Il perdono di Assisi
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Intra Tupino e l’acqua che discende

del colle eletto dal beato Ubaldo, 

fertile costa d’alto monte pende,

Di questa costa, là dov’ ella frange

più sua rattezza, nacque al mondo un sole,

come fa questo talvolta di Gange.

Però chi d’esso loco fa parole,

non dica Ascesi, ché direbbe corto,

ma Orïente, se proprio dir vuole. 

(Dante, Paradiso, Canto XI)


Dopo tutto il diluvio universale caduto in questi giorni davvero una giornata così non la si aspettava! È come se all’improvviso il Cielo, dopo aver pianto sulle nostre cattiverie e sulle nostre miserie avesse detto basta e ci indichi qualcosa di nuovo e di diverso di più puro, più vicino a Lui ed alla nostra intima essenza di suoi figli anche se spesso corrotti se non degeneri.

Tutta questa «fertile costa» era inondata da un barbaglio di sole. Un sole gagliardo, sincero di quelli che riscaldano l’anima e predispongono alla serenità e dalla riconciliazione con sé e con gli altri nel più profondo spirito francescano, spirito, senza polemiche, distintissimo anni luce da quella melensa retorica di chi vorrebbe sembrare «povero, contrito, umile» ma solo nella forma ed assolutamente distintissimo nella sostanza.

Davanti alla basilica di Santa Maria degli Angeli, ovviamente, non c’era posto. Ho optato per parcheggiare nel seminterrato di un Conad: macchina al riparo dai «cocenti raj» ed anche una piccola chance in più: avrei fatto un piccolo pellegrinaggio, esiguo quanto si vuole, ma altrettanto simbolico e carico di significato, soprattutto perché impregnato dio attesa, ma anche di desiderio di perdono, di pace interiore, di innalzamento ascetico.

La Basilica mi viene incontro inondata di luce, altissima, solenne, solida come la roccia in cui Cristo ha fondato la Sua Chiesa. Ma anche dolcemente materna, carica di significati, di ricordi, di altri piccoli pellegrinaggi fatti con nonno che voleva prendere Pasqua lì, o con papà che divorava la distanza con passo da milite di fanteria, come gli piaceva definirsi! La spianata davanti al colonnato prònao è solo in parte affollata: dai portoni solenni ed altissimi giungono le parole dei sacerdoti che celebrano messa. L’altare maggiore è praticamente "tappato" nascosto dalla Porziuncola che lo nasconde alla vista con tutta la sua modesta, ma spiritualmente gigantesca, piccolamole.

Mi leggo, inginocchiato, il libretto che spiega il significato e la storia del Perdono di Assisi.

Siamo in una notte del 1216: Francesco è immerso nella preghiera dentro la piccola cappella della Porziuncola allora incastonata e sommersa nella campagna della fertile costa. Ad un tratto l’altare si inonda di luce ed appare Gesù con Maria sua Santissima Madre ed una schiera di Angeli: Francesco, per prima cosa fece atto di adorazione silenzioso con la faccia a terra (chi oggi in chiesa fa più questo? Io ed un altro mezzo matto che si chiama, guarda caso, anche lui Francesco: i frati ci guardano storto per questo strano stare con "il culo per aria come i mussulmani!" Come dice il confessore dei Conventuali della chiesa di Ascoli, sic!)

Gesù e Maria gli chiesero cosa desiderasse avere in grazia per la salvezza delle anime: Francesco nel suo candore e seraficità rispose: «Signore, benché io sia un misero peccatore ti prego che a tutti quanti pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, tu conceda loro ampio e generoso perdono con una completa remissione di tutte le colpe». Gesù rispose: «Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in Terra, da parte Mia, questa indulgenza».

Era rispettare quel patto fatto con Pietro: quello che scioglierai in terra sarà sciolto anche nei cieli e quello che non scioglierai non sarà sciolto anche nei cieli, Dio è sempre coerente e fedele a se stesso!

Il mattino seguente Francesco, insieme al confratello Masseo da Marignano, si recò a Perugia per incontrare Onorio III, appena eletto pontefice da un conclave di soli 19 cardinali riuniti proprio a Perugia, dov’era morto il suo predecessore Innocenzo III.

Frate Francesco approfittò della presenza del Pontefice a Perugia: incontrandolo gli raccontò, con il solito candore la sua visione. Ho ricordato tante altre volte come la figura del Pontefice fosse allo stesso tempo sì ieratica, sì avvolta da quell’alone sacrosanto di sacralità promanante dalla figura di Vicario di «Cristo in Terra» ma allo stesso tempo pastore, vicino alle pecorelle del suo gregge, sempre attento, sollecito, disponibile nel governo del suo Ministero Apostolico: altro che ripudio formale della curia, ostentata e quasi narcisistica occupazione di una stanza nell’Santo Hotel a 5 stelle Santa Marta! E come erano veloci le notizie ad arrivare ai piedi della Cattedra di San Pietro e come erano analizzate, accolte e studiate per il bene ultimo e finale della salvezza delle anime: era essere davvero «Servus Servorum Cristhi», altro che chiacchiere, fervorini, ditini alzati, pranzi alla mensa «aziendale» e lacrimose, stuccose, untuose richieste costanti di perdono a tutti, di autodafé senza senso e senza costrutto fatti solo per compiacere …… chi serve l’oscuro signore! Dio mi perdoni!

Il Papa lo ascoltò, con semplicità, con attenzione, con «paterna sollecitudine» e, nonostante qualche difficoltà poi superata, concesse la sua approvazione: la cura d’anime e della sua Chiesa davanti a tutto e che, senza nessuna polemica, non doveva ricucire gesuiticamente gli impicci dello IOR o stare attento a non scontentare le lobby mondialiste, quelle cultural chic, o peggio cercare di rispettare gli equilibri curiali anteponendoli ai voleri divini! Un Papa e basta, a tutto tondo!!

Innocenzo III
  Onorio III
Francesco e Masseo chiedono al Papa un’indulgenza senza l’obbligo del pagamento di un obolo, o il compimento di un grande pellegrinaggio penitenziale (com’era invece consuetudine allora). Di rimando, Onorio III chiese a Francesco per quanti anni volesse l’Indulgenza: la risposta fu lapidaria, ma disarmante e sconvolgente allo stesso tempo:

«Padre Santo, non domando anni, ma anime».

Allegramente, poi, si avviò verso la porta di uscita. Il Pontefice gli gridò dietro: «Ma non vuoi nessun documento?».

«Santo Padre a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, egli penserà a manifestare l’opera sua, io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il Notaio e gli Angeli i testimoni!».

Questo era il Poverello di Assisi! Vengono i brividi: la sottomissione totale alla volontà del Padre che in sogno gli aveva chiesto di ottenere l’Indulgenza dal suo Vicario in terra! La sua vita non era più la sua ma era Cristo che viveva in lui inondandolo di gioia, di serenità; «tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena m’è diletto» ripeteva e gridava forte, a tutti guardando il cielo!

Le argomentazioni di Francesco ebbero la meglio sui dubbi e le perplessità del papa e dei cardinali, che tuttavia ridussero l’applicazione dell’indulgenza a un solo giorno all’anno da mezzogiorno del 1° agosto alla mezzanotte del 2 agosto, pur concedendo che essa liberasse «dalla colpa e dalla pena in cielo e in terra, dal giorno del battesimo al giorno e all’ora dell’entrata in questa chiesa».

Qualche giorno dopo insieme ai Vescovi dell’Umbria, al popolo tutto, dentro la Porziuncola disse piangendo: «Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!».



Inizialmente questo grandissimo straordinario privilegio era riservato esclusivamente alla chiesa della Porziuncola. Con il passar del tempo l’indulgenza fu estesa prima a tutte le chiese francescane e successivamente a tutte le chiese parrocchiali, restandone comunque immutata la data e la denominazione. Nondimeno Assisi e la Basilica di Santa Maria degli Angeli (in cui è conservata l’originaria chiesa della Porziuncola) sono rimaste le mete privilegiate dei pellegrinaggi per lucrare l’indulgenza del 2 agosto. Ed i pellegrini venivano a piedi dall’Abruzzo, dalla Ciociaria, da tutta l’Italia; spesso scalzi, le donne con i vestiti ed i fazzoletti neri in testa, ma con lo guardo rapito ed il rosario in mano: me li ricordo anche io da piccolo, quando le osservavo con la mano stretta a quella del nonno, un po’ spaventato dalla visione, ma rassicurato dalla calda stretta della sua mano!

Ma come si ottiene questo Perdono di Assisi? Cosa bisogna fare materialmente per poterlo ricevere?

Secondo il Manuale delle indulgenze della Chiesa cattolica, per ottenere l’indulgenza plenaria, un fedele, completamente distaccato dal peccato anche veniale, deve:

- confessarsi, per ottenere il perdono dei peccati;

- fare la comunione eucaristica, per essere spiritualmente unito a Cristo;

- pregare secondo le intenzioni del Papa, per rafforzare il legame con la Chiesa, recitando almeno Padre nostro, Ave Maria e Gloria al Padre;

- recitare il Credo e il Padre nostro;

- visitare una chiesa o oratorio francescano o, in alternativa, una qualsiasi chiesa parrocchiale.

Confessione e comunione possono essere fatte anche alcuni giorni prima o dopo le date previste (nell’arco di una o due settimane).

La visita e la preghiera è opportuno che siano fatte lo stesso giorno. L’indulgenza può essere richiesta per sé o anche per uno o tutti i propri cari defunti.

L’aspetto più importante del «Perdono d’Assisi» è la grande utilità spirituale per i fedeli, stimolati, per goderne i benefici, alla confessione e alla comunione eucaristica. Confessione, preceduta e accompagnata dalla contrizione per i peccati compiuti e dall’impegno a emendarsi dal proprio male per avvicinarsi sempre più allo stato di vita evangelica, quella vissuta da Francesco e Chiara, stato di vita  che prese forma e corpo proprio nella Porziuncola.


Il Perdono di Assisi (1575 ca.), olio su tela (bozzetto),| Federico Barocci
 


Anche oggi la Chiesa è strapiena, i confessionali hanno tutte le lucette rosse accese e funzionano a pieno regime: non sembra di vivere nella società edonistica, laicizzata, ateizzata di oggi. Sembra di vivere un sogno, forse un’estasi! I sacerdoti cominciano a discendere le scale del presbiterio dell’altare maggiore: un maxi schermo ne rimanda le immagini: prendono posto e cominciano a distribuire le particole. Anche io sono in fila e mi comunico in silenzio le mani giunte: non posso più inginocchiarmi, altrimenti come mi rialzo? Peccato! Ma Dio legge i cuori! Poi mi avvio verso la Porziuncola: mi appoggio allo stipite prima, ed alla porta d’ingresso della medesima poi: scarico la mia negatività come se mettessi una presa a terra. L’infinito bene che impregna quelle pietre e quel legno, dopo secoli di devozione e di preghiere, è sicuramente potente quanto un esorcismo: e gli effetti si sentono subito.

Mentre mi avvicino verso il piccolo altare, separato da una cancellata bellissima di ferro battuto, sento la gioia che mi monta dentro, mi scoppia: è un piccolo, tenue e pallido raggio di quella immensa luce che fu vista nell’estasi da San Francesco che mi invade. Io peccatore, conscio delle mie debolezze, della mia incapacità a vincerle, della mia fragilità, sono attaccato alla cancellata ed ora sì, mi metto in ginocchio prego per i miei morti, per i miei cari viventi, per chi è malato ed è nelle ambasce e nella prova e nella malattia, per chi è abbandonato, emarginato, tradito, insultato, offeso; prego con speciale pensiero per quelli la cui testa viene appesa alle sbarre appuntite di una cancellata, a chi viene crocifisso per irrisione a lui e a quel Cristo che ha abbracciato e per il quale ha dato la vita! Per i bambini dilaniati dalle cannonate dei cannoni, dai missili lanciati dagli aerei spesso a casaccio con il solo intento di creare terrore e disperazione. Ho il cuore sanguinante, ma anche rassicurato da quei martiri, dal loro sangue versato per convertire questa umanità traviata!

Quando esco, delle clarine suonano, mentre le autorità sfilano sulla spianata e cominciano ad entrare nella chiesa. Alcuni ufficiali della GdF chiudono il corteo: speriamo che Dio li illumini, ma scusate mi sembra un pugno nello stomaco vederli con le loro alte uniformi e le sciabole spendenti, mi fanno senso, sono stonati, mi sembrano i servi dell’Anello, che entrano per profanare, dilacerare, rendere solo materia purulenta, pietre, cemento, in ultima analisi, soldi la casa di Dio! Sono sincero: mi piacerebbe tanto vedere Cristo materializzarsi all’improvviso, con la corda in mano che li prende a sferzate e li caccia dalla Sua casa, facendoli rotolare nella polvere!!

Quando riprendo il breve cammino verso il parcheggio, l’ultimo sguardo è per lei, Santa Maria degli Angeli, che spendente d’oro dall’alto della Basilica allarga le sue mani per abbracciare tutti i suoi figli e donarli a Suo Figlio per sempre.

Luciano Garofoli




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