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È tutto ormai compiuto?
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«Il complotto è ad uno stadio troppo avanzato, i congiurati sono troppo potenti» affermava negli anni Settanta Carroll Quigley nel suo libro Tragedy and Hope, e se lo diceva lui allora, figurarsi cosa dovremmo dire noi oggi, che finalmente vediamo il sipario alzarsi su uno scenario di desolazione e di abominevole disperazione. Le grandi manovre per la distruzione dell’economia mondiale sono al culmine, ormai l’attacco finale agli Stati ed alla essenza della persona umana è sferrato e statene certi sarà mortale oltre che chirurgico e selettivo.

La miseria spacciata per sobrietà, la fame che vestirà i panni del rinsavimento, sono i mezzi che servono alle élite mondiali per creare, dal basso, quella spinta democratica ed irresistibile affinché in tutto il globo si alzi potente il grido di dolore che implora un nuovo ordine mondiale più equo e più umano e che dia la possibilità di avere cibo sufficiente per tutti e tanta televisione (tittyteniment).

Per il resto, che la ricchezza sia pure concentrata in mani forti e sicure che la sappiano amministrare e far fruttare al meglio per continuare a darci la speranza di vita quotidiana e pure il soma, come lo chiamava Aldous Huxley, nel suo libro Il nuovo mondo, cioè quella droga energetica che crea senso di tranquillità, tramutando una tragica esistenza in una parvenza di accettabile normalità.

I mezzi che sono stati adoperati sono i più disparati e lo sappiamo tutti: dal lavaggio del cervello, alle droghe di ogni genere e specie, al sistematico ricorso alla bugia che detta una volta resta tale, ma ripetuta mille volte diventa verità.

L’Italia in questa strategia, in questa mortale tela di ragno, è in primissima fila: è insieme alle altre blasonate ed ormai decadute entità statuali del Vecchio Continente sottoposta ad attacchi mortali di una torma di lanzichenecchi che si apprestano all’assalto decisivo, prima del saccheggio finale.

In questo scenario le forze politiche hanno fatto ognuna la sua parte ed ognuno, per miopia, per viltà, per malafede commesso i propri errori ed orrori. La gente ha assistito al tutto come ad una partita di calcio schierandosi da una parte o dall’altra con un tifo becero ed irrazionale: ma qui c’era in palio ben più di una coppa di latta argentata o una targa dorata da appendere alle pareti di uno stadio, magari corredata da qualche scalpo avversario.

C’era in palio la sopravvivenza di una nazione, la sua storia, la sua tradizione, la sua continuità di esistenza nel consesso dei popoli: eppure ognuno si è comportato come se facesse finta di ignorare tutto ciò disinteressandosi del bene comune, dell’avvenire dei figli, ma guardando bene a tener conto del suo particolare, della propria edonistica esistenza, dei propri privilegi di casta, ma soprattutto del proprio portafoglio e della propria delirante, inebriante e smisurata sete di potere. A tutto ciò ha dato una grande mano la montagna di chiacchiere, di gossip, di lurido sudiciume che nell’arena politica tutti si sono tirati addosso, razzolando in questo letame e credendo di essere più furbi degli altri; i polli non vedono più in là del contenitore del loro becchime: i nostri politici, tra una chiacchiera, una pausa caffè alla Buvette di Montecitorio, hanno vissuto allegramente la loro dorata esistenza in questa stia d’oro.

La maggioranza, che si vanta tanto del consenso popolare ottenuto alle elezioni, ha sbagliato tutto, non ne ha azzeccata una ed ognuno dovrebbe fare il proprio esame di coscienza ed il proprio atto di contrizione. Berlusconi, poteva fare per prima cosa, il premier con dignità, con serietà, separando bene quella che era la sua privacy, le sue voglie più o meno lubriche, la sua palese mania di protagonismo e di teatralità, dal suo ruolo di capo del governo della quinta potenza economica del mondo (1).

C’era da ricostruire, agli occhi di tutti, la dignità di una nazione, da dimostrare con i fatti che l’Italia si era rialzata, che il genio italiano aveva ripreso vigore, che le idee di questo popolo erano tornate a partorire novità universali degne del suo glorioso passato, dalla romanità, al medioevo cristiano cattolico, al Rinascimento e finalmente poter tornare ad essere la guida spirituale, morale ed intellettuale degli altri popoli. C’era da iniziare subito dalla testa del male cominciando a costruire uno Stato nuovo, una nuova economia, una nuova visone della vita. Invece ha preferito crogiolarsi nel teatrino della sua carica raccontando barzellette, facendo scherzi da bambino discolo e nemmeno tanto intelligente ed esponendosi al linciaggio mediatico della stampa seria ed illuminata con festini da basso impero e circondandosi di una corte di piccoli lenoni, ballerine ed attricette da avanspettacolo, regalando soldi a piene mani e presentandosi come un narcisista con il chiodo fisso del sesso.

La sua maggioranza non è stata da meno: un’armata Brancaleone di affaristi, di capi bastone: un’accozzaglia di vecchi democristiani, ex socialisti, residui o residuati di tutte le logge, trans fascisti anche loro malati di protagonismo cronico a cominciare dal traditore, privo di ogni contenuto, ambiziosissimo Fini; certo non era e non è assolutamente il più idoneo a fare prediche moralistiche quando di operazioni poco chiare e per niente disinteressate ne ha gli armadi pieni.

Morale della favola un sacco di chiacchiere, di indecisioni, di contrasti, di compromessi, di intrecci affaristici che hanno paralizzato l’azione di governo. Ma qui si evidenzia il vero problema dell’Italia: la totale ed assoluta mancanza di auctoritas, la perdita di qualsiasi cogenza gerarchico- amministrativa su tutti gli organi dello Stato: il governo fa una legge e le regioni non la applicano, si decide di costruire un’infrastruttura e subito un Comune qualsiasi comincia un ostruzionismo feroce, ricorrendo a qualsiasi forma di impedimento, agendo la magistratura ordinaria, ricorrendo al TAR, al Consiglio di Stato ed in pratica rendendo impossibile la realizzazione dell’opera stessa; poi si parla di modernizzazione mancata, di ritardo dell’Italia nei confronti delle altre nazioni civili, ma poi, in pratica, nessuno fa niente per porre rimedio a queste storture: il ministro dell’Interno avrebbe la possibilità di scioglimento e commissariamento di un Comune; questo è stato fatto solo per inquinamenti mafiosi talmente gravi da non poter chiudere gli occhi, tanto grave era la situazione.

Una società che funziona ha le sue regole scritte, che non possono e non devono essere interpretate, ma applicate da tutti, dal Parlamento, dall’esecutivo, dal potere giudiziario, dal presidente della repubblica. Ognuno fa come vuole e se ne infischia di quale sia il suo ruolo e la sua precipua funzione; l’importante è fare resistenza a tutti e a tutto: nelle stesse situazioni si sono trovati anche i governi del Centrosinistra.

L’opposizione ha fatto solo parzialmente il suo dovere istituzionale. Il solo scopo perseguito è stato quello di abbattere il tiranno sanguinario, il macellaio della Costituzione, il mostro miliardario che sta al governo solo per farsi i propri interessi e che odiosamente occupa una poltrona che, invece, per volontà e meriti superiori spetterebbe ad un illuminato; hanno fatto proposte che talvolta sembravano partorite da dementi o da semi infermi di mente, poi subito dopo qualche mese seppellite e sostituite con altre altrettanto strampalate e senza costrutto. Ma il solo obiettivo restava sempre far cader Berlusconi.

In un marasma di crisi mondiale strutturale come quella che stiamo vivendo, alcuni parlamentari: Zanda, Morri, Vimercati, Vita, Sircana e Magistrelli hanno presentato come prioritaria la proposta di una commissione di inchiesta sul sistema radiotelevisivo italiano, in quanto, secondo loro, Mediaset avrebbe raddoppiato il fatturato tra il 2000 ed il 2010, filiali estere comprese, mentre la RAI no. Certo che a Bisanzio, assediata dai turchi, almeno si facevano discorsi scelleratamente più seri!

Ma la sinistra ha sostanzialmente operato il più grosso tradimento del suo elettorato vendendosi ai poteri forti, alle grandi lobby internazionali, ai potentati mondialisti ed oggi accettando il diktat di un governo di tecnici, che non possedendo né la bacchetta magica né la pietra filosofale, non riuscirà di certo a rimettere la barca in rotta, perché la crisi economica non glielo permetterà.

Il presidente della repubblica è quello che ha veramente compiuto il lavoro più sporco. Si è innanzitutto appropriato di prerogative che non gli competono, ha interferito sulla volontà di un parlamento regolarmente eletto, ha rimandato alle camere leggi regolarissime soltanto perché reputava le medesime non in linea con princìpi ideologici e formali del tutto discutibili, ha imposto la politica estera quando ha preteso che l’Italia partecipasse al disastro libico. Ed alla fine ha realizzato un vero capolavoro di iniquità politica. Se quello che è successo in Italia lo avessero fatto i militari sarebbe stato un colpo di Stato, ma fatto da Napolitano e dai banchieri si chiama solo governo tecnico: nel primo caso avremmo visto fiumane di scalmanati per strada a devastare le città italiane ed i morti sarebbero stati migliaia; così si brinda solo a champagne nei salotti buoni o nelle esclusive suites delle grandi banche del mondo intero. Nel secondo caso abbiamo assistito ad una riedizione più sobria di Piazzale Loreto e della macelleria messicana!

E all’improvviso, senza essere eletto da nessuno, senza aver nessun titolo particolare, solo per aver frequentato sempre gli ambienti giusti o le esclusive riunioni del Bilderberg Group e della Trilateral Commission, quasi camminando sulle acque tempestose, si è materializzato il professor Mario Monti. Nominato miracolosamente a tamburo battente senatore a vita e prima di qualsasi dimissione o consultazione già candidato in pectore alla presidenza del Consiglio. Nemmeno ha finito di prendere possesso formalmente del potere  ed è già diventato santo subito! È quasi una gara per chi si aggiudica il diritto di primogenitura di questo governo; ma il coro lo conduce, con gran spolvero, come al solito Repubblica, che vede solo positivo, esalta il professor Monti, stende tappeti rossi dove cammina ed ormai i peana salgono fino alla corte celeste oscurandone gli angelici cori.

Infine, anche noi abbiamo avuto la nostra parte in questa tragicommedia. Abbiamo fin troppo a lungo sopportato con pazienza soverchia e certosina tutto quello che abbiamo vissuto; stoicamente siamo rimasti nei ranghi schiumando di rabbia, ma civilmente tenendo un atteggiamento maturo, ma non per questo indifferente o peggio menenefreghista. Abbiamo dimostrato quella dignità, quella seria e profonda partecipazione che solo i popoli che hanno una storia millenaria come la nostra possono vantarsi di possedere.

Abbiamo anche avuto una grande fortuna rispetto a tanti altri che, invece, si sono crogiolati nella loro ignoranza e trincerati dietro il non sapevo, non immaginavo; abbiamo avuto una guida seria, preparatissima che ci ha informati su tutti i dettagli della crisi, e dobbiamo un grazie a Maurizio Blondet, che con i suoi articoli appassionati, lucidissimi – ed oserei dire storici – ci ha svelato i retroscena, gli intrighi, le porcherie da suburra a cui impotenti abbiamo assistito.

Nel mio piccolo anche io ho cercato di dare il mio contributo per quel poco che so, ma animato da passione e da amore per Dio, per la Verità e per un profondo senso di appartenenza a questo popolo.

Ma l’impegno individuale non basta più. Sul modello degli insegnamenti del professor Auriti dobbiamo arrivare alla creazione di una moneta di proprietà del popolo libera da debito ed immessa sul mercato gratuitamente dallo Stato, accreditata a ognuno come reddito di cittadinanza, liberando i cittadini dal pagamento dei tributi, dalla schiavitù degli interessi usurai e dallo strozzinaggio organizzato. Questa massa monetaria dovrà essere impiegata nella economia reale artigianale, agricola, industriale, per permettere la ripresa delle attività economiche, per cancellare la disoccupazione, per poter favorire la creazione e la realizzazione di tutte quelle cose che il genio italiano è stato capace di pensare e di creare.

Dobbiamo proteggere la nostra economia con dazi doganali, nazionalizzare la Banca d’Italia e tutti quei conglomerati creditizi che creano moneta dal nulla sulla pelle di chi lavora e produce, abolire la Borsa e ripudiare l’alta finanza internazionale e tutti i suoi strumenti creativi e criminali: derivatives, swap, cds e quant’altro. Scacciare le multinazionali dal nostro Paese. C’è qualcuno disposto a lottare per il futuro dei suoi figli e della nostra nazione?

Luciano Garofoli





1
) All’ultima riunione dei capi d governo, ad esempio, davanti alle risatine cretine della Merkel e del Napoleone in sedicesimo Sarkozy, poteva benissimo alzarsi e con compostezza abbandonare la riunione dopo aver detto che nessuno dava il diritto ai due compari di trattare una nazione come l’Italia in quel modo screanzato e che l’Europa dell’asse Parigi Berlino se la potevano anche  costruire da soli. L’Italia sarebbe diventata di colpo il centro di coagulazione di tutti quei Paesi che non volevano diventare colonia della Germania e nessuno da noi avrebbe potuto obiettare niente davanti a questa dignitosa presa di posizione. Berlusconi poteva riabilitarsi con questo plateale atto ed impedire tutto quello che poi è successo: e non essere messo sotto tutela non solo da parte dei curatori fallimentari dell’Europa e del FMI. La secessione poteva esserci o no, ma per chiedere scusa i due fanfaroni sarebbero dovuti andare a Canossa con carovane di agevolazioni, concessioni, scuse per pregarci di rimanere nella comunità: ma il Cavaliere non ha saputo cogliere l’attimo ed ora smetta di lamentarsi ululando alla luna.

 

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