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Vertice Russia-Europa: la pazienza di Mosca
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Con pochissima eco sui media nostrani, s’è concluso il vertice fra Unione Europea a Russia, tenutosi a Khanty-Mansiik in Siberia. All’ordine del giorno un ambizioso Patto di Cooperazione e di Partnership (PAC). Bastava leggere i lanci della Novosti per intuire quanta importanza Putin (o meglio, oggi, il presidente Medvedev) attribuisse a questo incontro, e quanto poco - il che sembra una contraddizione - se ne aspettasse.

Basterà citare la dichiarazione alla Novosti di Sergei Karaganov, presidente del Presidium per la Politica Estera e di Difesa, certo uno degli uomini che hanno più lavorato per il vertice: «Non penso che dobbiamo aspettarci nessun passo avanti dal summit, ma sarà una svolta positiva. Da molto tempo non abbiamo un vero dialogo per ragioni artificiali, come i disaccordi per la carne polacca (di cui Mosca vietò l’import) e motivazioni fitosanitarie... Ora cominciamo un dialogo più coerente. Ma per ora nè la  Russia nè la UE sanno quale linea l’altra parte seguirà. Non c’è da attendersi risultati rapidi. Ma la cosa più  interessante da attendersi è non solo l’inizio del dialogo su un nuovo accordo (penso che il Patto di Cooperazione e Partnership richiederà molto tempo) ma anche un intenso a razionale dialogo sull’energia».

«Al momento attuale non ci diciamo l’un l’altro la verità, benchè la domanda sia semplice: quali saranno i prezzi futuri di gas e petrolio? Siamo accusati di imperialismo… mentre dovremo semplicemente accordarci sul possesso congiunto di sistemi energetici, e sulla formazione di un solo sistema Russia-EU. Fatto questo, risolveremo il maggior problema delle relazioni russo-europee: la UE vuole pagare meno il gas, e la Russia non vuol ridurre il prezzo» (1).

Pochi giorni prima, il 20 giugno, il ministro degli Esteri Lavrov aveva ripetuto quali sono i problemi che continuano ad assillare Mosca: lo scudo missilistico che gli USA vogliono piazzare in Polonia e Cekia (contro la volontà di Praga e oggi anche di Varsavia), e l’espansione della NATO ad Est (benchè Jiulia Timoshenko, la prima ministra ucraina, sia andata davanti alla NATO a dire che «l’adesione non è una priorità per il nostro governo», e che la Russia «resta importante per l’Ucraina e i rapporti non possono essere che di collaborazione».

Poco dopo, Mosca ha reagito con esasperazione alle voci di Washington, secondo cui lo scudo antimissile - ipocritamente inteso a «proteggere l’Europa contro l’Iran» - poteva essere piazzato, se non lo voleva la Polonia, in Lituania. E’ chiaro che Stati europei sono coinvolti in questi piani (la UE, più o meno passivamente, dice sì), e che proprio questo è l’ostacolo ad una buona relazione stabile dell’Europa con la Russia. E’ anche evidente che questi ostacoli sono voluti esclusivamente dagli Stati Uniti, «e questo fatto serve a minare le relazioni UE-Russia». E’ questo lo scopo (2).

Interessante la reazione di Mosca: il nuovo presidente Dimitri Medvedev, fin dal suo giro inaugurale in Europa, ha proposto (il 5 giugno a Berlino) una nuova struttura di sicurezza con la partecipazione russa. «Si deve delineare un trattato universale europeo, in cui ciascuno Stato europeo prenderebbe parte. Non Stati associati in unioni e blocchi, ma esattamente come entità sovrane distinte».

Ovviamente gli americani e i loro maggiordomi nella UE vedono in questa mossa una volontà di ridurre il peso della NATO come istituzione, e di allentare i legami transatlantici dell’Europa. Ma c’è nelle parole di Medvedev un richiamo ad una «Europa delle patrie» che dovrebbe far suonare qualche corda dalle nostre parti. Del resto, Mosca ha già stabilito relazioni privilegiate con Stati sovrani individuali, Germania anzitutto, e  Francia. Inoltre, la proposta di Medvedev appare onestamente chiara ed esplicita.

Tra UE e Russia esiste già un vago Patto di Cooperazione e Partnership, firmato nel 1997, formalmente spirato nel dicembre 2007, ma che resta in vigore alle condizioni precedenti se nessuna delle due parti lo denuncia; un nuovo patto su più concrete basi è stato bloccato dal veto della Polonia come rappresaglia per il blocco dell’import di carni polacche in Russia. Come è stata accolta la proposta di Medvedev a Bruxelles?

Qualcosa risulta da una «fonte» anonima «degli ambienti NATO», citata dal sito Dedefensa (3): anche in seno alla NATO si trovano posizioni piuù europee e meno «americaniste», le quali ritengono che il progetto di estensione dell’Alleanza (all’Ucraina) è «una posta in gioco molto grossa, e un fattore di divisione importante nell’Alleanza stessa. Se non ci fossero gli americani, questa posta dell’allargamento non esisterebbe, perchè l’Europa non vi si impegnerebbe un minuto, dato che l’Europa non cerca una ‘confrontation’ con la Russia, cui l’allargamento ha molte possibilità di condurre. Dunque, si tende a ritenera alla NATO che a dicembre, nel corso delle riunioni interministeriali dell’Alleanza, non ci saranno novità sull’allargamento». Tanto più che gli USA si troveranno allora «in piena transizione di poteri, e saranno privi di politica definita, in questo campo e in generale».

Ma non è il caso di illudersi che un presidente democratico, come Barak Obama se eletto, cambi davvero la politica americana in Europa. Su questo, un’altra fonte, stavolta della UE appena tornata da Washington, ha confidato a Dedefensa: «La politica anti-russa di Washington è un fattore costante. Non dipende dall’una o dall’altra amministrazione. Anche con un’amministrazione democratica, la politica anti-russa andrà avanti allo stesso ritmo, con gli stessi caratteri, come l’allargamento della NATO per  premere sulla Russia. C’è una molto vasta maggioranza a Washington in questo senso, al Congresso, a causa della ‘delusione’ che gli americani provano verso la Russia».

La Russia ha deluso perchè ha rifiutato di auto-americanizzarsi e di allinearsi, come «democrazia», alle grandi strategie americaniste. Il rifiuto è stato reso esplicito da Vladimir Putin nel suo discorso di Monaco del 10 febbraio 2007. Da allora la «delusione» si è distillata in una politica dell’avversione. Con la decisione di continuare il piano Brzezinsky di isolare Mosca dall’Europa, e dagli Stati ex-sovietici, per ridurla a «media potenza asiatica». Ma a Mosca - dove il gioco degli scacchi è lo sport nazionale - esercitano la pazienza, dopo aver fatto le loro mosse.

La UE è il maggior partner commerciale della Russia, e la Russia esporta il 50% delle sue esportazioni totali alla UE (284 miliardi di dollari l’interscambio nel 2007). Inoltre, aleggia la domanda cui Karaganov ha alluso: «Quali saranno i prezzi di gas e greggio nel prossimo futuro?». Dal gas russo, l’Europa dipende già pesantemente come cliente; come alleato le condizioni potrebbero essere diverse.

Bisogna attendere che la realtà si imponga anche i maggiordomi degli USA (di un’America diminuita dalla Depressione in cui sta affondando), coloro che ostacolano il destino manifesto della partnership continentale. Mosca ha evidentemente pazienza, la pazienza del giocatore di scacchi. Anche perchè il tempo non è a favore della UE. Il 4 luglio cominciano i colloqui sul nuovo PAC euro-russo. Mosca non si aspetta molto, per ora.




1) «Russian and european political analysts on the upcoming  EU-Russia summit», Ria-Novosti,
25 giugno 2008.
2) Sergei Blagov, «Russia seeks new European order», ISN Security Watch, 25 giugno 2008.
3) «Le fil à la patte», Dedefensa, 28 giugno 2008.

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