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Un’altra produzione IS-Katz. Genere: Horror
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Magari è tutto vero, e allora ci uniamo al raccapriccio globale e al lutto della famiglia. Ma ci poniamo solo qualche domanda: perché il film «Arso Vivo», protagonista il pilota giordano Moaz al-Kasasbeh, porta il logo del SITE, nota ditta di Rita Katz? È un obbligo contrattuale? SITE ha ricevuto dal Califfato l’esclusiva delle distribuzione dei suoi video di indubbio successo?

Sembra proprio che ci sia un contratto, visto che è il New York Times a postare il video senza togliere il logo, che qualche dubbio lo crea. La spiegazione data dal famoso giornale è alquanto sibillina: «Questo ultimo video, che è stato spedito a reporters martedì mattina da membri dello Stato Islamico e poi riportato dal SITE Intelligence Group, un’organizzazione che monitora l’attività jihadista su Internet, è la prima esecuzione eseguita dal gruppo con fuoco». Se «prima» il video spedito a «reporters», e «poi» dal SITE, perché questa ditta ci deve mettere il suo marchio? È di sua proprietà?



Comunque sia, facciamo i complimenti all’esercito islamico per il nuovo look. Mimetiche color sabbia con gli accessori ben scelti – passamontagna e giberne in tinta e scarponi Desert boots cooordinati – sono quel che Allah comanda, un must per il terrorista elegante. La nuova moda spopola di certo fra Kobane e Mossul, si vede che c’è la mano di una donna (signora Katz?). Era ora, il nero di prima aveva stufato.

Solo una domanda: come mai il cambiamento? È il cambio di stagione? Come i nostri Carabinieri che d’estate passano dal blu-nero al kaki?

È già estate, a Mossul? A febbraio?

Complimenti per la perfetta somiglianza dei terroristi che fanno ala al condannato: stesse identiche giberne gialle, stesso kalashnikov, stesse sfumature d’ombra. Persino la stessa posizione, con minuscole varianti.

Sembrano fatti con lo stampino. O sono fatti con lo stampino, ossia con la moltiplicazione digitale?

In ogni caso, congratulazioni. Adempiono perfettamente alla «narrativa» israeliana, all’idea che esista un terrificante esercito islamico perfettamente inquadrato, disciplinato e armato, nonché, s’intende, odioso a prima vista: un po’ come se a Kobane si fosse manifestato il Terzo Reich jihadista... A proposito, quella temibile schiera color sabbia dove l’abbiamo già vista? Ah sì, ecco: in Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta (1981), di Spielberg, un altro esperto di narrative ebraiche.

Effettivamente, questo Stato Islamico sembra fare ogni sforzo per fare odiare e detestare e disprezzare la religione islamica di cui si dichiara unico campione e solo interprete, renderla ripugnante, provocare una revulsione generale contro i musulmani financo in Giappone. È esattamente quel che vogliono gli ebrei, e a cui si adoperano i suoi sayanim inseriti nei media occidentali.

Una piccola critica sugli effetti speciali:



Come si vede, dal fuoco emana una voluta di fumo mentre corre sul terreno, avvicinandosi al condannato dalla striscia di carburante acceso (un’altra scena già visata in Indiana Jones); come mai quando avvolge ormai la tuta arancio del disgraziato pilota giordano, non produce più fumo? Di solito gli abiti che bruciano, per non parlare della carne, fanno un orribile fumaccio nero e puzzolente...Vabbè, state più attenti la prossima volta, Katz & Co Visual Effects.

Anche il povero tenente Moaz – parlandone da vivo – non è del tutto convincente: come mai non si dimena, non cerca di sfuggire alle fiamme, non si aggrappa – che so – alle sbarre della gabbia in alto, cercando di sfuggire alle fiamme che gli bruciano le gambe? No, se ne sta lì, si fa carbonizzare e infine cade all’indietro.

Persino il New York Times ha dovuto accorgersene, se scrive: «La ripresa dell’esecuzione appare accuratamente prodotta... i movimenti e l’espressione del pilota, come se fosse stato indotto a ripetere la sequenza varie volte...». Come attore, il tenente non avrebbe avuto un grande futuro. Poco male, pare che sia comunque morto in un tentativo dei commandos americani di liberarlo, tentativo fallito come quasi sempre quando si lanciano i meravigliosi commandos USA. Ma le immagini, lì, ci mancano. Il SITE non le ha diffuse.

Anche il presidente Obama deve molto migliorare la sua performance. La sua espressività è poco mobile. Secondo il New York Times, ha commentato così il cortometraggio horror del SITE-IS : «È solo una indicazione in più della malvagità e della barbarie di questa organizzazione. E penso che raddoppierà la vigilanza e determinazione da parte della coalizione globale per assicurarsi che siano degradati e alla fine sconfitti».

L’ha detto con la solita area blasé, distaccata e raziocinante delle sue solite conferenze stampa. Ma scusate, è il caso, di fronte all’abbruciamento di un pilota alleato ripreso in diretta, di dire tranquilli che «è solo un’altra indicazione» (just one more indication)? Come mai non si sorprende né si arrabbia mai, questo Obama, degli orrori che produce la Katz?

E poi la frase: quando ricorda l’impegno americano contro il Califfato: dice che esso consiste nel «degradarlo e ultimamente sconfiggerlo». To make sure that they are degraded and ultimately defeated.» Perché «degradarlo», e solo «alla fine», proprio ultimamente, sconfiggerlo? Perché non dice mai «lo schiacceremo», lo porteremo all’età della pietra a suon di bombe, come in USA è stato detto per Saddam Hussein? Verso Putin, mostra intenzioni molto molti più aggressive: dare a Kiev «armi letali» eccetera. No, sull’IS dice che sarà una cosa graduale.

E poi, tutte le volte che parla dell’IS, Obama ripete la stessa frase: «degradarlo e ultimamente sconfiggerlo». Senza mai cambiare una singola parola, né tantomeno l’espressione del volto.

Il che getta un dubbio fondamentale: che alla Casa Bianca non viva nessun Obama in carne ed ossa. Che quella che appare nelle conferenze stampa sia la proiezione di un’immagine 3D (alla portata delle foto-laser), che ripete messaggi registrati. Che il Commander in Chief sia un clone digitalizzato, esibito per non distogliere il vero politico nero di Chicago dalla sua attività primaria, la partita a golf.

Lo Stato Islamico docilizzato

E viene quasi l’idea che lo scopo della «coalizione» obamiana per combattere l’IS non sia quello di eliminarlo, bensì – degradandolo qua e là sui confini con bombardamenti – docilizzarlo e fissarlo dentro lo spazio già prefissato: un califfato sunnita nel mezzo delle forze e popolazioni sciite (gli iracheni del Sud, i siriani alawiti a Nord) separando Hezbollah dall’Iran e dalle sue forniture militari... Anzi, c’è già qualche sito che fa questa ipotesi, con molte pezze d’appoggio. È sempre il piano Oded Yunon per lo smembramento degli Stati musulmani secondo linee etnico-religiose. Leggetelo se sapete il francese.



Io ho appena il tempo di ricordare quel che il Generale francese Vincent Desportes, oggi docente associato a Sciences Po Paris, ha detto nella sua audizione davanti alla Commissione Esteri non più dardi del 17 dicembre 2°014, a proposito dell’IS, o Daesh, o Califfato: «Chi è il dottor Frankenstein che ha creato questo mostro? Affermiamolo con chiarezza, perché ciò ha conseguenze: sono gli Stati Uniti».

Magari il Generale Deportes non vi sembrerà abbastanza autorevole. Allora vi va Hillary Clinton? Ecco quel che ha detto nel suo libro Hard Choices sulla sua esperienza come Segretaria di Stato:

«Noi abbiamo infiltrato la guerra in Iraq, in Libia e in Siria, e tutto andava per il meglio – e poi d’improvviso una rivoluzione ha avuto luogo in Egitto, e tutto è cambiato in 72 ore... Noi eravamo d’accordo coi Fratelli (Musulmani, ndr.) in Egitto di annunciare lo Stato Islamico nel Sinai e rimetterlo nelle mani di Hamas e una parte di Israele per proteggere, aggiungere Halayeb e Shalatin al Sudan, ed aprire le frontiere libiche dal lato di Sallum. Era stato perfino deciso di annunciare la nascita dello Stato Islamico il 5 luglio 2013, e si aspettava l’annuncio per riconoscere, noi e l’Europa, questo nuovo Stato...».

Poi arrivò al Sissi, e il progetto ha dovuto essere cambiato. Ma come vedete, erano pronti, in USA e i nostri eurocrati, a riconoscere lo Stato Islamico sul Sinai. Vedrete che finirà così, che Bruxelles riconoscerà il Califfo. Della Katz.




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