31 Agosto 2011
La guerra italo-turca o di Libia (1911)
Enver Bey
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La guerra italo-turca accese, o meglio riaccese, il fuoco che covava sotto la cenere in quella regione europea, che era ancora in parte, dall’Albania a Istanbul, dominio ottomano ma nella quale, nel corso del XIX secolo, erano sorti, strappando l’indipendenza alla sublime porta, diversi piccoli ed bellicosi Stati nazionali, da quello greco a quello bulgaro, da quello rumeno a quello serbo ed a quello montenegrino.
Ciascuno di questi Stati era parte del sistema di alleanze europee e cercava di sfruttarlo al meglio al fine di allargare i propri confini a danno dell’impero ottomano ma anche degli altri Stati della regione balcanica: alleati, certo, ma altresì concorrenti nell’ipotesi di una spartizione delle spoglie europee dell’antico impero turco.
Nel 1908, oltretutto, l’Austria-Ungheria aveva occupato la Bosnia-Erzegovina, sulla quale in precedenza esercitava solo il proprio alto protettorato. Si trattava di una regione povera ma, dal momento che i suoi abitanti erano in maggioranza serbo-croati, l’annessione apparve agli slavi balcanici un colpo di mano dell’elemento magiaro-tedesco dell’Impero ai danni delle aspirazioni nazionali degli slavi del sud, i quali nel frattempo avevano iniziato ad auspicare un proprio Stato degli slavi del sud o Jugoslavia (un progetto, del resto, di non facile realizzazione – come gli eventi successivi dimostrarono – a causa delle rivalità storiche tra serbi e croati, che solo mediante un potere centralizzatore, monarchico prima e titino poi, fu possibile temporaneamente concretizzare, per poi però dissolversi non appena tale potere cessò di operare).
Come più volte abbiamo rilevato, l’Austria-Ungheria aveva da decenni avviato delicate riforme interne che, mediante il processo di confederalizzazione in atto, avrebbero portato alla parità giuridica di tutte le sue componenti nazionali, compresa quella slava. Già si parlava, infatti, di Triplice Monarchia. Il principe ereditario, Francesco Ferdinando, che nel 1914 sarà assassinato a Sarajevo, era il riferimento politico, a corte, dei confederalisti favorevoli alla parificazione anche dell’elemento slavo. Sicché l’attentato di Sarajevo, colpendo proprio colui che avrebbe potuto risolvere le tensioni interne all’Impero ma anche riportare il sereno nei Balcani, cadde a proposito per gli obiettivi dei nazionalisti slavi e di chi era alle loro spalle.
L’intervento austro-ungarico nei Balcani non poteva, naturalmente, piacere alla Russia, date le sue mire espansioniste nella regione ed il suo appoggio a serbi e a bulgari. Fu, in particolare, la Serbia, forte della protezione anglo-franco-russa, ad assumere nei Balcani il ruolo di Stato-guida dell’irredentismo slavo. Un ruolo egemonico che essa non ha mai, poi, deposto, fino agli anni novanta, quando, però, con Milosevic, tale ruolo si è colorato di anti-occidentalismo e quindi ha assunto, nell’alleanza con la Russia di Putin, un diverso carattere rispetto a quello, tutto sommato, filo-occidentale che aveva nel primo quindicennio del XX secolo.
Ma, nei Balcani, anche la Grecia e la Bulgaria miravano ad un ruolo egemonico. Mentre la Romania era piuttosto interessata a contenere l’espansionismo russo in considerazione del fatto che alla comunanza religiosa ortodossa non corrispondeva però anche una affinità storico-culturale. Sotto questo profilo Bucarest era piuttosto portata a guardare verso il mondo latino.
Vi era, infine, il problema dell’Albania, ancora dominio ottomano ma sulla quale non nascondevano le proprie mire sia la Grecia che la Serbia ed il Montenegro.
In questo ginepraio, l’Italia, nonostante l’alleanza con l’Austria, aveva stretto rapporti diplomatici e politici con la Serbia, dal momento che l’elemento croato, per motivi religiosi, era prevalentemente fedele agli Asburgo e, per motivi storici e nazionali, contendeva al nostro Paese i confini orientali e le pretese sulla Dalmazia.
La debolezza dimostrata dalla sublime porta, nel corso della guerra con l’Italia, convinse gli Stati balcanici a muovere guerra alla Turchia nell’intento di occuparne e di spartirsi i suoi residui territori europei.
Serbia e Bulgaria il 13 marzo e Grecia e Bulgaria il 29 maggio 1912 strinsero tra loro un’alleanza con uno scopo ufficiale di carattere difensivo ma con la segreta riserva di strappare alla sublime porta la Macedonia, che sarebbe passata alla Bulgaria, e l’Albania, che sarebbe stata divisa tra Grecia, Montenegro e Serbia.
Nonostante gli sforzi delle cancellerie europee, tutte interessate, per motivi diversi, a mantenere lo status quo balcanico, almeno in quel momento, la guerra scoppiò nell’autunno del 1912, quando quella con l’Italia era ancora in corso. La dichiarazione di guerra della Bulgaria alla Turchia, cui seguirono quelle degli altri Stati balcanici nel giro di pochi giorni, è del 16 ottobre, ossia due giorni prima del definitivo accordo di pace italo-turco, il quale, anzi, fu accelerato dall’aprirsi del conflitto balcanico.
La guerra balcanica minacciava di scatenare un conflitto europeo. La Russia non poteva permettere che la Bulgaria conquistasse Costantinopoli (e nel corso delle operazioni militari ci era quasi riuscita), l’Austria temeva l’ingrandimento della Serbia a danno dell’Albania, l’Italia non guardava affatto con simpatia all’eventualità di un’occupazione greco-serbo-montenegrina dell’Albania sulla quale da tempo aveva posto una propria ipoteca coloniale e che, infatti, avrebbe occupato più tardi nel 1939.
Le operazioni militari per la Turchia apparvero subito sfavorevoli su tutti i fronti balcanici.
Anche per scongiurare l’allargamento europeo del conflitto balcanico, fu indetta una conferenza di pace a Londra. Ma le trattative andavano per le lunghe tra l’assurdità delle pretese degli Stati balcanici, che si atteggiavano a grandi potenze regionali, e le resistenze turche, motivate dalla necessità di salvare non solo la faccia ma anche per quanto possibile parte dei territori europei.
La Turchia stava per cedere, quando si profilò l’ipotesi, non gradita da greci, serbi e montenegrini, di un’Albania indipendente e di un arbitrato delle potenze europee per stabilire i confini europei della sublime porta. Fu, però, in questo momento che il partito dei Giovani Turchi, approfittando della debolezza del sultano, rioccupò il potere, con un colpo di mano, e dichiarò la volontà del nuovo governo di continuare la guerra.
Le nuove operazioni militari non furono più fortunate per la Turchia che vide avanzare ulteriormente, sui propri territori europei, gli eserciti degli Stati nemici.
Nel frattempo una conferenza di notabili albanesi dichiarò l’indipendenza dell’Albania. Una indipendenza garantita dalle potenze europee che inscenarono anche una dimostrazione navale nelle acqua antistanti il Paese allo scopo di far comprendere a serbi, greci e montenegrini che nessuna loro aspirazione sull’Albania sarebbe stata ratificata.
Il 30 maggio 1912 a Londra fu firmato un trattato tra Grecia, Serbia, Bulgaria e Montenegro, da un parte, e Turchia dall’altra, con il quale la sublime porta cedeva agli Stati balcanici tutto il territorio europeo, tranne Istanbul e l’Albania. I confini ed il regolamento politico di quest’ultima venivano rimessi all’arbitrato europeo. La Turchia inoltre cedeva l’isola di Candia (Creta) e delegava ad un arbitrato internazionale la sorte delle isole egee e del Monte Athos.
Questo esito non lasciò affatto soddisfatti gli alleati balcanici, che vedevano ciascuno disattese molte delle proprie aspirazioni. In particolare era la Bulgaria ad essere stata maggiormente penalizzata nelle sue pretese. Infatti la Macedonia, cui essa aspirava, fu in gran parte assegnata alla Serbia a compensazione dei territori albanesi che non le erano stati ceduti.
L’opposizione bulgara all’accordo di pace mise greci, serbi e montenegrini in allerta nei confronti della ex alleata. La Bulgaria, nonostante un tentativo di mediazione russo, dichiarò guerra a Grecia, Serbia e Montenegro il 29 giugno 1913. Scoppiava così la seconda guerra balcanica. Il re bulgaro, un soggetto affetto da vera megalomania, credeva che sarebbe riuscito a sconfiggere facilmente gli ex alleati. Invece, dopo un primo momento favorevole, le operazioni militari apparvero subito disastrose per la Bulgaria, la quale fu aggredita a nord anche dalla Romania che riuscì ad annettersi la Dobrugia. In soccorso della Bulgaria rientrò nello scenario di guerra la Turchia, che riconquistò Adrianopoli, e stabilì con l’ex nemica un’alleanza che sarebbe rimasta in vigore anche negli anni successivi. La Bulgaria, in tal modo, entrò a far parte del sistema di alleanze degli imperi centrali (Germania, Austria, e Turchia), con i quali combatté la Prima Guerra Mondiale, proprio mentre l’Italia si stava sempre più allontanando da tale alleanza.
La seconda guerra balcanica durò appena un mese ed il 10 agosto 1913 a Bucarest fu firmata la pace, che modificava profondamente la carta geopolitica dei Balcani, senza però davvero soddisfare l’ingordigia nazionalista di nessuno dei contendenti.
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