San Giuseppe in America
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Nella chiesa di Bagnaia non passa inosservato un quadro che ritrae l’agonia di San Giuseppe. E’ un’opera non priva di goffaggine (lo scorcio del braccio di Gesù che benedice il morente è sbagliato, sicchè l’arto sembra quello di un invalido, la Madonna è stata resa prudentemente poco visibile), ma è reso benissimo – forse copiato da un pittore famoso che non riesco a identificare – il corpo del vecchio, scarnito sotto un lenzuolo leggero, e il volto già in agonia, la bocca semi-aperta e la testa che non riesce a star dritta sul collo e s’abbandona all’indietro. Lo scopo devozionale è raggiunto: felice trapasso quello tra Gesù e Maria, non si può fare a meno di pensare.

«San Giuseppe pensateci voi», dice l’incisione sotto il quadro, ed è facile ripeterla.

La cara figura di Giuseppe non è esente, nell’affetto dei fedeli, dal lieve imbarazzo per la sua posizione di padre putativo. Figura enigmatica a forza di essere schiva. Eppure è lui il discendente da re Davide – un nobile – e certamente, come i maschi di quel lignaggio, era tenuto d’occhio dai sacerdoti e dagli scribi, perchè si sapeva che da uno di loro sarebbe nato il Messia.

Era un uomo riflessivo e silenzioso – non una sua parola è riportata dai Vangeli, alcuni quadri famosi lo ritraggono intento a leggere; un uomo visitato da visioni e da sogni, a cui credeva subito e a cui obbediva senza un attimo di perplessità.

«Giuseppe figlio di David, non temere di prendere con te Maria», e lui, appena «destatosi dal sonno», la tiene con sè (salvandola da sicura lapidazione; la gravidanza già si vedeva).

«Sù alzati, prendi il bambino e la madre e fuggi in Egitto», ed egli «nella notte» s’affretta a caricare sull’asino qualche masserizia e la ragazza sposa, e parte.

E’ qui la delicata virilità di Giuseppe: essere agli ordini, pronto ad obbedire a messaggi di cui altri potevano dubitare, il non tener conto del cosa dirà la gente; e la capacità del mite sognatore d’essere attivo protettore e uomo d’azione, uomo pratico, dicono del suo coraggio. Senza mezzi, socialmente debole, fugge da Erode in Egitto senza chiedersi come vivrà. Quella notte, sicuramente, caricò sull’asino gli attrezzi da lavoro: fidava nelle sue mani e nella sua bravura artigiana. Sono un buon falegname, posso provvedere a Lei e al Bambino. Chi lavora bene, la fame non la fa.

L’iconografia tradizionale dipinge Giuseppe come un vecchio, per rendere più naturalmente spiegabile la sua castità. Altri – ad esempio nelle cappelle dell’Opus Dei – scelgono di dipingere Giuseppe come giovane marito, per rendere la sua castità più meritevole.

A suo tempo mi colpì, a San Lorenzo in Firenze, il San Giuseppe artigiano di Annigoni: un quarantenne di spalle larghe, bruno e crespo (un palestinese) dalla faccia energica, col grembiule di cuoio, al banco di lavoro, fra assi e seghe; accanto a lui il bambino, chinato sul banco del babbo, gioca a fare il falegname. Il bambino ha una vestina rossa (forse la prima tunica senza cuciture tessutagli dalla Mamma) e la sua testolina è bionda. L’uomo robusto sta per scompigliare quel caschetto d’oro con una carezza scherzosa, ma esita e si trattiene all’ultimo momento: l’affetto spontaneo s’è tramutato in rispetto e timidezza di fronte a quel principino, così palesemente non suo figlio carnale. Dietro la scena, un cielo sinistro di ghiaccio e di sangue allude al destino terrestre di quel bambino. Destino sanguinante; ma Giuseppe non sarà più lì a proteggerlo.


San Giuseppe artigiano, Annigoni


Chi può dirlo? Fatto è che fu un vecchio l’uomo che si presentò alle suore di Loreto chiedendo se avevano del lavoro per lui, a Santa Fe, Nuovo Messico. Un vecchietto con un poncho a rigoni e un asino su cui aveva caricato scarsi attrezzi da falegname (solo una sega, una squadra e un martello) come se ne dovevano vedere nel West: perchè era il 1873, il territorio era stato strappato dagli USA al Messico da pochi anni, e Santa Fe, oggi luogo di lusso per artistoidi, era un miserabile lurido agglomerato di baracche di adobe (fango secco), in cui padre Jean Baptiste Lamy (che poi ne divenne vescovo) contava «trecento americani e seimila cattolici».

Jean Baptiste Lamy
   Jean Baptiste Lamy
I cattolici erano messicani poverissimi e indiani convertiti, ancor più in miseria. Gente «che mantiene solo lesteriorità della religione», scrisse padre Macheboeuf, vicario del vescovo, e quanto ai preti, «in una popolazione (totale dello Stato) di 70 mila, ne abbiamo 15 appena, sei esauriti dalletà, e gli altri senza un briciolo di zelo; le loro vite sono scandalose oltre ogni descrizione». Al vescovo Lamy, la visita apostolica alla sua diocesi consumò sei mesi, giorni a cavallo e notti all’aperto, vicino al fuoco, in ascolto delle grida notturne di animali che potevano essere richiami pellerossa.

Il vecchio West, senza gli splendori edulcoranti di Hollywood. Le sei suore di Loreto, che avevano risposto all’invito del vescovo per insegnare ai bambini, erano arrivate dal Kentucky, prima sul battello lungo il Missouri, poi in un vagone coperto trainato da buoi attraverso la grande prateria, in territorio infestato da tribù ostili di Comances, Arapaho, Kiowa. Per i disagi e le fatiche di quel viaggio senza strade, morì la madre superiora; un’altra sorella si prese il colera e in quello stato dovette intraprendere il viaggio di ritorno in Kentucky (sarà sopravvissuta?).

Le superstiti tuttavia si misero al lavoro di buona lena, nonostante i pericoli (infuriavano il vaiolo e la tbc, il fango, e non mancavano bande di maschi pericolosi venuti dal Texas: il selvaggio West).

Nel 1873 il peggio era un ricordo lontano, le suore avevano creato una buona scuola per ragazze e – sacrificando le loro eredità di figlie di buona famiglia – avevano costruito una cappella loro, che volevano lussuosa, addirittura ordinando le vetrate in Francia.

Anche l’architetto si chiamava Mouly ed era francese. Le sorelle gli commissionarono una chiesa «nello stile della Sainte Chapelle» di Parigi, e lui elevò un notevole – e primo – tempio neogotico, per essere al ovest del Missouri. Solo che morì d’improvviso e il coro femminile sopraelevato, già a posto, restò senza scala d’accesso.


Loretto Chapel, Santa Fè, New Mexico


Come Mouly intendesse costruirla non si sa; le suore si accorsero che dentro mancava lo spazio per una vera scala, tanto più che la tribuna era davvero molto in alto, una decina di metri. I carpentieri locali, interpellati, offrirono soluzioni insoddisfacenti: fare una scala esterna, abbattere il retro della chiesa a ricostruirlo...

Le suore, devote alla Sacra Famiglia, recitarono una novena a San Giuseppe artigiano.

Quando bussò il vecchietto calvo e barbuto trascinandosi dietro l’asino (dal cui basto pendava anche un secchio), e chiedendo lavoro, provarono a porgli il problema. Esaminata la cantoria e misurata ad occhio l’altezza dal suolo, disse che poteva farci una scala a chiocciola; una soluzione che risparmiava spazio. Le suore lo assunsero. Il vecchio pose come condizione di poter lavorare a porte chiuse, senza essere disturbato.

Dettaglio della scala senza pilastro
   Dettaglio della scala senza pilastro
Lavorò per mesi al chiuso. Lavorava il legno dopo averlo bagnato e saturato d’acqua nel secchio, secondo alcune delle suore che non resistettero alla tentazione di sbirciare. Solo alla fine poterono vedere la scala a chiocciola montata: una perfetta doppia spirale (che gira due volte a 360 gradi), con 33 gradini e – fatto inaudito, e contrario alle leggi di gravità – priva del pilastro o pilone centrale, senza il quale nessuna scala a chiocciola può star ritta.

Fra parentesi, è questo il motivo per cui le sorelle vi fecero aggiungere la ringhiera che si vede nelle foto: faceva paura salirci, e soprattutto scendere da dieci metri, su quella scala che a rigore doveva collassare sotto il peso del primo passo, sicchè certe sorelle vi scendevano strisciando sulle mani, ginocchioni... La ringhiera, che offre una sicurezza solo psicologica, rovina la linea del manufatto: provate a immaginarla senza, per constatare la vertiginosa, elastica leggerezza della scala.


La scala di San Giuseppe


La scala di San Giuseppe originale, senza ringhiera


L’intera opera è priva di chiodi di ferro; al loro posto ci sono perni di legno, secondo l’uso antico (noto ad esempio ai maestri d’ascia delle navi romane). La parti sotto i gradini sono risultate fatte di gesso mescolato a crine di cavallo. Il legno pare essere di una conifera sconosciuta in New Mexico. Esperti di costruzioni restano colpiti dalla perfezione della curvatura di ogni elemento, impensabile da ottenere da un carpentiere munito solo di squadra a T, sega e martello.

E il vecchio? Sparito, senza aspettare nemmeno d’esser pagato. La madre superiora andò alla segheria locale pensando che ne sapessero qualcosa lì, e anche per pagare almeno il legname: nessuno aveva ordinato il legno nè tantomeno aveva visto il personaggio. La madre fece mettere persino un’inserzione sul giornale offrendo una ricompensa a chi potesse dar notizie dell’insolito falegname. Invano.

Le suore ne conclusero che era stato lo schivo San Giuseppe a costruire la scala. La cappella della Madonna della Luce, detta anche Loretto Chapel (sembra impossibile scrivere in inglese la parola «Loreto»), fu dedicata a San Giuseppe il 25 aprile 1878. Novant’anni dopo, la cappella è stata sconsacrata e venduta, oggi è un museo privato, dove l’inspiegabile scala a chiocciola resta l’attrazione principale.

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Col tempo, storici locali protestanti si sono ingegnati a demitizzare il fatto, attribuendo l’opera chi a un mastro d’ascia tedesco di nome Hadwiger, chi a un carpentiere francese di nome Jean-François Rochas, il cui nome risulta nel libro contabile delle suore, e che può aver costruito il corrimano. Resta che in nessuna parte del mondo esistono scale a chiocciola che stanno su senza il pilastro centrale, assolutamente necessario come appoggio dei gradini, nè falegnami capaci di costruirle. Chi è salito su quei 33 gradini, dice di aver sentito come una spinta elastica verso l’alto, «come se le giravolte della scala fossero una grande molla».

Se tutto fosse vero, sarebbe l’unico miracolo noto avvenuto negli Stati Uniti d’America.

Ognuno creda quel che vuole. Personalmente non manco di pregare Giuseppe perchè mi assista nell’ultima agonia, e non fa male chiedergli grazie importanti. Certo bisogna insistere molto, come con tutti gli artigiani.



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