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La «Democrazia Cristiana» e il Modernismo (2)
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Lorenzo Bedeschi e la ‘Democrazia Cristiana’

Don Lorenzo Bedeschi († 2006) approfondisce quanto scritto da don Composta e spiega come il movimento “democratico cristiano” in Italia è nato, sì, nel 1919 con la fondazione del ‘PPI’ da parte di don Luigi Sturzo e poi continuato con la DC di Alcide De Gasperi; tuttavia, egli mette bene in rilievo l’influenza che ebbe, nelle origini della ‘Democrazia Cristiana’, don Romolo Murri e il modernismo (1) e, quindi, come la ‘DC’ sia ancor più progressista del cattolicesimo/liberale, di cui scriveva don Composta, e possa essere definita “modernismo sociale” in senso stretto.

Don Romolo Murri

Romolo Murri era già un punto di riferimento della corrente democratico/cristiana all’interno dell’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici durante il pontificato di Leone XIII. Egli fu anche fondatore di riviste come Vita Nova, nel 1895 e Cultura sociale, nel 1898.

Con il pontificato di San Pio X, Romolo Murri entrerà in contrasto con papa Sarto, soprattutto in séguito allo scioglimento dell’Opera dei Congressi voluto dal san Pio X nel 1903. Allora, il sacerdote marchigiano fondò la ‘Lega Democratica Nazionale’, che era un movimento politico autonomo dalla Gerarchia ecclesiastica. Egli giunse poi a solidarizzare pubblicamente con le idee moderniste, che erano state condannate dall’enciclica Pascendi dell’8 settembre 1907, e con la Lettera Apostolica agli arcivescovi e ai vescovi francesi Notre charge apostolique, del 1910 (2).

Don Murri fu sospeso a divinis, nel 1907, e quindi scomunicato nel 1909, poi si sposò civilmente in Campidoglio nel 1912, e, infine, ritornò alla comunione con la Chiesa cattolica poco prima della morte, avvenuta il 12 marzo 1944.

Il modernismo che don Romolo Murri manifesterà pubblicamente soltanto dopo la scomunica, aveva avuto origine con il tentativo di unire l’insegnamento cattolico, ricevuto soprattutto dal cardinale Louis Billot, con quello dello studioso marxista Antonio Labriola; si trattava così, secondo il progetto di don Romolo Murri, di combinare la filosofia scolastica con il materialismo storico (3). Egli andava, così, ben oltre il modernismo classico che sposava cattolicesimo e kantismo.

Murri manifestava un atteggiamento di profonda simpatia verso il concetto di democrazia mutuato dai princìpi liberali della Rivoluzione francese (4) e infine, l’insofferenza verso le posizioni della Gerarchia, che lo avrebbe portato alla ribellione.

Don Murri e don Sturzo

Il 3 settembre 1900 don Murri fonda a Roma la ‘Democrazia Cristiana Italiana’, fra i cofondatori vi è don Luigi Sturzo.
I due sacerdoti si erano conosciuti a Roma alla fine dell’Ottocento e ne era nato un rapporto di stima e di amicizia che durerà fino al 1906.

Don Luigi Sturzo comincia a collaborare alle riviste promosse da don Romolo Murri, e a far conoscere il movimento democratico/cristiano nella sua terra d’origine.

"Fu Murri a spingermi definitivamente verso la democrazia cristiana. Da allora vi sono rimasto fedele", scriverà nel 1946, in un messaggio inviato alla sezione della ‘DC’ di Gualdo di Macerata, in occasione dello scoprimento di una lapide sulla casa natia dell’antico leader democratico/cristiano, da parte della locale sezione dell’appena ricostituita ‘DC’ (5).

Don Romolo Murri gli pubblica i primi lavori, Conservatori cattolici e Democratici cristiani, nel 1900; L’Organizzazione di classe e le Unioni professionali, nel 1901 e Sintesi Sociali, nel 1906; infine, è invitato a Caltagirone da don Luigi Sturzo per tenervi una serie di conferenze.

Lo storico don Lorenzo Bedeschi mette bene in risalto l’influenza esercitata da don Romolo Murri su don Sturzo (6).

Don Romolo Murri è il maestro e don Luigi Sturzo ne subisce profondamente l’influenza. Don Romolo Murri verrà messo, praticamente, tra parentesi ma non dimenticato, dottrinalmente, perché, essendo stato scomunicato, poteva soltanto danneggiare l’opera di don Luigi Sturzo, almeno fino alla riconciliazione con la Chiesa del sacerdote marchigiano, nel 1944. Sarà lo stesso don Luigi Sturzo a ricordarlo, ancora nel 1946: "Ora giustamente rievochiamo la sua figura di pioniere della ‘Democrazia Cristiana’. Dio misericordioso ci ha concesso di poter dire che Murri è nostro; nonostante la temporanea deviazione in zone ideali e politiche non nostre" (7).

La “differenza” fra i due personaggi è una distinzione soltanto tattica — don Luigi Sturzo piuttosto “pragmatico” e don Romolo Murri maggiormente "dottrinario" —, ma che rivela un non voler occuparsi apertamente di dottrina da parte di don Luigi Sturzo per non avere problemi con l’Autorità ecclesiastica in materia di modernismo.

Don Luigi Sturzo comincia a manifestare i primi dubbi nei confronti delle modalità d’azione e non quanto alle idee del fondatore della ‘Democrazia Cristiana’ già durante gli ultimi anni del pontificato di Leone XIII; in particolare manifesta le sue perplessità in una lettera a don Romolo Murri del 18 luglio 1903, nella quale, con parole ferme, lo accusa di danneggiare praticamente il movimento democratico/cristiano con prese di posizione teoreticamente modernistiche (8).

Comincia a emergere l’atteggiamento di grande accortezza operativa che caratterizzerà l’azione del futuro fondatore del ‘PPI’, di chi sa aspettare i tempi favorevoli per cercare di raggiungere i propri obbiettivi, di chi, soprattutto, non vuole inimicarsi l’autorità ecclesiastica per motivi pragmatici.

Gli ideali democratico/cristiani rimangono tuttora comuni e le parole di don Luigi Sturzo lo confermano: egli è, infatti, preoccupato che le finalità del movimento possano essere pregiudicate dai colpi di testa dell’amico.

"Io penso che il nostro sia il momento di disinteressarsi di tutto il movimento interno poiché è pro o contro il modernismo; e di tirar dritto nel campo della cultura e nel campo delle opere pratiche", scriverà in una delle ultime lettere a don Romolo Murri, nel maggio del 1906; aggiungendo: "Non credere che io sia o voglia essere un opportunista o un prudentone [...]. Io, invece, sono e voglio essere pratico; cioè, arrivare allo scopo intero e senza transazioni, ma anche studiando il terreno sul quale si cammina per non cadere in trabocchetti, e per non scivolare e perdere quel che si è guadagnato" (9).

In un certo senso Sturzo è stato, quanto al modo di agire, più modernista di Murri, il quale è uscito allo scoperto, mentre una delle caratteristiche del modernismo è la segretezza, tanto che San Pio X l’ha definito “clandestinum foedus / setta segreta(“motuproprio” Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910).

Il distacco tattico

Quando don Romolo Murri, ormai in rotta con Pio X, si lancia nell’avventura della ‘Lega Democratica Nazionale’, don Luigi Sturzo decide di separare, tatticamente e non dottrinalmente, le proprie responsabilità da quelle dell’amico. Lo fa con un’ultima lettera, scritta il 18 giugno 1906, nella quale prende commiato dal movimento e dall’amico, consigliandogli di dedicarsi all’attività intellettuale in qualche università e di uscire definitivamente dalla politica operativa.

Don Romolo Murri era ormai diventato un amico scomodo: l’anno successivo sarà sospeso a divinis, tre anni dopo, nel 1909, scomunicato, e nel 1912, con il matrimonio in Campidoglio, cesserà ogni rapporto con il mondo cattolico.
Tuttavia, un certo rapporto fra i due continuerà, seppure indirettamente e polemicamente, soprattutto dopo la fondazione del ‘PPI’ nel 1919.

Nonostante il tentativo di sottacere le origini murriane del movimento democratico/cristiano, e quindi del ‘PPI’, non si poteva impedire l’emergere della polemica fra don Romolo Murri, (che rivendicava la paternità del movimento e la continuità con esso del ‘PPI’), e quanti negavano tali origini compreso don Sturzo. La polemica, infatti, scoppiò, con don Romolo Murri ancora vivente, sempre pronto a rivendicare la paternità della sua creatura (10).


Modernismo e ‘DC’ murriana

Rimane la portata del modernismo nella prima ‘Democrazia Cristiana’ fondata da don Romolo Murri.

Secondo le indicazioni di don Lorenzo Bedeschi, don Luigi Sturzo sembra staccarsi da don Romolo Murri per non incorrere nelle sanzioni disciplinari che stavano per abbattersi sul sacerdote di Gualdo, e che erano largamente prevedibili già nel 1906.

Lo stesso don Romolo Murri, del resto, giudicava don Luigi Sturzo insensibile alla problematica dottrinale modernista, poiché esclusivamente proteso all’azione amministrativa e politica, sostenendo oltretutto che la prima ‘Democrazia Cristiana’ non aveva nulla a che fare con il modernismo.

In un’intervista al Giornale d’Italia durante il secondo Congresso del ‘PPI’, svoltosi a Napoli nel 1920 don Romolo Murri sostiene la tesi che la differenza fra lui e i popolari consisteva proprio nel fatto che la sua riforma andava ben al di là dell’aspetto politico, in quanto prevedeva proprio la riforma della Chiesa nel senso auspicato dal modernismo (11).

La condanna di don Romolo Murri era stata comminata non soltanto per ragioni disciplinari inerenti alla sua candidatura alle elezioni, ma implicava la sua appartenenza a una prospettiva modernista, almeno al modernismo politico/sociale condannato nella Notre charge apostolique.

Molto di queste posizioni moderniste — in particolare riguardo al concetto di democrazia intesa come sovranità popolare — entra a far parte, in maniera discreta e non pubblicizzata, del bagaglio ideologico di don Luigi Sturzo, attraverso don Romolo Murri, e, quindi, nella cultura politica del ‘PPI’.

Quando don Luigi Sturzo scrive che la prima ‘Democrazia Cristiana’ ebbe molto a soffrire dall’incontro con il modernismo (12), si riferisce soltanto all’aspetto disciplinare, perché rischiò di essere annientata dalla reazione antimodernista durante il pontificato di san Pio X.

Alcide De Gasperi e don Romolo Murri

Quando, alla fine della seconda guerra mondiale, Alcide De Gasperi ricostruisce il ‘partito democratico/cristiano’, non ha nessuna remora a riprendere il nome che le aveva attribuito don Romolo Murri nel 1900.

Anche il suo ufficio mette adeguatamente in risalto la continuità fra la ‘Democrazia Cristiana’ di don Romolo Murri e il ‘PPI’ (13).

Ciononostante, nelle rievocazioni storiche delle origini, anche Alcide De Gasperi — secondo don Lorenzo Bedeschi (14)tacerà l’influenza esplicita e diretta di don Romolo Murri, sostituendo la figura del sacerdote marchigiano come punto di riferimento con quella di Giuseppe Toniolo (15), che non aveva nulla a che sparire con Murri e Sturzo.

Più giovane di don Romolo Murri di undici anni, Alcide De Gasperi lo aveva conosciuto a Roma nel 1902, quando la crisi all’interno dell’Opera dei Congressi era già in corso. Gli scriverà alcune lettere fino al 1904, manifestando la sua simpatia e la sua adesione alle idee democratico/cristiane, e farà conoscere il movimento ideologico e le opere di don Romolo Murri in Trentino.

Tuttavia, accanto alla condivisione, dalle lettere di Alcide De Gasperi, emerge anche l’incomprensione per le ansie esplicitamente riformistiche di don Romolo Murri, soprattutto in campo filosofico e, in genere, religioso (16) e, nel 1911, Alcide De Gasperi arriverà a polemizzare direttamente con don Romolo Murri in occasione di una conferenza tenuta da quest’ultimo "a Rovereto per conto dei liberali”.

Anche dalla lettura delle poche lettere di Alcide De Gasperi a don Romolo Murri, emerge come il loro rapporto sia stato molto breve e di scarsa intensità intellettuale e di amicizia, a differenza di quello fra don Romolo Murri e don Luigi Sturzo.

Da questo rapporto emerge soprattutto la volontà di Alcide De Gasperi di tenere separati l’ambito politico — nel quale continuerà sempre a manifestare la sua preferenza per le prospettive democratico/cristiane — da quello strettamente religioso, dove si manterrà esteriormente fedele all’insegnamento cattolico/tomistico ricevuto tramite il "maestro" Ernesto Commer.

La posizione culturale di don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi può essere più esattamente riconducibile al filone ottocentesco del cattolicesimo/liberale, che teneva rigorosamente separati l’ambito religioso e quello politico, cioè li guardava più nell’ottica della separazione che in quella cattolico/tradizionale della distinzione, mentre quella di don Murri era sostanzialmente modernista pur se, inizialmente, quanto al modo di agire era segreta e nascosta.

Tuttavia, l’insensibilità pratica di Sturzo e De Gasperi alle tematiche modernistiche è stata prodotta dalle condanne contro il modernismo da parte della Gerarchia ecclesiastica e non è il risultato di un loro reale convincimento anti o a/modernista.

Conclusione

La ‘DC’ di Sturzo e De Gasperi è senz’altro apertamente ed esplicitamente catto/liberale, ma non pubblicamente modernista, per motivi pragmatici (evitare la condanna del modernismo da parte di San Pio X). Tuttavia, essa è inconciliabile con la dottrina cattolica dei rapporti tra Stato e Chiesa, compendiata nel “Diritto Pubblico Ecclesiastico” (cooperazione in subordinazione tra potere temporale e spirituale) e cade sotto le condanne portate da Gregorio XVI sino a Pio XII della separazione tra Stato e Chiesa. Essa, tuttavia, è pienamente in conformità con la dottrina politica modernista del Vaticano II sulla “Libertà religiosa” che si ritrova nella Dichiarazione “Dignitatis humane”.

La dottrina di don Murri, invece, è non solo catto/liberale ma anche esplicitamente modernista e precorre addirittura il catto/comunismo e la teologia della liberazione, scavalcando il modernismo classico condannato da san Pio X, che si fermava a Kant e Hegel, per giungere al neo/modernismo condannato nel 1950 da Pio XII (Humani generis) e che arriva addirittura a sposare Marx e il socialismo.

 


 

1) Cfr. Lorenzo Bedeschi, Murri, Sturzo, De Gasperi. Ricostruzione storica ed epistolario (1898-1906), San Paolo, Cinisello Balsamo, 1994.

2) Cfr. san Pio X, Lettera apostolica agli Arcivescovi e ai Vescovi francesi "Notre charge apostolique", del 25-8-1910.

3) L. Bedeschi, Murri, Sturzo, De Gasperi. Ricostruzione storica ed epistolario (1898-1906), cit., p. 24.

4) Ibid., pp. 42-44.
5) Ibid., p. 48.
6) Ibid., pp. 64-72.
7) Ibid., pp. 48-49.
8) Ibid., pp. 214-217.
9) Ibid., p. 243.
10) Ibid., pp. 106-113.
11) Il Giornale d’Italia, 10-4-1920.
12) Cfr. Luigi Sturzo, L’Abbè Naudet, in El Matì, 13-4-1935, in Id., Scritti storico-politici (1926-1949), Cinque Lune, Roma 1984, p. 259.
13) L. Bedeschi, Murri, Sturzo, De Gasperi. Ricostruzione storica ed epistolario (1898-1906), cit., p. 111.
14) Ibid., p. 145.
15) Cfr. Id., Il giovane De Gasperi e l’incontro con Romolo Murri, Bompiani, Milano, 1974, p. 72.

16) L. Bedeschi, Il giovane De Gasperi e l’incontro con Romolo Murri, cit., p. 64.
 
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