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Inconciliabilità di Cristianesimo, Modernismo ed Esoterismo
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Dio e l’uomo secondo il Cristianesimo

Sant’Agostino insegna: “Tu hai voluto, benché fossi uomo, farti simile a Dio per poi perire; ma Egli, essendo Dio, volle farsi uomo per ritrovare ciò che s’era perso” (Sermo CLXXXVIII, cap. 3, in PL, XXXVIII, 1004).

San Bernardo di Chiaravalle ammonisce: «Il Verbo venne a noi per insegnarci ad essere simili a Lui. Vedeva che alcuni Angeli, nella loro presunzione, erano caduti perché avevano voluto farsi simili a Dio. Vedeva che Adamo ed Eva avevano peccato per diventare come Dio. Allora disse: “Andrò Io e mi mostrerò di modo che chi vuol esser simile a Me trovi la sua salvezza imitandomi”» (Sermo I de Adventu, 114, in PL CLXXXIII, 37).

Dio e l’uomo secondo l’esoterismo

La natura dell’esoterismo consiste nella gnosi (o conoscenza) salvifica, che cerca 1°) di penetrare i misteri nascosti 2°) per rendere l’uomo simile a Dio. Perciò gnosi e fede spesso entrano in collisione; la gnosi si oppone alla fede, in quanto pretende di essere una conoscenza essenzialmente intuitiva e divina, superiore alla fede che è un’adesione dell’intelletto umano alla rivelazione di Dio, per evidenza estrinseca. La fede presuppone una grazia di Dio e l’obbedienza dell’uomo che la riceve, illuminato dallo Spirito increato. Essa non è una conquista dell’uomo, non può essere prodotta dallo sforzo umano, è essenzialmente soprannaturale, è un dono assolutamente gratuito di Dio, non è un qualcosa che è dovuto all’uomo. Nella gnosi, invece, lo Spirito divino è sottomesso allo spirito umano, la conoscenza o l’esperienza predominano sulla rivelazione e la fede. La gnosi vuol sorpassare l’accettazione semplice del dato rivelato.

La conseguenza di questo errore gnostico è la pretesa dell’iniziato o dell’esoterista di essere o farsi simile a Dio. L’Esoterismo nega la distinzione tra ordine naturale e soprannaturale, tra creatura e Creatore.

Ora la S. Scrittura – in Isaia (XIV, 13-14) – pone sulla bocca del demonio queste parole: “Salirò al cielo e sarò simile all’Altissimo” e la Tradizione apostolico/patristica – in S. Agostino – insegna che il demonio, tronfio della sua grandezza “volle essere chiamato Dio” (De Quaestionibus Vet. Test., q. 113).

San Tommaso d’Aquino – fondandosi sulla Rivelazione divina e la Tradizione patristica – spiega la ragione teologica dei succitati asserti: «Il primo uomo peccò principalmente col desiderare la somiglianza con Dio nella “scienza del bene e del male”...in modo da poter determinare in forza della propria natura quello che nel suo agire doveva essere bene o male... Secondariamente l’uomo peccò col desiderare la somiglianza con Dio nel potere di agire, cioè di poter conseguire la beatitudine in virtù della propria natura... Il demonio invece peccò col desiderare la somiglianza con Dio nel potere o nel dominio, infatti ... preferì la fruizione del suo potere a quello di Dio. Entrambi, però, desiderarono una certa somiglianza con Dio, volendo appoggiarsi sulle proprie forze, disprezzando l’ordine del disegno divino» (S. Th., II-II, q. 163, a. 2).

Tuttavia S. Tommaso precisa che Lucifero non desiderò l’identità totale con Dio, ma solo una certa somiglianza, poiché la sua intelligenza capiva che l’assoluta identità con Dio era impossibile ad una creatura. L’Angelo decaduto peccò desiderando la somiglianza con Dio, in virtù delle proprie forze e non per la grazia o il dono di Dio. “Desiderò di essere simile a Dio, in quanto volle come fine ultimo quella beatitudine cui poteva giungere con le proprie forze naturali, distogliendo il suo desiderio dalla beatitudine soprannaturale, che si ottiene mediante la grazia di Dio”. In breve il diavolo, Lucifero o Satana desiderò conseguire il fine ultimo con le sue forze, il che è proprio di Dio. (S. Th., I, q. 63, a. 3). L’esoterismo, la gnosi o l’iniziazione, sono perciò equiparabili al Luciferismo, cioè voler farsi simili Dio.

Dio e l’uomo secondo il modernismo

Maurice Blondel (nato a Digione nel 1861) si è imposto all’attenzione del pubblico con la sua opera L’Action (Parigi, 1893, 2a ed. 1937, rist. 1950; tr. it., Firenze, 1921). In questo libro Blondel, approfondendo la linea tracciata dalla evoluzione creatrice di Bergson, affermava – precorrendo di un decennio il modernismo classico, condannato da S. Pio X (Enciclica Pascendi, 8 settembre 1907) – la non gratuità dell’Ordine Soprannaturale e precedendo di un cinquantennio il neo-modernismo di Henri de Lubac (Surnaturel, Parigi, 1946) condannato da Pio XII (Enciclica, Humani generis, 12 agosto 1950).

Secondo Blondel la vita umana è inevitabilmente e necessariamente aperta al soprannaturale e al trascendente. La Chiesa la condannò e la mise all’Indice dei libri proibiti [1].

Questa teoria anticipa sorprendentemente sia quella di de Lubac (Surnaturel, 1946) e sia quella di Gaudium et spes (n. 22 e n. 24).

Infatti la Costituzione Gaudium et spes (n. 24, § 4) insegna che «l’uomo è in terra la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa (“propter se ipsam”)».

Ora, ciò è il contrario del Cristianesimo. Dunque il modernismo vuole che l’uomo si faccia “D-io” da se stesso tramite le sue forze naturali, mentre il Cristianesimo insegna che Dio si è fatto uomo per salvare l’uomo dal peccato originale, facendolo partecipare alla sua natura divina in maniera limitata e finita tramite la grazia santificante.

L’errore panteista di Gaudium et spes è stato ripreso e ribadito con forza da Paolo VI durante “l’omelia nella 9a Sessione del Concilio Vaticano II”, il 7 dicembre del 1965. Papa Montini giunse a proclamare: «la religione del Dio che si è fatto uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Tale poteva essere; ma non è avvenuto. […]. Una simpatia immensa verso ogni uomo ha pervaso tutto il Concilio.

Dategli merito almeno in questo, voi umanisti moderni, che rifiutate le verità, le quali trascendono la natura delle cose terrestri, e riconoscete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, più di tutti, abbiamo il culto dell’uomo».

Anche, e soprattutto, Giovanni Paolo II ha ripreso quest’errore ed ha rincarato la dose affermando nella sua prima Enciclica (del 1979) Redemptor hominis n. 9: «Dio in Lui [Cristo] si avvicina ad ogni uomo dandogli il tre volte Santo Spirito di Verità» ed ancora Redemptor hominis n. 11: «La dignità che ogni uomo ha raggiunto in Cristo: è questa la dignità dell’adozione divina». Sempre in Redemptor hominis n. 13: «non si tratta dell’uomo astratto, ma reale concreto storico, si tratta di ciascun uomo, perché […] con ognuno Cristo si è unito per sempre […]. L’uomo – senza eccezione alcuna – è stato redento da Cristo, perché, con l’uomo – ciascun uomo senza eccezione alcuna – Cristo è in qualche modo unito, anche quando l’uomo non è di ciò consapevole […] mistero [della redenzione] del quale diventa partecipe ciascuno dei quattro miliardi di uomini viventi sul nostro pianeta, dal momento in cui viene concepito sotto il cuore della madre».

Nella sua seconda Enciclica (del 1980) Dives in misericordia n. 1 Giovanni Paolo II afferma ancora con maggior forza: «Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano ad essere propense a dividere e persino a contrapporre il teocentrismo con l’antropocentrismo, la Chiesa [conciliare, ndr] […] cerca di congiungerli […] in maniera organica e profonda. E questo è uno dei punti fondamentali, e forse il più importante, del magistero dell’ultimo Concilio».

Nella sua terza Enciclica (del 1986) Dominum et vivificantem n. 50 Giovanni Paolo II  insiste e  scrive: «Et Verbum caro factum est. Il Verbo si è unito ad ogni carne [creatura], specialmente all’uomo, questa è la portata cosmica della redenzione. Dio è immanente al mondo e lo vivifica dal di dentro. […] l’Incarnazione del Figlio di Dio significa l’assunzione all’unità con Dio, non solo della natura umana ma in essa, in un certo senso, di tutto ciò che è carne: di … tutto il mondo visibile e materiale […]. Il Generato prima di ogni creatura, incarnandosi … si unisce, in qualche modo con l’intera realtà dell’uomo […] ed in essa con ogni carne, con tutta la creazione».

Karol Wojtyla già nel 1976 da cardinale, predicando un ritiro spirituale a Paolo VI e ai suoi collaboratori, pubblicato in italiano sotto il titolo Segno di contraddizione. Meditazioni, (Milano, Vita & Pensiero, 1977), inizia la meditazione “Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo” (cap. XII, pp. 114-122) con Gaudium et spes n. 22 ed asserisce: «il testo conciliare, applicando a sua volta la categoria del mistero all’uomo, spiega il carattere antropologico o perfino antropocentrico della Rivelazione offerta agli uomini in Cristo. Questa Rivelazione è concentrata sull’uomo […]. Il Figlio di Dio, attraverso la sua Incarnazione, si è unito ad ogni uomo, è diventato – come Uomo – uno di noi. […]. Ecco i punti centrali ai quali si potrebbe ridurre l’insegnamento conciliare sull’uomo e sul suo mistero» (pp. 115-116).

In breve questo è il succo concentrato dei testi del Vaticano II: culto dell’uomo, panteismo e antropocentrismo idolatrico.

Ora, come San Pio X voleva “instaurare omnia in Cristo/ricentrare tutto in Cristo”, Gaudium et spes vorrebbe “instaurare omnia in homine/ricentrare tutto nell’uomo”, essa rappresenta un Magistero (pastorale e non infallibile) tutto orientato in direzione dell’uomo e proteso ad abbassare Cristo al livello del puramente naturale, disarcionandolo dal trono della sua Divinità. Quale rottura con il Magistero costante, tradizionale e dogmaticamente infallibile della Chiesa più radicale di questa?

La dottrina cristiana riassunta nel “Catechismo di San Pio X” insegna che «Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e goderlo poi nell’altra in Paradiso». Idem il “Principio e Fondamento” degli Esercizi Spirituali (n. 23) di S. Ignazio da Loyola.

La dottrina di Gaudium et spes insegna quasi a sostituire l’adorazione della creatura a quella del Creatore e tutto tende all’esaltazione della dignità pressoché infinita della persona umana.

Ci si chiede come si possa sostenere, senza rotture con la Tradizione apostolica, la S. Scrittura e con la retta ragione l’affermazione che l’uomo “è in terra la sola creatura che Dio abbia creata per se stessa”.

Monsignor Brunero Gherardini (Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011, p. 36, nota 3) commenta: «È un testo assurdo e blasfemo. […]. Il “per se stessa” sovverte i valori, sottoponendo il Creatore alla creatura». Insomma Dio diventa il tributario dell’uomo, un suo sottoposto e l’uomo il valore primario.

Epilogo

Per concludere, cosa rende inconciliabili l’esoterismo, il modernismo e il Cristianesimo?

Sant’Agostino risponderebbe: “Tu hai voluto, benché fossi uomo, farti Dio per poi perire; ma Egli, essendo Dio, volle farsi uomo per ritrovare ciò che s’era perso” (Sermo CLXXXVIII, cap. 3, in PL, XXXVIII, 1004).

In breve, l’esoterismo come il modernismo[2] sono il contrario del Cristianesimo. Infatti il primi due vogliono che l’uomo si faccia “D-io” da se stesso 1°) tramite la conoscenza iniziatica o gnosis, 2°) tramite la negazione della distinzione tra natura e grazia; mentre il Cristianesimo insegna che Dio si è fatto uomo per salvare l’uomo dal peccato originale, facendolo partecipare alla sua natura divina in maniera limitata e finita tramite la grazia santificante.

d. Curzio Nitoglia



1] Cfr. Propositiones damnatae a S. Officio, 1 dicembre 1924, in Monitore ecclesiastico, 1925, p. 194.

2] È impressionante notare la vicinanza del modernismo alla Tradizione spuria dell’esoterismo e la loro radicale contraddittorietà con il Cattolicesimo veracemente tradizionale.

 
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