don C. Nitoglia 23 Marzo 2015
Dalle Idee ai PrincìpiConclusione
Grandezza e limiti di Platone
Secondo Platone i fenomeni sensibili sono fondati nelle Idee. Di qui un certo dualismo, che permane nella dottrina platonica nonostante la rivisitazione dei Dialoghi della vecchiaia e l’insegnamento orale impartito all’Accademia. Quindi per Platone vi sono due piani di realtà: la vera realtà, che è quella metafisica, ideale, immutabile, il mondo delle Idee e dei Princìpi; e la realtà apparente, fittizia, fenomenica, che è il mondo sensibile e materiale. Di qui una svalutazione erronea della materia (che sarà corretta da Aristotele) per affermare il primato della metafisica.
“Aristotele non è il padre della metafisica, ma lo è della metafisica rigorosamente scientifica e filosofica […] attrezzandola di un linguaggio preciso, fatto di concetti ben definiti e non più quello del mito, del dialogo discorsivo e della lirica, al quale aveva fatto ricorso Platone” [20]. Come si è potuto vedere, Platone possiede un disegno metafisico geniale anche se lo ha costruito in maniera non altrettanto certa e cogente di Aristotele, il quale ha potuto servirsi e giovarsi della dottrina del suo maestro e, correggendone i difetti, è giunto ad un sistema filosofico quasi perfetto, che conoscerà in S. Tommaso d’Aquino il suo vertice sostanzialmente insuperabile.
Le nostre radici etniche, culturali, spirituali sono mediterranee: la Terra Santa, la Grecia (Platone e Aristotele), la Roma antica (Seneca, Cicerone, Marco Aurelio) e cristiana con la Patristica (S. Agostino), la Scolastica (S. Tommaso) e la contro-riforma (Gaetano, Ferrarense, Soto, Mariana, Suarez, Bellarmino). Esse non sono né atlantiche, né islamiche. La modernità, l’illuminismo britannico, quello francese e l’americanismo (pragmatista, mondialista e neoconservatore) non fanno parte della nostra vera fonte di acqua pura. Non si può pensare di trapiantare la civiltà europea in un terreno che le è totalmente avverso, ne morirebbe come de facto ne sta morendo. Un albero piantato sul cemento secca.
Con il Cristianesimo si aprono nuovi orizzonti metafisici che sfuggivano al paganesimo: il concetto di persona, la libertà umana, la creazione dal nulla, la provvidenza, il male morale. S. Agostino ha saputo innestare queste verità rivelate sull’albero della filosofia di Platone ed ha fondato e sistematizzato la Patristica correggendo il platonismo soprattutto dal suo disprezzo per la materia.
“Ciò che Agostino d’Ippona aveva fatto con Platone e Plotino, Tommaso d’Aquino seppe fare con Aristotele. È vero che S. Tommaso ha approfittato anche dell’eredità platonica, ma il suo principale interlocutore e ispiratore fu Aristotele. […]. Però la filosofia di S. Tommaso non è una semplice riedizione o trasposizione dentro lo schema creazionistico della metafisica aristotelica, è una nuova elaborazione del paradigma della metafisica dell’essere” [21].
Platone, pur avendo delle imprecisioni nel suo sistema filosofico, ha aperto la via alla metafisica trascendente. Certamente è stato precisato da Aristotele cui spetta il merito di aver reso scientificamente filosofica la metafisica trascendente, ma non si deve dimenticare che Platone, pur essendo anche un poeta, un mistico, un contemplativo e un finissimo letterato, non manca di rigore raziocinativo, di sistematicità e di impianto metafisico.
Platone ha il merito di aver cercato la causa della contingenza nel meta-sensibile, anche se adduce l’argomento della reminiscenza come prova dell’esistenza del mondo delle Idee, che è la causa di quello sensibile. Infatti, secondo lui, gli uomini posseggono le idee o i concetti razionali, che non derivano dai sensi e dall’esperienza, quindi significa che ne hanno preso visione in una vita precedente nel mondo delle Idee o Iperuranio.
Si può dire, perciò, che l’intento metafisico e ultra-sensibile di Platone è geniale, anche se il suo procedere per dimostrarlo rimane discutibile, almeno negli scritti della maturità, corretti in parte da quelli della vecchiaia e dall’insegnamento orale.
Aristotele mantiene fermo l’intento platonico di stabilire una “prima filosofia/proté philosophia” o una metafisica e mantiene anche gli stessi obiettivi di Platone: la scoperta delle vere cause, le ragioni ultime del mondo sensibile. Tuttavia ciò che lo differenzia da Platone è il suo partire dall’esperienza sensibile per giungere al mondo soprasensibile. Ma egli non si ferma al mondo sperimentabile e fenomenico, è un vero metafisico che dai sensi arriva all’intellegibile, ossia alla metafisica trascendente, come aveva fatto, in maniera meno esatta e sistematica, Platone stesso. Così Aristotele ripensando e correggendo i punti deboli della metafisica platonica l’ha resa più solida e ne ha dato le ragioni inconfutabili.
Si può concludere che Aristotele criticando il platonismo in certi suoi aspetti (realismo esagerato) lo ha corretto da una mancanza di dimostrazione razionalmente ineccepibile e lo ha fondato su basi più solide servendosi di argomentazioni più probanti, con un linguaggio preciso e un metodo rigoroso. Aristotele ha definito, analizzato, distinto, classificato e sintetizzato ogni cosa nel campo metafisico pur fermandosi alla sostanza e non giungendo all’essere come atto ultimo di ogni atto e perfezione, come vi è giunto poi S. Tommaso.
S. Tommaso trascende Platone, giunto soltanto all’essenzialismo della ‘idea’, come pure Aristotele, fermatosi all’essenzialismo della ‘forma’ e della ‘sostanza’, da entrambi presentate senza il riferimento al vero essere, che le perfeziona ed ultima. S. Tommaso trascende questi due filosofi elevando al vertice dell’essere come atto che perfeziona idea e sostanza quanto c’è di valido in entrambi gli indirizzi (Cfr. De Subst. sep.,c. 3). Si dovrebbe dunque distinguere il tomismo genuino dall’essenzialismo del platonismo e dell’aristotelismo per farlo emergere nella sua genialità originale di atto di essere, perfezione ultima di ogni forma.
S. Tommaso ha fatto conoscere in Europa Aristotele e lo ha fatto trionfare su Platone e sul “platonismo cristiano” di Agostino soprattutto nel campo della logica: “niente entra nell’intelletto se prima non passa attraverso i sensi”; la ragione umana da sé senza una speciale illuminazione divina ha la capacità di conoscere la realtà, ma servendosi dell’astrazione dell’essenza intellegibile dalla cosa sensibile; le idee sono enti logici con fondamento nella realtà (realismo moderato) e non cose fisiche (realismo esagerato) [22].
Quanto alla filosofia morale di Platone si può affermare che l’etica platonica è fondata su quella naturale e – come abbiamo visto – precorre per certi aspetti quella cristiana.
Nei manuali di storia della filosofia, generalmente Aristotele viene presentato come l’anti-Platone. Ma ciò è vero solo in parte. Infatti “le filosofie di Platone ed Aristotele nella sostanza coincidono. Sia per Platone che per Aristotele esistono due mondi, uno immateriale e intellegibile, l’altro materiale e sensibile, e la causa del mondo materiale viene riposta da entrambi nel mondo sopra-sensibile: nelle Idee da Platone e nel Motore Immobile da Aristotele. Quindi le divergenze tra Platone e Aristotele non stanno nella visione globale della realtà, che è metafisica, ma nel metodo per dimostrarla. Aristotele ribalta il metodo del realismo esagerato platonico. I due piani (sensibile e intellegibile) della conoscenza e della realtà non vengono contrapposti da Aristotele come invece lo erano da Platone, ma sono collegati: sicché per Aristotele il piano intellettivo non è possibile senza quello sensibile” [23].
S. Tommaso aderisce al realismo moderato della conoscenza di Aristotele e si distanzia da quello esagerato di Platone; d’altronde fa suoi alcuni princìpi di derivazione platonica (partecipazione, causalità efficiente nel primo Motore immobile) cercando di operare un accordo tra Platone e Aristotele, in base della dottrina dell’analogia di quest’ultimo (cfr. S. Tommaso d’Aquino, De substantiis separatis, cap. 2: In quo conveniunt Plato et Aristoteles; cap. 3: In quo differunt…) [24].
L’Angelico, infatti, nota un accordo sostanziale trai due filosofi greci circa il loro intento metafisico ed evidenzia il loro disaccordo accidentale soprattutto circa il metodo (induttivo in Aristotele e deduttivo in Platone) e la terminologia, più poetica in Platone e più filosofica in Aristotele.
Il tomismo è, quindi, vòlto più verso la sintesi sostanziale (malgrado le divergenze metodologiche) che per l’inconciliabilità tra Platone e Aristotele. In ogni caso S. Tommaso supera il punto morto dell’antitesi tra i due filosofi e li sublima in una sintesi che li distingue per unire, arrivando alla metafisica dell’essere come atto ultimo (tomistico) dell’essenza (aristotelica) e della partecipazione (platonica) [25].
Mi sembra quindi doveroso e giusto concludere con la citazione d’apertura di Giovanni Reale:
“Non si può capire Aristotele se non iniziando con lo stabilire quale sia la sua posizione nei confronti di Platone. Se si va al nucleo strettamente teoretico, si riscontrano alcune concordanze di fondo cospicue, troppo spesso fraintese nelle epoche successive, interessate a contrapporre i due filosofi e a farne opposti simboli. Invece Aristotele fu il più genuino dei discepoli di Platone. Infatti ‘genuino discepolo’ di un maestro non è colui che ripete il maestro, ma colui che, muovendo dalle teorie del maestro, cerca di superarle andando oltre il maestro verso la verità, ma nello spirito del maestro” [26].
d. Curzio Nitoglia
1] Platone. Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle “Dottrine non scritte”, Milano, Vita & Pensiero, ed. XVII, 1996, p. 216.
2] Metafisica, lib. I, cap. 6, 987 b 18-988 a 14.
3] Metafisica, lib. I, cap. 6 b, 11-16. Per quanto riguarda i frammenti della Metafisica di Teofrasto, cfr. G. Reale, Teofrasto e la sua aporetica metafisica. Saggio di ricostruzione e di interpretazione storico-filosofica con traduzione e commento della “Metafisica”, Brescia, 1964.
4] il Grande-e-piccolo o Dualità non è il numero 2, così come l’Uno non è il numero 1. Essi sono concetti metafisici e quindi sono meta-matematici o al di sopra della matematica e dei numeri. Il Grande-e-piccolo è il principio della molteplicità degli enti fisici. La Diade si chiama anche Grande-e-piccolo o principio di diversità e molteplicità. Essa sarà chiamata più tardi da Aristotele materia prima o capacità di ricevere tutte le forme sostanziali per dar luogo alle diverse o molteplici sostanze complete di questo mondo sensibile. Giovanni Reale scrive: “la Diade è una sorta di materia sensibile, indeterminata, la quale fungendo come sostrato all’azione dell’Uno (causa formale o atto) produce la molteplicità delle cose in tutte le sue forme” (Platone, cit., p. 224).
5] S. Tommaso d’Aquino, In III Phys. Arist., lect. 2., n. 285, S. Th., I, q. 63, a. 3; S. c. Gent., II, c. 16, n. 935.
6] S. Tommaso d’Aquino, S. Th., I, q. 1, a. 8, ad 2.
7] Cfr. S. Th., I, q.3, a. 7, ad 1; ivi, I, q. 13, a. 5; Comp. Th., c. 130, n. 261; I Sent., d. 8, q. 4, a. 2; ivi, d. 19, q. 5, a. 2, ad 1; In II Sent., d. 19, q. 9°. 5; Comm Ethica, I, lectio 7, n. 95-96; De pot., q. 7, a. 1, ad 8; De Ver., q. 2, a. 11; S. Th., I, q. 105, a. 1, ad 1.
8] Cfr. A. Zacchi, Dio, I vol., La negazione, Roma, Ferrari, 1925, p. 167 ss.
9] A. J. Festugière, La révelation d’Hermés Trismegiste ; IV : Le Dieu inconnu, Parigi, 1954.
10] E. Bréhier, “Le Parménide de Platon et la théologie négative de Plotin”, in Sophia, 1938, p. 35.
11] Metafisica, lib. I, 987 b 10 s.
13] S. Tommaso d’Aquino, In III Phys. Arist., lect. 2., n. 285, S. Th., I, q. 63, a. 3; S. c. Gent., II, c. 16, n. 935.
14] Cfr. A. Dies, «Le Dieu de Platon», in AA. VV., Autour d’Aristote, Lovanio, 1955, pp. 61-67.
15] Cfr. J. M. Dorta-Duque, En torno a la existencia de Dios, Santander, 1955, p. 15 e 21.
16] B. Mondin, Storia della metafisica, Bologna, EDD, 1998, 1° vol., Platone, p. 224.
17] Cfr. A. E. Taylor, Plato. The Man and his Work, Londra, 1952, tr. it., Platone, Firenze, 1968.
18] Cfr. Gf. Morra, Il cane di Zarathustra. Tutto Nietzsche per tutti, Milano, Ares, 2013.
19] B. Mondin, Storia della metafisica, Bologna, ESD, 1998, 1° vol., Platone, p. 253.
20] B. Mondin, Manuale di filosofia sistematica, vol. 3°, Ontologia e Metafisica, Bologna, ESD, 1999, pp. 29-30.
21] B. Mondin, Manuale di filosofia sistematica, vol. 3°, Ontologia e Metafisica, cit., p. 39.
22] Cfr. C. Fabro, Percezione e pensiero, Brescia, II ed., 1962; Id., La fenomenologia della percezione, Brescia, II ed., 1961; E. Gilson, Réalisme thomiste et critique de la connaissance, Parigi, Vrin, 1947; S. Vanni-Rovighi, Gnoseologia, Brescia, 1979.
23] B. Mondin, Manuale di filosofia sistematica, Bologna, ESD, 1999, vol. 1°, Logica, semantica, gnoseologia, pp. 174-175.
24] Cfr. Clemens M. J. Vansteenkiste, Platone e san Tommaso, in Angelicum, n. 34, 1957, p. 319 ss.
25] Cfr. C. Fabro, Introduzione a San Tommaso, Milano, Ares, 1983, cap. III, Formazione del tomismo, par. 1, Le fonti, pp. 68-83; M. Grabmann, Des heiligen Augustinus quaestio de Ideis, in Mittelalterliches, Monaco, 1936, parte II, p. 32 ss.
26] G. Reale, Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi, 1° vol., Antichità e Medioevo, Brescia, La Scuola, 1983, p. 130.