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Io, luterano!!!
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«Con tutto il rispetto per le nostre Sacre Scritture non sono sicuro che l’interpretazione del buon Blondet coincida col significato nascosto (perchè non è molto esplicito) delle stesse.
Se si è cattolici bisogna attenersi a come la Chiesa ora interpreta tali scritture .
Se si vuol liberamente interpretare i libri non si è cattolici, se si critica il Concilio Vaticano II non si è cattolici, non ci si attiene alla Chiesa e con essa alla sua tradizione e alla patristica.
Se al di fuori del canonico si interpreta si è un poco luterani e allora, con giusto spirito critico si analizzano i testi in greco: complimenti a chi possiede cotal cultura.
Ma se ci si spinge ancora un poco si può finir con lo studiare il vecchio testamento in quella sacra lingua che è l’ebraico ... e allora?
A chi ci rivolgeremo per cotal conoscienza? Chi possiede per tradizione, cultura e studio imperterrito almeno il nozionismo di quell’alfabeto con tutto ciò che ne consegue?
Sfiorare gli studi di Cabalà sarà inevitabile
»
.

 
Ahimè, abbiamo anche un lettore così.
Costui additittura mi accusa di «libero esame luterano» a proposito del mio articolo sull’Apocalisse.
Non s’è nemmeno accorto che ho citato Padri della Chiesa - e non solo greci, da San Gerolamo (traduttore della Bibbia) a San Tommaso - ossia le fonti stesse della tradizione ecclesiastica, definite infallibili dalla Chiesa.
Non dò una mia interpretazione personale, ma quella della Chiesa stessa, almeno fino a pochi decenni fa.

Se ora i cardinali preferiscono interpretare l’Apocalisse alla luce di Solov’ev e di Benson anziché di San Giovanni Crisostomo e Sant'Efrem Siro, chi è che si dà al «libero esame»?
«Bisogna attenersi a come la Chiesa interpreta tali scritture», dice il lettore alquanto disattento: mi sa dire in che modo la Chiesa «interpreta» l’Apocalisse?
Cerchi l’immensa produzione di testi post-conciliari, e vediamo cosa trova.

Quanto alla «critica al Concilio Vaticano II»: a parte il fatto che anche il Papa ha levato qualche critica, se non al Concilio, alle sue «interpretazioni» abusive, a parte il fatto che oggettivamente il Concilio ha prodotto l’abbandono di migliaia di sacerdoti, frati e suore, una vera «discessio» apocalittica, riporto qui ciò che mi ha risposto un amico di questo sito, padre Danilo Scomparin:

Paolo VI «dice che il Concilio è stato un concilio escatologico, che ha predicato la fine dei tempi e non il paradiso sulla terra, ma che è difficile, nella predicazione, insistere troppo sul carattere terribile dell’escatologica, che bisogna parlarne in modo velato, calmo e naturale, quasi gioioso, sine metu et tremore» («Paolo VI segreto», di Jean Guitton, pagina 118).
Quindi, «Roma locuta est», già da un bel pezzo...

Paolo VI ha visto proprio a Fatima, di cui ne ha sottolieato il senso escatologico: «... l’umanità. La vera umanità, l’umanità allo stato di semplicità, di preghiera e di penitenza. Era la visione della convocazione finale, forse la più grande raccolta di veri credenti» (pagina 85).

Ecco: secondo Paolo VI il Concilio ha predicato la fine dei tempi - possiamo accettare questa interpretazione come legittima e autentica, credo - ma dice anche che della fine bisogna parlare «in modo calmo e velato, quasi gioioso».
D’accordo, la Chiesa vuol essere dichiaratamente reticente sui tempi ultimi.
Ma c’è proprio bisogno che i Pontefici moltiplichino le visite alle sinagoghe e gli atti di sottomissione all’ebraismo, in questi tempi ultimi, quando i Padri della Chiesa hanno detto che proprio quel popolo accoglierà l’Anticritso come suo re?
Ciò mi pare allarmante, se mi si consente.

Padre Scomparin pone anche una domanda che dapprima mi lascia perplesso: «Siamo proprio sicuri che spetti al sommo pontificato, all’episcopato e al sacerdozio parlare di escatologia e temi correlati ed inerenti? Non sarà, invece, prerogativa dell’impero, della regalità, della cavalleria, dei guerrieri, delle corporazioni, ecc., voglio dire che la funzione profetica e regale dei laici consiste anche nel profetare scientemente la fine dei tempi e del nuovo principio. In altre parole: spetta a Tiberio Cesare preparare l’umanità al grande passaggio e a me, sacerdote, consolarla e benedirla. Ad ognuno il suo!».

Domanda che mi pare strana a tutta prima, visto che il potere terreno giusto - tutto ciò che possiamo chiamare kathecon, «ciò che trattiene» - è stato tolto di mezzo: al posto di Tiberio Cesare ci sono Berlusconi, Bush, Veltroni…
Ma poi vedo che padre Scomparin parla «della cavalleria, dei guerrieri, delle corporazioni, ecc. voglio dire che la funzione profetica e regale».
Se ben capisco, intende  i normali laici credenti ancora combattivi: a loro, dice, spetta «la funzione profetica e regale» di «profetare scientemente la fine dei tempi e il nuovo principio».

Ebbene, se è questo il nostro dovere, lo stiamo facendo: da giornalisti («corporazione»), ossia armati di informazioni specifiche che il clero può non avere,  dotati della libertà di spirito dei «cavalieri», suoniamo l’allarme.
Colleghiamo la visione dell’Apocalisse con l’attualità più scottante e censurata; in piena aderenza, par di capire, all’interpretazione che del Concilio ha dato Paolo VI: apocalittico, non il paradiso in terra dell’irenismo giudaizzante.
«A ciascuno il suo» dovere, dice il sacerdote.
Ha ragione.

Ciò che molti lettori non capiscono, è che il laico ha altri doveri rispetto al sacerdote e al frate, tenuto all’obbedienza per voto: dire verità che questi non possono dire, per esempio, avanzare critiche che se no nessuno avanza, nel mare di adulazione e melassa che l’alto clero predilige (ho lavorato ad Avvenire, parlo per esperienza: i soli «laici» che ascoltano sono i baciapile e i bacia-anelli).
Credere che i laici cattolici debbano sopprimere in sé le critiche al Concilio (solo a quello poi… peraltro dalla Chiesa stesso definito pastorale e non dogmatico) che non possano parlare, che debbano parlare solo i vescovi e i cardinali, è clericalismo, e fondamentalismo.

Il lettore malevolo insinua poi che, a forza di «libero esame» e di lettura dei padri greci, finiremo per rileggere la Bibbia in lingua ebraica: non si è accorto che è proprio ciò che fanno i prelati più «conciliari» e perciò giudaizzanti, come il cardinal Martini?
Ci sono persino prelati e teologi che hanno preteso di ricostruire il testo aramaico, presunto originale e sottostante, dei Vangeli: una ricostruzione, non occorre dirlo, del tutto arbitraria, dato che i Vangeli furono scritti originalmente in greco.

Questi ci superano in libero esame e luteranesimo, credo.


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