PdL: Che fare?
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L’articolo PdL: Che fare?, del lettore Filippo Matteucci, ci trova d’accordo sul fatto che Berlusconi sia circondato da una classe politica di riciclati, di incapaci, di ambiziosi, di arroganti, o di venduti al nemico, che ha formato attorno al leader (colpevole di permetterlo) un cordone sanitario che respinge ringhiando, per non allargare la mangiatoia, qualunque possibilità di ricambio, a meno che non si tratti di cretini innocui, di gente ricattabile, o di raccomandati (dai poteri forti).

Dissentiamo invece sulla seguente affermazione dell’autore: «Se Berlusconi vuole veramente essere lerede di quel Reagan che disse:  ‘Lo Stato non risolve i problemi, lo Stato è il problema’, attui con decisione quel liberismo … Meno Stato e più mercato, perché lo Stato non siamo noi, lo Stato oggi è uno strumento contro il popolo… Berlusconi, alle elezioni politiche ormai prossime, scelga meglio collaboratori e candidati, meno ballerine e più economisti di provata fede liberista».

Se per liberismo si intende libera iniziativa e proprietà privata, la Dottrina Sociale della Chiesa le considera estrinsecazioni della personalità umana e come tali le tutela; un liberismo sfrenato, come quello che sembra auspichi il Matteucci, è invece un errore speculare al social-comunismo, quest'ultimo condannato, sempre e senza appello, dalla suddetta Dottrina Sociale, come modello economico contro natura; «lo Stato è il problema» se è uno Stato formato da parassati disonesti (la casta) come quello che è al potere in Italia.  Se uno Stato è al servizio della società [e non la società al servizio dello Stato, come ritiene debba essere la sinistra ed anche buona parte degli alleati di Berlusconi, o di ex alleati, soprattutto Casini e Fini] svolge la necessaria funzione sussidiaria (dove non possono intervenire i singoli, le famiglie, i gruppi sociali, interviene lo Stato) così come insegna la dottrina cattolica dello Stato.

Ci sono delle funzioni che lo Stato non può delegare; per esempio:

La difesa, dal nemico esterno, immigrazione compresa.

La politica estera, col recupero della piena sovranità politica e diplomatica dell’Italia, perduta a favore degli Stati Uniti e dei poteri forti internazionali che li controllano.

La politica economica e sociale, quindi revisione del Trattato di Maastricht, con conseguente recupero della sovranità monetaria (la moneta è emessa dallo Stato); ciò permetterebbe

a
) la creazione di una Banca Nazionale (vera) che sostenga la popolazione, sia quella debole, sia quella che voglia iniziare o voglia potenziare attività imprenditoriali che creino lavoro e benessere

b
) la ripresa della costruzione di infrastrutture e di opere pubbliche, con conseguente assorbimento di gran parte della disoccupazione.

L’ordine pubblico, quindi la lotta alla delinquenza, organizzata e non; il nemico interno.

L’amministrazione della giustizia.

La politica energetica.

In sostanza va combattuto non lo Stato in sé, ma la sua degenerazione, lo Stato totalitario, che non ha niente di etico.

Fabio de Fina



PdL
: Che fare?

Gli errori si pagano. E Berlusconi sta pagando gli errori commessi nella scelta degli uomini del suo partito. Errori commessi fin dall’inizio della sua discesa in politica, fin dai tempi dei Club di Forza Italia. Errori commessi negli anni successivi, e anche in occasione delle ultime elezioni, sia politiche che amministrative. Ai tempi dei Re e delle aristocrazie guerriere il delitto più grave, punito con la morte, era quello di fellonia, ovvero l’infedeltà, il tradimento: quando combatti e rischi la vita insieme ai tuoi alleati devi essere sicuro che chi si schiera con te non ti pugnali alle spalle, non defezioni facendoti circondare dai tuoi nemici. Questo parametro della fedeltà, fondante per ogni aggregazione politica, è stato troppo spesso ignorato da Berlusconi e dai suoi collaboratori più stretti.

Ho assistito in prima persona, fin dagli esordi di Forza Italia, a scelte troppo spesso sbagliate di coloro che avrebbero dovuto garantire un consenso stabile e un radicamento sul territorio. Troppi residuati bellici del centrosinistra degli anni ‘80, segreterie locali date in mano a certi candidati che alle precedenti comunali avevano preso sì e no 10 voti, la cui unica preoccupazione era di tener lontano dal partito tutti coloro che avrebbero potuto, per maggior competenza e capacità, scalzarli dalla loro misera carica. Liste di candidati compilate da ex amministratori locali già costretti alle dimissioni per essere finiti sui giornali accusati di aver intascato consulenze d’oro. Candidati messi in lista unicamente per ricambiare appoggi di vario tipo da parte di esponenti del giro delle cementificazioni selvagge e dei locali notturni, odiati dal popolo…

Non voglio continuare, perché per me Berlusconi è l’unico politico che c’è in Italia, e spero che continui a stravincere le elezioni e a governare questo Paese fino alla fine dei suoi giorni. Ma quando si è in guerra, quando tutti i giorni si è attaccati dai giudici, dai giornali e dalle televisioni dei cosiddetti poteri forti, delle famiglie padrone della grande industria assistita, dai ceti parassitari e dal politburò che li rappresenta, è vitale non commettere ulteriori errori e stare ben attenti nella scelta dei soggetti di cui ci si circonda. Altrimenti si rischia di fare il male del popolo, di consegnare i ceti produttivi, le famiglie dei lavoratori nelle mani delle famiglie padrone, dei nemici del popolo, dei loro lacchè del politburò, gli specialisti del clientelismo, del tassa e spendi, del voto di scambio, della socializzazione dei costi del consenso, di coloro che vogliono depredare sistematicamente le famiglie dei lavoratori tramite tasse, inflazione, contributi previdenziali obbligatori, debito pubblico.

Chi sono queste famiglie dei poteri forti e i loro lacchè del politburò? C’è un modo semplice per individuarli: sono quei padroni e quei politici, di destra, di centro, di sinistra, che da anni chiedono pervicacemente l’aumento della tassazione su quelle che loro chiamano rendite finanziarie, ma che in realtà sono i risparmi dei ceti produttivi, delle famiglie dei lavoratori. Sono quelli che da anni cercano, tramite un aumento della tassazione, di derubare le famiglie dei lavoratori dei loro risparmi. Perché, per loro, le famiglie dei servi non devono costruirsi, risparmiando e investendo, un proprio patrimonio familiare, che le affranchi dalla loro condizione di asservimento. Per loro, le famiglie dei lavoratori devono rimanere serve e impotenti per l’eternità. Per tali famiglie padrone il blocco della mobilità sociale è il primo obiettivo, per questo vogliono colpire il risparmio dei ceti produttivi, per impedire alle altre famiglie di divenire, per meriti e virtù, nuove elite, nuovi competitor che potrebbero scalzarli da greppie e poltrone. Sono proprio quei padroni e quei loro lacchè politici che non pagano un euro di tasse e imboscano i loro ingenti patrimoni, spesso rubati, in quei paradisi fiscali che, a chiacchiere, dicono di combattere, ma che in realtà vogliono tener riservati solo per loro, escludendone tramite black list e altre vessazioni normative le famiglie del popolo che hanno qualche risparmio.

Questi tentativi di ulteriore blocco della mobilità sociale sono da tenere ben presenti proprio oggi che si parla di riforma fiscale. Mi rendo conto che la gente comune è volutamente tenuta ignorante, non sa nulla della reale strutturazione del potere, di come le famiglie padrone degli Stati usano il fisco per perpetuare l’asservimento dei ceti produttivi. Eppure un fatto che dovrebbe far riflettere anche chi di economia non capisce nulla e si lascia lavare il cervello dai giornali di regime è che l’aumento della tassazione sulle rendite, cioè sui rendimenti del risparmio popolare, era nel programma di rinascita democratica della P2. Oggi è molto chiaro da quale parte questi organizzatissimi ambienti di potentati e di parassiti stanno. Non certo dalla parte del popolo, non certo dalla parte di Berlusconi. Nell’ultimo secolo di riformismo contro il popolo, la pressione fiscale non ha fatto altro che salire, depredando i cittadini, i lavoratori, le famiglie, squilibrando il mercato, distorcendo la libera concorrenza, foraggiando apparati pubblici clientelari, parassiti e vessatori.

Oggi dobbiamo assolutamente invertire tale tendenza, seguendo fedelmente pochi e chiari principi:

- nessuna tassa è mai a favore del popolo, tutte le tasse sono contro il popolo;

- nessuna nuova tassa deve essere creata, nessuna tassa esistente deve essere aumentata, tutte le tasse esistenti devono essere diminuite e/o abolite;

- gli ultraricchi, le famiglie padrone degli Stati, le tasse non le evadono, le riscuotono;

- qualsiasi potente, governante, padrone che imponga una nuova tassa o aumenti una tassa già esistente è un tiranno e un predone, indipendentemente da cosa e chi vada a tassare.

Se Berlusconi vuole veramente essere l’erede di quel Reagan che disse: “Lo Stato non risolve i problemi, lo Stato è il problema”, attui con decisione quel liberismo che garantì a Reagan una valanga di voti e sicure rielezioni. Meno Stato e più mercato, perché lo Stato non siamo noi, lo Stato oggi è uno strumento contro il popolo, in mano alle famiglie padrone. E più mercato, perché il mercato siamo noi, tutti noi.

Berlusconi, alle elezioni politiche ormai prossime, scelga meglio collaboratori e candidati, meno ballerine e più economisti di provata fede liberista.

Nel suo e nel nostro interesse.

Filippo Matteucci



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