Gli strani assassinii in Russia
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MOSCA - «Chiunque abbia sparato alla Politkovskaya mirava ai suoi avversari»: così il titolo di un commento apparso su la Novaya Gazeta. Ossia sullo stesso giornale per cui scriveva la giornalista uccisa. Ancor più interessante la firma: è quella di Alexander Lebedev, comproprietario del giornale (l’altro è Michail Gorbaciov), il datore di lavoro della Politkovskaya.

«La Politkovskaya era così nota come oppositrice del regime, che è troppo facile sospettare coloro che criticava», ossia Putin e il suo governo, scrive Lebedev. «Ma non dobbiamo attentamente la possibilità che chi ha ordinato l’assassinio volesse proprio ottenere questo? Che l’effetto su cui contavano i killer fosse un’ondata di rabbia contro coloro che la giornalista criticava?».

Insomma è proprio l’editore del giornale più polemico con Putin ad avanzare il sospetto. Devo questa notizia all’amico Claudio Celani del Movimento Solidarietà, insieme a una lista degli omicidi eccellenti avvenuti in Russia nei brevi giorni scorsi. Assassinii evidentemente su commissione, e tutti con una «segnatura» anti-Putin.

Il 14 settembre è falciato Andrei Kozlov, il vicepresidente della Banca Centrale. «Deciso sostenitore del governo, Kozlov era impegnato contro il riciclaggio del denaro ed aveva ordinato il ritiro di alcune licenze bancarie», ricorda Celani. Il 30 settembre viene ucciso Enver Zighazin: era l’ingegnere capo della TKN BP, che è la filiale russa della British Petroleum. Ammazzato proprio nei giorni dei più intensi attriti tra Mosca e le imprese petrolifere occidentali. Il 7 ottobre uccidono Anna Politkovskaya. Il 10 viene ammazzato Aleksander Plokhin, direttore della branca moscovita della

Vneshtorgbank: è la stessa banca che ha appena acquisito il 5 % di EADS, il gruppo aerospaziale europeo che è proprietario di Airbus. Una partecipazione di cui Putin stesso ha sottolineato l’interesse strategico, e che mette a rischio le speranze di Boeing di penetrare il mercato russo. Del resto, la Vneshtorgbank, la seconda della Russia, è posseduta interamente dallo Stato ed è il braccio finanziario del Cremlino. Il 16 ottobre viene ucciso Anatoly Voronin, esperto immobiliare della Itar-Tass.
 
Queste esecuzioni vanno poi inserite nel quadro delle oscure attività di potentissime bande criminali che però coltivano, diciamo così, ambizioni politiche e paiono avere influenti padrini, o mandanti, all’estero. La Pravda ha parlato di un capo-mafia georgiano, soprannominato Juba, che con le sue attività illecite si vanta di finanziare «una piccola guerra vittoriosa» in Abkhazia, un territorio conteso tra Mosca e il regime «democratico» georgiano sostenuto da Washington.

Gli inquirenti russi hanno sequestrato documenti in una banca, la Vek-Bank, accusata di trasferire fondi di origine criminosa alla Georgia attraverso una rete di organizzazioni finanziarie illegali; parte di questi fondi andavano alle milizie georgiane che fanno attentati e attacchi ai russi in Abkhazia. (1) La VEK-Bank sarebbe una delle otto banche su cui il capo-mafia «Juba» ha il controllo; nonostante le fosse stata ritirata la licenza nel 2005 (dall’assassinato vice-presidente della Banca Centrale) continuava ad operare: tra l’aprile 2004 e il gennaio 2005 avrebbe riciclato e spedito in Georgia 200 miliardi di rubli, più 391 milioni di dollari e 66 milioni di euro. Soldi in gran parte finiti alla guerriglia «democratica» anti-Mosca.

«Juba» continua ad abitare in Russia, sotto falsa identità e con un falso passaporto, anche se agli inizi di ottobre sarebbe stato segnalato in Francia dove avrebbe comprato dei terreni.
L’impunità e mobilità di un personaggio del genere spiega perchè, quando Mosca e Tbilisi sono arrivate ai ferri corti, il Cremlino ha espulso decine di georgiani abitanti in Russia, e chiuso i loro ristoranti e i loro casinò: è in atto uno sforzo per stroncare la mafia georgiana, che fa’ da quinta colonna al regime «democratico» e filo-americano di Tbilisi. Ovviamente, i media occidentali hanno gridato alla pulizia etnica.

Putin stesso, durante la sua recente visita in Germania, ha lasciato intendere che dietro l’assassinio della Politkovskaya possano esserci delle «mani forti» occidentali. «Ricorderete», ha detto alla Suddeutsche Zeitung, «che anni fa fu ucciso in Russia un giornalista americano di origine russa, Paul Klebnikov.  Si era occupato dei problemi della Cecenia e aveva scritto un libro intitolato ‘Conversazioni con un barbaro’. Stando alle indagini, i protagonisti del libro non erano rimasti contenti di come Klebnikov li aveva presentati, e lo hanno eliminato».

Fatto singolare, benchè l’intervista sia stata ripresa da molti media internazionali, questa frase è stata tagliata. Solo la Suddeutsche Zeitung e il sito Kremlin.ru l’hanno pubblicata integralmente. Perché?

Va ricordato che Paul Klebnikov era stato  mandato a Mosca a dirigere la versione russa di Forbes, la rivista americana dei miliardari. Fu assassinato il 9 luglio 2004. Il «barbaro» di cui aveva scritto nel suo libro, e a cui il libro non era piaciuto, si chiama Khodj-Ahmed Nukhayev: un altro capo mafioso con mire politiche. Finanziava il separatismo del Caucaso settentrionale.
Oggi, questo Nukhayev è riparato in Israele, dove vive e prospera, facendo affari con sir McAlpine, un ricchissimo lord, immobiliarista, coinvolto in inchieste su finanziamenti in nero a politici inglesi.

Il «barbaro» Nukhayev è sospettato di collegamenti negli affari criminali con Boris Berezovsky, il più celebre degli «oligarchi» della mafia ebraica, che ora vive a Londra sotto la protezione del ministero degli Interni britannico, che gli ha assegnato fra l’altro un nuovo nome. «Platon Elenin», con cui appare nel passaporto (britannico).

Come si vede, i criminali che mandano i loro sicari ad ammazzare a Mosca godono di altissime protezioni, anche diplomatiche. Ma mi fa notare Celani, anche Paul Khlebnikov, il giornalista russo-americano assassinato, non mancava di alte aderenze. Era il genero di John Train.

Questo miliardario di Wall Street, a suo modo un «oligarca» legato alla nobiltà inglese e, in Italia, alla famiglia Cini, autore di varie operazioni nascoste per il potere americano che sta sopra tutti i governi americani. (2) Lo abbiamo citato recentemente come il promotore, attraverso una sua fondazione (il Northcote Parkinson Fund), del gruppo fiorentino «Biblia», tenuto da un’altra signora Cini, che ha lo scopo di diffondere la conoscenza della Bibbia ebraica in Italia. (3) E la giornalista Anna Politkovskaya aveva ricevuto il «Premio per il coraggio civile» dal Northcote Parkinson Fund.

Strani intrecci davvero. Il che spiega un po’ meglio come mai Putin abbia messo sotto severo controllo le organizzazioni non-governative straniere (NGO) che lavorano in Russia sotto pretesti «umanitari» o sociali.

Proprio da ieri è entrata in vigore la legge che obbliga le NGO a riferire alle autorità russe, in modo dettagliato, di quanti fondi dispongono e da chi li hanno ricevuti, e di farsi iscrivere in un registro del ministero della Giustizia in attesa di registrazione; anche Human Right Watch e Amnesty International hanno sospeso la loro attività in Russia.
Ovviamente, i media della finanza anglo-americana gridano ancora una volta che Putin non è democratico.

Ma forse, sta solo cercando di tagliare certi strani intrecci tra «liberali» russi, fondazioni USA per la democrazia e la filantropia, e criminali georgiani e  israeliani.

Maurizio Blondet




1)
 «Georgian mafia launders 7 billion dollars in Russia for ‘small victorious war’», Pravda, 17 ottobre 2006.
2) Per una biografia del personaggio, si veda Jeffrey Steinberg, «John Train, portrait of an economic hit man», Executive Intelligence Review, 21 gennaio 2005.
3) Maurizio Blondet, «Piano per riassorbire i cristiani nell’ebraismo», Effedieffe, 10 ottobre 2006.