Reagan sino a Bush jr.

L’attuale leader dello Stato d’Israele discende da una famiglia dell’ultra-destra israeliana di Jabotinski, il quale voleva “più ebraismo e meno democrazia”, un Israele antisocialista, antipacifista, non democratico e non orientale; ma liberista, nazionalista, belligerante ed europeo.

Secondo Jabotinski e Netanyahu Israele è “l’occidente dell’occidente”, ossia è la punta di diamante della modernità e della politica moderna statunitense (cfr. S. Avineri, The Making of Modern Zionism, New York, Basic Books, 1981, p. 179), la quale ha in Israele il suo alter ego o il suo termine di relazione. L’Europa è vista, soprattutto da Netanyahu (2), come un base logistica, che permette agli Usa di aiutare Israele a distruggere il “male assoluto”: ieri l’Urss, oggi l’islamo/fascismo. I neosionisti di Netanyahu vogliono ridisegnare, ripensare e ricreare lo Stato di Israele facendolo europeo e occidentale, liberista e non mediorientale, non mediterraneo, non laburista e non aperto al dialogo con il mondo arabo. È da costoro che viene l’idea di “Israele come Europa del Medio Oriente”, formula ripresa dai teocon italiani di Alleanza Cattolica (M. Respinti, M. Introvigne e G. Cantoni) riguardo alla “Magna Europa”, che andrebbe dagli Usa sino ad Israele passando per l’Europa.

Israele, secondo i neosionisti, è una fortezza assediata dall’islam e deve diventare un ponte di lancio per distruggerlo assieme agli Usa e alla Nato. L’oriente e il mondo arabo son respinti in blocco dal neosionismo, secondo cui “tutti gli ebrei debbono sentirsi la punta avanzata dell’occidente” (cfr. Y. Laor, Il nuovo filosemitismo europeo, tr. it., Torino, Le Nuove Muse, 2008, p. 145).

Si sa che Israele è nata laburista nel 1948 con Ben Gurion e il sionismo lo era con Teodoro Herzl (1896), ma dopo la guerra dei sei giorni del 1967 le cose son cambiate poco alla volta sino al 1977 quando Menachem Beghin, militante della destra estrema del Likud di Jabotinski, vinse le elezioni e divenne primo Ministro preparando la strada al massimalismo della destra antiaraba e occidentalista israeliana rappresentata da Ariel Sharon, che nel 2005 è stato scavalcato da Netanyahu, il quale vede Israele come “un bunker assediato dal mondo arabo”.

Bibi Netanyahu ha vinto le elezioni nel 1996, dopo l’assassinio di Itzak Rabin il 4 novembre del 1995 da parte di un giovane estremista di destra, vicenda nella quale Netanyahu ha avuto gravi responsabilità morali e ideologiche per aver accusato Rabin di tradimento e di cedimento nei riguardi di Arafat, durante tutta la campagna elettorale.

Inoltre Netanyahu dopo essere stato sconfitto nel 1999 dal laburista Ehud Barak si è ritirato momentaneamente dalla politica e nel 2000 ha rinunciato a correre alle primarie del Likud che sono state conquistate da Ariel Sharon, che poi ha vinto le elezioni contro Barak ed ha nominato Netanyahu Ministro degli esteri nel suo governo nel 2002, da cui Netanyahu esce nel 2005 per protesta contro il ritiro unilaterale di Israele “voluto” da Sharon dai territori palestinesi occupati dai coloni ebrei. Quindi nel 2005 vince le primarie del Likud e batte Sharon giudicato troppo remissivo dagli elettori di destra. Tuttavia alle elezioni del 2006 Netanyahu viene sconfitto da Sharon, che ha fondato un nuovo partito di destra “moderata” chiamato Kadima (Avanti) e si piazza terzo dopo i laburisti di Barak. Ma  Netanyahu ha rivinto le elezioni nel 2009 e nel 2013, divenendo l’unico politico eletto per tre volte primo ministro di Israele (cfr. B. Caspit – I. N. Kfir, Netanyahu, the Road to Power, Londra, Vision, 1998, p. 9 ss.).

Uno dei fattori della forza politica di Netanyahu deriva dal suo legame, iniziato da suo padre Benzion, con gli Usa ove visse per 16 anni, legame territoriale, economico, politico e culturale, che è stato prezioso per Benjamin Netanyahu, il quale ha mantenuto uno stretto legame col ramo statunitense della sua famiglia.

Il legame tra il neosionismo liberista e nazional/imperialista di Netanyahu & il neoconservatorismo di Reagan/Bush è diventato l’asse portante del Nuovo Ordine Mondiale della “guerra infinita” e della “pace mediante la forza” contro “l’impero del male” (Afghanistan, Iraq, Libia, Tunisia, Siria e soprattutto Iran per giungere oggi alla Russia di Putin, rea di aver difeso la Siria). Come si vede 5 Nazioni su 7 sono già state “sistemate” dall’ “impero del bene”

L’ideologia neosionista di Netanyahu si fonda sulla concezione economica iper/liberista della scuola di Chicago e della Mont Pelerin Society di Milton Friedman (formatosi su Hayek e Mises) e sulla ideologia ultranazionalista dello scontro di civiltà di Jabotinski ripresa poi da Bernard Lewis.

Come si vede, Netanyahu è legato a doppio filo con gli Usa e soprattutto col neoconservatorismo imperialista e liberista. L’èra di Netanyahu coincide con quella di George Bush, che dopo l’11 settembre del 2001 ha voluto esportare la democrazia nel mondo intero abbattendo prima i regimi nazionalisti e laici autoritari mediorientali, servendosi dell’appoggio del salafismo e del wahabismo qaedista dei sauditi.

Per Netanyahu i laburisti israeliani come i democratici americani rappresentano lo “sconfittismo” e l’arrendevolezza nei confronti del mondo arabo, che va solamente combattuto e col quale non si può assolutamente dialogare sotto pena di alto tradimento dell’ideale neosionista di conquista del mondo intero assieme al neoconservatorismo statunitense. È una mentalità molto simile a quella dello zelota Bar Kobà che portò alla rivolta contro Roma nel 132 e alla distruzione della Giudea nel 135.

Sin dal 1979 Benjamin invita a Gerusalemme George Bush senior, allora direttore della Cia, a tenere una conferenza per lo “Studio del Terrorismo Internazionale” all’Istituto Jonathan fondato da lui nel 1976.  Si delinea già la linea ideologico/politica, finanziaria e militare di Netanyahu e dei Bush, il quale si fonda sul binomio “Liberismo, Imperialismo”, i quali in maniera manichea dividono il mondo in due entità: 1°) il bene assoluto: la civiltà occidentalista, liberista ed esportatrice di democrazia anche con guerre preventive; 2°) il  male assoluto: l’inciviltà araba, orientale, socialista e antidemocratica.  Queste due entità sono in guerra permanente e “infinita” tra di loro, dalla quale una uscirà vittoriosa e padrona del mondo e l’altra distrutta e cancellata dal mondo.

Nel 1984 si tiene la seconda conferenza del “Jonathan Institute”, vi partecipano l’oramai vicepresidente Usa George Bush senior e il giovane neocon Douglas Feith, allora assistente del sottosegretario alla Difesa Usa. In quel congresso si stabilì che alcuni Paesi erano i finanziatori del Terrorismo mondiale; essi erano individuati (20 anni or sono) nella Libia, Siria, Algeria, Iraq e Russia. I temi delle due conferenze sono stati ripresi nel libro di Benjamin Netanyahu pubblicato nel 1986 Terrorism: How The West Can Win. “Il libro suscita molta impressione a Washington e viene letto e lodato dal Presidente Reagan, anche grazie ai buoni uffici di George Shultz, mentore e sostenitore della seconda conferenza e allora Segretario di Stato Usa” (F. Nicolucci, Sinistra e Israele, Roma, Salerno ed., 2013, p. 105).  Nel medesimo 1984 Netanyahu diventa ambasciatore d’Israele presso l’Onu; tra il suo staff spicca Bernard Lewis e gli Usa bombardano la Libia. Nel 1995 Benjamin Netanyahu pubblica il suo secondo libro Fighting Terrorism. How Democracies Can Defeat the International Terrorist Network (New York, Farrar-Strauss). In breve egli prospetta una seconda Guerra fredda, ove l’Urss è rimpiazzata dai regimi dittatoriali arabi, che dovrà diventare calda e cruenta per non soccombere come fece l’Europa nel 1938. Netanyahu prospetta una minaccia globale del terrorismo arabo, che verrà confermata dall’11 settembre 2001, al quale gli Usa son chiamati a rispondere assieme al neo Israele non più laburista. Inutile dire che questa linea di pensiero e di azione è stata vincente e lo è sino ad ora nonostante in Usa sia Presidente un democratico, il quale sostanzialmente non ha invertito la rotta dello scontro di civiltà (v. Rivoluzioni arabe del 2011 e Rivoluzione ucraina del 2014), anche se lo ha condotto apparentemente e a parole in maniera più soft.

Come si vede, la pratica del post 11 settembre è iniziata circa 20 anni prima grazie alla propaganda neosionista di Netanyahu e all’appoggio datogli dal Presidente Reagan e dal primo Ministro britannico Margaret Thatcher. Il neoconservatorismo pratico e governativo statunitense segue di un ventennio il neosionismo israeliano di Netanyahu.

Israele, pur spingendo ad extra gli Stati uniti per la costruzione del Nuovo Ordine Mondiale mediante la globalizzazione e il Mondialismo, si vuol mantenere ad intra come uno Stato-Nazione forte poiché è “una fortezza assediata e geograficamente isolata, l’unica democrazia del medio oriente” accerchiata dal mondo arabo incivile e terrorista.

Questa connotazione nazionalista del neosionismo di Netanyahu ha fatto breccia persino nel “Fronte Nazionale” di Marina Le Pen. Infatti nel dicembre del 2011 si è svolto il primo viaggio in Israele del vicepresidente del partito di Le Pen (cfr. Le Pen Deputy visits Israel, in “Jewish Telegraphic Agency”, 14 dicembre 2011).  Israele è l’unica Nazione che deve permanere nel Nuovo Ordine Mondiale globalizzato, mentre tutte le altre devono entrare nel calderone del Mondialismo unificatore.

Netanyahu ha la dote di ideologo ed anche di organizzatore. Egli non solo ha pianificato un dottrina del neosionismo, ma ha fatto crescere attorno a sé una schiera di giovani “cervelli pensanti” (Yoram Hazony (3), Dore Gold (4)) e un think tank (serbatoio di teste pensanti) chiamato Shalem Center, che si è fatto ascoltare dall’Amministrazione americana.

I neocon statunitensi si sono avvalsi dell’aiuto ideologico e organizzativo di Netanyahu e senza di lui non sarebbero diventati ciò che sono. Ciò si evince dalla redazione del Documento A Clean Break: A New Strategy for Securyng the Realm del 1996 (5), preparato da un gruppo di neocon israeliani e americani (R. Perle, D. Feith, D. Wurmser) per Netanyahu (cfr. J. Cook,  Israel and the Clash of Civiliations, Londra, Pluto Press, 2007), che doveva contrapporre alla “terra per la pace” degli Accordi laburisti di Oslo del 1993 (Rabin, Clinton, Arafat) la “guerra per la pace” o “pace attraverso la forza” del neosionismo, in cui traspare il “Netanyahu pensiero”, che parte dalla categoria del terrorismo mondiale arabo per indicare la necessità di un “antiterrorismo morale” israelo-americano per dare un “taglio netto” alle politiche precedenti sia democratiche americane che laburiste israeliane.

Il Documento si compone di due parti, la prima economica e la seconda geopolitica. Dal punto di vista  economico il Documento è impregnato di superliberismo, che, come in America con Friedman ha influenzato le Amministrazioni Reagan e Bush padre e  figlio, così in Israele deve soppiantare l’economia dirigista laburista, ed è ciò che ha fatto Netanyahu negli anni (1998-1999, 2003-2005) in cui è stato  ministro delle Finanze israeliane, riducendo al lastrico molte famiglie israeliane come pure è avvenuto in Usa in maniera eclatante a partire dal 2005.

Inoltre il saggio di George Gilder The Israel Test (New York, Richard Vigilante Books, 2009) (6) asserisce che la questione centrale della politica internazionale è lo Stato d’Israele, non solo in quanto frontiera di uno scontro di civiltà, ma soprattutto perché linea di demarcazione e test psicologico tra chi è per la crescita e lo sviluppo e quindi è  liberista, ossia il neo-Israele e gli Usa, e chi invece è un barbaro antiquato che non è per la crescita e quindi non è liberista, cioè il mondo arabo (G. Gilder, The Israel Test, New York, Richard Vigilante Books, 2009, p. 3 e 15).

Come si vede, per i neosion & i neocon, il Nuovo Ordine Mondiale deve essere costruito da Israele e dagli Usa sulle basi del liberismo, della democrazia, della guerra preventiva contro la inciviltà, la barbarie e il fascismo illiberale islamico. Ciò che sta succedendo dal 2001 sino ad oggi (invasione dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia, della Tunisia, del Libano, della Siria e dell’Ucraina/Crimea) è la conclusione logica della dottrina economico/politica liberista e bellicamente-preventiva dei neocon & neosion.  Il Mondialismo israelo/americano affonda le sue radici nella filosofia nominalista di Occam ed empirista dell’illuminismo britannico, rimaneggiata da Burke, Popper, Kirk, Mises, Hayek e Friedman, ossia è l’individualismo nominalista e liberale, l’affaristica liberista e la democrazia preventivamente aggressiva nei confronti di tutti coloro che non sono liberali, liberisti, libertari e democraticisti. È lo scontro all’ultimo sangue tra due mondi, due epoche e due ideologie. È lo scontro dei Popoli poveri, ma ricchi di braccia contro gli affamatori, che detengono il monopolio delle ricchezze del mondo intero.

Tutto ciò lascia presagire che le schermaglie attuali in Siria e Ucraina non si fermeranno e potrebbero dar luogo ad una guerra di conquista totale o di distruzione altrettanto assoluta. Il fascismo, secondo i neosionisti, sarebbe stato rimpiazzato dall’islam e un nuovo olocausto si starebbe per abbattere su Israele, se questi assieme agli Usa non colpiranno preventivamente il loro nemico di oggi: l’islamo/fascismo.

I neosion hanno fatto tradurre e pubblicare in ebraico La via della Schiavitù di Friedrich von Hayek nel 1997, Lo scontro tra le civiltà di S. Huntington nel 2003 e La democrazia in America di Alexis de Tocqueville nel 2009. Se ci si fa caso, sono gli stessi libri su cui si basano i teocon italiani (v. Alleanza Cattolica di Piacenza, Il Foglio di Giuliano Ferrara). Da qui nasce l’equazione: antiamericanismo = antisionismo = antisemitismo.

Per far passare la teoria della bontà assoluta dell’occidentalismo transatlantico, Dore Gold ha scritto un secondo libro (7) The Rise of Nuclear Iran (Washington, Regenery, 2009) in cui sostiene che la natura del medio oriente arabo è l’irrazionalità. Per cui non si può trattare con gli Stati arabi come Società “normali”, ma occorre equipararli a “pazzi furiosi” affetti da manie omicide e che devono essere neutralizzati prima di passare all’azione. Per esempio occorre impedire all’Iraq, alla Siria e all’Iran di fornirsi di energia nucleare poiché la utilizzerebbero in maniera follemente distruttiva contro la civiltà occidentalista perché il vero normale, avanzato, democratico, liberale, pluralista e innovatore è il neo & sioncon, mentre il terrorista, il pazzo e il sanguinario è l’arabo, il persiano e Putin.

L’invito dei sioncon è stato raccolto con entusiasmo dai neocon statunitensi e Jerome R. Corsi nel suo libro Why Israel Can’t Wait (New York, Threshold, 2009) ha scritto che “lo Stato ebraico d’Israele si riserva il dritto di autodifesa e lo eserciterà, con o senza il preventivo permesso degli Usa” (p. 9).

Il Mossad, Sharon e Netanyahu


Tuttavia inaspettatamente Ariel Sharon, il duro, viene a sparigliare le carte in tavola. Infatti da primo ministro nel 2003 propone improvvisamente un ritiro unilaterale dei coloni ebrei da Gaza. Tale nuova politica di Sharon, che è in rottura con tutta la sua storia di generale e di politico intransigente e aggressivo, spacca il Likud in due: Netanyahu resta nel Likud ossia nella estrema destra contraria al ritiro dei coloni, mentre Sharon fonda Kadima (Avanti) un nuovo partito più moderato, che propone il ritiro dei coloni. Sharon poi sarà colpito da un ictus, resterà in coma per circa 6 anni e dovrà lasciare la scena politica, che sarà occupata dal Likud di Netanyahu.

Ma ciò che ci preme è poter capire grosso modo cosa abbia indotto il duro generale, il falco Ariel Sharon nella sua vecchiaia a fare un passo da colomba verso i Palestinesi di Gaza. Netannyahu, infatti, ed anche Sharon sino al 2003 hanno sempre visto nella cessione della terra in cambio della pace l’inizio della fine di Israele e il tradimento del vero sionismo.

L’ipotesi più probabile fatta dagli analisti  e dagli specialisti del Medio Oriente e di Israele è la seguente: “Qualcuno” al quale non si può dir no ha fatto pressione per ottenere tale ritiro unilaterale. Ora in Israele tale forza la possiede solo la “Comunità della sicurezza”, ossia quella fascia della classe dirigente dello Stato israeliano composta da militari, manager e intellettuali che contano. “In Israele questa comunità si identifica tradizionalmente con lo Stato perché nasce con esso ed è una comunità bipartisan e garante per tutti, essa è diretta soprattutto dal Mossad” (F. Nicolucci, Sinistra e Israele, cit., p. 149) (8).

Questa comunità assai potente e pericolosa fa pressioni sui politici quando le loro decisioni potrebbero minacciare lo Stato d’Israele. Il Mossad (Servizi segreti esteri) è affiancato dallo Shin Bet (Servizi segreti interni) e dallo Israel Defence Force (Servizi segreti militari) e dirige questi ultimi due. Carlo Strenger ha scritto che “nessun uomo di governo israeliano, eccetto Rabin e Sharon, ha mai avuto l’ardire di scontrarsi o contraddire la Comunità della sicurezza, data la sua capacità di violenza” (Israel’s Boycott Ban is Down to Siege Mentality, in “The Guardian”, 21 luglio 2011).

Si sa poco di ciò che avvenne tra il Mossad (più gli altri due Servizi segreti) e Sharon nel 2003, ma qualcosa è trapelato sul quotidiano israeliano Haaretz, che ci informa su un colloquio riservato avvenuto tra Sharon e Elliott Abrams (l’emissario del Presidente Bush) a Roma il 18 novembre 2003, preparato da una decisone dell’alto vertice dell’Intelligence israeliana tra il 10 e il 17 novembre. Quattro ex Generali in capo dello Shin Bet rilasciarono un’intervista al quotidiano Yedioth Aharonot il 14 novembre, nella quale lanciarono un chiaro avvertimento a Sharon che, se non avesse ritirato i coloni da Gaza, avrebbe portato lo Stato d’Israele verso l’abisso (cfr. A. Benn, The Shin Bet Chiefs Did It, in “Haaretz”, 13 ottobre 2004). Gli analisti spiegano che il confronto tra i Servizi di intelligence israeliani e Sharon mise questi con le spalle al muro e lo spinse ad acconsentire al ritiro unilaterale dei coloni.  Tutto ciò potrebbe costituire anche il “tallone di Achille” di Netanyahu  poiché la “Comunità di sicurezza” ha  come priorità  pratica, anche se ideologicamente pende a destra, la stabilità di Israele, pure a patto di una concessione di terra ai Palestinesi, il che cozza con l’ideologia del neosionismo, che tuttavia di fronte ad un “confronto” serrato con l’Intelligence israeliana potrebbe scegliere pragmaticamente la via dell’accordo obtorto collo, anche se le vittorie di Netanyahu nel 2009 e nel 2013 e l’appoggio che continua a  godere in Usa lo hanno rafforzato enormemente e la sua mentalità neozelota non lo aiuta in questa direzione.

Occorre tener conto che in Israele la “Comunità di difesa” è lo “Stato profondo” di cui fanno parte 7 ex generali in capo del Mossad, 6 dei Servizi militari (Israel Defence Force) e 5 dello Shin Bet, in tutto 18, dei quali ben 8 si son schierati apertamente, ma non pubblicamente, contro la ideologia politica di Netanyahu, 4 hanno mostrato le loro perplessità a riguardo di essa pur senza schierarsi apertamente contro, i rimanenti 4 si son ritirati a vita privata e di questi solo 2 sostengono (Ehud Barak e Moshe Ya’alon) Netanyahu, ma non hanno più accesso alla stanza dei bottoni. (9) In breve lo “Stato profondo” e i suoi veri garanti in Israele sono l’Intelligence e i suoi generali, i quali pur essendo ideologicamente orientati a destra sono pur sempre militari dei Servizi segreti e quindi assai pragmatici.

La caricatura neosion & neocon del mondo arabo


Il neosionismo assieme al neoconservatorismo riducono la civiltà mediorientale araba  a poche caratteristiche (fondamentalismo islamista, qaedista e wahabita) e ne tacciono tutte le altre (la cultura araba mutuata dalla Cina e dall’India, la metafisica scolastica araba medievale…). Già  nel lontano 1953 Bernard Lewis in una conferenza intitolata Comunismo e Islam aveva iniziato a individuare nel mondo arabo, semplificato e omologato al wahabismo, l’asse del “male assoluto”.

Per rispondere a questa obiezione bisogna studiare le principali ramificazioni del mondo arabo contemporaneo: 1°) il nazionalismo pan-arabo; 2°) l’integralismo qaedista e jiadhista.

La cultura araba [non la religione islamica, specialmente se interpretata in maniera fondamentalista e fideista (10)] non è una forma di beduinismo rozzo, grossolano, privo di ogni spessore e profondità, come è ci comunemente presentata dai mass media occidentali/atlantici “politicamente corretti” e dai neosionisti.

Infatti sia la cultura umanistico/scientifica araba (mutuata dall’India e dalla Cina e poi trasmessa  all’Europa) che la filosofia aristotelica araba (Avicenna, Averroè) hanno toccato vertici di grande perfezione nel medioevo, anche se poi hanno conosciuto la decadenza filosofica e soprattutto teologico/esegetica con al-Ghazali; decadenza che è divenuta assai forte, ma non ha distrutto completamente la rinascita della civilizzazione araba non prettamente teologica, la quale è stata portata avanti dal nazionalismo sociale pan-arabista nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento, e, soprattutto attualmente, è avversata dall’integralismo qaedista, cresciuto dopo la seconda metà del Novecento e foraggiato dagli Usa, da Israele e dai Sauditi (11), in maniera apparentemente paradossale (12).

Perciò si scontrano, a partire dal XIX secolo, due concezioni del mondo arabo: la prima, nazionalista laico/patriottica d’ispirazione religiosa islamica (“partito sociale nazionalista Baath”), ma non integralista, ed infine la seconda, fondamentalista e jihadista, che lotta ad intra contro i regimi nazionalistici panarabi, ma nello stesso tempo è foraggiata ad extra dagli Usa, dall’Arabia saudita e da Israele, pur dicendo di rifiutarli.

A partire da questa premessa falsa i neocon & neosion ne tirano le seguenti conclusioni: caricaturizzano  la cultura araba e la dipingono a tinte fosche come il “male assoluto” contro cui la democrazia americana e occidentalista si deve battere oggi per portare la pace, la libertà e il liberismo nel mondo intero.

La guerra in Siria e in Ucraina


Il conflitto attuale in Siria si combatte oramai da tre anni, quanto alla base o alla manovalanza, soprattutto tra l’islamismo radicalmente e integralmente religioso (il wahabismo qaedista) e la concezione laica, nazionalistica e politica dello Stato arabo d’ispirazione islamica (il regime di Bashar al-Assad), che si fonda sul trinomio “Stato, Partito, Nazione”, è ritenuto blasfemo e idolatrico dall’integralismo religioso islamista poiché tenderebbe a divinizzare la nazione, il partito e la patria, mentre solo Allah e il Corano son divini. Il wahabismo tuttavia, divenendo un’ideologia militare e politicizzata è stato definito “un islam senza Dio”, in quanto Dio viene rimpiazzato dalla rivoluzione armata islamica, che ha preso il posto di quella sovietica dopo il crollo dell’Urss nel 1989, a sua volta rimpiazzata dal patriottismo antimondialista e antiamericanista della Russia di Putin.

La rivolta ucraina iniziata nel febbraio 2014 è stata voluta dalle forze della sovversione mondialista, che mal digeriscono la concezione politico/religiosa di Putin, il quale vuole una Patria forte, ancorata alle sue tradizioni culturali e spirituali, che la portano al rifiuto del nichilismo morale occidentale/transatlantico nelle sue manifestazioni più estreme (matrimoni omosessuali, adozioni dei bimbi da parte di coppie omosessuali, educazione alla perversione sessuale a partire dai 4 anni; soubrette malvestite che irrompono nelle chiese…). Non a caso è scoppiata in concomitanza della presa di posizione di Putin contro tali aberrazioni, nella prossimità delle Olimpiadi che si son svolte in Russia, e che erano viste dall’occidente come un’occasione per far pressione sulla Russia in senso libertario per costringerla ad accettare la moda imperante della depravazione e sovversione atlantica.

Per sintetizzare e semplificare, senza distorcere, si può dire che l’islamismo fondamentalista o integralista rende la religione islamica un’ideologia rivoluzionaria antinazionalista, paradossalmente mondialista e “antiaraba”, che contesta lo Stato arabo/islamico per instaurare la sharia o legge coranica universale e globale. È per questo che il mondialismo o la globalizzazione del Nuovo Ordine Mondiale giudaico/americanista va d’accordo con il wahabismo e lo finanzia dall’alto, senza che la bassa manovalanza dei ribelli armati lo sappia, nella lotta attuale  contro la Siria (13).

Il legame tra il neosionismo liberista e nazional/imperialista di Netanyahu & il neoconservatorismo di Reagan/Bush è diventato l’asse portante del Nuovo Ordine Mondiale della “guerra infinita” e della “pace mediante la forza” contro l’asse del male (Afghanistan, Iraq, Libia, Tunisia, Siria e soprattutto Iran per giungere oggi alla Russia di Putin rea di aver difeso la Siria). In questa lotta il neoconservatorismo pratico e governativo statunitense segue di un ventennio il neosionismo israeliano di Netanyahu.

Liberismo come “test psicologico” di “normalità”


Lo Stato d’Israele, è un simbolo o una linea di demarcazione ed è considerato l’odierno universale test psicologico tra chi è per la crescita e lo sviluppo e quindi è  liberista e normale, e chi non lo è e quindi va considerato come un anormale, facente parte dell’asse del male.

Il liberismo è una “corrente di pensiero che nasce in Inghilterra e in Olanda intorno alla fine del sec. XVII come antitesi radicale ai residui caratteri medievali (intolleranza religiosa...) ad essi contrappone una nozione individualistica dei fondamenti della vita civile, il cui cardine è il riconoscimento di inalienabili diritti individuali. Nella definizione del nucleo originario della teoria liberale confluiscono il nominalismo, il protestantesimo, il razionalismo e il soggettivismo della filosofia cartesiana. F. Von Hayek e M. Friedman, hanno insistito, negli ultimi decenni, su una rigorosa difesa del sistema del libero mercato senza alcun intervento dello Stato. Nelle opere di Friedman (Liberi di scegliere, 1980) ha trovato ispirazione, negli anni più recenti, una corrente cosiddetta neoliberale o anarco-capitalista”. (14)

Augusto Del Noce, aveva ben intuito che dopo il crollo del comunismo sovietico, il grande pericolo per l’umanità sarebbe stato quello della società liberal/tecnocratica, consumistica, libertina e libertaria. Egli parlava di “un totalitarismo di nuova natura, assai più aggiornato e più capace di dominio assoluto di quel che i modelli passati, Stalin e Hitler inclusi, non fossero. (…) È il super-partito tecnocratico” (15).

La causa dell’irreligiosità del mondo attuale è da ricercarsi, per Del Noce, proprio nel pan-tecnicismo, “nell’agnosticismo di matrice empirista” (16). Liberisticamente o pragmatisticamente la religione trascendente non paga, non è utile, quindi non interessa. Questo è l’effetto del liberalismo-libertario e del libertinismo di massa. Del Noce ha messo a fuoco la enorme pericolosità del liberalismo, figlio del libertinismo settecentesco, ancora più radicalmente a-religioso dell’ateismo marxista, poiché eminentemente agnostico e divenuto nel XX secolo un fenomeno di massa (come il comunismo), mentre nel XVIII era solo elitario. L’ideologia del mondo liberale nega la Trascendenza e sfocia nella secolarizzazione e nel nichilismo della società opulenta, ove l’unica etica valida è quella della produzione e del consumo, che conduce al relativismo-integrale.

La crisi ucraina ultimo atto del mondo moderno?


Oggi, con la crisi ucraina, ci troviamo all’atto finale di questo scontro. Da tutto ciò si capisce sempre più ciò che avviene oggi in medio oriente (specialmente in Siria), e in Eurasia, con l’operazione di boicottaggio contro le Olimpiadi della Russia di Putin e la rivolta in Ucraina fomentata dagli Usa, dall’Arabia saudita e dall’Unione europea. Fatti che sembrano del tutto contingenti e casuali, ma che affondano la loro radici nel conflitto tra metafisica e anti-metafisica. Questa è la lotta del Nuovo Ordine Mondiale eretto dai suppositi di satana e ispirato dal Maligno contro l’Ordine che regnava ancora parzialmente nei Paesi eredi della tradizione greco/romana e scolastica, della metafisica medievale araba, il quali sono aggrediti dal teo-conservatorismo statunitense, figlio dell’immanentismo moderno, e dal fariseismo saudita, figlio del talmudismo ebraico, per distruggere le reliquie dell’ordine umano, che ci aiuta a risalire all’Ordinatore divino come dall’effetto si risale alla causa.

La questione siriana e ucraina sono l’ultimo atto del declino del mondo moderno e contemporaneo, che si trova oramai in uno stato di coma profondo e irreversibile (economicamente, finanziariamente, politicamente, giuridicamente, filosoficamente, teologicamente, moralmente e bellicamente) (17).

La Misericordia divina ci sta concedendo questi ultimi anni o mesi di tempo per convertirci, dopo di che sarà l’ora della Giustizia come ai tempi di Noè, di Sodoma e Gomorra e di Gerusalemme deicida. “I mali previsti feriscono di meno”, sta a noi far tesoro dello “spatium misericordiae” che Dio ci concede prima di cadere nelle sue mani, poiché “è tremendo cadere nelle mani del Dio vivente” (Ebr., X, 31).

d. Curzio Nitoglia




1) La dottrina di Bernard Lewis è stata controbattuta da un noto orientalista Edward Said nel suo libro Orientalismo del 1978 (tr. it., Milano, Feltrinelli, 2008), che ha irritato  e non poco neocon & neosion.

2) Jabotinski guardava con simpatia alla modernità europea, ai movimenti nazionalisti nati nel Vecchio Continente e specialmente al Risorgimento italiano. Invece per Netanyahu e i neocon americani (v. Bernard Lewis) bisogna rimuovere la parte “orientale” del popolo ebraico per occidentalizzarlo completamente in vista dello scontro finale contro l’islamo/fascismo mediorientale.

3) Nato nel 1964 in Israele da una famiglia laburista e Presidente dell’Herzl Institute. È un filosofo politico neosionista. Ha fondato lo Shalem Center nel 1994 assieme a Ronald Lauder, milita nel Likud dal 1991.

4) Nato  nel 1953 in Usa, autore del best seller Il reame dell’odio del 2003 (Columbia University Press), professore alla Tel Aviv University e membro del Jaffee Centre for Strategic Studies, infine è divenuto ambasciatore d’Israele all’Onu nel 1997. Nel 2007 ha scritto il libro The Fight for Jerusalem e nel 2009 The Rise of Nuclear Iran. Dal 2000 dirige il think tank neocon israeliano Jerusalem Center of Plubic Affairs.

5) In http://www.iasps.org/strat1htm.

6) L’autore esponente della destra liberista e libertaria, più citato da Ronald Reagan nei suoi discorsi pubblici e insignito del White House Award nel 1986 da Reagan stesso.

7) Dopo Wealth and Poverty del 1981.

8) Cfr. G. Thomas, Gideon’s Spies. The Secret History of the Mossad, New York, Thomas Bunn Books, 1999, p. 30.

9) Cfr. S. Gazit, I’amProud Jewish Terrorist, in “Haaretz”, 19 luglio 2001; Y. Peri, Generals in the Cabinet Room, Washington, Usip Press, 2006; E. Keretz, Netanyahu Says There’s no Solution to the Israeli-Palestinian Conflict, in “Haaretz”, 15 giugno 2011.

10) La religione islamica è incompatibile con il Cristianesimo. Essa infatti nega la divinità di Gesù Cristo e la Trinità delle Persone nell’Unità della Natura divina, che sono i due dogmi fondamentali della religione cristiana. Tuttavia l’islam ha conosciuto anche un’alta speculazione filosofico/teologica (con Avicenna e Averroè), la quale però è stata combattuta e poi abbattuta da al-Gazhali. Si deve perciò distinguere nell’islam 1°) la corrente metafisica, che ha cercato di approfondire il Corano mediante la sana filosofia e la teologia speculativa  e 2°) la corrente fideista, che ha rifiutato ogni approfondimento teologico/esegetico della religione coranica e che con al-Gazhali ha avuto la meglio. Ma ciò non autorizza a negare l’esistenza della metafisica araba e a ridurre l’islam intero ad un mero fideismo irrazionalista.

11) Si veda il recente incontro del Presidente statunitense Barack Obama con il re saudita a Riad (marzo 2014), in cui i Sauditi hanno rimproverato gli Usa  per la loro presunta arrendevolezza verso la Siria di Assad, l’Iran e la Russia di Putin (nel particolare frangente della rivolta ucraina e della secessione della Crimea). Infatti secondo l’Arabia Saudita, come per Israele, 1°) gli Usa avrebbero dovuto impedire alla Siria di non essere bombardata dalla Nato in cambio dello smantellamento del suo arsenale bellico chimico; inoltre 2°) non si sarebbe dovuto concedere all’Iran di arrivare, dopo 37 anni di isolamento ed embargo economico, a discutere diplomaticamente con gli Usa e l’Ue per poter evitare un probabile conflitto mini-nucleare, che invece sarebbe stato voluto anche da Israele; infine 3°) non si sarebbe dovuto permettere alla Crimea di separarsi dall’Ucraina con un referendum popolare ed entrare a far parte della Russia, a costo di un’azione bellica, poiché le semplici sanzioni economiche degli Usa e dell’Ue alla Russia son state giudicate insufficienti dai Sauditi.

12) Ma realmente mondialista e globalizzante per erigere il Nuovo Ordine Mondiale anche in Medio Oriente e in Eurasia (si veda la rivoluzione scoppiata in Ucraina nel febbraio del 2014).

13) Non si dimentichi che a Yalta gli Usa nel 1945 vollero dividere il mondo in due tronconi per spartirselo meglio. Da una parte quello occidentalista del “patto transatlantico” sotto l’egida anglo-americana e dall’altra parte quello orientale del “patto di Varsavia” sotto l’egida dell’Urss staliniana. L’America allora (siccome i tempi non erano ancora maturi) aveva bisogno della “guerra fredda” per mantenere l’Europa sotto di sé con la scusa dello spauracchio comunista, che si reggeva in piedi solo grazie ai finanziamenti statunitensi e all’ideologia sovversiva ebraica. Oggi essa gioca la carta dell’islamismo radicale - per manipolare le simpatie a favore d’Israele e degli Usa - che quanto alla bassa manovalanza dei guerriglieri è sinceramente anti-americano, ma quanto ai loro capi (i Saud) è totalmente asservito a Israele e agli Stati Uniti, come al tempo di Gesù i Sadducei erano asserviti a Roma, pur essendo l’aristocrazia della classe sacerdotale del Tempio di Gerusalemme. Cfr. P. Sensini, Libia 2011, Milano, Jaca Book, 2011.

14) AA. VV., Enciclopedia dell’economia, Garzanti, Milano, 1992, pagg. 643-645. Alla base del liberismo vi è un errore filosofico sulla natura della libertà: mentre per la sana filosofia e la retta ragione la libertà è il dominio della volontà sui propri atti che sono mezzi per cogliere il fine (il bene) e poter fare il male è una conseguenza difettosa della libertà, il liberalismo ritiene (erroneamente) che l’essenza della libertà consista nel poter fare ciò che più ci aggrada, confondendo libertà con licenza. Quindi per il liberalismo la libertà morale è illimitata o assoluta (= sciolta da ogni legge). Esso scambia il mezzo (poter fare) per il fine (il bene). Questo è il suo errore “capitale” dal quale discende la dottrina liberista, libertaria e libertina: l’astensionismo dello Stato in economia, etica sociale e individuale. Occorre, per i liberisti, “lasciar fare” tutto all’iniziativa privata che deve essere assoluta e non sub lege. Il mercato non deve essere sottomesso ad alcun limite. Invece, secondo la retta ragione, se tutto è fisicamente possibile, non tutto è moralmente conveniente. Non si può concedere la libertà a ciò che non conduce al fine. Secondo uno dei più acuti e coerenti liberisti italiani, “il profitto… è l’essenza della libertà”; egli spiega come secondo l’economia di mercato “il libraio mi dà il libro che io voglio”, anche se a lui non piace, “poiché guarda unicamente al profitto; quindi non gli interessa cosa mi vende, purché faccia quattrini. Questa è l’essenza della mia libertà” (E. Colombatto - A. Mingardi a cura di, Il coraggio della libertà, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, p. 45).

15) A. Del Noce, Cristianità e laicità, Milano, Giuffrè, 1998, pp. 161-169.

16) Id., Appunti sull’irreligione occidentale. In Il problema dell’ateismo, Bologna, Il Mulino, 1964, pp. 293-333.

17) Si può fare un’analogia con il corpo umano. Quando si ammalano gli organi vitali l’uomo inizia la sua fase terminale, ma sino a che il cervello riesce ad impartire gli ordini ai vari organi, l’organismo non entra ancora in coma profondo; solo quando il capo o il cervello cessa di essere tale e di dirigere e governare le altre membra ed organi, allora l’uomo entra in coma e poi muore. Così il mondo, sino a che impazziscono gli elementi principali, ma il capo (ossia la Religione) bene o male riesce ancora a governarli pubblicamente e socialmente, malgrado la loro dissociazione, non si è ancora giunti alla fine. Tuttavia quando il capo non funziona più, si corre rapidamente verso la morte e la putrefazione. Ebbene il mondo odierno è  un corpo sociale senza cervello (“cerebrum non habet”), quindi non deve meravigliarci il suo correre verso l’auto-distruzione. Infatti sembra irrazionale che si tenti di attaccare addirittura la Russia e la Cina per l’Ucraina e la Siria, ma da un cervello “piatto” o dissociato non ci si deve aspettare un ragionamento logico, sarebbe del tutto anomalo.