Bolivia: Lubavicher arrestati per complotto
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Il 16 aprile scorso, il presidente boliviano Evo Morales (notoriamente vicino al venezuelano Chavez) denunciò un complotto - sventato - contro la sua persona. La polizia aveva effettivamente ucciso in uno scontro a fuoco tre stranieri che, a suo dire, preparavano l’assassinio: l’ebreo-ungherese Eduardo Rosza-Flores, l’irlandese ventiquattrenne Michael Dwyer, di mestiere guardia del corpo, e un romeno della minoranza ungherese, Arpad Magyarosi (probabilmente un altro nome ebraico).


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Eduardo Rosza-Flores con l'irlandese Michael Dwyer


La stampa occidentale ha ridicolizzato l’evento come un’invenzione di Morales, che il 9 dicembre prossimo affronterà difficili elezioni. Ma evidentemente la polizia boliviana ha continuato le indagini, con un sensazionale seguito, raccontato dall’agenzia israeliana Ynet:

«La polizia boliviana ha fatto ripetutamente incursione nel centro Chabad (Lubavitcher) situato nella cittadina di Rurrenabarque nel nord-est, ed arrestato un numero imprecisato di “turisti” israeliani che avevano preso alloggio lì. Uno dei “turisti” è stato portato all’aeroporto ammanettato ed espulso dal Paese. Gli altri sono ancora in arresto».



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Non viene detto molto di più, l’agenzia ebraica collega il fatto con il tentato assasinio di Morales. E dice che la sede dei Lubavitcher a Rurrenabarque era un tipico ostello che ospitava giovani autostoppisti e viaggiatori israeliani con lo zaino sulle spalle, tutti «turisti» in cerca di avventura nelle giungle.

Il particolare è interessante, se si ricorda che l’attentato di Mumbai del novembre 2008, dove  terroristi «stranieri» di aspetto e vestiario occidentale, freddi professionisti, mitragliarono la gente al caffè dell’Oberoy, vide coinvolta anche la «casa» dei Lubavitcher di Bombay, sorta di ostello della gioventù con un viavai di «turisti» israeliani giovani e appena usciti dal servizio militare. Si disse allora che alcuni dei terroristi avevano abitato nell’ostello dei Chabad, e anzi che avevano diretto le fasi dell’attentato da quella sede. I due gestori dell’ostello, un giovane rabbino e sua moglie, furono trovati massacrati, al punto di essere resi  irriconoscibili.

bolivian_assassin_3.jpgPer di più, il vostro modesto cronista Blondet ha conosciuto uno dei tre uccisi dai boliviani, Eduardo Flores-Rosza. Durante l’aggressione serba alla Croazia nel ‘91. Allora, Eduardo si presentava come giornalista, inviato di La Vanguardia, il giornale di Barcellona, e insieme corrispondente della BBC in spagnolo. Un giornalista simpatico, molto spericolato, anticomunista, incredibile poliglotta (parlava italiano senza accento, ungherese, serbo-croato, francese...). Per un po’ facemmo coppia, scorrazzando per la Croazia con una Volkswagen serba che avevamo noleggiato insieme per dividere le spese, davanti ai tank serbi in avanzata, visitando villaggi devastati dopo il loro passaggio, una volta restando bloccati sotto il fuoco di mitragliatrici pesanti  in una cantina insieme a volontari croati pallidi e praticamente disarmati. Eduardo era molto professionale ma non nel senso giornalistico del termine; per esempio sapeva guidare l’auto in zona di mine, velocissimo e pronto a schivare tutti gli oggetti sospetti sulla strada, come nessun giornalista sapeva fare.

Lo ritrovai parecchi mesi dopo, quando mi spinsi ad Osjek, a nord in Slavonia, sulla Drava. Ma Eduardo Flores-Rosza non era più un giornalista: in uniforme nera della milizia croata (piuttosto ustascia) che difendeva la città, con un kalashnikov e parecchi caricatori alla cintura. Ci abbracciammo. Mi annunciò di essere passato da testimone a combattente: il primo volontario di una legione internazionale che intendeva creare. I serbi stavano sull’altra sponda del fiume e sottoponevano la città a continui tiri d’artiglieria. Da qualcosa che mi disse, mi resi conto che era stato addestrato nell’armata israeliana. Lo lasciai mentre faceva scavare ai militi croati  dei camminamenti a trincea sulla piazza principale di Osjiek.



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In this Nov. 1991 photo, Eduardo Rozsa Flores, a former journalist who became the commander of the first international brigade fighting with the Croats, top left, is seen in Bresce, Croatia



Ho saputo poi che era stato fatto comandante delle forze speciali, e aveva raggiunto il grado di colonnello, partecipando a notevoli combattimenti nella piatta Slavonia. L’uomo forte di Zagabria Tudjiman gli aveva conferito la cittadinanza croata.

Però alcuni giornali zagabresi parlarono di una strana sporca storia: Eduardo sarebbe stato il mandante dell’omicidio di uno svizzero, Christian Wurtemberg (un membro della sua brigata internazionale che credo non raggiungesse mai la ventina di individui, o forse la decina) e di un fotografo inglese, Paul Jenks. Avevo ancora il suo cellulare e lo chiamai: asciutto, distante, mi disse che i due erano spie, non mi disse che li aveva ammazzati lui. La cosa non mi sembrò improbabile. L’accusa svanì, come tutte simili accuse nella guerra dei Balcani di allora.

bolivian_assassin.jpgOra apprendo che era d’origine boliviana e non spagnola come aveva raccontato. E che nel settembre 2008 aveva rilasciato un’intervista alla TV ungherese annunciando che stava andando in Bolivia,  su richieste di «gente di là», che gli aveva chiesto di aiutarli a mettere insieme una milizia di autodifesa a Santa Cruz, città dove la dirigenza è ostile a Morales. Chiese che l’intervista non venisse resa pubblica finchè non fosse tornato, o «se mi succede qualcosa laggiù».

L’intervista è stata mandata in onda il 21 aprile 2009. Mi spiace che sia  morto.



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