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A favore di Francesco: alcuni argomenti
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Caro Maurizio,

le riflessioni che seguono scaturiscono da una visione che vuole essere generale e non ideologica. Tiene conto di quello che ho imparato dai tuoi scritti in merito alla vera lezione della civiltà romana ed al vero buongoverno nel dominio di questo mondo (dove la chiesa opera per sua natura e missione).

Bisogna innanzitutto leggere i testi completi delle interviste rilasciate sia a Civiltà Cattolica che a Repubblica e non basare le proprie valutazioni sugli estratti veicolati dai media (di cui tutti sappiamo quale sia l’infimo livello di onestà intellettuale). Quando dicono “il papa apre ai gay, ai divorziati, all’aborto” si tratta di mistificazioni.

Il papa apre (come hanno sempre fatto tutti i predecessori) ai peccatori ma non al peccato. Basta leggere con attenzione i testi per rendersene conto. Il papa guarda alle miserie dei contemporanei e li incoraggia a seguire la loro coscienza (perché sa che se la coscienza non è ottenebrata dal male, riesce più facilmente a riconoscere il bene autentico). I moderni la coscienza la tacitano e la asservono all’ideologia dominante. Temere che, invitando a seguire la propria coscienza, ci sia il rischio di scadere nel relativismo significa non tener conto che l’uomo contemporaneo è purtroppo già relativista al 100% (spesso anche quelli che suppongono non esserlo). Ogni contatto costruttivo nel dialogo richiede di stabilire un punto d’incontro da cui procedere. Per papa Francesco il punto di incontro è l’attenzione ad ogni essere umano indipendentemente dal suo “stato”.

L’atteggiamento è inclusivo ed offre ai peccatori una riconciliazione con il creato e con se stessi. Da qui, in molti casi almeno l’inibizione a reiterare il male. Il messaggio che pronunciò al primo Angelus e ripetuto più volte è stato che non vi è peccato che Dio non possa perdonare, da qui l’invito a ricorrere alla misericordia di Dio non stancandosi di chiedere perdono.

Mediante la consolazione del perdono ognuno può ritrovare la retta via. Non c'è assoluzione del modo di vita vizioso, ma la semplice affermazione che non vi è peccato che Dio non possa perdonare. E' anche l'atteggiamento che ha ogni padre verso il figlio che ha sbagliato.

Il figlio che pensa "L'ho fatta troppo grossa e mio padre non me la perdonerà mai" di solito scivola sempre di più verso il baratro e si perde perché interrompe il legame con i genitori e decide di cavarsela da se. Ogni padre e madre sa quanto è importante che il figlio possa accostarsi a loro qualsiasi casino abbiano combinato, per i figli di solito questa fiducia nel padre e nella madre sono la vera ancora di salvezza e di recupero.

Nella società nichilista contemporanea, questa buona novella risuona come nuovissima e dirompente.

E va bene così perché forse è proprio quello che serve dopo le ubriacature di onnipotenza dei moderni. Presunzione di onnipotenza che ha lasciato relitti umani ovunque.

Quello che urta i “tradizionalisti” od i credenti cui non riesce piacevole il modo di papa Francesco, riguarda la sua sfrontatezza e disinvoltura nel trattare con gli acerrimi nemici del cattolicesimo.

Non percepiscono come si tratti di evangelizzazione. Scivolano in atteggiamenti da farisei (quelli che criticavano Gesù perché parlava ai pubblicani, alle prostitute, ai gentili). Per noi quelli più lontani dalla verità sono gli atei, i materialisti, gli abortisti, gli eutanasisti, gli intolleranti pro-gay ecc.. Io non sono un prete, mi sembra però naturale che proprio verso loro il papa debba parlare (sono la stragrande maggioranza, hanno tutte le leve del potere e stanno portando a rapida annichilazione l’umanità intera).
Con autorevolezza non dissimulata il papa ha la capacità di disarmare in molti il livore irrazionale che da tanto tempo viene veicolato contro la chiesa cattolica.

E’ una sfida molto pericolosa questa, ma il pericolo è ovunque intorno e dentro alla chiesa e crescerebbe comunque anche se il papa si limitasse a confermare le verità di sempre (come piacerebbe ai “tradizionalisti”). Tu mi hai spiegato come tanti nella chiesa siano andati incontro alla modernità senza sapere come muovercisi, ammaliati da uno stato d’animo collettivo, con il risultato di perdersi od essere “fatti a pezzi” dai nemici di Dio. Almeno papa Francesco sa come muoversi e lo fa senza timidezza riattualizzando anche concetti che altri prelati considerano desueti (ad es. il demonio).

Il tuo articolo sul papa che mobilita le sue divisioni è illuminante al riguardo, e quello sul Kairos si applica benissimo secondo me anche all’attuale pontificato.

Benedetto XVI aveva provato a riformare le magagne vaticane ed è stato boicottato dall’interno e bersagliato continuamente dai media. Le sue equivoche posizioni filo mondialiste (e non universaliste) lo ponevano in posizione di pedina di burattinai la cui abilità riusciamo forse solo ad immaginare.

Ognuno fa quello che può, perciò non lo biasimo, ma senz’altro la chiesa terrena ha oggi più bisogno di un abile comandate che di un dotto professore.

Ci possono essere, e ci saranno inevitabilmente degli errori, ma la direzione generale di marcia è, secondo il mio modesto parere ortodossa rispetto alla Dottrina e secondo il Vangelo.

Secondo la sua natura Scalfari inizialmente (quando scrisse al papa in agosto) voleva forse creare difficoltà al papa mascherando il suo attacco con le buone intenzioni, ma ritengo che invece sarà nel complesso più difficile per il più subdolo e potente dei giornali radical chic attaccare la chiesa visto che il papa ha stabilito un ponte diretto con i lettori di Repubblica (e noi non sapremo mai se da questa lettura inizierà per qualcuno degli atei lettori di Repubblica un cammino di conversione).

Io vedo questa risposta come un atto di evangelizzazione verso un pubblico di lettori miscredenti pronti a vomitare odio giacobino verso la Chiesa. Inibire quest'odio richiede abilità (che il papa dimostra ripetutamente).

Già nella successiva intervista pubblicata ieri l’atteggiamento di Scalfari sembra più deferente e addirittura sincero.

Inoltre a chi è aduso al linguaggio istituzionale e diplomatico, non sarà sfuggito il tono autorevole con cui il papa si rivolge a Scalfari pur usando termini umili, come di chi spiega bonariamente il senso delle cose ad un alunno con delle difficoltà. A me sembra già un mezzo miracolo che lo strapotente Repubblica abbia fatto da megafono, per mezzo del suo guru, al papa. Nell’intervista Scalfari spiega il suo “credo” e vicino alle risposte del papa, la debolezza del pensiero ateo si mostra nuda. Sarei pronto a scommettere che molti giacobini duri e puri sono oggi a disagio con le loro convinzioni.

Nell’intervista a Civiltà Cattolica in un passaggio il papa dice “..ma io non sono mai stato di destra”. Questa era l’accusa che i progressisti facevano a Bergoglio visto il suo operato che loro etichettavano di destra. Questa accusa riflette l’incapacità di superare le categorie ideologiche da parte sia degli accusatori di allora che di quelli di destra che si sentissero feriti dalla frase pubblicata oggi.

Sai come la penso in politica, eppure non vorrei assolutamente un papa di destra (ovviamente neanche di sinistra, ne di centro). Ogni governo laico saggio non tiene conto di queste categorie post illuministe, figuriamoci trattandosi di religione. Eppure qualcosa mi dice che molti di noi sono incapaci di comprendere effettivamente il senso di una funzione universale (quella del papa lo è), accettando ciò che riguarda noi ma non soltanto noi.

Quanto sono miseri i tentativi di far coincidere l'universale con il proprio punto di vista particolare. L'universalità è anche il grande lascito di Roma. Il punto di vista universale include, non negandolo, anche il mio punto di vista particolare nonché quelli di tutti gli altri (che dal primo derivano). E' una questione di gerarchia nella manifestazione.

Molti si smarriscono leggendo che per il papa Francesco il Vetus Ordo è un aiuto offerto a chi ha una particolare sensibilità. Ma se ci pensiamo è proprio così, il Vetus Ordo risponde a chi ha una particolare sensibilità. Chi ha questo amore e sensibilità per la liturgia antica è solo un certo tipo umano tra i tanti. Questa consapevolezza non dovrebbe turbarci.

Tutti vorrebbero che il papa facesse il tifo per le proprie particolari convinzioni. Questo vale per tutti, anche per i modernisti nella chiesa che sono maggioranza e che non riescono ad ottenere tutto quello che vorrebbero.

Ho anche io alcune perplessità; ad esempio nella prima lettera a Scalfari sono perplesso circa l'esattezza della risposta sulla fedeltà alla alleanza da parte degli Ebrei (avendo rigettato il Messia che era l'adempimento della promessa di Dio secondo l'alleanza) e sulla consapevolezza recuperata nel Concilio II del fatto che il Nazareno fosse nato nel seno del popolo ebreo (come se qualcuno potesse aver mai trascurato questa evidenza). Poiché però la domanda era deliberatamente insidiosa, mi consolo sperando che il papa abbia risposto cercando anche di non offrire appigli su un tema dove domina una intolleranza isterica. Ma tutto lascia intendere che invece il papa pensasse esattamente come si è espresso. Pazienza la pensiamo in modo diverso. Le considerazioni sopra esposte si applicano evidentemente anche alle mie opinioni personali verso le quali non è ovviamente necessario che quelle del papa coincidano (anche qui non si tratta di relativismo). Ad ogni modo qualsiasi altra risposta sarebbe stata devastante e usata come una mazza ferrata contro la chiesa cattolica.

Non sono affatto ottimista per i destini del mondo (e pertanto della chiesa che del mondo fa parte), ma nutro fiducia in quest'uomo e sono convinto che la bilancia dei meriti sia largamente sovrabbondante rispetto agli errori (che tra l’altro non sta a me giudicare).

Non mi turbo più di tanto (pur provando forte fastidio) quando vedo un prete fare la messa nel canale di scolo per attirare l'attenzione dei giornali sullo stato d'indigenza e carenza sanitaria del popolo in Brasile. O vedendo altri cialtroni laici e/o consacrati che durante la GMG maneggiano l'ostia consacrata come le mentine usando bicchieri di plastica. Ma sono sicuro che ci sia molto di peggio dentro e fuori la chiesa. Se mettono l'ostia nei bicchieri di plastica è perché probabilmente, al pari di molti preti, non credono nella transustansiazione (e pensano che sia solo un simbolo "fate questo in memoria di me"). Altrimenti la devozione e l'attitudine sarebbero ben diverse. Bisogna pregare perché ricevano la grazia di credere nell'eucarestia come sacrificio rinnovato e non come simbolo. Quindi pur notando l'errore, non mi scandalizzerei più di tanto perché è il segno di una umanità ferita e degradata. A Dio sono fatte offese ben più grandi.

La presente umanità è purtroppo educata a focalizzare tutto verso l’esteriore, ne consegue che è intrinsecamente dipendente dalla multiformi apparenze. Ognuno abbarbicato alla forma che gli è più congeniale. Attaccamento alle forme che non sempre corrisponde ad un reale radicamento nel principio di cui la forma è manifestazione.

Il formalismo (inteso come attaccamento eccessivo alla forma con timore che la sostanza scompaia se le forme non sono perfette) ci fa, qualche volta, assumere l'atteggiamento interiore dei farisei.

Un esempio, i lefreviani negano con sovrana certezza che la messa nuova sia gradita a Dio. Mi sembra che si pecchi un tantino di presunzione e superbia. Lo dico preferendo, quando posso, assistere al Vetus Ordo.

Faccio un altro esempio, che derivo dalle letture dei tuoi scritti. Oltre alla liturgia, una delle forme per eccellenza è l'architettura del tempio.

Poiché la forma è violata totalmente con l'oscenità delle chiese moderne e delle relative pitture sculture in esse contenute, potremmo mai dire che lì non si abbia la presenza reale del Santissimo? Lo dico pensando che gli obbrobri moderni andrebbero demoliti e ricostruiti.

Infine una provocazione: cosa saprebbero fare i “tradizionalisti” (meglio sarebbe definirli conservatori) al governo della chiesa? Pedine del nuovo ordine mondiale in difesa del predominio della civiltà occidentale? Probabilmente.

Lo dico tenendo la Tradizione come punto fermo della mia esistenza.

Anche l’Ecumenismo pone parecchi problemi ai “tradizionalisti”, mentre proprio coloro che attingono agli insegnamenti tradizionali dovrebbero essere quelli meglio attrezzati per questo tema.

Secondo me sbaglia sia chi lo rifiuta, sia i progressisti che lo abbracciano sconsideratamente senza criterio (di nuovo è l’ideologia che li muove).

Anche qui tornerebbe utile la lezione della romanità ma anche quella di imperi cattolici come quello Asburgico che erano multietnici e multi-confessionali. Lezione che i Gesuiti conoscono sicuramente.

Chi ha una forte identità non ha problemi nell’incontrarsi con altre identità (il mondialismo vuole eliminare ogni possibile incontro mediante l’imbastardimento e livellamento in basso di ogni identità). La resistenza intellettuale verso l’Ecumenismo è la stessa che alcuni lettori hanno opposto in passato ai tuoi articoli sulla spiritualità islamica o buddista.

I fautori del nuovo ordine mondiale faranno molta più fatica ad avere ragione di questo papa di quanta ne abbiano fatto per tirare dalla loro parte il suo predecessore.

I modi esteriori del precedente papa corrispondevano in parte ai nostri gusti tradizionalisti, alcuni modi esteriori di questo papa vi corrispondono meno. L'aggettivo "esteriore" è auto-esplicativo.

Quel che più conta e che di certo il papa attuale sa meglio del predecessore e di noi come resistere e tentare di rompere l'accerchiamento che i sovversivi stanno tessendo intorno ai cattolici.

Non è affatto uno sprovveduto e l'impostazione che ha dato ai gesuiti in Argentina è diversa da quella che altrove ha visto i gesuiti abbracciare la teologia della liberazione ecc.

Questo non impedisce inciampi nell'espletamento della sua alta funzione (la storia della chiesa a partire dai primordi ne è costellata), ma ciò non deve essere causa di turbamento ne deve impedire di vedere le cose da un punto di vista generale e superiore invece che da punti di vista particolari ed inferiori.

Se non lo tolgono di mezzo (magari usando un fanatico “di destra”) forse questo pontificato darà grandi frutti inclusa la possibilità di ricomporre lo scisma con i fratelli ortodossi.

Speriamo in bene.

Grazie per la pazienza verso di me e tutti gli altri lettori.

Un abbraccio
Stefano



Tutte le tue considerazioni a favore di Papa Francesco sono notevoli, e in grandissima parte le condivido: capisco che l’intenzione è - quella stessa dei padri conciliari benintenzionati - di rompere il bozzolo calcificato, impedire che la Chiesa cattolica diventi una sorta di Chiesa Copta o armena, dagli splendidi rituali, ma senza più spinta missionaria,, andare incontro al mondo così com’è e non restare chiusi fra i “puri”. Tutto vero, tutto giusto o giustificabile. E tuttavia, Stefano, condivido anche le critiche di un Mastino: ed è questo il problema, e non solo il mio problema. E’ angosciante questa ambiguità.

Come sai, come ho detto, non sono “tradizionalista” nel senso farisaico. Ma duemila anni di cultura, di tomismo e di latino, tradizione, liturgia non sono una scoria da buttar via; soprattutto, non da discutere o beffeggiare sulle pagine di Repubblica, di cui aumenta le vendite con la sua “collaborazione abituale”. Ma lo sa che cosa è Repubblica? Perché una scelta così di parte? Perché non conversa, che so, anche con il direttore del Corriere? E poi: ripetere (per ben due volte) che il non credente basti che segua la sua coscienza, è soggettivismo individualista al massimo grado, è il contrario di quel che viene chiesto a noi credenti (“Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà”), e inoltre conferma un tipo come Scalfari nella sua farisaica convinzione di essere “giusto” – dato che la sua coscienza non gli ha mai rimproverato niente, visto che si crede Dio – come a qualsiasi ateo pratica e progressista oggigiorno. E’ per lo stesso motivo che il cardinal Martini era tanto acclamato ed ammirato dai radicalchic. Mai ne ha indotto uno a cambiar vita.

Vedi, i Papi possono sbagliare. Il primo fu proprio san Pietro, che evitava di pranzare con i pagani convertiti quando c’erano presenti degli ebrei convertiti; San Paolo non esitò ad accusarlo per quella debolezza: “Mi opposi a lui a viso aperto, perché aveva evidentemente torto” (Atti, 2, 11). La domanda è: può un laico credente opporsi “a viso aperto”, oppure deve essere per forza un san Paolo? Non ho una risposta, e non voglio intervenire io di persona, per non farmi corresponsabile di eventuali scismi e rotture dell’unità.

Queste mie osservazioni non vanno intese come un giudizio definitivo. Ci devo ancora pensare a lungo, con timore e tremore.

Maurizio Blondet



 
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