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TV e cervello
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Esiste, in Italia, una normativa atta a regolamentare la programmazione televisiva: si tratta della legge 223/1990, rubricata: Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato, che costituisce nulla più di un baluardo ipocrita e di facciata. La dissimulazione è massima, se consideriamo che gli aspetti essenzialmente nocivi dell’ex tubo catodico, sono ben al riparo da qualsivoglia attacco normativo.

Gli effetti esiziali della televisione sono molteplici: vanno dall’aumento della pancetta, determinata da abbassamento del metabolismo, all’istupidimento per diminuzione dell’attività cerebrale (sonnolenza). Ma il deterioramento personale discendente dallo schermo ha echi molto più profondi; parliamo di ripercussioni spirituali che attengono alla dinamica della stessa personalità.

Le informazioni-spazzatura, che costituiscono più del 90% del contenuto di un consueto TG (e quasi il 100% dei programmi di intrattenimento, o talk-show!), hanno un forte impatto emozionale: si tratta di tutte quelle notizie per lo più inutili o inutilmente pubblicizzate, che vanno dalle violenze domestiche, alle violenze su persone o cose, dal catastrofismo cosmico, al goliardico infingardo godereccio. Gli impatti sul nostro inconscio possono essere notevoli.

Le immagini transitano dallo schermo al nervo ottico e da qui fino al lobo occipitale, dove le forme, i colori ed il movimento vengono identificati in zone differenti e specifiche. L’attenzione è resa desta dal sistema reticolato (tronco cerebrale), mentre informazioni e concetti sono elaborati dal lobo parietale e temporale. Il lobo frontale registra le emozioni generate dal sistema limbico. Per sistema limbico possiamo intendere un gruppo di strutture neurologiche situate tra il tronco encefalico e la corteccia cerebrale. In questa zona del cervello le reazioni emotive pertanto si relazionano con le quattro funzioni della sopravvivenza (nutrizione, lotta, fuga, riproduzione) e con le relative emozioni pertinenti: ira, rabbia, paura, piacere, desiderio.

La televisione ha dunque la capacità di fissare forte impressioni, in particolare, sul cosiddetto cervello arcaico, definito così, in ottica evoluzionista, che intendono darci a credere, senza possedere alcun minimo di prova, che il cervello si sia formato a strati. Il cervello originario, sarebbe il più antico, perché primitivo, primario o rettiliano; si tratta del cosiddetto cervello limbico, deputato al soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell’esistenza: nutrimento e conservazione di sé e della specie (quindi: fame, sete, sonno, fuga, lotta e riproduzione, ecc.): la ghiandola deputata a tale compito è l’ipotalamo (definito il cervello nel cervello), incaricato anche, tra le altre cose, di presidiare all’omeostasi dell’organismo, in assenza della quale saremmo a sangue freddo, come rettili. Esso, attraverso il controllo dell’ipofisi, detta anche il rilascio di ormoni fondamentali per l’esistenza. L’ipotalamo funge da interfaccia tra la neocorteccia, psicologicamente sofisticata e le aree inferiori, definite primordiali. Si tratta di una sorta di pedaggio obbligato: i dati raccolti dal mondo esterno sono inviati a regioni specializzate della corteccia cerebrale; nel viaggiare verso queste aree i messaggi sensoriali sostano nelle aree subcorticali e fanno delle tappe nel talamo.

Esiste quindi la possibilità che si generi una memoria emotiva, un ricordo basato cioè su una emozione. L’amigdala è la parte del sistema limbico specializzata nelle questioni emozionali: funziona come una sorta di archivio della memoria emozionale ed è quindi depositaria del significato stesso degli eventi: ogni accadimento può essere direttamente connesso con una emozione; per tale ragione il sistema limbico viene considerato l’epicentro dello sviluppo delle emozioni.

Tutto ciò precisato, immaginate: le immagini hanno immediatamente un forte impatto emozionale! Pensate in un pubblico di preadolescenti o di infanti! In quest’epoca, in cui le certezze sembrano sgretolarsi dietro l’angolo e prevalere ovunque il pressappochismo qualunquista; in cui la Chiesa è ridotta a dispensatrice di filantropia (nell’ipotesi migliore, quando cioè non è dipinta come covo di ladri e culla di pedofili), il verbo proclamato da autoreferenziati catechisti del piccolo schermo (al posto giusto, perché così deliberatamente voluto e studiato) si erge quale imperativo indelebile alla coscienza, che in tal guisa si forma ad immagine e somiglianza di chi decide come debba essere.

L’incapacità di filtrare notizie ed informazioni, insieme a quel senso di impotenza pervasivo, che lascia di stucco l’utente medio, come non avrà ripercussioni su chi sta formando la propria persona? Come meravigliarsi poi se i giovani di oggi crescono flaccidi e schiavi di ogni proprio capriccio?

Imparano infatti quotidianamente ad essere vinti, prestando il proprio stordito assenso alle panzane propinate dal mondo della presentatrice di turno! Difese intellettive pari a zero, difese spirituali, sottozero!

Il rimedio può essere soltanto uno: forte selezione della programmazione televisiva, astinenza da molto; radicamento personale (e successivamente anche famigliare! nelle certezze della nostra fede), preghiera assidua e costante; se imbracciamo lo scudo della fede, fondati sulla Parola di Dio (certi della sua verità ed in erranza!), San Paolo insegna che sapremo respingere tutti i dardi del nemico.

Poniamo la Sacra Scrittura al lato del televisore, perché i demoni, prima di uscire di lì, siano trattenuti da ciò che li fa tremare.

Stefano Maria Chiari




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