don C. Nitoglia 27 Gennaio 2015
Abbiamo purtroppo notato come un numero crescente di lettori – vista la situazione “apocalittica” che la Chiesa di Roma sta vivendo (ormai da oltre 50 anni), sempre più composta da “clericume” che forzatamente tenta di identificarsi con l’umanità fatta di uomini liberi (liberi da tutto, anche da Dio stesso) – sia a tal punto disilluso da voler prendere in considerazione abbandoni o fughe dal cattolicesimo, alla ricerca di un’idea di tradizione che abbonderebbe ancora altrove, ad esempio nella Chiesa ortodossa. Come avevo già tentato di ricordare in un mio precedente articolo, la “romanità” a cui noi siamo stati chiamati non è una scelta da supermarket da poter abbandonare davanti alle prime difficoltà: è una responsabilità da cui non dobbiamo scappare, e l’attuale situazione rappresenta probabilmente una punizione, che evidentemente ci siamo meritati e che saprà essere salutare nelle mani della Provvidenza. Abbiamo pertanto domandato a don Nitoglia, in qualità di sacerdote e teologo, un articolo che richiamasse questi lettori alla riflessione, per non cedere ai disordini del momento, a questa ora di tenebra. L’articolo è secondo il nostro parere di grande utilità. (Lorenzo de Vita)«In questo passo del Vangelo di Marco (VI, 47-56) è scritto giustamente che la Nave (ossia la Chiesa) si trovava nel mezzo del mare, mentre Gesù stava da solo sulla terra ferma: poiché la Chiesa non solo è tormentata ed oppressa da tante persecuzioni da parte del mondo, ma talvolta è anche sporcata e contaminata di modo che, se fosse possibile, il suo Redentore in queste circostanze, sembrerebbe averla abbandonata completamente». San Beda il Venerabile (In Marcum, cap. VI, lib. II, cap. XXVIII, tomo 4).
1) S. Agostino., De agone christiano, 31, 33.
3) Cfr. Arnaldo Xavier Vidigal Da Silveira, Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari?, “Cristianità”, n. 9, 1975; Id., È lecita la resistenza a decisioni dell’Autorità ecclesiastica?, “Cristianità”, n. 10, 1975; Id., Può esservi l’errore nei documenti del Magistero ecclesiastico?, “Cristianità”, n. 13, 1975.
4) Cfr. A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 318, voce “Pontefice Romano”.
5) Quindi senza il Papa la Chiesa non sarebbe perenne, poiché le mancherebbe il principio di detta perennità e neppure visibile, perché non avrebbe il fondamento della visibilità. Infatti senza principio non c’è sèguito e senza fondamento non v’è costruzione. Dunque si vede la Chiesa là ove si vede il successore di Pietro in carne ed ossa e non virtualmente: “ubi Petrus ibi Ecclesia” (S. Agostino).
6) Sino alla fine del mondo vi saranno in atto dei Papi per governare la Chiesa universale, cioè per esercitare la potestà di giurisdizione. Ora per esercitare la potestà di giurisdizione bisogna avercela in atto (“agere sequitur esse/l’azione presuppone l’esistenza”), poiché solo il Papa in atto ha la potestà di giurisdizione in atto. Quindi il Papato deve essere in atto e non in potenza. Il Papa - per divina istituzione - ottiene la pienezza del suo potere supremo di giurisdizione sùbito dopo aver accettato l’elezione canonica, direttamente da Dio, ossia quando da Papa in potenza (l’eletto che non ha ancora accettato) diventa Papa in atto con l’accettazione dell’elezione canonica. “La supremazia conferita a Pietro non era un privilegio personale perché essendo la Chiesa un edificio, un regno, un ovile duraturo fino alla fine del mondo, sempre aveva bisogno del suo fondamento, del suo clavigero, del suo pastore; quindi il primato doveva perpetuarsi nei secoli e S. Pietro vivere nel suo successore” (A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 317, voce “Pontefice Romano”).
7) Il Papa (cfr. CIC, 1917, can. 218, § 1-2; Conc. Vat. I, Pastor Aeternus, DB 1821 ss.) ha la potestà di giurisdizione suprema (superiore a tutti su questa terra e indipendentemente da ogni altro potere umano/ecclesiastico: Vescovi/concilio), ordinaria (annessa all’ufficio di successore di Pietro), piena (su tutta la materia che appartiene alla Chiesa: fede, morale, disciplina; quindi totale, cui nulla manca nel suo genere; auto-sufficiente relativamente ad ogni potere umano e non quanto a Dio), immediata (la può esercitare immediatamente e direttamente su tutti i fedeli e Vescovi del mondo senza ledere i loro diritti), universale (su tutta la Chiesa) e veramente episcopale: come ogni Vescovo è pastore ordinario e diretto sulla sua diocesi per diritto divino (CIC, 1917, can. 334, § 1), così il Papa ha il medesimo potere sulla Chiesa di tutto il mondo, ossia è pastore ordinario e diretto sulle diocesi di tutto il mondo per diritto divino. La Chiesa è quindi, per volontà di Cristo, monarchica e il Papa ne è il Re. Sempre per istituzione o per diritto divino, tutte le diocesi, tutti i Vescovi e tutti i fedeli sono soggetti al Papa. La Chiesa di Cristo è una sola col Papa come capo effettivo e non risulta di singole chiese (orientali ortodosse e anglicana) separate da Roma sui cui Vescovi il Papa avrebbe solo un primato di onore. Il Papa ha il primato di giurisdizione in quanto è successore di Pietro, avendo Gesù designato Pietro e i suoi successori (i Pontefici romani) come capo supremo di tutta la Chiesa. Il Papa - per divina istituzione - ottiene la pienezza del suo potere supremo di giurisdizione, sùbito dopo aver accettato l’elezione canonica, direttamente da Dio e non tramite i Cardinali; ciò vale anche se l’eletto non è ancora Vescovo e viene poi consacrato dal Cardinale decano. Quindi il potere di giurisdizione il Papa lo riceve da Dio immediatamente dopo l’accettazione, mentre il potere di ordine, se ancora non lo avesse, lo riceve da un Vescovo (il Cardinale decano) con la successiva consacrazione episcopale.
8) I Vescovi sono i successori degli Apostoli per divina istituzione; essi presiedono alle loro diocesi particolari, che governano sotto l’autorità del Papa e non presiedono alla Chiesa universale, la quale è diretta dal Papa, che è il successore di Pietro “capo degli Apostoli” (cfr. Giovanni XXII, Costituzione Licet iuxta doctrinam contro Marsilio da Padova, 23 ottobre 1327, DB 498; Martino V, Conc. Costanza, sess. VIII, 4 maggio 1415 contro John Wycliff e sess. XV, 6 luglio 1415 contro Jan Hus, DB 675 ss.; Conc. Tr., sess. XXIII, c. 4, DB 960; Conc. Vat. I, sess. IV, c. 3, DB 1828; S. Pio X, Decreto Lamentabili, 3 luglio 1907, DB 2050; S. Pio X, motu proprio Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910, DB 2014; CIC, 1917, can. 329). L’Episcopato è di istituzione divina, in quanto i Vescovi sono i successori degli Apostoli; quindi esso dovrà durare sino alla fine del mondo poiché (come il Papato) è elemento necessario ed essenziale alla costituzione della Chiesa. Tuttavia i Vescovi nelle loro diocesi non hanno la potestà piena o totale (su tutta la materia che appartiene alla Chiesa: fede, morale, disciplina perfetta, cui nulla manca nel suo genere) e suprema (la più alta e quindi indipendente da un superiore umano: essi dipendono dal Papa) come l’ha il Papa su tutta la Chiesa, ma dipendono da lui nel governare quel territorio o diocesi che il Papa ha affidato loro.
9) Quando il Papa sceglie un Vescovo e gli consegna la nomina, lo rende in atto Vescovo quanto al potere di giurisdizione (CIC, 1917, can. 329), mentre il potere d’ordine gli viene conferito solo con la consacrazione episcopale, che deve avvenire non oltre 3 mesi dalla nomina; essa spetta al Papa, che può delegare un altro Vescovo a consacrare il futuro Pastore (CIC, 1917, can. 953). Quindi il poter d’ordine e di giurisdizione sono non solo realmente distinti, ma anche cronologicamente non contemporanei.
10) Vi è un solo soggetto (per sua natura) del sommo potere di magistero e giurisdizione sulla Chiesa universale e questo è il Papa, che, se vuole, senza esserne obbligato, può far prendere parte il Corpo dei Vescovi al suo sommo potere (per partecipazione), in maniera transitiva, temporanea e non eguale (inadeguata) alla sua. Quindi 1°) il Papa da solo può insegnare infallibilmente e governare la Chiesa universale; 2°) i Vescovi senza partecipare al potere del Papa non possono nulla quanto alla Chiesa universale; 3°) il Papa può unire a sé il Corpo dei Vescovi, i quali non sono soggetto eguale (adeguato) al Papa (per la loro natura di Vescovi) del potere di magistero e di giurisdizione universale, ma soltanto in quanto ricevono dal Papa (per partecipazione) il potere sommo di giurisdizione e di magistero sulla Chiesa universale temporaneamente e subordinatamente al Romano Pontefice, e non lo hanno in sé (per essenza).
11) Per esempio, il Vaticano I (con i Vescovi riuniti in Concilio cum Petro et sub Petro) presieduto da Pio IX (1869-1870) ha definito l’infallibilità (Costituzione Pastor aeternus, 14 luglio 1870, DB 1839) pontificia come dogma di fede con il Papa come capo e l’Episcopato come corpo dipendente dal capo. Cfr. A. Piolanti, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 84, voce “Concilio”; Id., Dizionario di teologia dommatica, cit., p. 215, voce “Infallibilità pontificia”; Id., Dizionario di teologia dommatica, cit., p. 215, voce “Infallibilità pontificia”.