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Profeti e profezie
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Prima e al di là di ogni aspettativa! Obama, il profeta, è avvisato: se davvero vuole la pace, prepari la guerra. Puntuale, come un avvertimento occulto, è arrivato il primo messaggio alla «nuova» diplomazia americana, casomai avesse davvero l’intenzione di fondere la spada per forgiarla in aratro. Il «nemico» è sempre lì e casomai qualcuno osasse davvero pensare ad un mondo multilaterale, deve saper che non c’è posto per i sogni ad occhi aperti.

Oggi è l’India a leccarsi le ferite e potrebbe essere l’India la frontiera da rendere incandescente per contrastare un assetto diverso nel «cuore del mondo». L’Islam, sempre lui, ha colpito di nuovo: già l’Islam, la terribile Al-Quaeda, ha sferrato di nuovo l’attacco.

Peccato che alcuni fotogrammi delle immagini diffuse dalla televisione indiana, nelle quali si vedono, a volto scoperto, alcuni dei partecipanti all’assalto armato agli alberghi di Mumbai, nei quali sono rimaste uccise centinaia persone, in buona parte occidentali, hanno messo alla luce un piccolo giallo: il terrorista inquadrato porta, al polso destro, un bracciale sacro, che viene indossato dagli estremisti indù, contraddicendo le ipotesi, e le rivendicazioni, che indirizzano verso una matrice musulmana. Chissà se davvero chi ne ha armato la mano sia seguace del Vedanta o di «altri» testi sacri.

Ma in fondo questo poco importa. Milioni di indù, mentre nei mesi scorsi si allenavano contro i cristiani, ora sono lì, pronti ad essere fanatizzati e scagliati contro un nemico storico: il Pakistan islamico.

Obama, il profeta, l’aveva promesso. Via dall’Iraq. La frontiera è di nuovo l’Afghanistan. Si riprende da dove Bush, cioè i rivoluzionari «trotzkysti» che l’hanno ispirato, aveva iniziato.

Dopo l’assassinio della Buttho il Pakistan è una polveriera pronta ad esplodere, l’Afghanistan potrebbe esserne il detonatore. L’India, «stimolata» a dovere, potrebbe divenire un ottimo ariete nella regione per la pace di Obama, l’unica in grado con la sua potenza nucleare ad un passo dal «cuore del mondo» di incendiare il centro dell’Asia, dopo che l’innesco georgiano ha fallito l’obiettivo.

A Mumbai, l’antica Bombay, ci sono centinaia di cadaveri e qualche centinaio di feriti da vendicare.
Non mancheranno i mestatori di popolo, debitamente aizzati e sovvenzionati dai noti «signori della guerra globale». Dopotutto è stata o no la guerra l’unica soluzione capace di spingere il mondo fuori della crisi del ‘29?

Il campo di battaglia europeo è gia stato devastato, l’Asia non ancora, non del tutto. La «profezia» ha trovato il suo luogo? Bush era stato solo il Precursore; Obama ne sarà il Messia? Saprà qualcuno sbarrarle la strada? Temo di no.

Non c’è solo Obama che profetizza di questi tempi e non c’è solo lui che immagina prossima l’età finale dello Spirito Santo. Non c’è solo lui che richiama l’eresia di Gioacchino da Fiore; qui gli spiritati sono molti, troppi. In fondo, la politica, per quanto importante, non è tutto.

Il cuore del problema non è il mondo, ma la Chiesa. Lo dico con preoccupazione e senza mancare di rispetto per coloro che della devozione allo Spirito Santo fanno un cardine autentico della Fede (come deve essere per ogni cattolico!), ma i «parabolici», coloro che credono di captare messaggi, di agire mossi dal soffio dello Spirito e di essere investiti del compito di sospingere la Chiesa riluttante verso un pieno compimento di se stessa, abbattendone la Santa Tradizione, sono una valanga e purtroppo in crescita.

Dovremmo, nel trattare con gli «pneumatici» (da pneuma, cioè soffio, spirito in lingua greca),
imparare dai rabbini, che al sorgere di ogni nuovo Messia per principio dicevano no. Infatti lo dicevamo fino a qualche decennio fa! Poi il vento americano, pentecostale, presbiteriano, evangelicante, è penetrato nella Chiesa cattolica e da allora se ne sono viste a bizzeffe: spuntano profeti, proliferano i veggenti, dilagano i sentimenti, esondano i sensitivi, temo non adeguatamente bilanciati dai sedativi.

Durante il pontificato woityliano, qualche porporato il fenomeno carismatico l’ha incoraggiato, come molte cose, lasciate deliberatamente «in libertà» ed usate come mezzo che avrebbe accelerato il cambiamento e sradicato la Chiesa dalla propria Tradizione, per avvicinarla «ecumenicamente» alle altre chiese cristiane protestanti. L’«evento pneumatico», poi, è andato talvolta catastroficamente e provvidenzialmente fuoristrada.

Della pericolosità del fenomeno se ne sono resi allora conto in molti, solitamente affetti da «letargismo ecclesiale» e che di solito si svegliano alla realtà dopo stagioni ininterrotte a combattere spiritualmente solo con le proprie oniriche debolezze: è ciò che è accaduto dopo l’esito grottesco, amaro e da avanspettacolo del «vescovo-‘esorcista’-showman» Milingo, fino a qualche mese prima indicato da qualcuno perfino come papabile. Ben gli sta, specie a chi in questi anni si era impegnato a sostituire San Tommaso con le teologie contestuali.

Ora - dicevamo - non c’è solo Obama che richiama l’eresia di Gioacchino da Fiore. C’anche qualcuno all’interno della Chiesa.

Infatti, bonario e sorridente, si aggira per la Curia romana e predica pure gli esercizi spirituali al Papa un frate francescano dal sorriso di marmo, dai modi raffinati, dall’eloquio sottile, imbevuto delle stesse idee di Gioacchino da Fiore.

Padre Raniero Cantalamessa, stando a quanto scrive Sandro Magister, condividerebbe fin dal 2002 ed oggi impunemente sotto gli occhi di Benedetto XVI la medesima visione «triteista» dell’eretico frate calabrese: «La storia sacra ha tre fasi. Nella prima, l´Antico Testamento, si è rivelato il Padre.

Nella seconda, il Nuovo Testamento, si è rivelato il Cristo. Ora siamo nella terza fase, quando lo Spirito Santo brilla in tutta la sua luce e anima l´esperienza della Chiesa. Proprio questo, infatti, Gioacchino profetizzò: la venuta di una terza e ultima età del mondo, quella dello Spirito Santo. Con una nuova Chiesa tutta spirituale, tollerante, libera, ecumenica. Che prende il posto della vecchia Chiesa dogmatica, gerarchica, troppo materiale».

Nella Chiesa presente poi, ove coesiste oramai tutto ed il suo contrario, all’approssimarsi dell’VIII centenario della morte dell’Abate Gioacchino, il 25 giugno 2001 l’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano ne ha iniziato nuovamente l’iter per la canonizzazione. Ad oggi risulta conclusa la fase diocesana.

Ciò è preoccupante, molto di più delle guerre e del «mondo a venire».

La Chiesa è - purtroppo - dialetticamente divenuta il tutto, accoglie tesi e antitesi in nome del dialogo e della pace. Ciò sembra valere anche per la vicenda del povero frate calabrese.

Mi consola l’ipotesi che egli possa essere elevato all’onore degli altari non già per le sue strampalate teorie, ma per il fatto che nel 1215 il Concilio Lateranense IV, pur  condannando una sua opinione relativa al teologo Pietro Lombardo, salvaguardò la persona di Gioacchino, perché egli aveva ribadito più volte la sua adesione alla dottrina cattolica e aveva chiesto d’essere corretto dai suoi confratelli o dalla Chiesa stessa, ordinando che tutti i suoi scritti venissero sottoposti al vaglio della Santa Sede e dichiarando di ritenere validi solo quelli che la Chiesa stessa avrebbe approvato.
Probabilmente la sua umiltà fece sì che subito dopo la sua morte, la vox populi lo proclamasse santo e che pure Dante Alighieri lo collocasse fra i beati sapienti: «E lucemi da lato/il calabrese abate Gioacchino/di spirito profetico dotato» (Paradiso XII).

E’ vero poi che egli è presentato col titolo di beato negli Acta Sanctorum compilati e pubblicati dai Gesuiti Bollandisti nel 1688, nonché in dizionari ed enciclopedie varie.

Spero dunque che, se Gioacchino verrà elevato all’onore degli altari (ciò significherebbe «santificare la sua eresia»), la motivazione possa essere solo il fatto che - al contrario di certi moderni teologi - era un uomo umile, se è vero che ripetutamente aveva chiesto di essere corretto nei suoi errori e se il papa Onorio III con una bolla del 1220 (quindi dopo la condanna del Concilio Lateranense IV) lo dichiarò perfettamente cattolico e ordinò che questa sua sentenza fosse divulgata nelle chiese.

Ma ciò non toglie che la sua idea della tripartizione della Storia, implicante una visione «triteista», sia eretica e che essa ponesse in discussione non solo l’ordine tradizionale della Chiesa, ma anche quello del saeculum.

Argomentando - contro Gioacchino - che gli unici «due ordini» possibili sono quello dell’Antico e del Nuovo testamento, escludendo la possibilità di un terzo ordine, ed anzi accentuandone il carattere extrastorico ed escatologico, la Chiesa semplicemente negava che la Resurrezione finale fosse una categoria storico-teologica.

Per Gioacchino, infatti, che prende a modello della vita della Chiesa storica la nascita, la morte e la resurrezione di Gesù, anche la Chiesa deve nascere, morire e risorgere. Ma ammettere regressi da uno stadio più perfetto (quello della nascita) ad uno meno perfetto è contrario alla natura del processo storico, se riferita alla Verità della Chiesa.

L’intelligentia spiritualis, che fu privilegio dell’epoca apostolica e che per Gioacchino deve compiersi invece nell’età dello Spirito, con la plenitudo intellectus, è in contrasto con l’idea stessa che la Chiesa, fondata da Cristo, sopravviva a tutte le innovazioni illegittime fino alla sua venuta: solo questo eschàton trascendente limita la storia della Chiesa.

Il dogma cristiano da Agostino a Tommaso aveva escluso di principio una interpretazione  storica delle cose ultime. La perfezione mai nella dottrina cattolica è stata legata ad una particolare età, la verità mai era rivelata in una successione di ordini, ma in ogni evento singolo. Mai la Chiesa ha atteso l’età dello Spirito Santo, semmai la fine del mondo.

Certo Gioacchino concorda con l’affermazione nihil stabile super terram: ma mentre questo per la dottrina cattolica significa la transitorietà delle cose mondane, per Gioacchino vuol dire che tutto è sottoposto ad un mutamento, anche la Chiesa e la sua dottrina. Come ebbe a dire Grundmann il pensiero di Gioacchino è uno storicismo teologico.

L’entusiasmo gioachimita dei francescani spirituali ebbe per fortuna vita breve, anche perché il 1260, anno indicato come quello che avrebbe dovuto manifestare l’avvento della nuova Età vide come unico fatto storico di rilievo la battaglia di Montaperti: un po’ poco perché fosse lo Spirito Santo in persona ad essersi scomodato.

Esattamente come per Lutero, la sua intenzione di desecolarizzare la Chiesa si mutò nella secolarizzazione del mondo: l’attesa di Gioacchino, come quella del Messia giudaico, poteva promuovere l’austerità della vita spirituale, ma anche incoraggiare lo sviluppo di nuove realizzazioni storiche e questo fu di fatto l’esito tardo della sua Profezia di un «Terzo Testamento», quello dello Spirito.

Cinque secoli più tardi un «clero filosofico» interpretò che la realizzazione «spirituale» del regno di Dio in terra dovesse passare attraverso un processo di secolarizzazione e scristianizzazione. Quel pensiero progressivo che vide il passare del testimone da Lessing a Fiche, da Schelling a Hegel, trovò il proprio compimento nel pensiero positivista e materialistico di Comte e Marx: l’«età dell’Ordine e Progresso» del primo, funzionale al materialismo capitalista, troverà nel «Regno della libertà» comunista l’utopia con cui infiammare gli animi per la rivoluzione proletaria.

Senza troppa fantasia questo in fondo è il medesimo paradigma di Nietzsche e delle sue «tre metamorfosi», rappresentate dalle figure allegoriche del cammello («tu devi», cioè la legge Biblica), del leone («io voglio», la parziale libertà della modernità), del fanciullo cosmico («io sono», l’età della libertà futura in cui è risolta la necessità di un’esistenza riconciliatasi con Dio e quindi col mondo).

Contro l’intento forse di Gioacchino, che da buon cristiano chiedeva sempre di essere corretto, la storia realizzò proprio le sue profezie: il «regno della Libertà» della Terza Internazionale, il Terzo Reich millenario ed oggi il Nuovo Ordine mondiale.

Mai la Chiesa, pure costretta a vivere nella storia, ha benedetto queste «escatologie mondane», denunciandone anzitempo errori ed orrori: la temperie della battaglia antimodernista aveva reso acuta ed attenta la vista della Sposa del Cristo.

Oggi inquietanti seguaci della teoria gioachimita si aggirano impuniti per le stanze vaticane. E non è solo il predicatore del Papa…

(segue)

Domenico Savino



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