Piero Vassallo 30 Agosto 2009
Il basso esito dell’angelica spocchia (il motore immobile del dossettismo)
Preambolo
al cattocomunismo
è la tesi di Giuseppe Dossetti sulla mistica
chiamata al potere degli intellettuali (banditori carismatici, li
definì Pio
XII) radunati nelle redazioni delle riviste Cronache sociali e Terza
generazione. Abbagliato dalle devastanti elucubrazioni di Lèon Bloy e
di
Jacques Maritain intorno all’impeto rivoluzionario generato dallo
Spirito
Santo, Dossetti, nel sostegno prestato dai cattolici al giustizialismo
del
compagno Stalin, contemplava la nobile missione demiurgica, assegnata
dagli
angeli ad una comunità di asceti illuminati e purissimi, dunque capaci
di collaborare con la sinistra senza farsi corrompere dal desiderio dei
vantaggi materiali promessi dai costruttori del “paradiso in terra”.
Per
misurare l’intensità del fumoso delirio a monte della teologia cattocomunista,
occorre rammentare che, nel saggio Dagli
ebrei la salvezza, l’ispiratore di Maritain, il forsennato Léon Bloy, dopo
aver descritto la rivoluzione quale causa d’ogni scellerata devianza, ne
attribuiva la paternità ai disegni dello Spirito Santo. Secondo la blasfema
farneticazione di Bloy, il figlio prodigo era nientemeno che la
rappresentazione dello Spirito Santo, vagabondo, dissipato e corruttore (a
quanti si ostinano a presumere la distanza di Maritain dalla follia di Bloy non
è inutile rammentare che Dagli ebrei la
salvezza fu pubblicato per la prima volta a spese degli infatuati Jacques e
Raïssa Maritain).
Ora non c’è dubbio che Bloy, proponendo una capovolta teologia, abbia tentato di porre la sua disordinata e oscena esistenza privata sopra il piedistallo costituito dal demenziale rifacimento della dottrina sul bene e sul male. Essendo stata la vita di Dossetti, invece, casta e spiritualmente severa, si pone il problema d’indovinare quale argomento abbia causato l’adesione alle sgangherate teorie di Bloy e di Maritain. L’unica spiegazione possibile è l’ambizione condita da spirituale spocchia, in altre parole l’illusione di partecipare all’immancabile trionfo del comunismo ateo e libertino nella veste austera dei cristiani adulti. Cristiani che, in quanto adulti e vaccinati, si opponevano all’“infantilismo reazionario” di Pio XII e di Luigi Gedda. Non è dunque illecito sostenere che il dossettismo rappresenta la classica figura dell’asceta orante nel lupanare. Non a caso un inossidabile dossettiano (e prodiano), Giuseppe Alberigo, ha ammesso recentemente di aver recitato il rosario per ottenere la sollecita morte di Pio XII, nel quale egli vedeva un ostacolo al luminoso cammino della Chiesa verso il paradisiaco gulag.
L’angelica spocchia, d’altra parte, si legge, a chiare lettere, nel giudizio di taglio razzista formulato dal gemello di Dossetti, il profeta fiorentino Giorgio La Pira: a sinistra stanno i figli di Abele, a destra i figli di Caino. Sennonché è noto che il fumo della spocchia oscura l’intelligenza e scardina i ragionamenti di coloro che se ne lasciano avvolgere. Al riguardo sono esemplari, per un verso, l’esito buffo, buffo e tragico, della profezia pacifista di La Pira (la pace verrà presto e sarà il frutto dell’amicizia tra le discendenze spirituali di Abramo: ebrei, cristiani e islamici), per l’altro verso la cattiva fama che avvolge gli interlocutori prediletti da La Pira, il pio Kruscev e l’illuminato Breznev. La minorazione mentale, che la profetica eredità dossettiana e lapiresca procura ai cattocomunisti d’oggi, inducendoli ad umiliare in D’Alema le residue quote di ragionevolezza posteggiate a sinistra, deve persuadere gli esponenti del centrodestra a mantenere un atteggiamento di ferma e fiduciosa sicurezza. La sorridente tranquillità che compete allo spettatore di una comica finale.
Convinti di stare ancora nell’attesa del baffuto giustiziere,
che aveva da venì, gli angelici eredi della chimera dossettiana, infatti,
concluderanno la loro esibizione ricevendo la visita dell’imbarazzante e glabro
Luxuria. Nel libro che il destino scrive sulle acque del delirio, alla pia
sinistra dossettiana toccherà il finale pornografico adombrato dalla sentenza
del grande Pascal: chi vuol far l’angelo farà la bestia. Chi mette le ali della
giustizia alla fine soggiace all’animalesca lussuria.
Piero Vassallo