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Guido Aureli: il manoscritto su “monsignor Benigni e Pio X”
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Nello scorso articolo abbiamo affrontato la questione dei rapporti intercorsi tra Guido Aureli, monsignor Umberto Benigni, Giovanni Preziosi, San Pio X e Benedetto XV. Tale questione è stata sviscerata soprattutto alla luce della figura di Preziosi: una personalità tragica, complessa, non priva - nella sua seconda fase giornalistica (1921-1945) antimassonica e antigiudaica - di una certa genialità e serietà metodologica di lavoro.

Tuttavia non si è potuto non rimarcare come, soprattutto da parte del Benigni e dell’Aureli, la collaborazione col  Preziosi (che sino al 1921 era stato un sacerdote profondamente modernista, avverso a Pio X, arrivando poi anche ad abbandonare il sacerdozio) sia stata poco coerente coll’integrismo cattolico da loro professato; mentre Preziosi dal punto di vista delle sue idee poteva non avere alcuna difficoltà etica ad accettare la collaborazione di Benigni e di Aureli alla sua rivista.

In quell’articolo mi son basato, soprattutto, sulla prima parte del saggio intitolato Il complottismo di un nostalgico integralista. Guido Aureli e il suo memoriale su Monsignor Benigni e Pio X (Brescia, Morcelliana, “Modernism”, 2018, pp. 159-222).

Questa prima parte, curata dalla storica francese Nina Valbousquet, è un’introduzione storico/teologica al “memoriale di Guido Aureli su Pio X e monsignor Benigni”,  che si estende da pagina 159 a pagina 179 della succitata rivista “Modernism” (Brescia, Morcelliana, 2018) e che ha messo molto bene in luce il rapporto, a dir poco “sorprendente”, intercorso tra Guido Aureli, monsignor Benigni e Giovanni Preziosi.

La seconda parte, di cui mi occupo adesso, è stata curata da Alejandro Mario Dieguez, ed è l’edizione critica del documento stilato nel 1939 da Guido Aureli (Monsignor Benigni e Pio X) con una breve Introduzione e un ricco apparato critico, sempre a cura di Alejandro Mario Dieguez, da pagina 160 a pagina 222 della medesima rivista.

Iniziamo a vedere l’Introduzione del professor Dieguez (pp. 180-182) per passare poi allo studio del saggio di Guido Aureli (pp. 182-222) pubblicato a cura del Dieguez.

I - La breve introduzione di Alejandro Mario Dieguez

Il Dieguez ci spiega che il testo del memoriale del 1939  di Guido Aureli (1869-1955) su “Monsignor Benigni e Pio X” è arrivato (nel 2002) nell’Archivio Segreto Vaticano (ASV, protocollo 37. 406 del 19 febbraio 2002, posizione Versamenti 128), ove lui l’ha potuto studiare, grazie al versamento dello spoglio delle carte del cardinale Nicola Canali (1874-1961) da parte dell’Archivio Storico della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato.

Il cardinale Canali era stato il segretario e il fidato collaboratore del cardinale Raffaele Merry del Val (cfr. A. M. Dieguez, Carte Pio X. Scritti, omelie, conferenze e lettere di Giuseppe Sarto, Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano, 2010).

Il professor Dieguez ci spiega inoltre che “il testo di Aureli è per la maggior parte manoscritto, con il solo inserimento della copia dattiloscritta della lettera di Benigni a De Lai a pp. 26-29, e si trova nelle pagine dispari di un quaderno di 48 pagine; mentre nelle pagine pari l’Aureli aggiunge ogni tanto delle note a integrazione del suo ragionamento” (N. Valbousquet – A. M. Dieguez, Il complottismo di un nostalgico integralista, cit., Documenti, Storia ed edizione di un enigmatico manoscritto, a cura di A. M. Dieguez, p. 180).

Il Dieguez poi spiega che 1°) le note di Guido Aureli - in verità non sempre storicamente e bibliograficamente corrette e precise - sono state riportate nel testo medesimo dell’Aureli pubblicato nella rivista “Modernism” in corpo minore rientrato; mentre 2°) le note del curatore (ossia del Dieguez medesimo), storicamente molto più ricche e ben documentate anche se teologicamente filomoderniste, si trovano a piè di pagina del saggio su Benigni e Pio X pubblicato in “Modernism”.

In effetti occorre ben distinguere i due tipi di note: quelle 1°) a piè di pagina del memoriale dell’Aureli, che sono state curate dal Dieguez, le quali sono tendenzialmente anti-integriste e filo-moderniste; vanno disgiunte da quelle 2°) in corpo minore rientrato site nel testo stesso del memoriale dell’Aureli, che sono state scritte dall’Aureli medesimo e sono invece filo-integriste ed anti-moderniste. Il Dieguez è serio come ricercatore storico, ma ideologicamente e teologicamente è schierato modernisticamente. Quindi, se non si distinguono chiaramente gli autori dei due tipi di note (Dieguez e Aureli) le quali sono diametralmente opposte, non si riesce a capire bene il filo del ragionamento, che potrebbe apparire contraddittorio.

Passiamo ora a studiare il manoscritto di Guido Aureli come lo ha pubblicato il professor Dieguez.

II - Il testo di Guido Aureli

Aureli inizia il suo memoriale attaccando direttamente - con il suo stile focoso molto simile a quello di monsignor Benigni - il giornalista reatino Filippo Crispolti (1857-1942), “legato agli ambienti liberal/conservatori di Roma” (cit., p. 182, nota n. 49 a piè di pagina a cura di A. M. Dieguez).

Aureli nel suo manoscritto ci informa che Filippo Crispolti era “uno dei più autorevoli capi del Partito Popolare e dei giornali del trust condannati da Pio X” (cit., p. 182). Inoltre secondo l’Aureli nel libro del Crispolti (Pio IX, Leone XIII, Pio X, Benedetto XV, Pio XI. Ricordi personali, Roma/Milano, Treves/Treccani/Tumminelli, 1932; Milano, Garzanti, 1939) “si leggono a proposito di Pio X periodi che rivelano, abilmente mascherati dall’esperto scrittore, l’errore che dominò i cattolici-liberali del Partito Popolare nel sostegno che dettero direttamente o indirettamente al modernismo, errore che nel libro del Crispolti si viene a giustificare diffondendolo di nuovo” (cit., p. 182).

La Valbousquet ci ha già spiegato, come abbiamo visto nella prima parte di questo saggio della rivista “Modernism”, che Guido Aureli scrisse il suo memoriale su Benigni e Pio X per polemizzare con la seconda edizione (Milano, Garzanti, 1939) del libro del Crispolti, riabilitando la figura di monsignor Benigni morto nel 1934 e per portare il neo-eletto (2 marzo 1939) Pio XII verso la parte dei cattolici integrali o il cosiddetto “Partito di Pio X”, che secondo la Valbousquet era ancora in pista, anche se in fase calante, all’inizio del pontificato pacelliano.

Secondo l’Autore (Aureli) “tutto il pensiero crispoltiano è concentrato sulla critica del pontificato di Pio X per la sua lotta antimodernistica di fronte alla esaltazione del suo predecessore [Leone XIII, ndr] e del suo successore [Benedetto XV, ndr]” (cit., p. 183).

Il Dieguez  (cit., pp. 183-184, nota n. 1 in corpo minore rientrato nel testo di Guido Aureli), riporta l’opinione di Guido Aureli, concernente le due edizioni, del 1932 e del 1939, del libro di Filippo Crispolti, secondo cui la prima edizione del 1932 veniva dopo la pubblicazione del libro I miei quattro papi di padre Giovanni Semeria (1867-1931), che fu accusato di filo-modernismo dalla Santa Sede e lasca capire, così, che Filippo Crispolti avesse continuato l’opera modernistica intrapresa dal Semeria.

Accusa questa dell’Aureli che viene confermata dal Dieguez (nella sua nota n. 53 a piè di pagina 183), il quale precisa meglio che padre Semeria fu inviato dal cardinal Gaetano De Lai a fare “un lungo  viaggio fuori dell’Italia” secondo il desiderio di Pio X, notificato dal De Lai al superiore generale dei Barnabiti (l’ordine cui apparteneva il Semeria) il 3 giugno 1912.

L’Aureli (cit., p. 184, nota n. 1 in corpo minore rientrato) ritiene che Semeria avesse attaccato l’arcivescovo di Genova, cardinale Andrea Caron (1848-1927), qualificandolo come antiliberale e impedendogli così di  ottenere l’exequatur  governativo e la possibilità di prendere possesso della diocesi di Genova. Inoltre il giornalista integrale scrive chiaramente che padre Semeria “nel suo I miei quattro papi ha iniziato la tattica che poi Filippo Crispolti seguirà nel suo libro Da Pio IX a Pio XI del 1932”.

Il Dieguez (nella sua nota n. 54 a piè di pagina 184) ci informa che lo stesso cardinal Andrea Caron (e non solo l’Aureli) attribuì a padre Semeria la tempesta scatenata contro di lui, impedendogli la presa di possesso della diocesi di Genova assegnatagli dal Papa; però secondo lo storico ispanico le cose non stanno come diceva il Caron, ma la contrario egli ritiene il padre barnabita del tutto estraneo alla “faccenda Caron”, rinviando il lettore ad una ricca bibliografia su padre Semeria.

Guido Aureli prosegue  il suo attacco radicale contro Filippo Crispolti (che invece è difeso e scagionato dal  Dieguez) scrivendo che nel suo libro edito nel 1932 e poi nel 1939 “emerge la diabolica visione di un Pio X, che dette la sua fiducia a personalità che non la meritavano” (cit., p. 184). È evidente qui il riferimento a monsignor Benigni.

A pagina 185 l’Aureli nomina esplicitamente Benigni e lo contrappone a Fogazzaro, Tyrrel e Filippo Crispolti, ponendolo in stretta unità di intenti con Pio X, il quale certamente condannò il modernismo e i modernisti, ma quanto al modo di agire era abbastanza lontano da certi eccessi del Benigni.

Aureli inoltre mette in opposizione il cattolico/liberale Filippo Crispolti (1857-1942) con il di lui cugino Crispolto Crispolti (1882-1937), che scrisse un libro intitolato Pio X e un episodio della storia del partito cattolico in Italia (Roma, Bontempelli, 1913), il quale era di tendenza antimodernista e filo-integrale. Per correttezza bisogna ammettere che le citazioni fatte dall’Aureli sono molto  spesso cronologicamente approssimative ed bibliograficamente inesatte, ma non false e che per avere informazioni più precise bisogna attingere alle note a piè di pagina del Dieguez. Tuttavia, pur con una certa tendenza all’esagerazione, i giudizi dell’Aureli sono teologicamente più esatti di quelli del Crispolti, il quale realmente era inficiato di modernismo sociale, essendo vicino al PPI. Quindi lo studio del suo memoriale è utile a farci capire lo “stato di spirito” che si era formato durante la crisi modernista nell’ambiente ecclesiale italiano.

Guido Aureli (cit., p. 187) passa poi a narrare la vicenda dell’allontanamento di monsignor Benigni dalla Segreteria di Stato nel 1911, attribuendola ad una manovra condotta dai vescovi tedeschi (reputati da lui quasi tutti modernisti) contro l’Enciclica di Pio X su San Carlo Borromeo (Editae saepe, 26 maggio 1910), in occasione del terzo centenario della sua canonizzazione, che suscitò aspre polemiche specialmente in Germania per le critiche mosse ai caporioni del protestantesimo germanico, definiti da San Pio X come “falsi riformatori e nemici della  croce di Cristo, uomini dediti alle passioni e ai vizi”,  ai quali il Pontefice contrapponeva San Carlo quale vero riformatore e amico della croce di Cristo. Ora siccome “il più feroce oppositore del modernismo tedesco” (cit., p. 188) era stato proprio monsignor Benigni, i vescovi tedeschi, ne chiesero la testa al Vaticano in cambio di cessare la loro  opposizione all’Enciclica Editae saepe. Invece la Valbousquet, nella prima parte di questo saggio (cit., p. 160), ci aveva mostrato come le dimissioni di Benigni fossero stata sollecitate da Merry del Val e dallo stesso Pio X a causa di una grave imprudenza del monsignore perugino, che aveva nuociuto ai rapporti diplomatici della Santa Sede.

Tuttavia l’Aureli (cit., p. 192) è costretto ad ammettere anche “gli scatti del carattere” di monsignor Benigni che “lo portavano a sfoghi con i suoi intimi amici e con me, a momenti di  disperazione”, la sua “violenza di linguaggio”.

Inoltre Aureli confessa candidamente che “Benigni ad un dato momento si trovò in pieno contrasto con la Compagnia di Gesù [si noti bene: con “la Compagnia di Gesù” e non con alcuni gesuiti, ndr], di cui fu un critico spietato” (cit., p. 193) ad eccezione del cardinal Billot e di padre Tacchi Venturi (ivi); mentre padre “Enrico Rosa fu il suo nemico personale e senza scrupoli” (ivi).

Infine è sorprendente l’affermazione dell’Aureli (cit., p. 197) secondo cui “la lotta antimodernista si affievolì dopo l’uscita di monsignor Benigni dalla Segreteria di Stato e non permise di colpire a fondo l’errore”, ossia nel 1911 durante il pontificato di Pio X (1903-1914). Stando così le cose, a rigor di logica, anche San Pio X non sarebbe stato integralmente cattolico e antimodernista “sino in fondo” e si sarebbe mostrato “fievole” nella lotta contro l’eresia; mentre l’unico vero campione della lotta contro il modernismo sarebbe stato monsignor Benigni.

Purtroppo questi sono gli eccessi reali, quanto al modus operandi, che hanno disturbato la retta applicazione del programma, sostanzialmente buono quanto alla dottrina, del cattolicesimo integrale.

Conclusione

A partire dalla lettura del memoriale di Guido Aureli (1869-1955), resta confermato quanto sabbiamo visto nell’ultimo articolo, ossia che l’apice della polemica antigesuita di Benigni fu raggiunto nel 1927 con la pubblicazione di un suo saggio in “La Vita Italiana” di Giovanni Preziosi, accusando i gesuiti di formare un’internazionale antifascista (cfr. XXX [U. Benigni], L’altra “Internazionale”: Qual è l’atteggiamento dei gesuiti di fronte all’Italia fascista?, in “La Vita Italiana”, marzo/aprile 1927, pp. 69-73). Ora non mi pare opportuno per un sacerdote cattolico e per di più “integralmente cattolico” attaccare (1927) la Compagnia di Gesù in se stessa, accusandola di antifascismo, dalle pagine della rivista di Giovanni Preziosi, che proveniva dal modernismo radicale e che si era allontanato (1921) da almeno 6 anni dalla Chiesa cattolica.

Purtroppo il modo di agire del monsignore perugino, come pure quello del suo amico Guido Aureli, li portavano a degli eccessi nel condannare, come modernista, ogni divergenza (anche solo pratica) dal loro modo di vedere le cose; ora tali eccessi  nocquero parecchio alla causa del cattolicesimo integrale, buona in sé.

Inoltre monsignor Benigni e l’Aureli, così facili a stroncare i minimi difetti degli altri, sono stato molto “disinvolti” a concedersene alcuni, che sono oggettivamente abbastanza gravi. Mi riferisco alla loro collaborazione non solo con La Vita Italiana di Giovanni Preziosi, ma anche (come informatori, per non dire delatori, il che non è molto bello) con la Polizia Politica fascista (Ovra).

Infatti la storica francese ci spiega che “la convergenza di Aureli verso il regime fascista si svolse in sincronia con quella di Benigni, il quale diventò informatore della Polizia Politica fascista nel 1923, dopo aver perso la sua ultima funzione presso le istituzioni della Chiesa. Secondato dal suo nipote, il giornalista Pietro Mataloni, Benigni fu prima al soldo del Ministero degli Affari esteri dal 1923 al 1928 e poi direttamente della Polizia Politica del Ministero degli Interni sino alla sua morte nel 1934” (cit., p. 168; cfr. ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, Atti speciali, 1898-1940, b. 6, fasc. 33: Carteggio Francesco Grispo Moncada, rapporto del 14 febbraio 1926). Ora per un sacerdote, che si professa “puramente, integralmente e assolutamente” cattolico, fare il delatore presso la Polizia Politica non mi sembra molto coerente con l’etica cristiana.

Tuttavia raccomando, ancora una volta, di accompagnare sempre lo studio del movimento cattolico/integrale (capeggiato da monsignor Benigni) con la lettura di Emile Poulat (Intégrisme et catholicisme intégral, Tournai, Casterman, 1969; Catholicisme, démocratie et socialisme. Le mouvement catholique et Mgr Benigni, Tournai, Casterman, 1977). Infatti, questo storico francese, non solo ha sviscerato bene la tematica dell’integralismo cattolico antimodernista, ma è stato assai equilibrato, oggettivo ed imparziale nei suoi giudizi su monsignor Benigni, mettendo in luce non solo le sue ombre (come molti altri storici, quali la Valbousquet e il Dieguez, tendono a fare), ma anche le sue luci, che ci sono e teoreticamente sono assai brillanti.

Ciò nonostante non si possono non riscontrare gli eccessi di Benigni e sodali quanto al modo di agire, eccessivamente stretto verso gli altri e molto largo con se stessi.

Malgrado ciò “l’abuso non toglie l’uso”, ossia il modo di fare eccessivamente rigido del Benigni nulla toglie alla bontà dottrinale del programma del cattolicesimo integrale e antimodernista, che ha trovato, nella persona di San Pio X, la perfezione non solo teoretica ma anche pratica. Questa è la differenza che corre tra un Santo (Pio X) e un “uomo comune” anche se molto brillante, colto e intelligente (Benigni). San Tommaso d’Aquino insegna: “Ciò che rende buono un uomo non è la buona intelligenza, ma la buona volontà; dunque ciò che ci rende cattivi è il male che procede dalla volontà e non l’ignoranza che procede dall’intelligenza” (S. Th., I, q. 48, a. 6).

Attenzione però! La venerazione che occorre avere verso la santità eroica di papa Giuseppe Sarto non ci autorizza a criticare Leone XIII, Benedetto XV, Pio XI e XII come Papi liberali o modernizzanti, se non addirittura modernisti.

Si capisce ancor meglio così - alla luce di quanto scritto dall’Aureli e commentato dagli storici Valbousquet e Dieguez - anche la reazione (“ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”) che colpì monsignor Benigni a partire dal 1911, quando fu allontanato dalla Segreteria di Stato. Certamente vi furono pure degli eccessi contro i cattolici integrali dopo la morte di Pio X, ma furono provocati anche da un certo modo di fare esageratamente rigido del monsignore perugino.  Infatti, se si pensa che il Benigni denunciava alla Polizia Politica Italiana (Ovra) coloro che reputava essere in odore di modernismo o di antifascismo; non ci si deve stupire se sia stato, anche lui, oggetto di “rappresaglie” da parte di coloro che erano stati bersagliati da lui stesso.  Non si può presentare Benigni come una vittima e un martire dei “moderati”, avendoli anche lui “martirizzati” tramite l’Ovra.

Il testo scritto dal Dieguez e la pubblicazione integrale del memoriale di Guido Aureli su Benigni e Pio X si completano e confermano quanto studiato nell’ultimo articolo sullo scritto della Valbousquet. Queste due parti del saggio  a cura di Nina Valbousquet e di Alejandro Mario Dieguez (Il complottismo di un nostalgico integralista. Guido Aureli e il suo memoriale su Monsignor Benigni e Pio X, Brescia, Morcelliana, “Modernism”, 2018, pp. 159-222) ci aiutano a capire meglio la figura controversa, avvincente quanto al programma dottrinale, ma non priva di ombre, quanto al modus operandi, di monsignor Benigni, che non può essere preso a modello di vita e di azione cattolica antimodernista.

Nei prossimi articoli affronterò altri aspetti di questo  problema, i quali ci faranno penetrare sempre di più in quello che fu un periodo molto importante della storia della Chiesa: la crisi modernista, la condanna del modernismo e la lotta dell’integralismo contro i modernisti a partire dal pontificato di Pio X sino a quelli di Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, i quali non sono in opposizione sostanziale tra di loro, ma che presentano soltanto delle differenze accidentali quanto al modo diverso di governare la Chiesa.

d. Curzio Nitoglia

Fine Della Sesta Parte

Continua 

 
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