25 Luglio 2011
«Sono sempre loro, ci attaccano», strilla subito Fiamma Nirenstein su Il Giornale. E si domanda: «La prima vendetta di Al Qaida dopo la morte di Bin Laden?». Non da meno il Sun, di proprietà di Murdochstein: «L’11 settembre norvegese. Massacro di Al Qaeda». Ma anche nei giornali moderati e oggettivi, i giornalisti esperti di terrorismo (ossia, che hanno seguito corsi in Israele su invito del Mossad) nelle prime ore è stato tutto un esercitarsi sul terrorismo islamico, e sulle ragioni per cui aveva colpito in Norvegia. Poi quando è parso chiaro che era stato il biondo norvegese suprematista bianco, hanno corretto un po’, ma la traccia della tesi preconcetta è rimasta appiccicata agli articoli del 23 luglio.
Anders Behring Breivik
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Ci si vorrebbe fidare nelle indagini della Polizia norvegese. Il fatto è che la detta Polizia norvegese ha condotto, 48 ore prima della tragedia, una esercitazione basata su uno scenario incredibilmente simile a quel che sarebbe avvenuto. Esattamente come le esercitazioni condotte in USA l’11 settembre, e l’esercitazione condotta a Londra il 7 luglio 2005, da una innominata agenzia di sicurezza privata a nome di un innominato cliente, che prevedeva l’esplosione di quattro bombe nei punti, e nei minuti, in cui effettivamente esplosero. Qui sotto il sito che mostra il video della esercitazione della Polizia norvegese:
Tragic Irony Surrounds Oslo Bombing
Insomma, ci dovremo contentare delle risultanze: il solito assassino solitario venuto dal nulla, che ha punito (come voleva Lieberman) essenzialmente il governo e il partito di governo norvegese, appoggiatore delle aspirazioni della Palestina a farsi Stato, contrario al blocco di Gaza, e boicottatore del business israeliano. Ha proprio ragione Liebernan: l’atteggiamento norvegese «promuove l’antisemitismo».
Nel caso di Breivik, l’antisemitismo anti-arabo. Fatto notevole ed istruttivo, lo sdegno mediatico corale, in qualche modo si acquieta. La strage è orrenda, ma non sono stati gli islamici; è un fatto sciagurato, ma riconducibile alla psicopatologia individuale, al più ad un male nero che cova nella civile Norvegia, tipicamente norvegese; un male già diagnosticato da noti scrittori e sociologhi.
L’allevamento, formazione e preparazione di assassini solitari venuti dal nulla è uno dei segreti del mestiere meglio protetto dai servizi, e non siamo in grado di dirne nulla. Una società iper-politicamente corretta, super-autocontrollata e super-conformista come la scandinava può ben produrre le sue schegge impazzite. Il punto è come si carica una scheggia impazzita psicopatica fino ad indurlo all’azione diretta, come lo si arma, come lo si istruisce a farsi pedina di un gioco eterodiretto.
Forse qualche idea potrebbe venire da indagini sulla loggia massonica San Giovanni Olaus dei tre pilastri di cui il giovanotto faceva parte, e da cui può aver avuto la formazione necessaria. Forse potrebbe venire qualche indizio, se si conoscesse l’identità di quel Fjordman, che merita una voce di Wikipedia. Fjordman è definito «un anonimo blogger norvegese», di estrema destra e suprematista bianco, che ha un notevole successo (un milione di contatti) nel Nord, in quanto si scaglia contro il pericolo islamico: l’Europa sta per diventare Eurabia, l’Islam minaccia la nostra civiltà (notare, «la civiltà giudaico-cristiana») il multiculturalismo ha fallito e i bianchi sono masochisti a promuoverlo, e tutti gli altri moduli della propaganda israeliana che ben conosciamo, da noi diffusa da Fiamma. (http://en.wikipedia.org/wiki/Fjordman)
Il fatto è che il nazista Fjordman si produce volentieri in saggi e interventi con titoli come «La lotta di Israele è la nostra lotta». (Why Europeans Should Support Israel) e «Perchè l’Europa deve sostenere Israele». Insomma, ad ogni riga l’anonimo neonazista Fjordman si dimostra soprattutto devoto ad Israele e alla sua causa. (The “Fjordman” Project)
E non è il solo. Anzi da qualche tempo si nota un revival di gruppuscoli di estrema destra che diventano gruppi grossi ed hanno successi elettorali, e che nei loro raduni sventolano la bandiera bianco-azzurra con la stella di David, anzichè lo stendardo con la svastica: tipico il caso del partito olandese di Geert Wilders.
Può trattarsi di un processo spontaneo – movimenti nazistoidi che diventano filo-ebrei – ma può anche essere, perchè no?, il risultato di finanziamenti finalmente importanti che giungono a questi ex-gruppuscoli, di media finalmente non ostili, e di una capacità di organizzare questi sparsi gruppuscoli in tutta Europa – capacità veramente inedita, e poco credibile che nasca autoctonamente dai neonazi, almeno da quelli che abbiamo conosciuto: tendenti piuttosto al frazionismo corpuscolare che alle alleanze.
Eppure una mezza dozzina di questi gruppi (coi loro giornali e blogger) ha tenuto una giornata di conferenze e di eventi congiunti al Parlamento Europeo – al Parlamento Europeo, mica niente – dal titolo Counterjihad Brussels 2007. Testi, materiale video e persino progetti di legge anti-arabi sono stati prodotti a quella conferenza da Fjordman e da molti altri elementi rispettabili, come David Littman, storico ebreo-britannico militante (a suo tempo operò come agente clandestino del Mossad per evacuare ebrei dal Marocco, sotto la copertura dell’Agenzia Ebraica; oggi si scaglia contro «l’antisemitismo dell’ONU») Bart Debie, un dirigente di Polizia belga, dirigente del partito di estrema destra Vlaams (lui è specializzato in manifestazioni contro moschee) Philip Claeys, parlamentare del Vlaams, Baron Bodissey, un altro pseudonimo molto attivo nell’anti-islamismo filo israeliano. (http://gatesofvienna.com)
E soprattutto, il Brussels Journal, un sito ricco di mezzi con idee israeliane di estrema destra da instillare in Europa, che sembra il centro organizzatore di tutto il rassemblement. (Why Israel's Struggle Is Our Struggle, Too)
Breivik era un lettore appassionato di Fjordman, e come lui insieme razzista, nazista modo suo (a favore dei gay) e filo-israeliano. Anche lui dichiarava di lottare per l’Europa «giudaico cristiana», e si rallegrava che «la nuova destra conservatrice europea» stava attivamente tramutandosi in un’alleanza pro-Israele e anti-Jihad.
Chissà che questo radunarsi e collegarsi di gruppuscoli delle destre marginali, divenute filo-giudee, non sia dovuto, in qualche misura, all’opera indefessa della IJCP, l’International Consultation of Jewish Parlamentarians. Sono parlamentari ebrei di 22 Paesi, che il 27 giugno si sono riuniti a Gerusalemme, con i loro colleghi della Knesset, per «sviluppare strategie comuni per difendere gli interessi di Israele in Europa e USA».
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