Cattolici - Romani o Greco - Ortodossi?
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Abbiamo purtroppo notato come un numero crescente di lettori – vista la situazione “apocalittica” che la Chiesa di Roma sta vivendo (ormai da oltre 50 anni), sempre più composta da “clericume” che forzatamente tenta di identificarsi con l’umanità fatta di uomini liberi (liberi da tutto, anche da Dio stesso) – sia a tal punto disilluso da voler prendere in considerazione abbandoni o fughe dal cattolicesimo, alla ricerca di un’idea di tradizione che abbonderebbe ancora altrove, ad esempio nella Chiesa ortodossa. Come avevo già tentato di ricordare in un mio precedente articolo, la “romanità” a cui noi siamo stati chiamati non è una scelta da supermarket da poter abbandonare davanti alle prime difficoltà: è una responsabilità da cui non dobbiamo scappare, e l’attuale situazione rappresenta probabilmente una punizione, che evidentemente ci siamo meritati e che saprà essere salutare nelle mani della Provvidenza. Abbiamo pertanto domandato a don Nitoglia, in qualità di sacerdote e teologo, un articolo che richiamasse questi lettori alla riflessione, per non cedere ai disordini del momento, a questa ora di tenebra. L’articolo è secondo il nostro parere di grande utilità. (Lorenzo de Vita)

«In questo passo del Vangelo di Marco (VI, 47-56) è scritto giustamente che la Nave (ossia la Chiesa) si trovava nel mezzo del mare, mentre Gesù stava da solo sulla terra ferma: poiché la Chiesa non solo è tormentata ed oppressa da tante persecuzioni da parte del mondo, ma talvolta è anche sporcata e contaminata di modo che, se fosse possibile, il suo Redentore in queste circostanze, sembrerebbe averla abbandonata completamente». San Beda il Venerabile (In Marcum, cap. VI, lib. II, cap. XXVIII, tomo 4).


Introduzione

In questi tempi di crisi neomodernistica, penetrata sin dentro lo spirito degli uomini di Chiesa, è necessario conoscere la natura di Essa per non far naufragio nell’opera della nostra salvezza. Molti difatti son tentati di aderire allo scisma greco/ortodosso (che ha mantenuto la Liturgia tradizionale greca, una certa serietà di vita ascetica, il rifiuto dell’islamizzazione e dell’americanizzazione, una ferma concezione geopolitica con la Russia di Putin… ) di fronte alle gravi storture (liturgiche, dogmatiche, morali e politiche), che si vedono in ambiente ecclesiale cattolico/romano a partire dal Concilio Vaticano II.

La fede nella Chiesa e nel primato romano

Ora è di Fede rivelata (Mt.,XVI, 28) e definita infallibilmente (Conc. Vat. I, DB 1821) che Gesù Cristo ha fondato la Chiesa allo scopo di continuare la Redenzione del genere umano iniziata da Lui stesso (Mt., XXVIII, 19-20; Conc. Vat. I, DB 1821). Quindi “al di fuori della Chiesa non c’è salvezza” (Lc., X, 10; At., IV, 12; IV Conc. Lateranense, DB 430; Conc. Firenze, DB 714).

Quando Gesù sceglie i Dodici Apostoli e li mette a capo della sua Chiesa stabilisce che uno solo tra di essi avrà il primato di giurisdizione o di governo su tutti (episcopato monarchico) e promette che tale potere si trasmetterà di epoca in epoca sino alla fine del mondo: “Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 18).

La Chiesa è un Episcopato monarchico per divina istituzione. “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt., XVI, 16). Un solo Capo, una monarchia e non una democrazia o repubblica collegiale. I Padri della Chiesa sin dal II secolo hanno insegnato tale verità rivelata nel Vangelo e poi definita dal Magistero. Perciò chi nega il primato di Pietro e del Papa è fuori della Chiesa che Gesù ha fondata.

Dunque non ci si può fare ortodossi per evitare gli errori modernisti penetrati in ambiente cattolico: “error non corrigitur per errorem / non si corregge un errore con un altro errore”. È essenziale non aderire al modernismo, ma restando cattolici/romani.

I Padri della Chiesa sin dal II secolo (cfr. S. Ignazio di Antiochia, Smirn., VIII, 1-2; IX, 1) hanno insegnato anche questa verità rivelata nel Vangelo e poi definita dal Magistero: la successione ininterrotta dei Vescovi e dei Papi a partire dagli Apostoli e da Pietro è segno della vera Chiesa di Cristo (S. Giustino Martire, Adv. haer., III, 3, I). Senza successione apostolica formale non vi è vera Chiesa di Cristo (Tertulliano, De praescr., 32). Pietro è il primo e il Capo di tutti gli Apostoli (Vaticano I, DB 1823).

Il Primato su tutti gli Apostoli e su tutta la Chiesa promesso a Pietro in Matteo (XVI, 16-19) gli è stato conferito quando Cristo, dopo essere risorto, disse a Pietro: “Pasci (governa) i miei agnelli (Apostoli/Vescovi), pasci le mie pecorelle (sacerdoti e fedeli)” (Gv., XXI, 15-17). In questo senso l’hanno interpretato i Padri ecclesiastici unanimemente (v. Tertulliano, De monog. 8; Cipriano, De unit. Eccl., 4; Clemente Alessandrino, Quis dives salvetur, 21, 4; Cirillo di Gerusalemme, Cat., II, 19; S. Leone Magno, Sermo IV, 2).

I Papi sono i successori di Pietro nel primato

Pietro, per divina istituzione, ha nei Papi i perpetui successori nel primato di governo sulla Chiesa: è una verità di Fede definita dal Concilio Vaticano I (DB 1825). L’edificio della Chiesa non può sussistere senza il fondamento che è Pietro e i Papi, così insegnano i Padri della Chiesa (v. Pietro Crisologo, Ep., XXV, 2; S. Leone Magno, Sermo III, 2).

«Pietro è la ‘pietra’ che conferisce saldezza, [compattezza e unità] alla Chiesa» (A. Lang, Compendio di Apologetica, Torino, Marietti, 1960, p. 310). Ora senza unità non c’è essere (“ens et unum convertuntur”). Quindi la Chiesa, senza Papa, cesserebbe di esistere (sine Petro, nulla Ecclesia).

Quindi senza il Papa non c’è Chiesa. Infatti, il Papa non è accidentale, ma è essenziale per la sussistenza della Chiesa (cfr. san Tommaso d’Aquino, Summa c. Gent., IV, c. 76). Senza un Papa che regni in atto non sussiste il Corpo Mistico. L’Unità è una nota essenziale della Chiesa ed è essenzialmente concentrata nell’unico Capo visibile della Chiesa, il Pontefice Romano, al quale rimonta il principio della successione apostolica (o Apostolicità formale). Il Papa assicura la vita, l’unità, l’Apostolicità e la Cattolicità della Chiesa, che è stata voluta e fondata da Cristo su Pietro ed i suoi successori sino alla fine del mondo. Su Pietro la Chiesa trova la roccia su cui si fonda e che non la fa crollare. Quindi coloro che non riconoscono in Pietro e nei Papi la roccia inespugnabile, non riconoscono la Chiesa1.

La Chiesa è un gregge, una società che non solo deve essere governata o diretta, ma è anche una scuola che deve essere istruita sulla verità che Gesù ha rivelato. Ora, una scuola è inconcepibile senza un maestro che insegna e degli allievi che imparano. Il maestro non è un libro, ma un uomo in carne ed ossa che spiega il libro e risponde alle domande degli allievi. Quindi oltre alla Rivelazione divina (S. Scrittura e Tradizione divino/apostolica) vi deve essere un magistero che interpreti e spieghi la Rivelazione. Questo magistero non dovrà aggiungere nulla di proprio, ma trasmettere, approfondire e difendere il Deposito rivelato sino alla fine del mondo. Solo tramite la catena ininterrotta dei Vescovi (episcopato subordinato) e dei Papi (episcopato monarchico) successori gli uni degli Apostoli e gli altri di Pietro, noi possiamo ricongiungerci a Cristo e alla sua Chiesa.

Chi non riconosce il primato di Pietro

I Vescovi che non riconoscono il primato di Pietro e del Papa sono successori degli Apostoli solo materialmente o cronologicamente, ma non formalmente, spiritualmente e pienamente. Per cui come l’ebraismo talmudico discende da Abramo cronologicamente e materialmente, ma non spiritualmente (cfr. Gv., VIII, 42), così l’“ortodossismo” greco/scismatico discende dagli Apostoli materialmente e cronologicamente, ma non spiritualmente poiché non riconosce il Capo che Cristo ha scelto: Pietro.

L’Apostolicità è, nella crisi che l’ambiente ecclesiale sta vivendo, la nota più utile e importante per capire cosa succede e porre rimedio a tanto male. Senza Apostoli non sussiste la Chiesa di Cristo, poiché Gesù stesso l’ha fondata su di loro. Ma senza il Principe degli Apostoli, senza Pietro, che è la ‘pietra’ secondaria e subordinata a Cristo, gli Apostoli sono slegati da Cristo. È allora assolutamente necessaria la presenza del Papa e dei Vescovi subordinati a Pietro come al loro Capo. Infatti Cristo ha fondato una Chiesa sulla catena ininterrotta dei Papi in atto d’essere. La successione apostolica materiale degli “ortodossi”, invece, ha interrotto la successione apostolica formale da Pietro.

Anche l’Unità è una nota essenziale della Chiesa ed è essenzialmente concentrata nell’unico Capo visibile della Chiesa, il Pontefice Romano, al quale rimonta il principio della successione apostolica (o Apostolicità formale)2. L’Unità della gerarchia cattolica consiste nell’unione col successore di Pietro (cfr. Bernard Schultze, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1954, vol. XII, voce “Unità”). Unità della Chiesa significa che la Chiesa è indivisa in sé (se fosse divisa in se stessa sarebbe morta come quando l’anima lascia il corpo e l’uomo si divide, decompone e muore) ed è distinta da ogni altra “chiesuola”. Ora, la Chiesa senza Papa (come l’uomo senza anima, che è principio di vita, essere e unità intrinseca) è morta.

Noi, però, sappiamo per fede che la Chiesa perdurerà sino alla fine del mondo e non cesserà di esistere un istante prima. San Tommaso d’Aquino riassume così mirabilmente questa verità: «La fermezza o Unità (firmitas) della Chiesa è analoga a quella di una casa che si dice solida se ha un buon fondamento. Ora, il fondamento principale della Chiesa è Cristo, mentre il fondamento secondario sono gli Apostoli (con Pietro a capo). Per questo si dice che la Chiesa è apostolica» (Exp. in Symbol., a. 9). “Ubi Petrus ibi Ecclesia”. Togli il Papa e crolla la Chiesa.

Indefettibilità della Chiesa nonostante le debolezze del suo elemento umano

Dunque, nonostante la debolezza dell’elemento umano cui Gesù ha affidato il potere di insegnare, governare e santificare, la gerarchia quanto alla sostanza perdurerà sempre nella Chiesa universale (cattolica quanto al tempo e allo spazio).

Se la Chiesa è gerarchica, è non solo docente, santificante e governante, ma anche discente, santificata e governata. Infatti una sacra gerarchia senza fedeli sarebbe come un re senza sudditi, come un capo senza corpo. Così come i fedeli senza gerarchia sarebbero come un corpo senza il cervello o un gregge sbandato e senza pastore.

Il Papa è il capo, ma non è tutto il corpo; i Vescovi sono il cuore, ma non sono tutto il corpo. Il sommo Pontificato monarchico (Pietro capo della Chiesa) e l’Episcopato subordinato (i Vescovi sub Petro) sono essenziali alla Chiesa come Gesù l’ha voluta, ma anche i fedeli (o “membri secondari”) lo sono, pur se con una funzione meno nobile dei Pastori (o “membri principali”). Se la Chiesa è stata istituita per portare la Redenzione a tutti gli uomini di tutti i tempi sino alla fine del mondo non può che essere visibile, con una gerarchia visibile, con un popolo di fedeli visibile, con dei Sacramenti visibili, con una fede e una morale visibili e conoscibili a tutti.

Ora, è proprio l’aspetto visibile e umano della Chiesa (non la sua origine: Cristo e il suo fine: il Cielo) che può essere offuscato, adombrato, eclissato pro tempore, ma non distrutto completamente dal male e dall’errore. Si può fare un paragone con il peccato originale: esso non ha distrutto la natura umana, ma l’ha ferita. Invece secondo Lutero l’avrebbe distrutta. Così la Chiesa, nel suo elemento umano, non può essere distrutta, ma può essere ferita. Occorre evitare i due estremi: 1°) ritenere la Chiesa solamente spirituale perché ogni gerarchia è essenzialmente perversa (luteranesimo); 2°) ritenere la Chiesa totalmente immacolata anche nella sua componente umana poiché la gerarchia è quasi divina.

Purtroppo, talvolta la mondanità, il vizio e anche la mancanza di chiarezza dottrinale nel non reprimere fermamente un  errore, nel tollerarne qualcun altro o anche la eccezionale possibilità di errori positivi nel magistero non infallibile3 possono attaccare i membri della Chiesa docente e discente. Tuttavia la sostanza della Chiesa e il suo elemento divino non potranno mai essere corrotti totalmente dall’errore e dal male; l’essenza divina della Chiesa resta intatta, essa non può fallire nella sua missione di salvare le anime che credono, sperano e amano.

Il Papa ha il primato di giurisdizione (nel governo e nel magistero) sulla Chiesa universale perché è il legittimo successore di Pietro su cui Gesù ha fondato la sua Chiesa (CIC, 1917, can. 218, § 1).

Ora, siccome san Pietro è morto a Roma di cui era il Vescovo, il Papa, in quanto successore di Pietro, è vescovo di Roma e di tutti i vescovi del mondo intero. Il primato di Pietro, la sua venuta e morte a Roma, la successione petrina sulla cattedra di Roma sono tre elementi della medesima dottrina4.

Il magistero si è pronunciato più volte su questo tema (Concilio di Costantinopoli IV dell’869-870, Conc. di Lione II del 1274, Conc. di Firenze del 1438-1445, Conc. di Trento del 1545-1563), il Concilio Vaticano I (1869-1870) nella Costituzione Pastor Aeternus ha definito che il Pastore Eterno, per rendere perenne l’opera della Redenzione, fondò la Chiesa; e, per assicurarle l’Unità, la stabilità e a durata, le mise a capo l’Apostolo Pietro, istituendo in lui il principio perenne e il fondamento visibile di detta unità5. Quindi si deve credere, come verità di fede, che: 1°) San Pietro fu costituito immediatamente da Gesù Cristo Principe degli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante, con un primato non solo di onore, ma di vera e propria giurisdizione; 2°) dovendo perpetuarsi nei secoli l’opera della Redenzione, per volontà divina, San Pietro ebbe ed avrà nei secoli dei successori, per esercitare la potestà di giurisdizione su tutta la Chiesa, nella persona del Romano Pontefice6 (cfr. DB 1821 ss.).

Rapporto tra Papa e Vescovi

La dottrina cattolica tradizionale sui rapporti tra Papa7 e Vescovi8, quanto al potere di magistero e di impero sulla Chiesa universale, è stata ribadita costantemente (Pio XII ha scritto ben tre Encicliche su questo tema: Mystici Corporis, 1943; Ad Synarum gentem, 1954; Ad Apostolorum principis, 1958).

Essa insegna che la giurisdizione giunge da Dio al Vescovo 1°) tramite il Papa e non direttamente da Dio; cioè il Sommo Pontefice dà al Vescovo il potere di giurisdizione, ma non contemporaneamente alla consacrazione episcopale9, che spetta al Papa, ma può essere conferita, per delega del Papa, dal Vescovo consacrante al Vescovo consacrando; 2°) soltanto sulla sua singola diocesi (la quale  gli è affidata dal Papa e non dal Vescovo consacrante) e non sul mondo intero; inoltre 3°) il Papa, se vuole, può far partecipare il Corpo dei Vescovi alla sua suprema potestà di magistero e d’impero sulla Chiesa universale10, sia a) riunendoli in Concilio ecumenico, per il solo tempo della durata del Concilio11; sia b) sparsi  nel mondo, ciascuno nella propria diocesi, ma solo durante il tempo in cui chiede loro di pronunciarsi assieme a lui su una questione di fede o di morale da definire come obbligatoria per la Chiesa universale.

Conclusione

Se – in matematica – si toglie il ‘numero 1°’, cadono tutti gli altri numeri. Così – in teologia – se si toglie la ‘prima Sede’, la Chiesa non ha più fondamento e crolla come una casa alla quale viene tolto il ‘1° piano’. Ma questo è un assurdo, reso impossibile dalle promesse di Gesù alla sua Chiesa. ‘Pietro’ o Cefa significa ‘Pietra’: “Petra autem erat Christus” (1 Cor., X, 4). La Chiesa coincide con e si fonda su Cristo, suo Capo invisibile, e con/su Pietro, suo Capo visibile: Ubi Petrus ibi Ecclesia.

Come  si vede le diversità dogmatiche tra cattolicesimo e “ortodossismo” sono enormi e si incentrano sul primato petrino e papale, che si trova nel Vangelo e costituisce la natura della Chiesa come Cristo l’ha voluta e fondata. Quindi l’adesione all’“ortodossismo” greco/scismatico non è una soluzione ai problemi che travagliano l’ambiente cattolico, ma è un’adesione ai suoi errori dogmatici ed al suo scisma.

d. Curzio Nitoglia

SECONDA E TERZA PARTE



1) S. Agostino., De agone christiano, 31, 33.

2) «Pietro è la ‘pietra’ che conferisce saldezza, [compattezza e unità] alla Chiesa» (A. Lang, Compendio di Apologetica, Torino, Marietti, 1960, p. 310).

3) Cfr. Arnaldo Xavier Vidigal Da Silveira, Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari?, “Cristianità”, n. 9, 1975; Id., È lecita la resistenza a decisioni dell’Autorità ecclesiastica?, “Cristianità”, n. 10, 1975; Id., Può esservi l’errore nei documenti del Magistero ecclesiastico?, “Cristianità”, n. 13, 1975.

4) Cfr. A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 318, voce “Pontefice Romano”.

5) Quindi senza il Papa la Chiesa non sarebbe perenne, poiché le mancherebbe il principio di detta perennità e neppure visibile, perché non avrebbe il fondamento della visibilità. Infatti senza principio non c’è sèguito e senza fondamento non v’è costruzione. Dunque si vede la Chiesa là ove si vede il successore di Pietro in carne ed ossa e non virtualmente: “ubi Petrus ibi Ecclesia” (S. Agostino).

6) Sino alla fine del mondo vi saranno in atto dei Papi per governare la Chiesa universale, cioè per esercitare la potestà di giurisdizione. Ora per esercitare la potestà di giurisdizione bisogna avercela in atto (“agere sequitur esse/l’azione presuppone l’esistenza”), poiché solo il Papa in atto ha la potestà di giurisdizione in atto. Quindi il Papato deve essere in atto e non in potenza. Il Papa - per divina istituzione - ottiene la pienezza del suo potere supremo di giurisdizione sùbito dopo aver accettato l’elezione canonica, direttamente da Dio, ossia quando da Papa in potenza (l’eletto che non ha ancora accettato) diventa Papa in atto con l’accettazione dell’elezione canonica. “La supremazia conferita a Pietro non era un privilegio personale perché essendo la Chiesa un edificio, un regno, un ovile duraturo fino alla fine del mondo, sempre aveva bisogno del suo fondamento, del suo clavigero, del suo pastore; quindi il primato doveva perpetuarsi nei secoli e S. Pietro vivere nel suo successore” (A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 317, voce “Pontefice Romano”).

7) Il Papa (cfr.  CIC, 1917, can. 218, § 1-2; Conc. Vat. I, Pastor Aeternus, DB 1821 ss.) ha la potestà di giurisdizione suprema (superiore a tutti su questa terra e indipendentemente da ogni altro potere umano/ecclesiastico: Vescovi/concilio), ordinaria (annessa all’ufficio di successore di Pietro), piena (su tutta la materia che appartiene alla Chiesa: fede, morale, disciplina; quindi totale, cui nulla manca nel suo genere; auto-sufficiente relativamente ad ogni potere umano e non quanto a Dio), immediata (la può esercitare immediatamente e direttamente su tutti i fedeli e Vescovi del mondo senza ledere i loro diritti),  universale (su tutta la Chiesa) e veramente episcopale: come ogni Vescovo è pastore ordinario e diretto sulla sua diocesi per diritto divino (CIC, 1917, can. 334, § 1), così il Papa ha il medesimo potere sulla Chiesa di tutto il mondo, ossia è pastore ordinario e diretto sulle diocesi di tutto il mondo per diritto divino. La Chiesa è quindi, per volontà di Cristo, monarchica e il Papa ne è il Re. Sempre per istituzione o per diritto divino, tutte le diocesi, tutti i Vescovi e tutti i fedeli sono soggetti al Papa. La Chiesa di Cristo è una sola col Papa come capo effettivo e non risulta di singole chiese (orientali ortodosse e anglicana) separate da Roma sui cui Vescovi il Papa avrebbe solo un primato di onore. Il Papa ha il primato di giurisdizione  in quanto è successore di Pietro, avendo Gesù designato Pietro e i suoi successori (i Pontefici romani) come capo supremo di tutta la Chiesa. Il Papa - per divina istituzione - ottiene la pienezza del suo potere supremo di giurisdizione, sùbito dopo aver accettato l’elezione canonica, direttamente da Dio e non tramite i Cardinali; ciò vale anche se l’eletto non è ancora Vescovo e viene poi consacrato dal Cardinale decano. Quindi il potere di giurisdizione il Papa lo riceve da Dio immediatamente dopo l’accettazione, mentre il potere di ordine, se ancora non lo avesse, lo riceve da un Vescovo (il Cardinale decano) con la successiva consacrazione episcopale.

8) I Vescovi sono i successori degli Apostoli per divina istituzione; essi presiedono alle loro diocesi particolari, che governano sotto l’autorità del Papa e non presiedono alla Chiesa universale, la quale è diretta dal Papa, che è il successore di Pietro “capo degli Apostoli” (cfr. Giovanni XXII, Costituzione Licet iuxta doctrinam contro Marsilio da Padova, 23 ottobre 1327, DB 498; Martino V, Conc. Costanza, sess. VIII, 4 maggio 1415 contro John Wycliff e sess. XV, 6 luglio 1415 contro Jan Hus, DB 675 ss.; Conc. Tr., sess. XXIII, c. 4, DB 960; Conc. Vat. I, sess. IV, c. 3, DB 1828; S. Pio X, Decreto Lamentabili, 3 luglio 1907, DB 2050; S. Pio X, motu proprio Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910, DB 2014; CIC, 1917, can. 329). L’Episcopato è di istituzione divina, in quanto i Vescovi sono i successori degli Apostoli; quindi esso dovrà durare sino alla fine del mondo poiché (come il Papato) è elemento necessario ed essenziale alla costituzione della Chiesa. Tuttavia i Vescovi nelle loro diocesi non hanno la potestà piena o totale (su tutta la materia che appartiene alla Chiesa: fede, morale, disciplina perfetta, cui nulla manca nel suo genere) e suprema (la più alta e quindi indipendente da un superiore umano: essi dipendono dal Papa) come l’ha il Papa su tutta la Chiesa, ma dipendono da lui nel governare quel territorio o diocesi che il Papa ha affidato loro.

9) Quando il Papa sceglie un Vescovo e gli consegna la nomina, lo rende in atto Vescovo quanto al potere di giurisdizione (CIC, 1917, can. 329), mentre il potere d’ordine gli viene conferito solo con la consacrazione episcopale, che deve avvenire non oltre 3 mesi dalla nomina; essa spetta al Papa, che può delegare un altro Vescovo a consacrare il futuro Pastore (CIC, 1917, can. 953). Quindi il poter d’ordine e di giurisdizione sono non solo realmente distinti, ma anche cronologicamente non contemporanei.

10) Vi è un solo soggetto (per sua natura) del sommo potere di magistero e giurisdizione sulla Chiesa universale e questo è il Papa, che, se vuole, senza esserne obbligato, può far prendere parte il Corpo dei Vescovi al suo sommo potere (per partecipazione), in maniera transitiva, temporanea e non eguale (inadeguata) alla sua. Quindi 1°) il Papa da solo può insegnare infallibilmente e governare la Chiesa universale; 2°) i Vescovi senza partecipare al potere del Papa non possono nulla quanto alla Chiesa universale; 3°) il Papa può unire a sé il Corpo dei Vescovi, i quali non sono soggetto eguale (adeguato) al Papa (per la loro natura di Vescovi) del potere di magistero e di giurisdizione universale, ma soltanto in quanto ricevono dal Papa  (per partecipazione) il potere sommo di giurisdizione e di magistero sulla Chiesa universale temporaneamente e subordinatamente al Romano Pontefice, e non lo hanno in sé (per essenza).

11) Per esempio, il Vaticano I (con i Vescovi riuniti in Concilio cum Petro et sub Petro) presieduto da Pio IX (1869-1870) ha definito l’infallibilità (Costituzione Pastor aeternus, 14 luglio 1870, DB  1839) pontificia come dogma di fede con il Papa come capo e l’Episcopato come corpo dipendente dal capo. Cfr. A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 84, voce “Concilio”; Id., Dizionario di teologia dommatica, cit., p. 215, voce “Infallibilità pontificia”; Id., Dizionario di teologia dommatica, cit., p. 215, voce “Infallibilità pontificia”.