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Paganesimo presente avvenire
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Il ritorno al paganesimo è un fenomeno probabilmente scontato per molti dei lettori di questo giornale.
Eppure forse l’argomento merita un’attenzione particolare, dal momento che coinvolge le nostre vite in maniera sempre più invasiva.

Le mode «pagane» reintrodotte nella cultura odierna, nel comune senso di percepire e sentire spesso restano inavvertitamente percepite dal destinatario, (uomo qualunque, circondato da un mondo ahimè preconfezionato e predisposto sempre più secondo ritmi dati ed una direzione sempre identica a se stessa e comunque predeterminata da altri) come realtà acquisite e comunemente accettate.
Volete un esempio concreto?

Lo abbiamo avuto sotto gli occhi per tutto il mese di agosto; giornali, TV, radio, internet, tutti i media si sono «sbracciati» per renderci edotti dell’evento clou dell’estate: le Olimpiadi.
Eppure - senza condannare lo sport in sé né tanto meno le gesta atletiche notevoli (quando non «dopate» (e chissà quante ne sono libere?) di persone dedite all’attività sportiva completamente ignare di tutto il piano mondialista sotteso e di cui sono, loro malgrado o senza saperlo, attori - le Olimpiadi sono state pensate e studiate appositamente come «fenomeno di rientro del paganesimo».
Questo è evidente già dalle origini.
La prima Olimpiade della storia di cui abbiamo notizia è stata disputata nel 776 avanti Cristo, in Grecia, ad Olimpia.
La cadenza quadriennale delle celebrazioni era in onore di Zeus, il più grande evento non bellico del mondo ellenico.
La ripresa dei giochi olimpici risale al 1896.
Le finalità apparentemente pacifiste (i cinque cerchi sono i cinque continenti ed i cinque colori differenti rappresentano i colori che sono presenti in ogni bandiera del globo), nascondono forse un sincretismo latente di massonica memoria.

«L’apertura della prima Olimpiade dell’era moderna, stando ad alcuni documenti rinvenuti, fu davvero molto solenne. Allo stadio di Atene, lo stesso di Pericle ricostruito grazie a una sottoscrizione pubblica e al mecenatismo di Giorgio Averoff, tutta la Grecia era presente con oltre cinquantamila spettatori. Re Giorgio I°, accompagnato dalla moglie e dai figli, dichiarò aperti i giochi e pronunciò quella breve formula destinata a rimanere inalterata nel tempo: ‘Dichiaro aperti i Giochi della I° Olimpiade dell’era moderna’. Gli atleti iscritti all’edizione inaugurale delle Olimpiadi furono 249, di cui ben 168 greci ed altri 81 atleti in rappresentanza di 13 Paesi, secondo la suddivisione politica dell’epoca (ma 17 secondo quella attuale), che gareggiarono in 43 competizioni suddivise in nove discipline sportive: atletica leggera, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, scherma, sollevamento pesi, tennis e tiro. In realtà erano state programmate anche gare di canottaggio e vela ma non vennero svolte a causa del cattivo tempo. Per quanto ben organizzate e sorrette da una buona campagna di stampa, le rappresentative degli Stati stranieri erano ben lungi dall’essere una selezione dei migliori atleti di ogni Paese, in quanto vigeva il principio decoubertiano del dilettantismo. La maggior parte degli atleti pagò di tasca propria il viaggio ed in alcuni casi parteciparono alle gare anche dei turisti che in quel momento stavano visitando la Grecia e che si iscrissero ai giochi spinti dall’entusiasmo. I fotografi ufficiali delle Olimpiadi (per tutti gli sport) erano sei, chiamati dalla Kodak, che era sponsor della manifestazione. Tuttavia particolare menzione merita Alfred Meyer» (1).

Il barone Pierre De Coubertin fu il promotore primo di tale evento (autore di una «Ode allo sport» in cui esalta lo sport ed il fisico come valore assoluto ed appagante ed il cui inizio era: «Oh sport, diletto degli dei, essenza di vita, messaggero radioso di età perdute, di quelle età in cui l’umanità sorrideva») e fondatore tra l’altro di una delle associazioni scout pluriconfessionali, in perfetto spirito massonico). (2)

Una prima riflessione obbligata è questa: il nudo entra nel mondo dei media, attraverso lo sport e le Olimpiadi in particolare; il richiamo al «costume pagano» di fare sport senza vestiti è oramai quasi del tutto realizzato.
Il fine?
Abituare l’uomo e l’occhio dell’uomo allo scandalo, al peccato; lasciar corrompere i sensi attraverso l’ingenuo gesto atletico.
Di fatto, oggi assistiamo a performance di sportivi quasi interamente svestiti e/o che indossano indumenti idrodinamici, aerodinamici, tecnologicamente all’avanguardia, completamente aderenti.
Del tutto innocuo?
Non credo.
Abituarsi al peccato (o comunque alla totale mancanza di pudore) come a qualcosa di normale significa sovvertire il senso comune della coscienza e scambiare in definitiva la menzogna con la verità.
Ma il rientro del paganesimo passa anche forme più banali e meno sontuose.
Un esempio ulteriore evidente agli occhi di tutti: i tatuaggi, ove palese è il richiamo rituale e sacrale.

Leggiamo insieme quanto riportato, su internet, da una rivista scientifica (3): «La loro origine, tra i popoli della Polinesia, si perde nella notte dei tempi. Erano comuni anche tra gli Egizi e gli antichi indiani d’America. La mummia Otzi (3300 avanti Cristo) ritrovata nelle Alpi italiane nel 1991 ne aveva alcuni terapeutici. Oggi sono diventati di moda in tutte le culture e in ogni ambiente: secondo una recente ricerca un giovane americano su tre ne ha almeno uno. E accomunano avanzi di galera e celebrità, serial killer e calciatori, Angelina Jolie e portinaie. Stiamo parlando dei tatuaggi, l’espressione di boby art più antica e diffusa. In passato la tradizione di tatuarsi viso, torso e braccia era limitata ad alcune popolazioni ed era carica di significati religiosi, tribali. Nel mondo occidentale il tatuaggio è stato per secoli un tabù, vietato dal conformismo e riportato in auge dai marinai e dagli esploratori di ritorno dalla Polinesia. Ancora oggi è l’espressione di un bisogno di appartenenza (serve a comunicare ciò che più ci rappresenta agli altri) e di affermazione di diversità (anche se sempre meno). E in futuro? Anche i tattoo, come vengono chiamati in gergo, sono destinati ad un’evoluzione. Una prima trasformazione, seppure minima, è stata nel tipo di inchiostro utilizzato per fare il tatuaggio. I pigmenti tradizionali prevedono sostanze, come il cobalto o il cinabro, che colorano la pelle e sono visibili alla luce del sole o, comunque, in ambienti illuminati. Ma c’è anche chi utilizza l’UV Blacklight Ink, un particolare inchiostro che può essere solamente visto con una luce a raggi ultravioletti. Quando non si è esposti a questa luce, sul braccio è visibile solo l’incisione del tatuaggio, la vera e propria cicatrice fatta dagli aghi del tatuatore, come se vi fosse, appunto, una ferita. Ma che cosa accadrebbe se invece di eseguire un semplice disegno, sottopelle fosse innestato un particolare display? Il prototipo, ideato da Gina Miller e Robert Frejitas Jr., andrebbe innestato appena sotto la superficie della pelle del dorso della mano o sull’avambraccio. Attivabile e controllabile tramite un piccolo colpetto di dita, il display è in grado di riprodurre lettere, numeri o animazioni grazie a tre miliardi di nanorobot che si sincronizzano in base al comando dato. Un dispositivo analogo è allo studio di Andrew Singer, un eclettico inventore statunitense. Il display-tatuaggio è collegato a un microchip, impiantato nell’epidermide, che controlla i valori vitali (come pressione, livelli di colesterolo, glicemia, etc.) dei pazienti con malattie critiche come il diabete. I dati elaborati dall’impianto verrebbero ritrasmessi sul display dermico. Con un semplice colpo d’occhio, in caso di emergenza, i medici avrebbero tutte le informazioni importanti».

«Il tatuaggio diventa digitale. Con il duplice scopo della terapia e di un’estetica funzionale (e non fine a se stessa), è il caso di segnalare anche il progetto del Digital Tattoo, una sorta di tatuaggio eseguito sulla superficie della pelle con un particolare inchiostro digitale. Il Digital Ink permetterà di programmare il tatuaggio tramite la sincronizzazione di un computer palmare dotato di collegamento Wi-Fi. Sarà possibile ‘caricare’ appuntamenti o emoticon, che appariranno sulla nostra pelle, ricordandoci che dobbiamo fare gli auguri a fidanzata/o o segnalare agli altri il nostro stato d’animo. Il Digital Tattoo sarebbe anche in grado, negli obiettivi dei suoi sviluppatori, di ‘leggere’ il nostro stato d’animo, grazie all’interpretazione dei segnali nervosi attraverso un particolare chip integrato. Sarebbe in grado così di scegliere l’emoticon più consona e visualizzarla sulla nostra pelle attraverso un tatuaggio. Potrebbe prevedere anche veri e propri messaggi che sarebbe possibile inviare o ricevere, grazie a un palmare collegato ad internet, e decidere se visualizzarli sulla propria pelle. Ma la tecnologia per permetterci tutto questo è ancora lontana».

Attenzione.
Il richiamo alle Olimpiadi ed alla pratica del tatuaggio è soltanto funzionale a porre in evidenza una realtà: il paganesimo viene inoculato dalle mode (finanziate dai mecenati e mercenari del potere) e penetra sottilmente, attraverso i sensi, nelle menti dell’uomo; ma non si accontenta di dominarlo da fuori; il tentativo estremo sarà (e forse già è) quello di «microchippare» le persone, attraverso i più diversi espedienti: ricordate la radio del futuro (microchip sotto l’orecchio?) oppure la continua campagna del terrore tra criminalità, violenza e terrorismo, che ha spinto già diverse famiglie americane ad adottare dispositivi sottopelle per rintracciare sempre i propri cari? Del resto con i cani già si fa!
Basta navigare su internet, andare sui siti all’uopo creati e digitare il PIN e sapere dove si trova il proprio fedele amico.

L’articolo che abbiamo riportato, invece, porta alla luce (senza volerlo) il tentativo di unire il diletto (tatuaggio sottopelle ipertecnologico) con l’utile (controllo della salute); ma alla fine avrete impiantato nel corpo un «marchio della bestia», che potrebbe controllarvi (alla faccia della farsa della privacy), se non addirittura condizionarvi del tutto (che sappiamo dell’effetto delle onde elettromagnetiche sul nostro cervello?).

Vi sembrerò forse troppo «complottista», ma vedo eccessivi espedienti in tal senso (dal più banale al serio) per ritenere innocui o ingenui gli investimenti della ricerca in materia.
Chi ha in mano l’economia mondiale (4) tenta, attraverso la liberalizzazione degli istinti che il paganesimo propone come modelli di vita, di soggiogare le menti ed i cuori degli uomini, al fine di imperare incontrastato e sovrano.
Nulla di nuovo.
Il paganesimo non conosce la vera libertà, perché ignora l’Amore del Padre, l’effusione del Sangue di Cristo e la consolazione dello Spirito Paraclito.
Nel paganesimo non c’è autentica libertà; sia il fato o sia il karma, non esiste un confronto dell’uomo con la misericordia, ma soltanto con una meccanicistica e sadica retribuzione della sorte.
Soluzioni?

Aderire alla vera Fede, quella creduta da sempre nella Chiesa cattolica, preghiera assidua e fiduciosa, pratiche ascetiche.
Non c’è altro, non esiste altra via per la vera liberazione dei figli (tutti noi), riscattati a gran prezzo dall’amore del Padre.

Stefano Maria Chiari



1) Da http://www.olimpiadi.it/elenco/Ol1896/index.html
2) Il barone Pierre de Coubertin nato come Pierre de Frédy (Parigi, 1 gennaio 1863 - Ginevra, 2 settembre 1937) è stato un pedagogo e storico francese, ma è noto ai più come fondatore dei moderni Giochi Olimpici. Nato a Parigi da una famiglia aristocratica de Coubertin venne ispirato da una sua visita ai college e alle università inglesi e americane, e si impegnò nel miglioramento del sistema educativo. Parte di questo miglioramento sarebbe stata affidata all’educazione sportiva, che pensava sarebbe stata una parte importante dello sviluppo personale dei giovani. Egli concepì una competizione internazionale per promuovere l’atletica. Grazie al crescente interesse mondiale per le olimpiadi antiche, nutrito dalla recenti scoperte archeologiche di Olimpia, de Coubertin escogitò un piano per riportare in vita i giochi olimpici. Per pubblicizzare il suo progetto, organizzò un congresso internazionale, il 23 giugno 1894 alla Sorbona di Parigi, dove annunciò per la prima volta l’idea di recuperare gli antichi giochi olimpici. Il congresso portò all’istituzione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), del quale de Coubertin divenne segretario generale. Presidente fu nominato il greco Demetrius Vikelas. Il congresso inoltre decise che la prima olimpiade moderna si sarebbe svolta in Grecia, ad Atene. I primi giochi si rivelarono un successo, il che convinse de Coubertin ad assumere in prima persona la guida del CIO, succedendo allo stesso Vikelas.
Nonostante il successo iniziale, il movimento olimpico affrontò tempi duri, quando i giochi del 1900 (nella Parigi di de Coubertin) e del 1904 (a Saint Louis) vennero inghiottiti dalle fiere internazionali all’interno delle quali si svolgevano, e ricevettero poca attenzione. Questa situazione cambiò in meglio dopo le Olimpiadi estive del 1906, e i giochi olimpici crebbero fino a diventare il più importante evento sportivo del mondo. De Coubertin mantenne la presidenza del CIO fino ai giochi del 1924 di Parigi, che si rivelarono un grande successo rispetto al primo tentativo del 1900.
Successivamente cedette la presidenza al belga Henri de Baillet-Latour e si ritirò a vita privata.
De Coubertin rimase presidente onorario del CIO fino alla sua morte, che avvenne in Svizzera, a Ginevra, nel 1937. Venne sepolto a Losanna (la sede del CIO), anche se il suo cuore è stato seppellito separatamente, in un monumento vicino alle rovine dell’antica Olimpia. I cinque cerchi.
Il simbolo più noto ed immediato del movimento olimpico sono i cinque cerchi; essi campeggiano sulla bandiera olimpica, che viene issata ad ogni edizione dei giochi. Questi anelli intrecciati rappresentano l’unione dei cinque continenti, mentre i cinque colori ad essi associati (blu, giallo, nero, verde, rosso), più il bianco dello sfondo, sono stati scelti da Pierre de Coubertin perché utilizzati in tutte le bandiere del mondo. L’idea che ogni singolo colore rappresenti uno specifico continente è erronea; tuttavia si è ormai diffusa una comune associazione tra colori e continenti secondo questo schema: Nero - Africa, Verde - Oceania, Rosso - America, Blu - Europa, Giallo - Asia (da http://loggiaheredom1224.blogspot.com/2008/08/la-simbologia-olimpica.html)).
3) www.focus.it/sesso__comportamento/speciale/Il_futuro_dei_tatuaggi.aspx
4) Anche se chi comanda non è il mercenario, ma il sacerdote, ma su questo, un’altra volta.


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