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Monsignor Benigni, Benedetto XV, cattolici integrali e moderati
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Alcuni autori vogliono vedere in Benedetto XV un Papa liberale in senso stretto, ossia modernizzante se non proprio modernista. Per appurare se tale asserto corrisponda alla verità, considerando che il liberalismo è come minimo un grave errore teologico e il modernismo è “la sintesi di tutte le eresie”, è ben studiare i rapporti intercorsi tra il Sodalitium Pianum (d’ora in poi SP) di monsignor Umberto Benigni (1862 – 1934), papa Pio X e papa Benedetto XV.

Infatti San Pio X fu il principale martello del modernismo e monsignor Benigni ebbe dei rapporti di collaborazione con papa Sarto per debellare il modernismo e i modernisti tramite il SP, Benedetto XV succedendo a Pio X ne continuò l’opera magisteriale di condanna del modernismo, ma quanto al modo di agire verso i modernisti, fu certamente molto più moderato e, sotto il suo pontificato, l’associazione di monsignor Benigni venne sciolta.

Ora, ci si domanda, questo diverso modo di agire può giustificare l’accusa estremamente grave di “liberalismo” o “modernismo” rivolta a papa Giacomo Della Chiesa? Oppure essa è una esagerazione poiché, sostanzialmente (quanto alla fede), egli è stato ortodosso e antimodernista, anche se accidentalmente (quanto al modo di agire) è stato più moderato di Pio X? Inoltre per quel che riguarda monsignor Benigni, il quale – quanto alla sostanza – è stato un insigne storico e un valoroso difensore della fede cattolica, si può scorgere in lui una certa eccessività nel modo di agire quanto alla lotta contro coloro che erano reputati essere modernisti? Questi sono i temi che cercherò di affrontare (non dico di appurare) in una serie di articoli su questi personaggi e questi tempi storici, cercando di distinguere la sostanza della dottrina delle persone in questione dalla loro personalità e dal loro modo di agire.

Recentemente è stato pubblicato un libro molto interessante su papa Della Chiesa e i suoi rapporti con il mondo del cattolicesimo integrale ed il modernismo (cfr. A. Melloni – diretto da – Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell’inutile strage, Bologna, Il Mulino, 2017, 2 volumi). Ad una prima lettura dei due suddetti volumi (che vanno letti e integrati alla luce degli scritti di Emile Poulat, dei manuali di storia della Chiesa e soprattutto degli Atti del magistero di Pio X e di Benedetto XV) mi sembra che si possa parlare non di sostanziale modernismo o liberalismo in papa Della Chiesa, ma di una sua peculiarità praticamente prudenziale o diplomatica dovuta alla sua formazione, al carattere, alle contingenze storiche in cui si trovò a vivere, che lo portarono a moderare alcuni atteggiamenti, forse certe volte eccessivi, di monsignor Benigni, i quali tuttavia non screditano totalmente la sua figura quanto alla sostanza, come vorrebbero i modernisti o i progressisti.

I lettori di questo sito conoscono già gli ottimi libri scritti negli anni Sessanta/Settanta da Emile Poulat su monsignor Benigni e il cattolicesimo integrale (Intégrisme et catholicisme intégral, Tournai, Casterman, 1969; Catholicisme, démocratie et socialisme. Le mouvement catholique et Mgr Benigni, Tournai, Casterman, 1977), avendo io per il passato già affrontato il tema basandomi su questi suoi studi. Quindi nel presente lavoro mi servirò soprattutto dell’opera diretta da Alberto Melloni, con la collaborazione di molti storici di varie nazionalità, la quale oggettivamente fornisce numerose informazioni nuove, interessanti e fondate su documenti archivistici, che ancora non erano stati studiati negli anni Sessanta/Settanta, anche se l’indirizzo dottrinale del Melloni e di molti dei collaboratori di questo lavoro è di tendenza liberal/progressista senza togliere nulla alla serietà scientifica del loro lavoro di ricerca storica; mentre il Poulat, oltre il lavoro di seria ricerca storica, ha saputo mantenere anche una obiettività esemplare nel portare qualche lieve giudizio sulla figura (sin troppo bistrattata) di Benigni e sull’opera del SP, sfatando la leggenda nera che i modernisti avevano creato attorno ad essi.

Il cardinal Gasparri su San Pio X

Il cardinale Pietro Gasparri, nella sua deposizione del 28 marzo 1928 durante la causa di beatificazione di Pio X, trattò della questione del SP detto anche “Lega di San Pio V” (di qui l’appellativo di “Pìanum” da papa Pio V), diretto da monsignor Umberto Benigni e volle far notare, polemicamente e forse un po’ acrimoniosamente, che papa Sarto aveva appoggiato la suddetta associazione, definendola: “Una associazione occulta di spionaggio al di fuori e al di sopra della gerarchia, anzi che spionava gli stessi membri della gerarchia. […]. Una specie di massoneria nella Chiesa, cosa inaudita nella storia ecclesiastica”, vedendo in ciò un “punto oscuro” che avrebbe potuto nuocere alla beatificazione di Pio X, accusato implicitamente di far spiare l’Episcopato per debellare i modernisti (Sacra Rituum Congregatio, Disquisitio circa quasdam obiectiones modum agendi servi Dei respicientes in modernismi debellatione, Roma, 1950, p. 6).

Il Poulat ha dimostrato che Benigni, avendo capito le direttive di Pio X, secondo cui il modernismo era una “setta segreta” da combattere anche nei suoi sostenitori, escogitò l’idea di fondare un’associazione che, avvalendosi del segreto, osservasse e studiasse in concreto i vari ecclesiastici in odore di modernismo per appurare se realmente le cose stessero così e per denunciarli quindi direttamente al Papa, prescindendo dai Vescovi diocesani, poiché molti di loro erano realmente di tendenza modernizzante (a prescindere dalle “impennate” di Benigni) e non seguivano l’insegnamento di papa Sarto né tantomeno applicavano le sue severe direttive.  Perciò il segreto non era finalizzato a qualcosa di losco e tenebroso, ma alla necessità di non essere intercettati dai protettori dei modernisti. Certamente vi furono degli eccessi nei modi della lotta, ma non si può dire che il SP fosse un’associazione intrinsecamente perversa o “una specie di massoneria bianca”.

Prima della sua deposizione il cardinal Gasparri chiese la “posizione d’archivio originale” (pratica n. 5101 del 10 dicembre 1921) dello scioglimento del SP. Purtroppo, nonostante che il Benigni avesse divulgato il carteggio intercorso tra lui e la Congregazione del Concilio circa le sue attività di lotta antimodernista tramite il SP, la “posizione d’archivio originale” risulta ancor oggi introvabile per chi la volesse consultare interamente nel suo testo originale. Perciò l’esame esaustivo di quello che avrebbe dovuto essere lo scioglimento definitivo del SP sfugge ancora agli storici.

Tuttavia molti autori (cfr. P. Scoppola, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1966, vol. VIII, pp. 504-508, voce “Benigni, Umberto”) hanno parlato ampiamente delle vicende riguardanti il SP, ma lo hanno fatto a partire dal solo carteggio intercorso tra Benigni e la Congregazione del Concilio circa la sua associazione, divulgato dal Benigni medesimo. Per conoscere con certezza i termini esatti dell’inchiesta sul SP, il mandante di essa e l’ordine successivo  di scioglimento, occorrerebbe poter ritrovare la documentazione diretta, sconosciuta al medesimo Benigni. Sino ad oggi però non si è riusciti a ritrovarla e dunque bisogna accontentarsi di una ricostruzione non pienamente completa e puntuale.

Cercherò di riassumere i principali punti riguardanti i motivi dello scioglimento del SP avvenuto verso la fine del pontificato di Benedetto XV, quando vi fu una specie di “resa dei conti” tra cattolici integrali e cattolici moderati, modernizzanti se non addirittura modernisti, servendomi anche delle notizie contenute nei libri che li trattano a partire dalle testimonianze esterne alla “pratica scomparsa”.

La nascita

Il SP venne costituito nel 1909 e due anni dopo la sua costituzione, il 16 aprile del 1911, padre Jules Saubat (amico intimo di monsignor Benigni), in qualità di consultore della Congregazione dei Religiosi, diresse a San  Pio X una supplica per ottenere una benedizione apostolica a favore del SP. La risposta data dalla Segreteria di Stato, diretta dal cardinale Merry del Val, fu negativa, ma il motivo della bocciatura fu dato solo a viva voce e quindi non ci è pervenuto (cfr. G. Vian, Convergenze e divergenze nella Curia romana di Pio X, in  G. La Bella – a cura di – Pio X e il suo tempo, Bologna, 2003, Il Mulino, pp. 499-503).

Il SP ottenne un primo rescritto autografo di incoraggiamento da parte di San Pio X il 5 luglio 1911; successivamente vi fu un secondo rescritto del Pontefice l’8 luglio 1912. Ma i rescritti pontifici in risposta ai biglietti di omaggio spediti dal Benigni al Papa non erano sufficienti come approvazione ufficiale o ufficiosa della S. Sede.

Il 21 gennaio del 1913 Benigni chiese nuovamente l’approvazione del SP alla Congregazione Concistoriale diretta dal cardinal De Lai, che era divenuto un sostenitore del SP (cfr. Archivio Segreto Vaticano, Fondo  Benigni, 51, f. 539).

Monsignor Benigni cercava una base legale che garantisse il SP anche solo come semplice “autorizzazione” senza pretendere una approvazione. Infatti le caratteristiche di segretezza e di autonomia dai Vescovi del luogo del SP non potevano coesistere con un’approvazione canonica formale. Egli sperava di ottenere da Pio X, tramite il cardinal De Lai, una semplice lettera di autorizzazione che sottoponesse il SP direttamente alla Congregazione Concistoriale diretta dal De Lai stesso, sottraendo la sua associazione  al controllo e alla giurisdizione dei Vescovi diocesani, affinché il SP potesse continuare indisturbato la sua attività di investigazione sui modernisti.

Il cardinal De Lai, il 19 gennaio 1913, scrisse una lettera riservata a Benigni informandolo che da circa 15 giorni aveva consegnato personalmente al Papa una copia degli statuti del SP in vista della sua autorizzazione. San Pio X dopo qualche giorno aveva detto al cardinale di aver avuto una “buona impressione” dalla lettura degli statuti, ma quanto alla approvazione “conveniva studiare meglio la cosa, essendovi qualche lato discutibile” (A. M. Dieguez, “Una specie di massoneria nella Chiesa”. Lo scioglimento del Sodalitium Pianum, in A. Melloni – diretto da – Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell’inutile strage, Bologna, Il Mulino, 2017, I vol., p. 438).

Infine con una lettera del 25 febbraio 1913 (messa a protocollo con il numero 398/13) il De Lai comunicò a Benigni di aver presentato al Papa il programma del SP e che l’idea dell’associazione piana era piaciuta a Pio X. Quindi il cardinale concluse: “Il Pontefice approva e benedice quest’iniziativa, riservandosi a suo tempo di esaminare gli Statuti e di approvarli nelle debite forme pel tramite di questa Sacra Congregazione Concistoriale” (ASMAE, Serie D, b. 52, fasc. 938, ff. n. n.).

Tuttavia il De Lai, in un appunto scritto il 1° marzo 1913 riguardante i “fascicoli esibiti da monsignor Benigni e da padre Saubat per l’approvazione del SP”, aggiunse che restavano alcuni “motivi di diffidenza” riguardo alla possibilità di approvare “una associazione segreta al di sopra dei Vescovi” (ASV, Congregazione Concistoriale, Positiones, Roma Orbis, 17, prot. 398/13, f. 35). Ma monsignor Benigni restava fermo nell’idea di non porre la sua associazione sotto la giurisdizione dei Vescovi diocesani e di potere lavorare in assoluto riserbo. “Benigni capì bene che nonostante il compiacimento pontificio la sostanza della risposta era dilatoria e continuò a premere nei mesi successivi per ottenere un vero atto di approvazione, sino ad arrendersi il 25 marzo 1914” (A. M. Dieguez, “Una specie di massoneria nella Chiesa”. Lo scioglimento del Sodalitium Pianum, cit., p. 439).

Lo scioglimento temporaneo e la ricostituzione del 1914

Due giorni dopo la morte di San Pio X (20 agosto 1914) Benigni comunicò al De Lai, a nome del SP, la decisione di sciogliere l’associazione, che “non avendo ricevuto la definitiva approvazione, viveva di una vita precaria che oggi cessa da sé”, inoltre Benigni si dichiarò sempre a disposizione nei riguardi di De Lai, “ma, se per ipotesi, Ella desiderasse, quando che sia, la nostra ricostituzione in base ad una definitiva approvazione, noi saremmo pronti a ricominciare” (ASV, Congregazione Concistoriale, Positiones, Roma Orbis 17, fasc. 1915, f. 5).

Tuttavia con una lettera “confidenzialissima da bruciare”, l’8 ottobre 1914, scriveva ai principali associati del SP che dopo lo scioglimento occorreva “continuare la nostra relazione sulla semplice base di un’amichevole intesa”. Quindi il SP, che era stato pubblicamente sciolto veniva ricostituito segretamente.

Il 26 giugno del 1915 Benigni richiese al cardinal De Lai l’approvazione dello statuto del SP. Il 14 luglio la Congregazione Concistoriale chiese al Benigni di comunicare una copia dei regolamenti, che vennero inoltrati dal Benigni il 17 luglio. Il cardinal De Lai fece rispondere con parole di gradimento, senza riferire nulla al nuovo Pontefice, Benedetto  XV.

Lo scioglimento definitivo 1921

L’8 dicembre del 1921 avvenne lo scioglimento definitivo del SP. Il carteggio tra Benigni e il cardinal Donato Sbarretti Tazza, prefetto della Congregazione del Concilio, circa lo scioglimento dell’associazione piana ci è noto in quanto fu divulgato sùbito, in maniera confidenziale, dal Benigni che lo pubblicò successivamente nel 1928 nell’opuscolo pro manuscripto. Di fronte alla calunnia. Nel 1969 Emile Poulat lo ristampò tradotto in francese (Intégrisme et catholicisme intégral, Tournai, 1969, pp. 576-604).

Il 10 novembre del 1921 il cardinal Sbarretti Tazza scrisse a Benigni asserendo che era a piena conoscenza dell’esistenza di “un’associazione segreta appellata SP”. Quindi gli notificava che la Congregazione del Concilio doveva curare l’osservanza del CIC sulle società segrete (can. 684) e lo invitava a rispondere ad alcuni richieste: 1°) inviare alla S. Sede il documento autentico della presunta autorizzazione o approvazione da parte della S. Sede del SP; 2°) il nome del presidente e degli altri membri dirigenti; 3°) una copia degli statuti; 4°) il suo scopo; 5°) i nomi dei suoi aderenti in tutto il mondo; 6°) il perché del segreto assoluto, anche nei riguardi dell’Episcopato, di cui si avvaleva detta associazione.

Il 16 novembre monsignor Benigni rispose alle 7 domande con una lunga lettera, protestando la propria correttezza morale e mettendo in rilievo le calunnie di cui era stato vittima. Tuttavia secondo alcuni autori Benigni non avrebbe detto tutta la verità nella sua risposta, anche se si disse pronto a “sopprimere” il SP. Il cardinal Pietro Gasparri nella sua deposizione al processo di beatificazione di Pio X (e poi anche nelle sue memorie) rivelò la parte che ebbe anche lui nella redazione del questionario inviato al Benigni e pure nella successiva gestione della faccenda riguardante il SP. Gasparri scrisse che tale associazione veniva sciolta perché “in realtà non si ammetteva una simile associazione di spionaggio” (G. Spadolini, Il cardinale Gasparri e la questione romana, Firenze, Le Monnier, 1972, p. 115), ossia per gli stessi motivi per cui Pio X non le aveva accordato l’approvazione ufficiale e formale.

Il 1° dicembre del 1921 monsignor Benigni comunicava al cardinal Sbarretti Tazza l’avvenuto scioglimento del SP.

Nel frattempo col nuovo pontificato di Benedetto XV il cardinal De Lai e il cardinal Merry del Val avevano perso la loro grande influenza nella Curia Romana. Purtroppo monsignor Benigni, eccedendo, con un po’ di risentimento se la prese anche col De Lai, che secondo lui nel Conclave del 1922 “per conservare il suo posto, si era mostrato arrendevole” (ASV, Fondo Benigni, 59, f. 71). Inoltre con la promozione di Sbarretti Tazza, di tendenza moderata, nel 1919 alla prefettura della Congregazione del Concilio, l’inclinazione anti-integrista della suddetta Congregazione ai tempi di Pio X scemò notevolmente. Occorre non dimenticare che il cardinal Tazza era stato preso di mira per le sua attitudini concilianti e moderate proprio dal SP. “Inoltre, la codificazione pio-benedettina del diritto canonico del 1917, con il canone 684 sulle società segrete, offriva un formale sostegno giuridico per mettere a tacere un’associazione  che, se durante il pontificato di Pio X, poteva asserire di essere una sorta di ‘servizio segreto’ ai comandi del Papa (anche se non è esattamente così), con il nuovo pontificato, non poteva evitare di essere sciolta come ‘società segreta’, che agiva adesso all’insaputa di papa Benedetto XV col quale non c’era la sintonia che aveva caratterizzato il precedente pontificato.

Alcuni storici parlano di continui attacchi non pubblici del gruppo di Benigni contro Benedetto XV e il suo Segretario di Stato (card. Gasparri), ritenuti colpevoli di cedimento, di eccessiva moderazione e di una certa tendenza conciliazionista, che faceva a pugni con quella integrista.

Si è discusso anche sulla reale portata dello scioglimento del SP annunziato da Benigni il 1° dicembre del 1921 con una lettera al cardinale Sbarretti Tazza. Infatti sorsero sùbito delle voci su una nuova ripresa (come quella del 1914/1915) delle attività di Benigni sullo stile del “vecchio” SP. Il Vaticano non aveva correttamente valutato l’evoluzione della rete di Benigni, che aveva adottato nuove strategie nell’immediato dopoguerra. Si accusò monsignor Benigni di aver continuato a viaggiare per contattare i suoi amici o informatori, di aver mantenuto i suoi segretari, di aver ripreso le riunioni, di aver sciolto solo la “Corrispondenza Romana” e non il SP, di aver informato i cardinali De Lai e Merry del Val soltanto sulla “Corrispondenza Romana” e non sulle attività del SP (cfr. N. Valbousquet, Trasformazioni del cattolicesimo integrale sotto Benedetto XV: la rete Benigni dopo lo scioglimento della Sapinière, in A. Melloni – diretto da – Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell’inutile strage, Bologna, Il Mulino, 2017, I vol., pp. 450-462).

Il padre benedettino belga Henry Larent Janssens, scrisse una lettera al cardinal Gasparri, il 31 agosto 1924, in cui lo informava di avere saputo dal famoso teologo padre Adolfo Tanquerey che il SP continuava in segreto la sua azione anche se con un nuovo modus operandi. Il cardinale informò Pio XI della cosa (cfr. AES, Stati Ecclesiastici, pos. 393, fasc. 279, f. 44).

Il cardinal Gasparri era convinto che il SP avesse continuato, privatamente, la sua attività, anche dopo la soppressione del 1921 che non sarebbe stata né effettiva né totale. La caccia all’integrista continuava.

d. Curzio Nitoglia

Prima Parte

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