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Un popolo obsoleto
31 Gennaio 2013
Rileggo Tocqueville, «La democrazia in America», come un trattato di sapienza politica.
«Vi sono in Europa certe nazioni in cui l’abitante si considera come una specie di colono indifferente al destino del luogo in cui abita. I più grandi cambiamenti sopravvengono nel suo Paese senza il suo concorso; egli non sa precisamente quel che è successo e ne dubita, perché ha inteso parlare dell’avvenimento per caso. Non solo, ma il patrimonio del suo villaggio, la pulizia della sua strada, la sorte della sua chiesa e della sua parrocchia non lo toccano affatto; egli pensa che tutte queste cose non lo riguardano in alcun modo, perché appartengono ad un estraneo potente, che egli chiama il governo. Quanto a lui, non è che l’usufruttuario di questi beni, senza spirito di proprietà e senza idee di miglioramento. Questo disinteresse si spinge tanto in là che se la sua sicurezza o quella dei suoi figli è compromessa, egli incrocia le braccia per attendere che l’intera nazione venga in suo aiuto. Quest’uomo del resto, benché abbia sacrificato completamente il suo libero arbitrio, non ama l’obbedienza più degli altri; si sottomette, è vero, al beneplacito di un impiegato, ma si compiace anche di sfidare la legge come un nemico vinto, quando la forza si ritira. Così oscilla senza tregua fra la virtù e la licenza».
«Quando le nazioni sono giunte a questo punto, bisogna o che modifichino le loro leggi e i loro costumi, oppure che periscano, perché la fonte delle pubbliche virtù si è essiccata: vi sono ancora sudditi, ma non più cittadini. Io dico che simili nazioni sono in condizione di essere conquistate». «Confesso che è molto difficile indicare la maniera di svegliare un popolo che dorme per dargli le passioni e la cultura che non ha; persuadere gli uomini che essi devono occuparsi dei loro affari è, se non m’inganno, un’impresa assai ardua». «Come far sopportare la libertà nelle grandi cose ad una moltitudine che non sa servirsene nelle piccole? Come resistere alla tirannide in un Paese in cui ogni individuo è debole, e in cui gli individui non sono uniti da comuni interessi? Quelli che temono la licenza e quelli che temono l’assolutismo, devono desiderare lo sviluppo graduale delle libertà locali. Una democrazia senza istituzioni provinciali non possiede alcuna garanzia contro simili mali». «Non dipende dalle leggi, rianimare le credenze che si estinguono; ma dipende dalle leggi interessare gli uomini al destino del loro Paese. Dipende dalle leggi risvegliare e dirigere quell’istinto vago della patria che non abbandona mai l’uomo e, legandolo ai pensieri, alle passioni e alle abitudini, farne un sentimento ragionevole e duraturo. E non si dica che è troppo tardi per tentare ciò, perché le nazioni non invecchiano allo stesso modo degli uomini, ed ogni nuova generazione è come un popolo nuovo che viene ad offrirsi alle cure del legislatore». «Penso che quando l’amministrazione centrale pretende di sostituire completamente il concorso libero dei primi interessati, si sbagli o voglia ingannarvi. La forza collettiva dei cittadini sarà sempre più adatta a produrre il benessere sociale che non l’autorità del governo. (...) Non si riuscirà mai a trovare fra gli uomini, qualunque cosa si faccia, una vera potenza fuori dal concorso delle libere volontà». La corruzione senza limiti dei politici «Da quando la religione ha perduto il suo potere sulle anime, il limite più visibile che divideva il bene dal male è ormai scomparso; tutto sembra incerto e dubbio nel mondo morale; i governanti e i popoli procedono a caso e nessuno potrebbe dire dove sono i limiti naturali del dispotismo o della licenza. Lunghe rivoluzioni hanno ormai distrutto il rispetto che circondava i capi dello Stato. Liberati del peso della pubblica stima, i sovrani possono ormai abbandonarsi al delirio del potere». Magistratura: come dev’essere e come devia «Il primo carattere del potere giudiziario è di servire da arbitro. Perché abbia luogo un’azione da parte dei tribunali, occorre che sorga una contestazione. Finché una legge non dà luogo ad una contestazione, il potere giudiziario non ha occasione di occuparsene; non la vede». «Il secondo carattere del potere giudiziario è di pronunciarsi su casi particolari e non su principi generali. (...) Quando il giudice attacca direttamente il principio generale, esce dal cerchio in cui tuti i popoli lo hanno di comune accordo rinchiuso, (...) cessa di rappresentare il potere giudiziario». «Il terzo carattere del potere giudiziario è di poter agire solo quando lo si chiama, o quando è adito. Il potere giudiziario è per sua natura senza azione. Gli si denuncia un delitto, ed egli lo punisce; lo si chiama a riparare un’ingiustizia, ed egli la ripara; ma non va da solo a cercare i criminali, a trovare l’ingiustizia, a farsi censore delle leggi». «... se il giudice potesse pronunciarsi contro le leggi in una maniera teorica e generale; se potesse prendere l’iniziativa di censurare il legislatore, diventando il campione o l’avversario di un partito, egli ecciterebbe tutte le passioni che dividono il Paese a prender parte alla lotta». Il vero motivo delle due camere legislative «Dividere la forza legislativa, rallentare il movimento delle assemblee politiche, creare un tribunale d’appello pe la revisione delle leggi, questi sono i vantaggi risultanti dalla costituzione attuale delle due camere negli Stati Uniti». La falla dell’Unione Europea «In tutte le confederazioni che hanno preceduto l’unione americana, il governo federale per provvedere ai propri bisogni si rivolgeva ai governi particolari. Nel caso che la misura prescritta dispiacesse ad uno di essi, quest’ultimo poteva sempre sottrarsi all’obbedienza (...). È accaduto costantemente uno di questi due fatti: o il più potente dei popoli uniti, assumendo i diritti dell’autorità federale, ha dominato tutti gli altri popoli in suon nome; o il governo federale è restato abbandonato alle sue forze, e allora l’anarchia ha regnato tra i confederati».
Trovo che siano passi profetici, che ci riguardano da vicino.
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Commenti
grazie per questa gran bella rievocazione di una importante pagina della storia del pensiero filosofico-politico. Poco nota ai più ma oggi riscoperta soprattutto in certi ambienti "cons". Tocqueville era un aristocratico combattuto tra la nostalgia dell'Ancién Régime - da qui la sua simpatia per le comunità locali da difendere dal potere centrale - e la consapevolezza che il mondo moderno, post-Rivoluzione Francese, era ormai votato a quel che lui definisce "assoluttismo" e che noi abbiamo chiamato "totalitarismo". Per sfuggire alla strettoia Tocqueville ha scelto la strada del liberalismo conservatore o mitigato, che egli vedeva in formazione nei nascenti Stati Uniti d'America. Ad esempio, consapevole che l'antico corporativismo delle arti e mestieri e delle comunità di villaggio stava inesorabilmente tramontando ucciso dallo spirito razionalista ed individualista e che l'individualismo rivoluzionario avrebbe portato, come in effetti avvenne, al totalitarismo collettivista, allo statalismo, ecco che, sulla base dello spirito federativo ed associativo americano, Tocqueville propone, per osteggiare l'assolutismo rivoluzionario, una organizzazione federale fondata sulle libere associazioni. Ma alla base di tale visione liberale, che oggi piace molto ai cattolici liberali, sta comunque il contrattualismo sociale, benché nella versione di Locke e non in quella di Hobbes o Rousseau. Ora, però, una cosa è nascere in una famiglia, in un comune, in una provincia, altra cosa è far parte per volontarismo contrattuale di una associazione. Una cosa è appartenere per eredita familiare o di apprendistato ad una corporazione di mestiere o ad un ceto sociale, altra cosa è far parte per iscrizione associativa ad un sindacato o ad un partito o ancora ad una qualsiasi organizzazione sociale, dalla lega di difesa dei consumatori al circolo del golf. Questi esempi servono a far capire la differenza tra le comunità naturali, secondo la tradizione cattolica e scolastica, e l'associazionismo contrattualista , su base individualista e volontaria, della modernità liberale. Il costituzionalis mo americano è fondato sul pensiero contrattualista di John Locke ed ha quindi alla sua base una visione secondo la quale l'individuo (si badi: non la persona che è altra cosa) è il vero assoluto sovrano (per legge di natura dicono i contrattualisti ma in effetti intendono per contratto), il quale, solo per tutelare i suoi beni primari (vita, liberà e, soprattutto, proprietà intesa in modo individualista: non più in modo comunitario come nel medioevo), stipula con gli altri individui un "contratto sociale" ossia la Costituzione che proclama intangibili certi diritti soggettivi. Che poi, come dimostra proprio la storia americana, qualsiasi Costituzione diventa carta straccia di fronte all'inevitabile crescita del potere, implicito nella stessa modernità, è cosa palese a tutti. Non poteva esserlo al povero Tocqueville ad inizio ottocento. Noi però lo sappiamo per esperienza. In realtà è proprio nel liberalismo - al di là di ogni sua intenzione - che ha origine il totalitarismo. Si chiama eterogenesi dei fini. La tecnologia è sempre più pervasiva. Quale contrattualismo , quale costituzione di immortali principi, può impedire al "Grande Fratello" di coprire con il suo mantello l'intero globo? E' ciò che chiamiamo globalizzaizone : ed, anche se ci ha provato, non l'ha realizzata lo Stato totalitario, quello comunista o quello fascista, ma il mercato! Con buona pace di Tocqueville il liberalismo ci destina al totalitarismo globale. Personalmente sono ormai sempre più convinto che non c'è altra via che quella che porta verso l'Alto e che solo percorrendo questa via si potranno, dopo, in un futuro che noi non vedremo, riavere anche l'organicismo comunitario, magari in forme nuove ma naturali e non cotrattuali.
Cari saluti.
Luigi Copertino
Opporsi a questo disegno è urgente ma ahimè tardivo sul piano del ritorno alle nostre libertà precedenti, posto che le abbiamo sperimentate solo a sprazzi. Possiamo solo sperare che rimanga da ultimo un guizzo di vitalità nel corpo sociale che possa far dimenticare tutti questi lustri di vergogna. Oppure, ma questo è solo un pensiero terribile, che i servi sciocchi paghino il fio della loro ribellione avendo riconosciuto i diritti dei Palestinesi e dunque siano puniti come meritano da parte del loro Padrone. Certe prese di posizione di esponenti J. sulla inopinata ribellione degli Stati Eu appaiono a questo proposito assai preoccupanti...e si sa quanto il loro potere sia terribile: deriva direttamente dal nemico dell'umanità.
A proposito di popoli, non dubito che in caso di guerra all'esercito italiano servirà come è già successo, uno schieramento di carabinieri alle spalle pronto a sparare a chi non si butta nella battaglia, proprio come nella prima guerra mondiale, e dopo 150 anni di unità.
Non per vigliaccheria, ma perchè sotto sotto di questo paese non frega niente a nessuno e nessuno darebbe la vita per esso.
Come è giusto che sia.
Mi pare che Tocqueville si riferisca qui all'Italia, particolarmente a quella del Nord, per i cui popoli il "governo" - per lo più "straniero" - è l'unico artefice di cambiamenti di cui spesso è all'oscuro e di cui quindi non si sente nemmeno responsabile.
Poi la stessa definizione, dopo neanche mezzo secolo, si estenderà anche all'Italia del Sud ormai vinta e schiacciata, che ne diventa l'espressione ancora più visibile e chiassosa.
La transazione dall'Ancién Régime alla concessione graduale di libertà e di responsabilità alle nazioni è fallita ovunque in Europa, dalla Francia alla Russia, passando per le nostre Due Sicilie.
Francamente mi sento molto vicino al pensiero espresso da Copertino nel suo commento, mi pare l'unico modo in cui si possa oggi declinare la passione politica senza dannarsi.
Però rendiamo almeno onore a quei pochi che c'hanno provato, a cambiare le cose.
Umberto Ambrosoli, un monarchico che s'è fatto ammazzare per non mancare al suo dovere.
Il giudice Rosario Livatino, e il Commissario Ninni Cassará, uccisi dalla mafia: lo sapevano, che avrebbero fatto quella fine, ma hanno tirato dritto.
E anche quelle migliaia di pacifisti presi a manganellate al G8 di Genova, mentre i black block agivano indisturbati, c'hanno provato a dire che un mondo diverso è possibile.
E per finire anche lei, direttore Blondet, non è come tutti gli altri, lei ha preferito essere un testimone di verità piuttosto che percorrere una lucrosa carriera.
Anche lei non è come tutti gli altri....come tutti noi altri, ahimè!
ucciso dalla mafia per vendicare l'assassinio di salvatore marino: allora cosa nostra esisteva davvero
Sopra di noi c'è il cielo, ma non quello delle stelle che vedevano gli antichi.
Il nostro cielo e perennemente ricoperto da un denso strato di nubi, che rappresentano la classe dominante, che ci governa con leggi fatte per noi, le quali sottostimano e rivedono al ribasso il livello di ricchezza ce ci può essere sufficiente.
La classe dominante è regolata da leggi internazionali che essa praticamente aggira tramite l'aiuto di studi di avvocati, specialmente quando si tratta di imbrogli a carico nostro.
Per vedere uno spiraglio di cielo stellato e tornare ad essere parzialmente liberi dobbiamo anche noi spendere per accedere a questi studi di avvocati, come bisogna fare con le class action o quando si vuol richiedere un brevetto internazionale.
Blondet da quando lei ha detto che bisogna rinunciare al proprio Io ai miei occhi a solo due scelte:
- Il mea culpa
- smettere di scrivere.
«In tutte le confederazioni che hanno preceduto l’unione americana, il governo federale per provvedere ai propri bisogni si rivolgeva ai governi particolari. Nel caso che la misura prescritta dispiacesse ad uno di essi, quest’ultimo poteva sempre sottrarsi all’obbedienza (...). È accaduto costantemente uno di questi due fatti: o il più potente dei popoli uniti, assumendo i diritti dell’autorità federale, ha dominato tutti gli altri popoli in suo nome; o il governo federale è restato abbandonato alle sue forze, e allora l’anarchia ha regnato tra i confederati»."
Alexis de Tocqueville fa un'osservazione di buon senso quando afferma che una confederazione di stati che preveda la possibilità di sottrarsi all'obbedienza del governo federale, non funziona, ma non spiega come è possibile costituire un governo dell'unione, forte, centralizzato e in grado di essere obbedito dai singoli stati.
Questo aspetto si chiarirà meglio qualche anno dopo la pubblicazione di La Democrazia in America, con la guerra civile americana (o di secessione) che costò agli americani circa un milione fra morti e feriti morti e 69 miliardi di dollari (dell'epoca) e produsse l'impoverimento e il degrado degli stati del sud.........esattamente come ieri in Italia e oggi in Europa, con altri mezzi.
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