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Il Tamarro della Sirte. Nel Paese dei burini
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Un lettore scrive:

«Direttore, il suo silenzio sulla visita di Gheddafi a Roma conferma il mio sospetto: lei è un berlusconiano, e sorvola su ogni critica a Berlusconi, compresa la sua amicizia’ (leggi: affari) con il rais libico».

Non le sono bastati gli ottimi commenti di Savino e Copertino?

Ma, visto che mi provoca, le dirò (senza aver la pretesa di attribuirmi la scoperta) quel che più mi ha colpito: quanto Berlusconi e Gheddafi si somiglino. Sono due personalità gemelle in quanto a psicologia, o piuttosto a psichiatria. Entrambe dominate da un comico bisogno di darsi importanza, non ci riescono e si offendono perchè nessuno li prende sul serio, senza capire che proprio i loro sforzi li rendono privi di autorevolezza.

Nei suoi giorni lontani, dall’alto del suo paesetto di 6 milioni di abitanti, Gheddafi voleva unificare l’universo arabo-musulmano (fra cui l’Egitto, 80 milioni di abitanti) sotto la propria guida di mattoide; adesso, da decenni, s’è fissato nella parte di Primo Pagliaccio dell’Islam, che è pur sempre un primato. Berlusconi poteva fare una rivoluzione, e non ne è stato capace, ed ora si contenta di essere il Capocomico della commedia all’italiana.

L’uno e l’altro sono sopravvissuti di un’epoca passata; entrambi non hanno l’acutezza di capire che è l’ora di sloggiare la scena.

Entrambi hanno la passione-ossessione delle donne, e perchè? Perchè sono le sole che – a pagamento – li stanno ad ascoltare, e che dunque non gli ricordano il loro fallimento epocale. Uno si circonda di veline e l’altro di amazzoni, le une e le altre ancora devote, e riposanti rispetto alla dura realtà. Uno le paga per poterle indottrinare sull’Islam, l’altro mentre le (censura) e per farsi fare dei (censura) sul lettone dellamico Putin.

La loro concezione delle donne è identica: tettute e senza cervello, adoranti. Ma Berlusconi ha già superato Gheddafi in questo: che il Burino della Sirte si contenta di farsene le guardie del corpo, il Burino di Arcore le fa ministre, vedi Carfagna e Brambilla.

Non è un segreto che il Cavaliere avrebbe voluto sostituire tutti i suoi – da Cicchitto a Sacconi a Tremonti, con quelle facce tristi – con allegre ragazze-copertina, selezionate attraverso i book fotografici forniti dalle agenzie di escort o di quelle precarie ornamentali che si offrono come hostess», ossia per mostrarsi (nient’altro sapendo fare) nelle fiere campionarie ed esposizioni di auto. Il sogno del Cavaliere è un parlamento dove tutti i parlamentari del Pdl siano allegre escort di coscialunga, e che magari al suo comando ballino sui banchi dell’aula sorda e grigia: Berlusconi e le sue 200 girls 200, è quel che considererebbe il coronamento della sua carriera politica.

Non è un mistero che ha effettivamente tentato di farlo, mettendo in lista bellocce incontrate a caso, e i suoi hanno dovuti faticare parecchio per impedirglielo. Sono pronto a giurare che non abbia rinunciato: appena avrò i poteri di Gheddafi, pensa, farò un mio parlamento esclusivamente di hostess ed escort.

E’ difficile capire se sia il Cavaliere a imitare Gheddafi, o il contrario. Certo è che i due si emulano, si imitano, si prendono a vicenda come modello: nella chiave del burinismo più oltraggioso. L’uno si rifà il trapianto dei capelli, l’altro se li tinge di un nero inverosimile. L’uno non si vergogna di apparire con la bandana, l’altro con turbanti a caciotta di sua invenzione che non esistono nel mondo musulmano. L’uno ha inventato una sua versione dell’Islam ignota al resto degli islamici, e l’altro ha inventato una sua versione della TV, degli affari, e della democrazia politica di tipo sub-europeo. L’uno si disegna da sè toghe di fantasia e divise da generale da circo, con cui crede di essere elegante, l’altro si sente elegante solo coi doppipetti blu di Caraceni, perchè il blu mi fa sembrare più magro. Uno non può andare in una visita all’estero senza portarsi dietro la fastosa tenda beduina, le escort in divisa, i cavalli da circo e il guardaroba da avanspettacolo; l’altro non può partecipare ad una conferenza internazionale senza fare le corna alla foto ricordo, fare cucù alla Merkel dopo essersi nascosto dietro una colonna, o strillare mister Obama! Mister Obama! inseguendo il presidente USA con voce ad ottave insopportabili all’udito della regina Elisabetta. E non parliamo di quando il nostro invita maggiorenti stranieri, e si affretta a ospitarli in una delle sue ottocento sfarzose villone burine, e a far assaggiare loro qualcuna delle sue veline pagate per compiti erettili (un successo, come da documentazione fotografica di paparazzo), con lo stesso spirito con cui Gheddafi fa assaggiare i datteri ripieni di dopo-Ramadan.

Entrambi sono invitati all’estero solo quando non se ne può fare a meno, e con imbarazzo. Entrambi, poi, sono disarmanti, trasparenti nelle loro esibizioni ed aspirazioni: basse, dozzinali, ma non celate, anzi ingenuamente esposte – con l’ingenuità del villanzone che davanti a qualunque cosa – un Rolex o una villa, una escort o un Mondrian, una cucina Scavolini o un inedito di Mussolini, un giornalista o un Caravaggio (non importa cosa, purchè costi), sbotta: lo compro io.

E’ stato divertente vedere lo sdegno delle sinistre più laiciste, che ogni giorno lamentano lintromissione del Vaticano, perchè Gheddafi ha osato invitare le ragazze (pagate) di cui s’è fatto circondare, a convertirsi all’Islam. Divertente leggere i pensatori da prima pagina parlare di schiaffo alla fede cristiana e umiliazione dell’Italia.

Tutti a dire: in un qualunque altro Paese europeo, Gheddafi non si sarebbe permesso queste cose. Certo che no: ma il Burino della Sirte sa benissimo che l’Italia è il solo Paese dove si possono fare burinate. Sa che il nostro è Paese più burino d’Europa.

Come tutti gli abitanti della Cirenaica e Tripolitania (e dell’intera costa sud del Mediterranneo), anche lui è un avido consumatore della nostra TV: e cosa vede? Vede mai, che so, un grande reportage dall’Iraq, da Gaza o dallo Xinjang, uno speciale a puntate sui nostri istituti di ricerca all’avanguardia, un film d’essai, una tragedia di Eschilo rappresentata al teatro di Siracusa, una seria inchiesta sul fatto che 50 mila giovani italiani con studi e competenze troppo alte per questo Paese burino, se ne vadanoo in Francia, Germania, Svezia o Stati Uniti, e persino in Spagna, dove si fanno strada e prendono premi scientifici di primordine?

No: quel che che vede il rais, e i suoi sudditi tripolitano-cirenaici (i più burini del mondo islamico, chi ha viaggiato conosce il loro quoziente intellettivo, niente in comune coi palestinesi o i siriani, per dire) sono scene di tifo calcistico demente – il solo momento in cui si sventolano bandiere tricolori del patriottismo da tifoseria – che occasionalmente interrompono l’interminabile pastone tele-italiano di tettone in lustrini e trasparenze da bordello, nonne che ballano e fanno le moine sexy senza suscitare disgusto nei presenti, telequiz che persino un libico può vincere (certo con un aiutino) perchè adattati al livello d’istruzione italiota; vede che l’unico TG veramente informativo è il ridanciano Striscia la Notizia, tratto di peso dall’avanspettacolo degli anni ‘50 al cinema-teatro Smeraldo (Soldati metà prezzo); vede talk-show che sono risse da stadio, dove si affrontano dei tipi che hanno lasciato il cervello a casa ma non ricordano più dove; vede i programmi della De Filippi, ossia dei truzzi tatuati che litigano con delle fidanzate-tamarre, sventolando i panni sporchi con una scemenza e inciviltà inarrivabile, e che nessuno censura; vede troione depassés coi labbroni gonfiati, e troiette sedicenni che non sanno leggere senza impuntarsi le previsioni del tempo, ma hanno già il book da escort, con relative tariffe: duemila euro a fellatio, metà prezzo per carrieristiin ascesa.

Soprattutto quelle. Sicuramente i giovani libici colmi di testosterone represso si eccitano a vedere l’immenso giacimento di puttanelle italiane di cui la TV è la passerella inesauribile; per loro, nella repressione del loro ambiente, quello è il paradiso proibito e dirompente. Sono tentati di masturbarsi, temo. Ma poi, da buoni burini islamici, concepiscono un progetto: se si convertissero all’Islam, me ne sposerei quattro o cinque. Gli euro per comprarle, ce li ho.

E’ questa la chiave per capire l’invito di Gheddafi , appena venuto tra noi col suo circo di cavalli arabi, tenda e girl, alle ragazze italiane pagate per ascoltarlo: fatevi islamiche e troverete mariti libici. Ha espresso, ad uso interno, un sogno dei suoi sei milioni di burini.







Perchè dovrebbero trovare questo progetto, questo sogno, assurdo e inarrivabile? Tutto quel che vedono in TV dice loro che l’Italia è quel Paese che sognano: boccaccesca, burina, scervellata, venale e incivile. Facilmente accessibile anche ai privi di classe e senza acutezza nè cultura. Anzi, soprattutto a quelli.

Truzzo cerca coatte. Le tamarre sono alla sua portata. Berlusconi glielo insegna, del resto: puoi essere vecchio, rifatto, incolto fino alla scemenza, ma se hai i duemila euro, quelle ti fanno il (censura) d’ordinanza. Le sposerei tutte, dice il Cavaliere: anch’io, risponde in coro la gioventù cirenaica. Ma non è solo Berlusconi.

Umberto Bossi è inequivocabilmente un burino, uno zotico (dal dizionario: «si dice di persona che, essendo ignorante e grossolana, è anche ruvida e incivile nel modi»), e proprio per questo è votato freneticamente, entusiasticamente; se fosse meno truzzo, non avrebbe altrettanto successo fra i valligiani della bergamasca e dello Stelvio.

E che dire di Gianfranco Fini, così tamarro da farsi imbesuire (e comandare a bacchetta) da una velina burinissima, già nota come cacciatrice dei soldi di burini inguardabili ma arricchiti, vedi Gaucci? Si atteggia ad uomo di Stato, il Kippà, e poi si fa burattino di una simile individua e della sua famiglia di arrivisti burini, non eccepisce sulla Ferrari del cognato arrivista, va a comprare la cucina Scavolini per la villa a Montecarlo del fratello truzzo-fannullone della tamarrona, va alla spiaggia con la suocera dalle famiglia tamarra e le trova una sinecura alla RAI. E Calderoli, è unraffinato?

E La Russa che dà ricette di cucina? E la Mussolini e la Santanchè, saranno vere signore? Ma che dire di D’Alema, delle sue scarpe da 900 euro e del suo yacht? Sono i segni inequivocabili dell’arricchito, del risalito che vuol fare il signore.

Basta guardare le foto delle feste dei salottoni romani, le sfilate dei nostri Dolce Gabbana, le copertine dei nostri Espresso e Panorama, per vedere quello che fra gli italioti danarosi e potenti passa per signorile e fine.

E non parliamo poi della nostra stampa quotidiana, la più burina che esista al mondo: ossia provinciale, superficiale per principio, per nulla interessata a quel che accade a Washington o in Cina, ma interessatissima a quel che bolle in pentola a Vibo Valentia o a Ponte di Legno... zotica, ignorante, rissosa, che insulta ossessivamente l’avversario, linguisticamente semi-dialettale, chiusa ermeticamente nelle minimalità localiste, nell’odore di casa o cosa nostra, della tana italiota: una stampa coatta. Quella stampa per la quale Veronesi o Saviano sono autorevoli intellettuali da intervistare in ginocchio, e Eugenio Scalfari, con la sua istruzione da liceale calabrese, un pensatore, e oltretutto un raffinato signore da venerare.

E poi questa stessa stampa storce il nasino perchè il Tamarro di Tripoli piazza la sua tenda beduina e mette i piedi sulle nostre tavole, e convoca le nostre ragazzotte: come si permette?

No, per quanto truzzo, il rais ci capisce benissimo; vede che siamo come lui, e ci vuole sposare, ci abbraccia nel comune burinismo; riconosce in noi i cafoni che non rispetta, ma che capisce. Due nazioni truzze che s’incontrano; un fatto storico. O preistorico.

Tamarro sposa coatta (1). E ci ha pure il petrolio, di che vi lamentate?





1)
Del resto, apprendo da Wikipedia, tamarro viene dall’arabo tammar, venditore di datteri ambulante. Non si adatta invece al visitatore libico il termine Gabibbo, da Habib, frequentissimo nome di musulmani, usato a Genova per spregiare insieme i facchini portuali venuti dalla Tunisia o dalla Sicilia: il habib è un poveraccio, il Rais cià li sordi. Quanto a Truzzo, sembra derivare dal cognome Truzzi, molto diffuso nella bassa bergamasca, o anche dal termine dialettale piemontese turs, ossia torsolo, tizio robusto (magaripalestrato) ma tonto e ovviamente di nessuno stile. In toscano sarebbe bietolone, da bietola, pianta officinale costoluta e insipida.


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