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Vaticano: la lobby evoluzionista ha vinto
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«Critica scientifica dell’evoluzione» (A Scientific Critique of Evolution) è il titolo della conferenza tenutasi il 3 novembre alla Sapienza, nell’antifteatro di patologia dell’Umberto I. Negli stessi giorni in cui in Vaticano, Pontificia Accademia delle Scienze, si è tenuto un convegno perfettamente contrario (e a porte chiuse): con la partecipazione di soli scienziati darwinisti, Stephen Hawking, Christian de Duve, Yves Coppens e Luigi Cavalli-Sforza, tra altri, e il cui senso sta nelle parole pronunciate o fatte pronunciare al Papa nel saluto ai congressisti-porta-chiusa: «Creazione ed evoluzione sono compatibili» (1).

«Abbiamo chiesto di partecipare anche noi, ma siamo stati lasciati fuori», sospira il professor Guy Berthault, massimo studioso della formazione di sedimenti geologici. «Eppure ho conosciuto il cardinal Ratzinger, ed era interessato alle voci critiche dell’evoluzionismo. Nel suo libro ‘Verità e Tolleranza’, sostiene che gli argomenti contrari devono essere ascoltati con oggettività, con volontà di ascolto da entrambe le parti». Invece... «Monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, il cancelliere della Pontificia Accademia, mi ha fatto rispondere che quella era una riunione privata».

L’«altra parte» che certe forze attorno al Papa non vogliono sia ascoltata, s’è riunita all’anfiteatro della clinica romana. Attenzione, non sono «creazionisti». Sono cattedratici, biologi, geofisici, genetisti, ciascuno di fama mondiale nel suo campo di ricerca. E non sono nemmeno sostenitori  dell’«intelligent design», ossia della (detestata dai darwinisti) teoria alternativa al neo-darwinismo.

La loro posizione è, appunto, rigorosamente «critica»: smentiscono sperimentalmente certe petizioni di principio, asserzioni non controllate e non confermate, su cui si basa l’evoluzionismo. Quale idea bisogna mettere al posto del darwinismo, non lo dicono: si limitano a dimostrare che la teoria, semplicemente, non regge più di fronte alle nuove scoperte e ricerche.

Il professor Berthault ad esempio (le sue ricerche sono pubblicate dall’Accademia delle Scienze di Francia, e da quella di Russia) ha addirittura creato una scienza, la paleo-idrologia sperimentale.

Tutte le datazioni dei fossili antichissimi, ha spiegato, si basano sulla geologia, e la geologia studia gli strati di rocce e sedimenti sotto-terra: più profondo lo strato, più antichi i fossili che vi contiene. E’ così che i paleontologi possono raccontarci che un dato dinosauro è vecchio di 250 milioni di anni, e un ominide di 800 mila.

«Ma tutta la teoria degli strati si basa sulle tesi di Charles Lyell, un avvocato amico di Darwin e suo contemporaneo: il quale sosteneva che i sedimenti si sono formati per semplice e tranquilla sovrapposizione», dice Berthault: «Questa teoria presuppone che le correnti marine o fluviali non abbiano alcun ruolo nella formazione».

Con esperimenti in grande vasche in varie università americane, Berthault ha dimostrato che sedimenti portati dall’acqua che corre, secondo il peso dei materiali sospesi, e della velocità della corrente, si formano nel giro di ore, non di secoli nè tanto meno di milioni di anni.

«Immagini di mettere in una provetta mercurio, olio ed acqua. Il mercurio va a fondo, ovviamente. Ma non per questo possiamo dire che è lo strato più antico».

La sua critica ha avuto una conferma  anche in natura. Nel 1980, esplode il vulcano St.Helens, nello Stato di Washington; l’eruzione ebbe un andamento tragico e complesso, perchè lava e terra franata finirono nel vicino Lake Spirit, e le acque ribollenti furono proiettate su una collina di fronte, per poi tornare trascinando con sè tanti detriti, da formare un lago nuovo più a monte; lago che poche settimane dopo si svuotò per una rottura dell’argine naturale di detriti. Questa serie di eventi formò in 36 ore un primo strato di depositi, stratificati, del tutto simile a quelli cui i geologi attribuiscono età antichissime; intere «ere geologiche» apparvero in tre settimane.

Ovviamente, forti correnti sono costanti anche nelle profondità marine, provocando dislocazioni immani; antiche maree e emersioni hanno avuto una parte essenziale nella formazione di strati e sedimenti; di tutto questo la teoria geologica, che è ancora quella di Lyell (morto nel 1875, senza saper nulla della deriva dei continenti e dell’idrologia), non tiene alcun conto.

«La geologia si basa su un presupposto sbagliato; le datazioni date dai paleontologi sono mitiche; e imbarazzanti, quando per esempio trovano un teschio umano nello stesso strato, e nelle vicinanze, di ossa di dinosauri».

I paleontologi dovrebbero dedurne che i due reperti vissero da contemporanei milioni di anni fa? Magari, le correnti li hanno trascinati vicini in antiche - o non tanto antiche - alluvioni.

«Oggi agli studenti di geologia si insegna a datare gli strati in base ai fossili che vi si trovano, e a datare i fossili in base agli strati: petizione di principio se ce n’è una».

E allora, il dinosauro che ci vien detto esser vissuto 240 milioni di anni fa, potrebbe essere vissuto 200 anni orsono?

Niente paura: oggi i darwinisti dispongono di «cronometri» precisissimi, basati sul decadimento di isotopi radiattivi reperibili nei terreni o nei fossili. Il tempo di decadimento è noto; dunque, misurandolo, si può stabilire una datazione precisa. Il carbonio 14 per fossili entro i 50 mila anni, il Potassio/Argon per i milioni di anni...

Invece no, ha spiegato Jean de Pontcharra, capo delle ricerche del CEA-LETI (Commissariat de l’Energie Atomique, Laboratoire de Technologie de l’Informatique), fisico con dottorato a Grenoble.

Nel 1980, anche lui è andato a fare ricerche sul Moiunt St. Helen; ha preso campioni di rocce laviche appena eruttate, e li ha fatti datare da diversi laboratori specializzati nel metodo Potassio/Argon, senza dire dove aveva preso i campioni.

Il supposto precisissimo cronometro ha sancito: sono rocce di 900 mila anni fa. Anzi, le datazioni, secondo il tipo di minerale dominante nei campioni, variavano da 900 mila e 2,8 milioni di anni.

«La teoria suppone che all’inizio, la lava contenga solo potassio, e solo col tempo, decadendo il potassio, appaia l’argon; tanto più argon, quanto più è antica la roccia. Ma in realtà, noi non sappiamo quanto argon c’era nella roccia originaria. Nei nostri campioni ce n’era evidentemente troppo. Non sappiamo nemmeno se quell’argon era nella lava ribollente, oppure nei minerali che l’eruzione ha trascinato con sè lungo il camino vulcanico. Di fatto, non sappiamo abbastanza per tarare i presunti cronometri radiologici».

Il professor Pierre Rabischong è il rettore della facoltà di Medicina a Montpellper; pioniere della chirurgia assistita dal computer, da anni si dedica, con i suoi ingegneri e medici, alla concezione di protesi bioniche più avanzate: da una mano artificiale per i monchi, con tutte le funzionalità di una mano naturale, ad apparati auditivi per sordi, all’ambizioso tentativo di restituire la visione ai ciechi con modulati impulsi elettrici e chips elettronici. Per farlo, lui e i suoi tecnici di altissimo livello studiano ovviamente questi apparati naturali, cercando poi di replicarli.

«Ma una mano, un apparato visivo, un orecchio funzionante, sono cose così complicate, che replicarle artificialmente è quasi impossibile. Sono dei veri e propri progetti per la soluzione di problemi; come far udire o vedere in modo stereoscopico, ad esempio? Mica facile; e quelle che scopriamo in natura sono soluzioni geniali, che implicano conoscenze di ingegneria altissime; liste di specifiche almeno pari a quelle che si hanno per la progettazione di un Concorde, ma spesso, con l’uso della nanotecnologia (certi apparati dell’orecchio interno, la coclea, hanno zigrinature regolari di 60 micron per distribuire l’acustica, e tessuti nel fondo di un tipo speciale, per evitare echi fastidiosi), e soprattutto, un attentissimo ‘controllo di qualità’. Non sono ammessi errori. Per noi uomini, questo richiede un laboratorio enorme e molto attrezzato. Ma dov’è il laboratorio in natura? Dove sono i prototipi?».

La visione, ad esempio: abbiamo la capacità di vedere forme, colori e movimento; e due occhi, che ci fanno però vedere un’immagine sola, non sdoppiata, e per di più stereoscopica, in tre dimensioni.

«Sembra facile perchè usiamo ogni giorno di queste facoltà, ma quando ci proviamo in laboratorio, dobbiamo rinunciare; troppo complicato», dice il professore: «ai ciechi riusciamo a far vedere solo fosfemi, lampi luminosi».

E peggio: l’occhio dispone di un punto ad altissima definizione, la macula, a decine di migliaia di pixel; per gli oggetti in movimento, c’è il coordinamento fra il movimento della testa e quello degli occhi.

«Le sembra facile? No, è un processo complicatissimo, che richiede miriadi di controlli continui in tempo reale del servomeccanismo (testa-collo), per cui non basta un computer potentissimo».

L’unico apparato (o quasi) in cui manca il «controllo di qualità» è l’apparato produttore di spermatozoi: semplicemente impossibile anche per il miglior gruppo di tecno-ingegneri, perchè il tubo seminifero del maschio umano - dove si fabbricano gli spermatozoi, alla cui testa (la cellula) viene applicata la coda, come in una fabbrica - ha un diametro di 200 micron (millesimi di millimetro) e una lunghezza di... un chilometro.

«Risultato: il 20% degli spermatozoi in un’eiaculazione sono difettosi. E qual è la soluzione ingegneristica trovata? Compensare la qualità manchevole con la quantità; 220 milioni di spermatozoi per eiaculazione, e ciascuno compete per arrivare all’ovulo; vi arriva solo il più forte e sano, e una volta penetrato, l’ovulo femminile non ne accetta altri. Geniale, geniale».

Non si finirebbe mai di ascoltare il dottore. Come quando spiega perchè tutti gli animali si accoppiano «da dietro», e solo l’uomo generalmente davanti: «Gli animali non hanno bisogno di fantasia, nè di riconoscere individualità nella compagna. Sono, nell’atto, solo rappresentanti della specie».

Nell’uomo, invece, la faccia dell’amata è essenziale.

«E’ come l’olfatto. Esso guida quasi totalmente gli animali. Nell’uomo, l’olfatto non è diminuito come si crede, è usato per cose diverse». Quali?

«La gastronomia, ad esempio». Gastronomia?

«Negli animali non esiste: i carnivori mangiano tutto, carogne o bestie vive, lucertole, insetti, qualunque schifezza, purchè contenga proteine». Ah già, non ci abbiamo mai pensato.

«Come non avrà mai pensato che - secondo i darwinisti - tutta questa ingegneria è avvenuta «per caso». E non solo in un singolo individuo con centinaia di apparati tutti funzionali e d’alta qualità, ma è avvenuto miliardi di volte, per i tre milioni di esseri viventi  conosciuti».

Ci sono state delle mutazioni, dicono gli evoluzionisti.

«Guardi, sa perchè non ci credo? Ammettiamo che in un individuo maschio compaia una mutazione favorevole - cosa peraltro mai constata in natura, dove le mutazioni o sono neutre o sono dannose, anzi letali - che gli sia di vantaggio nell’esistenza. Non basta: occorre  che in una femmina sia apparsa la stessa mutazione, nello stesso tempo, e che i due siano così vicini da potersi incontrare e generale prole».

«Il processo casuale implica la coincidenza di due sequenze indipendenti, ma perfettamente determinate», dice. Pardon?

«Lei cammina per la strada, e le cade un vaso di fiori in testa. Due sequenze indipendenti che, per sua sfortuna, convergono». Non capita spesso.

«Per i darwinisti è capitato migliaia di volte per ciascuno dei tre milioni di specie».

Il professore si prende gioco di quella che chiama «ancestromania», la mania di trovare un «antenato» estinto (ancestor) per qualunque specie vivente, ricerca invariabilmente conclusa con esiti imbarazzanti, ridicole cantonate o addirittura creazioni truffaldine (il celebre Uomo di Piltdown, che qualcuno fabbricò con un cranio umano d’oggi a cui applicò una mandibola di scimpanzè).

Di altri relatori parlerò un’altra volta. Specie del professor Maciej Gierthich, polacco con superlaurea ad Oxford (scienze forestali) e alla Toronto University (fisiologia vegetale) e una terza in genetica, uno fra i più stimati  tudiosi di genetica delle popolazioni, perchè richiede un articolo a parte.

Tanto, questo scoop non ce lo ruberà nessuno: non un solo giornale ha mandato un giornalista ad ascoltare. Così è stato possibile fare un po’ di gossip con gli scienziati sui possibili motivi per cui la Pontificia Accademia gli ha chiuso le porte, facendo entrare solo evoluzionisti.

L’ipotesi più accreditata è stata, alla fine, questa: che i darwinisti, e i loro amici in Vaticano, sperano di strappare al Papa una qualche affermazione a favore della loro teoria, proprio per metterla al riparo dalle critiche dei cosiddetti creazionisti; se sono cattolici, i creazionisti dovranno obbedire al Santo Padre...

Se fosse vero, sarebbe un segno di disperazione e un ridicolo paradosso: gli scientisti  credenti nel «cieco caso» che si rifugiano sotto l’autorità dogmatica per rendersi indiscutibili.




1) «Cardinale Schönborn: nessuna incompatibilità tra evoluzione e creazione - Questioni al centro della Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze - ROMA, lunedì, 3 novembre 2008 (ZENIT.org).- Tra la teoria scientifica dell’evoluzione e l’affermazione cristiana della creazione non esiste incompatibilità. Lo ha affermato venerdì scorso il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna (Austria), durante la Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, che si concluderà questo martedì a Roma. Il porporato, ricorda l’emittente pontificia, ha spiegato che non esiste contrapposizione tra l’evoluzionismo e il credere nella Creazione, quanto un conflitto tra due concezioni diverse dell’uomo e della sua razionalità, tra la visione cristiana e un razionalismo che pretende di ridurre l’uomo alla sua dimensione biologica. Citando diversi interventi del cardinale Ratzinger prima e dopo la sua elezione a Papa, il cardinale Schönborn ha spiegato che "ci sono tante prove scientifiche in favore di un’evoluzione". Ad ogni modo, ha precisato, pur arricchendo la nostra conoscenza della vita, questa teoria non risponde al grande quesito filosofico: "Da dove viene tutto e come il tutto prende un cammino che arriva finalmente all’uomo?". Per questo, si tratta di scoprire "che c’è un’idea che mi precede", che non siamo frutto del caos, ma "siamo pensati", "voluti" e amati da Dio. La nostra grande missione è allora "scoprire questo senso, viverlo e dare così un nuovo elemento alla grande armonia cosmica pensata dal Creatore". Nello stesso senso, il Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, ha spiegato alla "Radio Vaticana" che, lungi dal contraddirsi, la teoria dell’evoluzione è più vicina al racconto biblico della creazione rispetto ad altre ipotesi sull’origine del mondo. "Pensando al fatto che la Bibbia ci presenta Dio che crea il mondo in sette giorni", c’è "un progredire", ha constatato. La teoria dell’evoluzione è quindi molto più vicina a quella degli antichi greci, "che dicevano che il mondo era eterno e ciclico e che tutto girava e girava sempre in modo uguale". La questione non si pone con la teoria dell’evoluzione in sé, ha aggiunto, ma con "filosofie che si rifanno all’evoluzionismo e sono materialistiche e dicono che esiste solo la materia. Ma questa non è scienza, è filosofia". Il cardinale Schoenborn è quello che ha fatto esporre nel museo della cattedrale cattolica di Vienna l’opera di un artista contemporaneo, che ha dipinto l’Ultima Cena come un’orgia omosessuale. Non a caso può dirsi convinto che «non esiste contrapposizione tra l’evoluzionismo e credere nella Creazione»: evidentemente, non ha l’abitudine al ragionare rigoroso. Ignora che l’evoluzionismo esclude la creazione «per principio», sostenendo che tutto il vivente è il risultato di una serie fortunata di caso cieco, e di cieca necessità (le forze dell’ambiente, la soluzione naturale). Cercare di scoprire che «c’è un’idea che mi precede», che «siamo pensati e voluti», è precisamente quel che l’evoluzionismo nega, e che è nato per smentire. Essi non si limitano a dire, come crede monsignor Sorondo, che c’è stata una «evoluzione»; dicono che questa evoluzione è stata casuale azione di forze materiali, e priva di scopo e d’intelligenza.

A leggere certe affermazioni, si resta sgomenti: solo in certe alte sfere cardinalizie si trova una tale mancanza di rigore logico, un tale pressapochismo, una tale infatuata incomprensione delle idee della modernità.


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