Messale, traduzioni (1) e tradimenti
Stampa
  Text size
Sono passati oltre 4 anni dal 17 ottobre 2006, quando il cardinale Arinze, allora Prefetto per il Culto Divino, in un documento ufficiale, su mozione del Santo Padre, richiedeva la modifica dell’errata traduzione italiana della formula della consacrazione (benché non in un elemento essenziale tale da inficiarne la validità!), secondo quanto indicato nel testo originale latino del Messale Romano.

Si trattava di ricondurre al significato proprio quel versetto 28 al capitolo 26 del Vangelo di San Matteo:





vecchia traduzione CEI del Santo Vangelo: “Perché questo è il mio sangue dellalleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”, che però non riecheggiava nella Santa Messa, in quanto quel per molti era inspiegabilmente reso con per tutti (anche se abbiamo avuto schiere di teologi a volerci convincere che Gesù voleva dire per tutti!!!... peccato però che abbia detto per molti).

Si tratta di un fenomeno presente in quasi tutte le lingue. Fa eccezione, tra le altre, la traduzione francese, che riporta per le moltitudini, espressione del tutto vaga, solo in apparenza più vicina al significato originale, poiché allo stesso tempo è in grado di generare nel semplice fedele confusione totale. Riflettiamo: cosa significa moltitudini, tutti o molti o qualcuno in più? Ognuno scelga quel che aggrada. La raccomandazione del Pontefice, più volte esternata anche in via officiosa, era quella di recuperare (seppur all’interno del Novus Ordo) elementi gestuali e rituali (traduzioni incluse), ritenuti importanti per la fede e la sua manifestazione ortodossa. Esemplificativamente:


il dare le spalle ai fedeli per rivolgersi a Dio (verso il quale il sacerdote deve guardare mentre indirizza la sua preghiera, è segno escatologico dell’ultima venuta di Cristo, verso Cui tutti guardiamo (sarebbe a questo fine utile ricollocare in ogni chiesa l’Altare ad Oriente) e simbolo della funzione del sacerdozio, ponte tra il Divino e l’umano, mezzo per giungere all’Eterno, nonché manifestazione dell’orazione della Chiesa, presieduta dal ministro consacrato in Persona Christi, verso il Padre);

- il tradurre correttamente i passi manifestatamente resi in maniera erronea: quale il pro multis;

- mettere la santa croce al centro dell’altare;

- dare evidenza al Tabernacolo e quindi alla Santa Eucaristia, all’interno delle chiese (ove invece viene spesso relegata ad angoli indegni ed obliati!).

Queste indicazioni, cose note ai tradizionalisti, costituiscono, al contempo le ragioni di un’indebita etichettatura conservatorista nei confronti del Papa. Sappiamo infatti che l’attuale Pontefice, per quanto infallibile secondo le condizioni stabilite, possiede una formazione modernista; la sua partecipazione al Concilio, come il suo trascorso, mai negato, nelle fila di una teologia progressista, hegeliana, sono elementi sufficienti per leggere alcune sue posizioni. Tuttavia, questo non toglie che lo Spirito Santo che lo assiste, guidi la Chiesa per suo mezzo, e, nonostante alcuni scivoloni personali (non del Papa, in quanto tale), resta un Pontefice al quale ascrivere dei meriti.

Papa Ratzinger è osteggiato quindi anche da coloro che dovrebbero sostenerlo e coadiuvarlo. La ribellione dei vescovi (europei, in particolare!) contro la liberatoria della Santa Messa di San Pio V, il veleno contro la remissione delle scomuniche, ecc., sono segnali evidenti di quanto i lupi siano affamati e vogliano la pelle del tedesco. I suoi, sono gesti che non possono perdonarsi!

Richiamano troppo chiaramente il pre-Concilio! L’ala progressista (del modernismo, oramai onnipresente!) non lo tollera! Ed ecco, quindi: quando si tratta di uniformarsi ad una direttiva necessaria alla salute delle anime, i vescovi italiani manifestano il loro totale dissenso. Bravi!

Il pro multis resisterà all’obiezione del Pontefice (e di quella di ogni iscritto al IV ginnasio!!!), mantenendo il per tutti. Questo ha deciso la CEI, nel corso di una sua assemblea generale, con la motivazione di non voler disorientare i fedeli! Paradossale! se consideriamo, invece, che tale disorientamento è ignorato quando si tratta di metter mano al Padre nostro, sostituendo il “non ci indurre in tentazione” con il “non ci abbandonare alla tentazione” (Matteo 6,13). Il passo in esame in greco è così reso:





Il verbo utilizzato “εἰσενέγκῃς”, in nessun modo rimanda all’idea dell’abbandono, come è possibile visionare anche da apposita tabella allegata (2). La traduzione è un po’ un tradimento teologico: pensare che Dio possa abbandonare alla tentazione! L’induzione invece è concetto che ben si comprende come prova di Dio che saggia i cuori, senza mai sottrarre loro la forza di reagire e soprattutto senza mai lasciare l’uomo in balia del male. Non c’è bisogno di chiedere a Dio questo (di non abbandonarci!). È necessario invece che si chieda la forza di resistere nelle tentazioni… necessarie per provare col fuoco la nostra fedeltà!

Nulla ancora s’è deciso di fare su altre questioni ben più serie. Niente, per esempio, in ordine alla parte finale del Pater, dove la liberazione dal male, lungi dal rappresentare un generico riferimento, è una vera richiesta di esorcismo! Liberaci dal Maligno!

Silenzio totale ancora sull’aberrazione del non sum dignus!, prima della Santa Comunione, dove la fantasia dei traduttori trasforma l’indegnità ad ospitare Cristo “sotto il proprio tetto”, quindi “dentro il cuore”, in un protagonismo attivista di partecipazione alla mensa, dai non troppo equivoci riferimenti alla cena del Signore, di matrice protestante (il concetto di cena in sé è cattolico, purché però si legga congiuntamente con quello di sacrificio! Non in via esclusiva, quindi).

Nel dimenticatoio totale l’incomprensibile traduzione del Credo, ove, al posto dell’originale “patì e fu sepolto”, si traduce e proclama: “morì e fu sepolto”! Mi direte: è una sciocchezza! Non credo. Ma, anche qualora fosse, denota un pressappochismo ed una superficialità totale da parte della Conferenza Episcopale! Al mio liceo, tanta libertà non sarebbe stata concessa! Mi direte, se si tornasse direttamente al Vetus Ordo, molti di questi equivoci sarebbero superati in un batter d’occhio! Certamente. Ma chi scrive è convinto che sia possibile anche avere un Vetus Ordo in lingua volgare, purchè tradotto con le dovute accortezze ed il necessario buon senso. Si tratta solo di imparare a credere, cosa che sembra non appartenga più a molti degli alti prelati di questi ultimi tempi. Preghiamo per loro.

Stefano Maria Chiari




1) La Sacra Scrittura è senza errori nei testi originali, non anche nelle traduzioni nelle varie lingue, che sono sempre suscettibili di miglioramenti e perfezionamento.
2) www.grecoantico.com/vocabolario-greco-italiano.php:

 

abbandonare (v. tr.)

 

ἀφίημι [afiemi]

abbandonare (v. tr.)

 

λείπω [leipo]

abbandonare (v. tr.)

 

καταλείπω [kataleipo]

abbandonare (v. tr.)

 

ἐκτίθημι [ektithemi]

abbandonare (v. tr.)

 

ἐκλείπω [ekleipo]

abbandonare (v. intr.)

 

εἴκω [eiko]

abbandonare (v. tr.)

 

ἀπολείπω [apoleipo]

abbandonare (v. tr.)

 

ἀπολαμβάνω [apolambano]

abbandonare (v. tr.)

 

ἀλλάσσω [allasso]

abbandonare il posto (locuz.)

 

παραχωρέω [paracoreo]

 

Messale, traduzioni (1) e tradimenti
L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.