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Don Giuseppe De Luca e Romana Guarnieri (1)
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PRIMA PARTE
Prologo

Studiando la storia culturale/religiosa italiana del Novecento ci si imbatte in una coppia originale: don Giuseppe De Luca (1898-1962) e Romana Guarnieri (1913-2004). Essi furono un punto di riferimento per coloro che volevano studiare la letteratura italiana anche religiosa soprattutto da un punto di vista scientifico, letterario, filologico. Nel loro circolo culturale si incontrano molte amicizie che contano: Giovanni XXXIII, Mons. Montini (il futuro Paolo VI), Alcide De Gasperi, Benedetto Croce, Raffaele Mattioli…

Occorre precisare che, se il pensiero della Guarnieri appare più esplicitamente formulato nei suoi scritti, quello di don De Luca è più ovattato, più difficile da decifrare sia per le amicizie che ebbe a “destra” (card. Alfredo Ottaviani, card. Domenico Tardini, Giovanni Gentile, p. Alberto Vaccari, Giuseppe Bottai, Domenico Giuliotti, d. Pio Paschini, d. Giuseppe Ricciotti, p. Mario Barbera, p. Filograssi, p. Joseph de Guibert), sia per quelle che ebbe a sinistra (Manzù, Franco Rodano, Palmiro Togliatti, Ernesto Buonaiuti, Henri Bremond, Louis Duchesne, Emilio Colombo, Alcide De Gasperi, Giuseppe Sturzo, Carlo Bo, Giuseppe Ungaretti… oltre quelli sopra citati). Tuttavia qualcosa si riesce a capire del suo modus cogitandi sia a partire dai Carteggi pubblicati (con Montini, con Croce, con De Gasperi, con Papini e Prezzolini, ma purtroppo non con Raffaele Mattioli, che nell’estate del 1947 lo salvò dal fallimento[1]), sia dal suo modo di vivere.

In questo primo articolo inizio con la “laica” Romana Guarnieri, più facile da decifrare, e nel prossimo mi soffermerò su don De Luca, più ermetico, prudente, nascosto, “clericale”, quasi “esoterico”, premettendo per ora che egli si occupò soprattutto di pubblicazioni: le Riviste (Il Frontespizio), la letteratura, specialmente religiosa, e i movimenti spirituali. Fondò nel 1942 e diresse le Edizioni di Storia e Letteratura e nel 1951 iniziò la collana l’Archivio italiano per la storia della pietà. Nel 1954 iniziò la collaborazione con l’Editore Riccardo Ricciardi di Napoli, parente di Raffaele Mattioli da parte di madre, con la collana La letteratura italiana. Storia e Testi, Scrittori di religione del Trecento. Pubblicazioni postume sono Bailamme, ovverosia pensieri del sabato nel 1963. Sono stati editi i suoi carteggi con Giuseppe Prezzolini (1975), Giovanni Papini (1985), Giuseppe Bottai (1989) e Giovanni Battista Montini (1992), gli altri son rimasti sino ad ora inediti.

Romana Guarnieri

Romana Guarnieri nacque il 15 novembre del 1914 all’Aja in Olanda. “La sua famiglia unisce in sé due anime profondamente distanti: quella della madre, olandese, cresciuta in un ambiente vicino al movimento teosofico, e quella del padre, italiano, cattolico e legato al mondo delle riviste dell’interventismo della cultura maturato negli anni precedenti la prima guerra mondiale” (V. Roghi a cura di, Giuseppe De Luca – Romana Guarnieri. “Tra le stelle e il profondo”. Carteggio 1938-1945, Brescia, Morcelliana, 2010, Introduzione, p. 14).

Suo padre fu Romano Guarnieri (1883-1955), da giovanissimo entrò in contatto col Socialismo di Edmondo De Amicis, si avvicinò al Nazionalismo interventista e subì l’influsso intellettuale di Benedetto Croce, strinse poi amicizia con Papini e Prezzolini. Divenne un insigne studioso di linguistica. Nel 1907 si trasferì dall’Italia in Olanda ove sposò Iete van Beuge (figlia del noto compositore e musicista fiammingo A. M. van Beuge). Allo scoppiar della Prima Guerra Mondiale Romano Guarnieri fu richiamato alle armi, di lì il suo ritorno in Patria e la rottura conseguente del matrimonio che era già fortemente incrinato. Romano restò in Italia, Iete sposò in seconde nozze, dopo il divorzio, l’architetto italiano Gaetano Minnucci e lo seguì a Roma con la figlia Romana, mentre il figlio Leonardo rimase in Olanda con i nonni materni. Nel frattempo il padre, Romano Guarnieri che si era unito con una traduttrice ebrea-olandese di nome Carla Simons, era divenuto titolare della prima cattedra di italiano nell’Università di Utrecht nei Paesi Bassi, aderì al Fascismo, ma se ne allontanò nel 1936 perché in disaccordo con l’appoggio dato da Mussolini alla Spagna di Franco durante la Guerra civile (1936-1939)[2].

A Roma Romana Guarnieri si iscrisse nel 1928 al Liceo Visconti ove ebbe come insegnante di latino e greco il prete modernista don Primo Vannutelli, che nel suo “Testamento spirituale, ultimato nel 1939 e pubblicato solo nel 1978, confessò di aver perso totalmente la fede (cfr. F. Gabrieli a cura di,  Testamento di fede di don Primo Vannutelli, in “Centro studi per la storia del Modernismo”, n. 7, 1978, pp. 118-253;  S. Pagano, Documenti sul modernismo romano, in “Ricerche per la storia religiosa di Roma”, n. 8, 1990). Nel 1934 si iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia nell’Università di Roma. Sembrava destinata alla carriera universitaria, non solo per la sua capacità ma anche grazie all’appoggio del padre, quando un’amica dell’Università – Angela Zucconi – le parlò di don Giuseppe De Luca, che conobbe di persona il 14 marzo 1938. Quel giorno segnò la Guarnieri in maniera definitiva: iniziò la sua conversione al Cattolicesimo e intraprese la sua vita di assistente letteraria di don Giuseppe De Luca, al quale fu sempre accanto sino al giorno della sua morte (19 marzo 1962) nel lavoro delle Edizioni di Storia e Letteratura, dedicandosi in particolar modo all’Archivio italiano per la storia della pietà.

Romana Guarnieri e Margherita Porrete

Il merito di aver identificato, nel 1946, in Margherita Porrete l’autrice dello Specchio delle anime semplici e di averne pubblicato in edizione diplomatica nel 1965 il manoscritto di Chantilly, l’unico codice che ce ne ha trasmesso il testo medio-francese, va a Romana Guarnieri[3].

Nella “Prefazione storica” (pp. 1-54) al libro di Margherita Porrete, (Lo specchio delle anime semplici, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994) la Guarnieri spiega che Margherita Porete (così la chiama) era “una beghina del nord-est della Francia, morta sul rogo nel 1310 a Parigi” (cit., p. 9). La Guarnieri ricongiunge al movimento del Libero Spirito la dottrina della Porrete, che, tramite Lo specchio delle anime semplici, diffuso in mezza Europa tra il Trecento e il Seicento - grazie a molte traduzioni in inglese, latino, italiano, e forse tedesco - è confluita nel Quietismo secentesco, di cui la Porrete è una precorritrice.

La dottrina della Porretana è così compendiata dalla Guarnieri: il pneumatico, ossia lo spirituale, il puro e il perfetto, giudica tutto e tutti, ma non è giudicato da nessuno; egli è un’anima libera e affrancata, assorbita totalmente nell’Essenza di Dio e portaparola della vera Chiesa, la Chiesa grande, dello Spirito, composta dagli spirituali, essenzialmente diversa e superiore alla Chiesa piccola, carnale, gerarchica e romana.

Nello Specchio delle anime semplici si trova anche la dottrina della santificazione tramite il peccato (anti-nomismo[4]), che è stata ripresa e vissuta dai cabalisti ebrei Shabbatai Zevi (1626-1676), da Jacob Frank (1726-1791) e dai quietisti cristiani nel XVI-XVII secolo. La seguente frase della Porrete la compendia mirabilmente: “l’anima annichilita nell’amore di Dio può e deve, senza timori e scrupoli di coscienza, concedere alla natura tutto ciò che desidera” (cfr. M. Guarnieri, Prefazione, cit., p. 15), proposizione condannata nel 1312 dal Concilio di Vienne come propria dei Begardi e delle Beghine (DB 891-899).

Essa contiene tutto lo spirito del futuro Libertinismo, del Libero amore e del Libero spirito, che la Guarnieri nella sua Prefazione difende contro le condanne della Chiesa.

Leggendo la Prefazione allo Specchio delle anime semplici scritta dalla Guarnieri  si rimane perplessi nel constatare come ella sia sempre vicina alle proposizioni condannate e si allontani sempre dal giudizio e dalla dottrina cattolica (cfr. anche R. Guarnieri, Il movimento del Libero Spirito. Testi e Documenti, in “Archivio Italiano per la Storia della Pietà”, vol. IV, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1965, pp. 350-708 [testi: pp. 513-635]; Id., Pinzochere, in “Dizionari degli Istituti di Perfezione”, vol. VI, Roma, Edizioni Paoline, 1980, coll. 1720-1749; A. Mens, Beghine, Begardi e Beghinaggi, in “Dizionario degli Istituti di Perfezione”, IV vol., Roma, Edizioni Paoline, 1974, coll. 1165-1180).

Il 9 aprile 1310 era stato condannato al carcere a vita un certo Guiard de Cressonessart, che aveva aiutato e difeso la Porretana. Egli era uno “strenuo difensore della vita apostolica e per propria confessione si dichiarava inviato da Cristo, come l’Angelo di Filadelfia, a sostenere e salvare quei fedeli che tutto hanno dato e vivono in perfetta povertà e per questo vengono perseguitati: costoro, a suo dire, formano la vera Chiesa di Filadelfia (Apoc., III, 7 ss.), la quale rappresenta lo stadio più alto di una Chiesa che, pur essendo unica, conosce tuttavia diversi gradi o stati di perfezione. Questa tesi gioachimita riappare anche nello Specchio, dove si distingue tra una Chiesa la Piccola, corrispondente alla Chiesa gerarchica ufficiale, retta da Ragione, e una Chiesa la Grande, retta da Amore/Spirito Santo e costituita dalla Anime libere che sostengono, nutrono e istruiscono la Chiesa Piccola (R. Guarnieri, Prefazione, cit., pp. 18-19).

Margherita Porrete aveva una fede cieca nella propria verità, comunicatale, secondo lei, direttamente da Dio in un lampo, che la poneva al di sopra dell’autorità ecclesiastica alla quale, perciò, rifiutò ogni risposta e collaborazione nel processo che subì prima della condanna.

La Guarnieri ammette che Margherita Porrete apparteneva al cerchio del beghinaggio radicale, gravitante attorno a fra Dolcino e a Guglielmina la Boema, la quale è famosa anche per la devozione nutrita verso di lei da Raffaele Mattioli amico e corrispondente di don Giuseppe De Luca tramite Benedetto Croce (cfr. G. Galli, Il banchiere eretico. La singolare vita di Raffaele Mattioli, Milano, Rusconi,1998; S. Gerbi, Raffaele Mattioli e il filosofo domato, Torino, Rizzoli, 2000; G. Galli, Il Padrone dei Padroni. Enrico Cuccia, il potere di Mediobanca e il capitalismo italiano, Milano, Garzanti, Milano, 1995); il Mattioli nel 1973 volle persino essere sepolto nel sepolcro di Guglielma[5] (che era stato svuotato dall’Inquisizione) e ogni anno il 27 luglio, anniversario del di lui trapasso, sulla tomba che fu di Guglielmina e ora è di Mattioli, un gruppo di alti finanzieri e intellettuali (tra i quali c’era sempre Enrico Cuccia) si ritrovavano a partecipare ad un “rito privato, quasi segreto” (Corriere della Sera, 28 luglio 1994), il cui filo conduttore va ricercato nel culto cabalistico dell’androgino primitivo femmineo, tesi che “è l’essenza del giudaismo cabalistico” (cfr. G. Sholem, Le messianisme juif, Parigi, Calmann-Lévy, 1974, p. 171) e dell’eresia beghina di Margherita Porrete.

Guglielmina nacque nel 1210 da Costanza d’Ungheria e dal re di Boemia Premislao I. Tra il 1260-70 arrivò a Milano ove morrà nel 1281. Guglielmina si considerava... “Dio”. «Lo Spirito Santo era presente ed incarnato in lei» (L. Muraro[6], Guglielma e Maifreda. Storia di un’eresia femminista, Milano, La Tartaruga, II ed. 2003, p. 31). Tale dottrina ereticale creduta in segreto da Guglielma, fu insegnata da Andrea Saramita, un gioachimita millenarista. Essa può essere riassunta così: 1°) Guglielma è Dio Spirito Santo incarnato in una donna; 2°) essa è venuta a portare la salvezza a coloro che sono fuori della Chiesa, specialmente agli ebrei oltre che ai musulmani, indipendentemente dalla Mediazione di Cristo. Se la prima tesi può essere attribuita, in senso stretto, solo al Saramita (Guglielma non la professava pubblicamente, ma la lasciava circolare); la seconda (salvezza dei non cristiani, specialmente degli ebrei) va attribuita direttamente a Guglielma. Dopo la morte di Guglielma (incarnazione femminile dello Spirito Santo, che avrebbe dovuto risuscitare come Gesù), i guglielmiti furono guidati da due maestri: a) Andrea Saramita, il “teologo” gioachimita e millenarista; b) Suor Maifreda (o Manfreda) da Pirovano (delle “Suore Umiliate”), imparentata con i Visconti. Suor Maifreda «benedisse delle ostie che erano state deposte sul sepolcro di Guglielma, e le distribuì ai presenti» (L. Muraro, p. 53). Il culto della “divinità” di Guglielma era tenuto segreto e si svolgeva discretamente nell’Abbazia di Chiaravalle dei Cistercensi milanesi, ove Guglielmina era stata sepolta e donde avrebbe dovuto risorgere e dove Mattioli si fece inumare. Suor Maifreda era il capo religioso dei guglielmiti (i credenti nella divinità di Guglielma) e pretendeva di insegnare “magisterialmente” e di “amministrare” i sacramenti. Essa si riteneva il Vicario di Guglielma, come Pietro (o il Papa) lo è di Cristo. Papa Bonifacio VIII condannò il guglielmismo, sia dottrinalmente che moralmente (a causa delle orge sessuali che vi si praticavano). Nel 1300 (il 10 aprile) suor Manfreda celebrò “messa” «assistita da diaconi e suddiaconi, rivestì gli abiti sacerdotali» (L. Muraro, p. 69). Maifreda «prima del 1284 [data del primo processo inquisitoriale, ndr] credeva che Guglielma fosse la terza persona della SS. Trinità, venuta in terra a liberare gli ebrei» (L. Muraro, p. 88). Naturalmente - secondo i guglielmiti - Guglielmina, essendo “Dio”, era superiore alla Madonna. Secondo alcune fonti storiche Guglielma conviveva “more uxorio”, essendo stata posta al di là del bene e del male dallo Spirito, con Andrea Saramita. Essi vivevano in una sinagoga sotterranea (L. Muraro, p.125), ove si abbandonavano a disordini sessuali con i loro seguaci, secondo l’aspirazione dei fratelli del Libero Spirito[7]. Altri autori, secondo Luisa Muraro, non ritengono storicamente fondata questa notizia. Comunque è certo che Guglielma, Spirito Santo incarnato in una natura femminile, ha scelto come sua “papessa” Maifreda e che «il Papato, con la curia romana, devono cedere la loro autorità a Maifreda, la quale deve battezzare gli ebrei… e tutti gli altri… che sono fuori dalla Chiesa» (L. Muraro, p.138). Infatti «attraverso Guglielma dovevano venire alla fede e alla salvezza ebrei e musulmani» (L. Muraro, p.154) poiché «il Sacrificio di Cristo non è bastato; una parte dell’umanità è rimasta simbolicamente “incarcerata”. Ebrei e musulmani sono il simbolo di tutto quello che rimane sulla terra di “non libero”» (L. Muraro, p. 156). Qualche storico vede un legame tra il Saramita, i francescani millenaristi e il movimento del “Libero Spirito”. Questa squallida vicenda si concluse nel 1300, quando l’inquisitore Guido da Cocconato, «successore di S. Pietro Martire», aprì un processo contro i guglielmiti e mandò al rogo il Saramita, Maifreda e il cadavere dissotterrato di Guglielmina. Quel che colpisce, ma non stupisce, è il fatto che Raffaele Mattioli abbia scelto come sua tomba il sepolcro che aveva occupato per nove anni circa Guglielmina. Ma il millenarismo è duro a morire, vi è un filo conduttore che, da Gioachino da Fiore sino ad oggi, spera in una terza èra dello Spirito Santo, èra di libertà assoluta e di ecumenismo universale.

Ora, forse, non è un caso che il maestro spirituale di Romana Guarnieri (devota di Margherita Porrete), don Giuseppe De Luca, abbia avuto una corrispondenza e una certa amicizia proprio con il Mattioli (devoto di Guglielmina la boema, “consorella” di Margherita Porrete), ma purtroppo il loro carteggio è rimasto impubblicato. Prossimamente mi soffermerò sulla figura complessa di don De Luca[8].

Un altro elemento degno di essere notato è la volontà di Margerita Porrete di restare dentro la Chiesa pur volendola trasformare, proprio come faranno i modernisti circa seicento anni dopo di lei. Infatti la Guarnieri scrive: “è certissimo che, pur insegnando la dottrina di origine gnostica delle due Chiese – quella gerarchica, istituzionale, guidata da ‘Ragione e quella spirituale, guidata da ‘Amore e chiamata a completare la prima con l’istruirla, guidarla, governarla e nutrirla – Margherita Porete intende fermamente stare dentro la Chiesa” (cit., p. 26). Non ci si deve, pertanto, stupire se alcuni gioachimiti odierni, pur avendo una dottrina segreta diversissima da quella della Chiesa cattolica, si celino al suo interno per tramare contro di essa, nascosti sotto le sembianze di cattolici tradizionali.

La dottrina della Porretana scivola immancabilmente verso il panteismo esplicito poiché ella ritiene che l’illuminazione da lei sperimentata, dopo aver meditato sulla sua corruzione totale (tema che verrà ripreso da Lutero e che si allontana dalla dottrina cattolica, secondo cui il peccato originale ha soltanto ferito e non guastato totalmente la natura umana), la porta a rinunciare al suo libero arbitrio e alla sua identità e quindi a renderla una sola cosa con Dio, poiché oramai non c’è differenza tra lei e la Divinità, così, ella non può non volere la volontà di Dio qualsiasi cosa faccia, anche quello che i membri della Chiesa gerarchica chiamano il peccato, che è la violazione della Legge divina. Quindi con Margherita Porrete “cessa ogni necessità di mediazione ecclesiale e non hanno più ragione di essere le opere, i sacramenti e quanti li amministrano, addirittura l’amore verso Dio, essendo lei stessa divenuta, per grazia, tutta amore e in questo identica a Dio” (R. Guarnieri, cit., p. 27).

Per queste ragioni Margherita Porrete si riteneva “investita e autorizzata a parlare di cose delle quali nessun chierico, per quanto dotto o elevato di grado, potrebbe trattare, e di conoscere segreti capaci di portare a dannazione molti, mentre invece lei si salva. Son cose che superano non solo la comprensione della Chiesa nei suoi chierici e teologi, ma addirittura le Scritture: poggiano infatti sull’insegnamento diretto, senza mediazione alcuna, del ‘Divino Amore. Di qui il carattere qua e là esoterico, iniziatico del testo [Lo specchio delle anime semplici, ndr] che si avvale spesso del linguaggio apo-catafatico [che non può dire nulla di positivo su Dio, ndr] caro alla tradizione pseudo-dionigiana” (R. Guarnieri, cit., pp. 33-34[9]).

Come si vede la dottrina di Margherita Porrete rinvia a molte delle sette gnosticheggianti e millenaristiche, che si son sviluppate nel corso della storia della Chiesa. La Guarnieri partecipa lo spirito della Porretana, per cui per capire di quale spirito si sia imbevuta Romana Guarnieri sarà utile gettare uno sguardo sui vari movimenti ereticali riconducibili allo Specchio delle anime semplici. In un secondo tempo ci potremo chiedere se il rapporto intercorso tra don De Luca e la Guarnieri sia stato di semplice direzione spirituale e cultural/letteraria o se - in maniera più prudente, segreta e nascosta - il De Luca abbia anche lui risentito dell’influsso delle idee dello Specchio della Porretana. Infatti nella vicenda della Guarnieri si constata il “rovesciare addirittura il ruolo di direttore e diretta, lasciando a Romana, in più di un’occasione, il compito di guidare il prete De Luca ‘tra le stelle e il profondo’ come le scriverà lui stesso in una lettera del 14 marzo 1940” (V. Roghi, a cura di, G. De Luca – R. Guarnieri,Tra le stelle e il profondo”. Carteggio 1938-1945. Brescia, Morcelliana, 2010, p. 8).

Il Libero spirito

Il movimento del “libero spirito” detto anche “Spirito di libertà”, oppure “Spirito nuovo, Spirito alto, Spirito d’intelligenza” raggruppa tutti quei movimenti ereticali (germanici, olandesi, belgi e francesi) a sfondo misticoide, che dal XIII al XV secolo sono caratterizzati da uno spiccato panteismo. Secondo essi l’uomo “spirituale, alto e intellettuale” è talmente unito a Dio che qualsiasi cosa faccia non pecca. Quindi tutta l’ascetica, la vera mistica o via unitiva con Dio (mediante l’attuazione abituale e costante dei sette Doni dello Spirito Santo), le pratiche sacramentali non hanno più nessun valore[10]. Si vede, perciò, chiaramente come queste eresie abbiano preparato il terreno a Lutero (“pecca fortiter sed fortius crede”), impregnato di nominalismo soggettivista (teorico e morale) occamista. Da tutte queste teorie ne consegue necessariamente una amoralità, specialmente sensuale, parossistica. In Italia la setta dello “Spirito di libertà” appare in Umbria agli inizi del Trecento, fondata dal francescano Bentivenga da Gubbio (1319-1332)[11]. Secondo fra Bentivenga “Dio è il demonio” e viceversa[12]; teoria che sarà ripresa, non a caso, dal liberale Benedetto Croce (amico e corrispondente di Mattioli e di don De Luca): «Satana non è una creatura estranea a Dio, e neppure il ministro di Dio, ma Dio stesso. Se Dio non avesse Satana in Sé, sarebbe come un cibo senza sale» (B. Croce, La logica come scienza del concetto puro, Bari, Laterza, 1905, parte I, sezione 1). In Belgio e specialmente a Bruxelles, nel Quattrocento, si formarono i movimenti degli “Uomini d’intelligenza”, che praticavano il nudismo e la lussuria più sfrenata (v. “Turlupini e “Adamiti” di Boemia)[13].

Il Libero pensiero

I “Liberi pensatori” sono la setta di coloro che rifiutano l’autorità dottrinale e i dogmi del Cristianesimo; tale denominazione (Liberi pensatori) è apparsa verso la fine del Seicento in Inghilterra. Questo movimento è caratterizzato da un forte Razionalismo teorico, che come conseguenza pratica è sfociato nel Libertinismo amoralistico francese (v. sotto). Già nell’alto Medioevo e soprattutto nel Rinascimento italiano, specialmente fiorentino, si incontrano alcuni “Liberi pensatori”, che non avevano ancora costituito una setta o un movimento, ma al massimo - soprattutto nella Rinascenza - formavano delle accademie filosofiche elitarie ed esoteriche (P. Pomponazzi, G. Bruno, T. Campanella[14]). Il teorico per antonomasia del “libero pensiero” è Baruch Spinoza (1632-1677), dalla cui filosofia si è sviluppato il deismo e l’illuminismo moderato britannico e radicale francese, specialmente quello di Voltaire[15].

Il Libertinismo

I “Libertini”, chiamati anche “Spiriti forti”, sono coloro che esaltano la libertà, intesa come licenza, arbitrio individuale e come un fine ultimo assoluto, oltre e contro ogni regola e limite principalmente morale ed anche dogmatico. Son sorti in Francia (specialmente a Lille e a Rouen) nel 1525-1530[16]. Non per caso nel Settecento i Libertini si son alleati e fusi con il movimento economico dell’Honnête homme (il borghese), che propugnava la liceità del prestito ad usura ed in questo sono gli ascendenti diretti del liberismo[17]. Contro di essi hanno polemizzato San Luigi Maria Grignion de Montfort e Biagio Pascal[18].

Alcuni autori dividono il Libertinismo in due rami: 1°) i “Libertini spirituali” del Cinquecento, secondo i quali (come per Machiavelli) la legge morale va bene per tener tranquilla la massa degli incolti;  2°) i “Libertini eruditi” del Seicento, i quali erano impregnati di scetticismo teoretico e morale, (si rifacevano a Pomponazzi e a Giordano Bruno) e professavano una sorta di “marranesimo” anticipando, così, il cripto-modernismo, definito da S. Pio X “foedus clandestinum / società segreta” (Motu proprio Sacrorum Antistitum, 1910). Infatti la loro massima era: “foris ut licet, intus ut libet / in pubblico comportati come è conveniente, in privato come vuoi”[19].

Il Libero amore

Il “Libero amore” è il movimento che nell’Ottocento propugnava  la piena libertà dei rapporti sessuali, svincolata totalmente da ogni regola morale ed anche dalle leggi penali della Società civile di allora[20]. I maggiori rappresentanti del “Libero amore” sono l’anarchico di sinistra Max Stirner (1806-1856) e il nichilista di “destra” Federico Nietzsche (1844-1900). Anche il Marxismo (Marx, Engels, Lenin) e l’Anarco-capitalismo (Mises, Hayek, Nozick, Rothbard, Friedman…) hanno ripreso le teorie del “Libero amore”, che son diventate una moda predominante nel 1968, grazie all’apporto teorico e finanziario del freudismo, della “Scuola di Francoforte” (Adorno & Marcuse, Horkheimer, Fromm, Benjamin, Pollock, Habermas…) e dello “Strutturalismo francese” (Lacan, Lévi-Strauss, Althusser, Foucault, Sartre…) e del Partito Radicale Italiano (Marco Pannella & Emma Bonino…). Il filosofo empirista inglese Bertrand Russell (1872-1970), amico di Hayek e discepolo, in materia logico/semantica pre-strutturalistica, del cugino di quest’ultimo Ludwig Wittgenstein (1889-1951), nel suo libro Il matrimonio e la morale del 1927[21] insegna che il libero amore e l’abrogazione del matrimonio verrebbero a costituire un elemento di progresso favorevole allo sviluppo della società civile. Il politico socialista francese Léon Blum (1872-1950) nel suo libro Del matrimonio (tr. it., Torino, 1946) afferma che il libero amore garantisce la possibilità di un’esperienza positiva e utile in vista di un eventuale matrimonio.

I “Libertari” ossia gli Anarchici (Socialisti o Liberisti) Libertini hanno ripreso queste dottrine e le hanno estese anche al campo economico[22].

Dallo Gnosticismo millenarista al Liberismo

Igor Safarevic[23] ha scandagliato le origini teologicamente ereticali del Libertinismo/libertario e liberale/liberista, sia dell’antichità pagana inglese (Gnosticismo e Manicheismo dal IV secolo a. C. sino al II secolo d. C.[24]), sia soprattutto del Cristianesimo eterodosso del Medioevo (Millenarismo[25] e Catarismo[26]) e della Riforma protestantica (Anabattismo[27], Puritanesimo britannico della prima Rivoluzione inglese del 1649[28]).

Il carattere comune di questi movimenti ereticali, che partono già dal Manicheismo, dalla Cabala e soprattutto dallo Gnosticismo “cristiano” del II secolo d. C. ed arrivano alla Rivoluzione inglese del 1649 e del 1688 (da cui è nato il Neoconservatorismo statunitense), è il rifiuto globale della società vigente e del mondo con i suoi limiti, che non sono sopportabili per gli eretici utopisti e gnostici[29], i quali pretendono per l’uomo una dignità infinita e per il mondo una perfezione assoluta, scivolando così nel panteismo.

Lo Gnosticismo antico è la matrice di tutte le eresie e ideologie libertarie e libertine, mentre il panteismo ne è il loro minimo comun denominatore. Inoltre queste eresie vogliono, utopisticamente e individualisticamente, l’oltrepassamento indolore (Anarco/liberismo) della Società vigente. Infine vorrebbero costruire già in questo mondo un “nuovo paradiso terrestre” in cui regnino la felicità e la giustizia assolute, trascurando o negando l’aldilà.

La dissoluzione dell’uomo, della famiglia e dello Stato mediante il Libero amore

L’abolizione della famiglia tramite la comunanza delle mogli e la rottura del legame genitori-figli (v. la “società del Libero spirito e del Libero amore”)[30] e il benessere materiale al più alto grado (v. il Liberismo crematistico o finanziario) sono le conclusioni pratiche cui giungono questi movimenti.

L’Anarco/liberalismo è libertario e libertino, vuole le libere unioni, il libero amore, la lotta contro il matrimonio. L’Anarchismo/liberale[31], in breve, propugna la rivolta contro ogni autorità, non solo quella statale, ma anche umana e divina per arrivare all’autonomia assoluta dell’individuo. Il suo motto è: “né Dio, né padrone!”. La sua natura è “l’autonomia dell’individuo e la Società senza autorità umana e divina. Data la sua insistenza sul valore primario della libertà, i suoi sostenitori sono spesso definiti Libertari[32] o Liberali radicali”[33].

Infatti, per gli Anarco/liberisti, ogni autorità che un individuo esercita sull’altro è una diminuzione della dignità assoluta della persona umana. L’Anarchismo è una filosofia o ideologia liberale radicale, che sfocia nel Libertarismo e nel Libertinismo, ossia nella massima dilatazione della libertà, teoretica e morale, dell’individuo secondo ciò che gli pare soggettivisticamente vero, giusto e buono.

I Nicolaiti, che nel I secolo d. C. predicavano la comunanza dei beni e delle mogli, e i Carpocraziani, che nel II secolo predicavano il libero amore e la salvezza attraverso il peccato (come Margherita Porrete) considerandosi al di là e al di sopra del bene e del male[34], sono all’origine del Libertinismo moderno.

Nel Medioevo i padri dell’Anarco/libertarismo libertino moderno, furono i Catari e gli Albigesi, che si diffusero nell’XI secolo nell’Europa centro occidentale (Francia, Spagna, Italia). Essi insegnavano la inconciliabilità tra la materia (intrinsecamente cattiva) e lo spirito (totalmente buono) perché la prima era creatura del Dio malvagio e il secondo era creatura del Dio buono. Tuttavia da un iniziale teorico rigorismo morale assoluto e radicale essi passarono ad un pratico lassismo libertino sfrenato, considerandosi gli eletti o gli gnostici al di sopra del bene e del male, ai quali tutto, persino e soprattutto il peccato, era non solo permesso ma comandato come mezzo di santificazione[35], mentre il matrimonio e la procreazione erano considerati assolutamente illeciti.

Nel XII secolo apparvero le due grandi eresie millenaristiche: 1°) quella di Gioacchino da Fiore († 1202), che ripartiva la storia umana in tre ère: la prima della ‘Vecchia Alleanza’ (Dio Padre), soppiantata dalla seconda della ‘Nuova Alleanza’ (Dio Figlio) e la terza èra della ‘Nuovissima Alleanza’ (Dio Spirito Santo), in cui sarebbe sussistita ancora la ‘Chiesa petrina’, sacerdotale e gerarchica, ma sottomessa alla ‘Nuovissima Chiesa’ spirituale dei Profeti / Cavalieri; 2°) quella - meno conosciuta - di Amalrico di Bènes († 1207), che lasciò dietro di sé una forte setta detta degli Amalriciani o Aumariani, i quali erano più radicali dei gioachimiti e sostenevano la fine della ‘Nuova Alleanza’ e della ‘Chiesa petrina’, sostituite completamente dalla ‘Chiesa pneumatica’ dei “Liberi spiriti”. La Porretana e la Guarnieri si trovano piuttosto nel primo partito dei Millenaristi-gioachimiti.

Amlarico e fedeli gioachimiti furono confutati da S. Tommaso d’Aquino, che rimproverava loro un panteismo assoluto, in cui gli adepti amalriciani divengono come Gesù veri uomini e “veri Dèi”. La loro èra è quella dello Spirito e quindi dell’Amore, ma inteso sia spiritualmente che carnalmente, per cui ogni atto fatto per amore, fosse anche il più abominevole moralmente, diventa buono[36].

Gli Amalriciani si facevano chiamare “Fratelli del Libero spirito” o “Liberi spiriti” e praticavano l’incesto, l’omosessualità e adoravano Satana[37]. Dagli Amalriciani nacquero i Begardi e le Beghine[38], come fenomeni essoterici per gente semplice e di classi non elevate, caratterizzati anche loro dalle dottrine contro la famiglia, la monogamia, la Chiesa e lo Stato.

Il Begardismo e il Beghinismo

Quella dei Begardi e delle Beghine (dal tedesco antico begam = mendicare) è una delle innumerevoli sette religiose che pullularono in Europa tra il secolo XII e il secolo XIII. I Begardi sono una derivazione delle Beghine, che erano delle donne consacrate alla vita casta e povera. All’inizio gli uni e le altre furono ortodossi, ma poi cominciarono a deviare, soprattutto i Begardi, che si ispirarono ai Fraticelli. Il Concilio di Vienne (1311-1312) li condannò specialmente nella dottrina secondo cui l'uomo già in questa vita può arrivare a tanta perfezione spirituale da diventare impeccabile (v. “Carpocraziani”) e, quindi, arrivato a tanta perfezione può fare a meno delle opere buone e può concedere al corpo tutti i soddisfacimenti senza paura di peccare. Inoltre il perfetto spirituale può elevarsi alla visione di Dio senza il lumen gloriae già su questa terra. Il culto dell’Eucarestia e dell’Umanità di Cristo debbono essere abbandonati dai perfetti che si inabissano nell’Essenza della Trinità divina. Di qui il rigetto della Devotio moderna ossia del libro De Imitatione Christi, che insiste sulla meditazione dell’Umanità di Cristo per arrivare alla santità, per preferirgli l’inabissamento filo-panteista nella Essenza della Deità senza la Mediazione dell’Umanità di Cristo (Devotio antiqua). La Chiesa romana è la Gran Babilonia, essenzialmente corrotta e da ripudiare assolutamente (cfr. DB 471-478)[39].

Conclusione

Se il pensiero di don De Luca risulta più difficile da decifrare, quello di romana Guarnieri è espresso più chiaramente da lei, forse perché non è morta nel 1962 come il De Luca, ma è giunta sino al 2004 ed ha potuto esprimere più apertamente le sue opinioni di quanto non è stato concesso al suo Maestro don De Luca.

La dottrina e la concezione di vita della Guarnieri, oggettivamente, si allontanano notevolmente dalla dottrina cattolica.

Questo può spiegare come il catto/comunismo di franco rodano e compagni, amici di don De Luca e della Guarnieri, sia penetrato facilmente nell’ambiente cattolico post-conciliare.

d. Curzio Nitoglia

(Fine Prima Parte)



[1] G. De Rosa, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1990, vol.  38, p. 356, voce De Luca Giuseppe.

[2] Cfr. S. Covino, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2003, vol. 60, pp. 432-435, voce Guarnieri Romano.

[3] Cfr. M. Porete, Lo specchio delle anime semplici, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994.

[4] Dal greco “Nomè / Legge”, santificazione contravvenendo alla Legge morale.

[5] Cfr. M. Blondet, Gli Adelphi della Dissoluzione, Milano, Ares, 1994, II ed., 2010, Proceno di Viterbo, Effedieffe.

[6] Luisa Muraro ha collaborato con don Giuseppe De Luca e Romana Guarnieri alla loro Rivista “Bailamme”.

[7] La setta del “Libero Spirito”: l’eresia del Libero Spirito consiste in un falso misticismo, che esagera la libertà sino a renderla assoluta, negando così ogni freno o limite all’uomo. Il fratello del Libero Spirito si riteneva assolutamente perfetto «da essere incapace di peccato» (N. Cohn, I fanatici dell’Apocalisse, Milano, Comunità, 2000, p. 182). Egli riteneva di avere il diritto di fare quanto era comunemente proibito. Le orge sessuali erano la pratica comune di tale setta. Per il Libero Spirito «tutti i membri del clero [erano] ingannatori di anime e strumenti del diavolo» (Ibid., p.184). Ognuno dei “fratelli” si considerava l’incarnazione dello Spirito Santo ed esercitava il ruolo di profeta della “Terza Alleanza” gioachimita. Oltre la lussuria, costoro si facevano notare per l’ostentazione di lusso ed eccessiva ricchezza (Ibid., p. 191). «Le donne [cfr. Guglielma e Maifreda, ndr] svolsero una parte di rilievo nel movimento del Libero Spirito» (Ibid., p. 195), assai diffuso in Boemia. Il nucleo di tale eresia era più che una teoria, un’aspirazione:  «l’appassionato desiderio di superare la condizione umana e diventare Dio» (Ibid., p. 213). Anzi i fratelli del Libero Spirito pretendevano di «aver superato Dio» (Ibid., p. 215).

[8] Cfr. G. Antonazzi, Don Giuseppe De Luca, uomo cristiano e prete (1898-1962), Brescia, Morcelliana, 1992.

[9] Cfr. R. Manselli, L’inquisizione e la mistica femminile, in “Temi e problemi della mistica femminile trecentesca”, Convegni del Centro di studi sulla spiritualità medievale, Università di Perugia (14-17 ottobre 1979), Todi, Accademia Tudertina, 1983, pp. 209-226.

[10] L’ascetica è costituita soprattutto dallo sforzo umano abituale, aiutato dalla Grazia attuale ordinaria di Dio, per vivere nella Grazia santificante, lottando contro il peccato mortale e facendo un’orazione mentale soprattutto discorsiva (prima via “purgativa” dei “principianti”); poi consiste nell’imitazione delle Virtù di Cristo e nel fare un’orazione mentale soprattutto affettiva (seconda via “illuminativa” dei “progredienti”) ed infine nella mistica (terza via “unitiva” dei “perfetti”), in cui l’anima è simile ad una barca a vela, che è fatta correre (passività relativa) e non si rifiuta di correre (attività eroica) sulle onde spinta dal soffio impetuoso dello Spirito Santo; mentre nell’ascetica l’anima somiglia piuttosto alla barca a remi con cui si naviga sulle acque con l’aiuto della Grazia attuale ordinaria di Dio e colla cooperazione della forza delle braccia dei navigatori, che vivono le Virtù infuse in maniera umana o non ancora eroica. Perciò la vera mistica è caratterizzata da un’attività eroica o sovrumana nell’esercizio delle Virtù infuse da parte dell’uomo, il quale tuttavia è mosso soprattutto dallo Spirito santo, al quale non deve resistere o porre ostacoli di cattiva volontà. Invece il falso misticismo parla di passività totale anche nell’agire, il che porta al Quietismo, ossia al non “far assolutamente nulla”.

[11] Cfr. L. Oliger, De secta spiritus libertatis in Umbria saec. XIV, Roma, 1943.

[12] Cfr. I. da Milano, Le eresie medievali, in “Grande Antologia Filosofica”, Milano, Marzorati, 1989, IV vol., p. 1666.

[13] Cfr. A. De Stefano, Origini e natura della setta “spiritus libertatis”, in “Archivium Romanicum”, 1927, pp. 150-162; R. Guarnieri, Il movimento del libero spirito, in “Archivio italiano per la storia della pietà”, IV, Roma, 1965, pp. 351-708.

[14] Cfr. L. Einstein, The italian Renassance in England, New York, 1902.

[15] Cfr. G. Spini, Dai libertini agli illuministi, in “Rassegna storica del Risorgimento”, 1954, pp. 790-804.

[16] Cfr. M. Petrocchi, voce “Libertini”, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VII, col. 1293; R. Hedde, Libertins, in Dictionnaire de Théologie Catholique, Parigi, 1903-1951, vol. X, coll. 703-706; G. Gentile, Studi sul Rinascimento, Firenze, Sansoni, 2a ed., 1936, pp. 167-178.

[17] Cfr. A. Fanfani, Storia delle dottrine economiche. Il naturalismo, Milano, Vita & Pensiero, 1947; S. Majerotto, Dalle origini del liberismo economico all’odierno neo-liberalismo, in “Studium”, n. 40, 1944, voll. VIII-X, pp. 180-187; G. Toniolo, Trattato di etica sociale, Firenze, 1907.

[18] Cfr. A. Moscato, Il libertinismo, in “Grande Antologia Filosofica”, Milano, Marzorati, 1988, vol. XII, pp. 812-890; G. Spini, Ricerca dei Libertini, Roma, 1950; A. M. Battista, Alle radici del pensiero politico libertino, Milano, Giuffré, 1966; L. Bianchi, Tradizione libertina e critica storica, Milano, Franco Angeli, 1988.

[19] Cfr. T. Gregory, Theophrastus redivivus. Erudizione e ateismo nel Seicento, Napoli, Morano, 1979; Id., Ricerche su letteratura libertina e letteratura clandestina nel Seicento, Firenze, Nuova Italia, 1981; Id., Etica e religione nella critica libertina, Napoli, Guida, 1986.

[20] Cfr. A. Giddens, The Transformation of Intimacy. Sexuality, Love and Eroticism in Modern Societies, Cambridge, Polity Press, 1992.

[21] Di B. Russell si veda anche Elementi di etica, 1910; Perché non sono cristiano, 1927; Libertà e organizzazione, 1932; Il potere, 1938.

[22] Cfr. G. Woodcock, L’Anarchia. Storia delle idee e dei movimenti libertari, Milano, 1966; R. Nozick, Anarchia, Stato, utopia [1974], tr. it., Milano, Il Saggiatore, 2005; D. Bandow, Freedom and virtue: The conservative/libertarian debate, Wilmington, Isi Books, 2003.

[23] Il socialismo come fenomeno storico mondiale, Milano, La Casa di Matriona, 1980, pp. 7-34; 2a ed., Proceno di Viterbo, Effedieffe, 1999.

[24] I. Safarevic, Il socialismo come fenomeno storico mondiale, cit., 1980, pp. 7-34.

[25] Cfr. A. Chiappelli, Le idee millenarie dei cristiani, Napoli, 1888.

[26] I. Safarevic, Ibidem, pp. 36-52.

[27] I. Safarevic, Ibid., pp., 53-60.

[28] I. Safarevic, Ib., pp., 61-68.

[29] Cfr. E. Voegelin, Il mito del mondo nuovo, tr. it., Milano, Rusconi, 2ª ed. 1976, pp. 79-80; 126-127; Id., La nuova scienza politica, Torino, Borla, 1968, pp. 175- 271.

[30] La rivoluzione sessuale della ‘scuola di Francoforte’ (T. Adorno & H. Marcuse) e dello ‘strutturalismo francese’ (C. Lévi-Strauss) esplosa nel 1968 non ha inventato nulla di nuovo. “Ogni nuovo errore è vecchio come il diavolo”. Oggi le tanto moderne e famose coppie di fatto, famiglie allargate, matrimoni omosessuali, adozioni di bambini da parte di coppie omosessuali sono la realizzazione libertaria, portata avanti dal Partito Liberale e Radicale Italiano e dal social/comunismo (v. i referendum sul divorzio e sull’aborto), che ha sfondato nella società civile e sta penetrando ufficialmente, con Francesco I e il card. Walter Kasper, nel mondo ecclesiale.

[31] Cfr. M. Larizza, Stato e potere nell’Anarchismo, Milano, 1986; G. D. Berti, Il pensiero anarchico tra Settecento e Novecento, Manduria, 1989; D. Settembrini, Il labirinto rivoluzionario, Milano, Rusconi, 1979.

[32] Cfr. P. Adamo, Liberali e libertari nel Seicento inglese, in “Volontà”, n. 4, 1995.

[33] Cfr. R. Esposito - G. Galli, Enciclopedia del pensiero politico, Bari, Laterza, 2000, p. 21.

[34] I. Safarevic, Ib., pp. 32-34.

[35] I. Safarevic, Ib., pp. 36-38.

[36] Cfr. H. de Lubac, L’eredità spirituale di Gioacchino da Fiore, tr. it., Milano, Jaca Book, 2 voll., 1983.

[37] I. Safarevic, Ib., p. 45 e 47.

[38] Cfr. R. Manselli, Spirituali e Beghine, Roma, 1959; R. Guarnieri, Il movimento del Libero Spirito, Roma, 1965; R. E. Lerner, The Heresy of the Free Spirit, Berkeley-Los Angeles-Londra, 1972.

[39] Cfr. I. L. Mosheim, De beghardis et de beguinabus commentarius, Leipzig, 1790; D. Philips, Beguines in medieval Strasburg, Standford, 1941.

 
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