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Il potere occulto dell’alta finanza sul mondo moderno
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L’Europa E I Rothschild Nella Grande Crisi Del 1830 

La caduta di Carlo X e la crisi europea del 1829

Il 1829 segnava l’apogeo del portafoglio della Casa Rothschild in un momento in cui “la situazione europea, da un’apparente bonaccia politica stava per passare a una grave crisi” (Egone Conte Corti, La famiglia dei Rothschild, Milano, Arnoldo Mondadori, 1938; ristampa Effedieffe, Proceno di Viterbo, 2021, p. 221).

Questa fu una crisi politica nata in Francia che, come vedremo in appresso, intaccherà, ma non più di tanto, anche la solidissima fortezza finanziaria dei Rothschild, la quale ne uscirà ancora una volta rafforzata, appena due o tre anni dopo.

A Parigi, James non si accorse sùbito della gravità della situazione socio/politica che covava in Francia, la quale iniziava a scricchiolare e a incamminarsi verso la rivoluzione.

Egli, perciò, continuò, allegramente, a dare sontuosi ricevimenti - accompagnati da belle musiche e da grandi danze nel suo magnifico palazzo a Parigi - ai quali parteciparono i rampolli e i membri maturi e più noti delle Case regnanti di tutta Europa.

Occorre ricordare che nel 1824 era salito al Trono Carlo X dei Borbone di Francia, il quale godeva fama di conservatore e di cattolico, governando in stretta alleanza con l’Austria del Principe Metternich nell’Europa della Restaurazione, ma verso il 1828 iniziò il sommovimento che avrebbe portato, nel 1830, alla sua caduta e a quella dei Borbone francesi con la conseguente ascesa di Luigi Filippo d’Orleans, grazie all’aiuto cospicuo fornitogli da James Rothschild (cfr. P. Ratto, I Rothschild e gli altri, Bologna, Arianna Editrice, III ed., 2020, p. 18 ss.).

Carlo X († 1836) fu Re di Francia sino al luglio del 1830 e fu l’ultimo Borbone quando abdicò in favore di Luigi Filippo I († 1850) d’Orleans, che a sua volta dovette abdicare, nel 1848, in favore del giovane nipote Luigi Filippo II.

Tuttavia, a Parigi, già il 1° giugno del 1829 (come vedremo meglio in appresso), nell’ambiente della Borsa, molto sensibile agli umori politici, iniziarono a spuntare i segni precursori della grande tempesta che nel 1830 minacciò di travolgere - conseguentemente al disordine politico traslato pure in campo economico - persino la Casa Rothschild, che era già divenuta in pochi decenni una delle più potenti banche del mondo.

Nel luglio del medesimo anno, in séguito ad alcuni provvedimenti, un po’ troppo austeri, presi da Carlo X, la situazione degenerò e iniziarono le rivolte sociali che, alla fine, esplosero in tutta la loro violenza il 28 luglio per le strade di Parigi, al grido di “Abbasso i Borboni!”.

Di lì a poco i Rothschild, avendo toccato con mano la vulnerabilità dell’Europa, avrebbero iniziato a guardare con sempre maggiore interessa al “Nuovo Mondo” e specialmente a New York, ove avrebbero inviato come uomo di loro fiducia un ebreo di Assia (August Belmont), che - senza presentarsi direttamente come uno “Scudo/Rosso”, per non allarmare l’America del Nord circa la “Onnipotenza” e la “Onnipresenza” della Famiglia Rothschild, la quale dopo l’Europa avrebbe potuto fagocitare anche gli Usa - avrebbe curato i loro interessi (cfr. P. Ratto, I Rothschild, cit., p. 20 ss.; cfr. H. R. Lottman, I Rothschild, storia di una dinastia, Milano, Mondadori, 1994).

Un passo indietro: la guerra russo/turca del 1828

Occorre sapere che la situazione di tutta l’Europa e non solo della Francia, già nel 1828, non era rassicurante. Infatti, lo Zar di Russia si muoveva verso la guerra contro la Turchia, ma essendo a corto di denari aveva bisogno di un prestito.

Lo Zar Nicola chiese un prestito alla Banca Rothschild di Parigi.

James (da Parigi), dopo aver consultato Nathan (a Londra), vedeva con apprensione tale prestito, che 1°) se da una parte era conveniente alla sua Banca, facendole concludere un grosso affare come tutte le guerre finanziate da essa; 2°) dall’altra avrebbe potuto far perdere ai Rothschild l’appoggio di molte nazioni europee, che non vedevano di buon occhio la guerra della Russia contro l’Impero ottomano, non volendo assolutamente che il Medio Oriente cadesse sotto l’orbita dello Zar.

Inoltre i Rothschild erano molto bene impiantati non tanto in Russia (la quale portava avanti una politica assai severa nei confronti dell’Ebraismo), ma soprattutto nell’Europa occidentale (Francia, Austria, Germania, Inghilterra e Italia). Quindi, James e Nathan non erano propensi a inimicarsi le Corti europee per dare un prestito allo Zarismo russo.

Infine, i Rothschild temevano che un loro prestito alla Russia avrebbe indispettito, soprattutto l’Austria e il Principe Metternich che non era in sintonia con la politica zarista e non avrebbe tollerato un’espansione russa nel Vicino e Medio Oriente.

Fu così che James fece sottomettere la richiesta russa all’attenzione del Metternich, tramite suo fratello Salomone che viveva a Vienna, per ottenere da lui un rifiuto scontato, il quale lo avrebbe aiutato a negare il prestito alla Russia senza dovere entrare in conflitto né con lo Zar, né con l’Austria e nemmeno con l’Inghilterra, che era assolutamente contraria alla guerra russa contro gli Ottomani.

Infine, i Rothschild avrebbero potuto presentare ai loro correligionari il proprio diniego del prestito come una ritorsione contro la politica antiebraica della Russia zarista (Egone Conte Corti, La famiglia dei Rothschild, cit., p. 241-242).

Fu così che, nel 1828, i Rothschild, dopo aver accumulato un’enorme fortuna finanziando guerra a destra e a sinistra per tutt’Europa, iniziarono una politica “pacifista”, ma non per amor di pace quanto soprattutto per evitare un loro dissesto finanziario.

Egone Conte Corti (cit., p. 243) ci spiega che l’abile mossa dei Rothschild permise loro 1°) di non erogare soldi allo Zar senza doverselo inimicare, adducendo la scusante della contrarietà delle Corti europee e soprattutto dell’allora “Corte suprema”, ossia l’Austria metternichiana; inoltre 2°) di dare a credere alla vanità del Principe Metternich (da loro conosciuta e sfruttata) di essere stato lui il principale autore del rifiuto del finanziamento, il quale invece era stato abilmente perorato dai Rothschild anche se in maniera molto indiretta e anzi occulta.

La Russia riuscì a trovare i finanziamenti rivolgendosi ad altre Banche e nell’agosto del 1829 penetrò nei Balcani sino ad arrivare ad Adrianopoli, costringendo i Turchi alla resa e al pagamento di una grossa indennità.

La Turchia si rivolse a Nathan Rothschild (di Londra) per pagare le spese di guerra. Fu così che, i Rothschild, pur non avendo finanziato la guerra russo/turca ne guadagnarono grandemente anche dal punto di vista finanziario e non solo di prestigio, proprio come se l’avessero finanziata e forse anche di più, non avendo speso neppure un’oncia di fatica in tale impresa.

La vittoria russa disturbò le Corti europee e soprattutto Londra, che veniva maggiormente intaccata dallo Zarismo nella sua area d’influenza in Medio Oriente, alla pienezza della quale arriverà solo nel 1917 - con la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale della Turchia - alla quale sottrarrà la Terra Santa con la cessione del Protettorato sulla Palestina, che poi a sua volta cederà ai Sionisti nel 1948, permettendo la nascita concreta dello Stato d’Israele, la quale era già stata promessa da Lord Arthur James  Balfour (ex Primo Ministro britannico e membro della Massoneria[1])ai Rothschild il 2 novembre del 1917.

Giugno 1829: la tempesta s’avvicina

Abbiamo visto come James avesse minimizzato, un po’ superficialmente (anche i Rothschild qualche volta sbagliano …) il pericolo che si affacciava allora in Francia, rischiando di incendiare l’Europa intera com’era avvenuto con Napoleone I.

Egli si era accorto che la situazione francese era un tantino preoccupante, ma la riteneva non tanto critica quanto lo era invece in realtà (Egone Conte Corti, La famiglia dei Rothschild, cit., p. 247).

Tuttavia il 1° giugno del 1829 si ebbe un forte ribasso dei valori della Borsa parigina, indice di una futura probabile tempesta politica ed economica; sintomo che l’alta finanza già allora dirigeva la politica e i Regni.

I Ministri francesi si raccomandarono a James Rothschild di fare il possibile per frenare il tracollo della Borsa che avrebbe trascinato con sé anche la Corona. Salomone Rothschild da Vienna venne a Parigi per aiutare il fratello James a parare il colpo.

Verso il 26 luglio la folla, rumoreggiando, scese in piazza per protestare contro Carlo X accusato di far ripiombare la Francia nel medioevo con le sue Ordinanze … (cit., p. 249); il 29 il moto popolare s’estese a tutta Parigi. Il 31 Carlo X fuggì da Parigi assieme ai suoi Ministri.

L’unica via per salvare la Monarchia e non tornare alla Repubblica era quella di escludere i Borboni dal Trono e passare agli Orléans.

Il Trono passò così - dal 1830 al 1848 - a Luigi Filippo d’Orléans (1773 – 1850) Re di Francia, il figlio di Filippo II di Borbone-Orléans detto Egalité (1747 – 1793), che aveva appoggiato attivamente la Rivoluzione francese, votando a favore della condanna a morte di suo cugino il re Luigi XVI (21 gennaio 1793), ma finendo anche lui a sua volta sulla ghigliottina circa 10 mesi dopo il 6 novembre 1793.

Egone Conte Corti commenta: “Questo Principe si affaccia ora alla ribalta con somma abilità. Egli sa accarezzare nel popolo l’idea che è questo a largirgli la corona. Le sue idee liberali, l’atteggiamento modesto e semplice, eppure coraggioso in mezzo alla plebe scatenata, producono il loro effetto. La vecchia classe regnante è eliminata; gli Orléans le subentrano, e Luigi Filippo, il re-cittadino, diviene capo dello Stato” (cit., p. 249).

I due fratelli Rothschild, James e Salomone, presenti allora a Parigi, avevano assistito con spavento alle giornate rivoluzionarie parigine di quei tempi.

Infatti, non solo rischiavano di perdere una gran quantità delle loro ricchezze, ma da “stranieri” molto legati (anche se solo per interesse economico) all’odiato Carlo X, potevano temere anche per la loro incolumità fisica.

Tuttavia, “la rivoluzione del luglio 1830 è una rivoluzione borghese. Il popolo saccheggia qualche castello reale, ma la vita e i denari dei privati cittadini sono risparmiati” (Egone Conte Corti, cit., p. 250).

Ciononostante i Rothschild non persero la loro vecchia abitudine di speculare anche in mezzo alle peggiori difficoltà, anzi seppero approfittare di esse per arricchire le loro rendite.

Infatti, «Nathan Rothschild a Londra, tramite un piccione viaggiatore speditogli dal fratello James da Parigi, riceve la notizia della rivolta parigina prima del governo britannico, tant’è che Talleyrand, in una lettera alla sorella del nuovo re Luigi Filippo, scrive che “il Gabinetto britannico è sempre informato d’ogni cosa dal Rothschild 12 ore prima dell’arrivo del dispaccio di Lord Stuart, poiché i bastimenti, su cui s’imbarcano i corrieri dei Rothschild, appartengono alla loro Casa, non prendono a bordo altri che i dipendenti della Banca e partono immediatamente con ogni tempo”» (Egone Conte Corti, p. 250).

Passata la tempesta i Rothschild dimenticarono sùbito la loro esperienza lavorativa avuta con Carlo X e strinsero patti di lavoro e carichi di buoni affari con Luigi Filippo, col quale erano stati in affari anche prima che fosse nominato Re; fu così che ben presto iniziarono a “simpatizzare” con la rivoluzione del 1830 e James si mise sùbito a disposizione della nuova Corona francese.

Tuttavia le nazioni europee memori dell’avventura napoleonica temevano che dalla Francia, come un nuovo “vaso di Pandora”, rinascesse la guerra civile europea, che poi in effetti scoppiò a tre grandi riprese: 1848, 1914 e 1939. In tutte le Borse, i valori cadevano in picchiata, la pace metternichiana era scossa.

Il Principe Metternich fu il più colpito dalla rivoluzione parigina, che sovvertiva i princìpi che reggevano la sua politica in Europa.

Il fatto che anche il Metternich, l’uomo politico più potente del 1830, il quale disponeva del più potente apparato diplomatico e poliziesco di allora, avesse ricevuto la notizia dei moti francesi proprio tramite James e Salomone Rothschild ci fa capire quanto potere reale avesse la Banca omonima, che da dietro le quinte dirigeva i Troni europei.

La forte preoccupazione per il destino dell’Europa della Restaurazione, scossa dalla “nuova Rivoluzione francese” del 1830, cominciò a rientrare con il passaggio dei poteri da un Re (Carlo X) a un altro Re (Luigi Filippo) anche se più liberale e filo/rivoluzionario.

Tuttavia, si era evitata la Repubblica e ciò rassicurava abbastanza non solo il Metternich, ma l’Europa e anche la Banca Rothschild, la quale cominciava a intravedere la fine delle turbolenze finanziare e dei ribassi in Borsa e l’inizio di una nuova era di stabilità bancaria.

Addirittura Salomone Rothschild definì l’intronizzazione di Luigi Filippo “una gran fortuna per Casa Rothschild” (Egone Conte Corti, p. 253).

L’impegno precipuo della Banca dei “Cinque fratelli” fu allora quello di scongiurare qualsiasi guerra che potesse turbare la tranquillità economico/politica dell’Europa e quindi soprattutto dei Rothschild.

In questa direzione essi lavorarono con Luigi Filippo per far giungere alle orecchie del Metternich il messaggio secondo cui in fondo il nuovo Re francese potesse essere considerato il “male minore”, visto che, se egli non fosse stato eletto al posto di Carlo X, le cose in Francia sarebbero andate molto peggio.

Egone narra che Luigi Filippo avesse ricevuto James Rothschild per dirgli e, così, far risapere a Metternich che “la Francia si stava avviando verso la Repubblica e la Rivoluzione radicale; perciò sarebbe andata verso la sua rovina e avrebbe trascinato con sé l’Europa intera. Fortunatamente il principio monarchico aveva trionfato sull’anarchia. Perciò, Luigi Filippo si augurava di poter mantenere la pace in Europa e che tutte le altre Corone iniziassero a riprendere con la Francia i rapporti amichevoli di un tempo” (p. 254).

La pace in Europa dipendeva allora soprattutto dal Metternich. Luigi Filippo non era un problema, se i Rothschild fossero riusciti a temperare un poco lo zelo restauratore del Principe viennese, evitando pericolose avventure in Belgio o in Italia, allora si sarebbe potuto pensare con tranquillità alla fine della nuova Rivoluzione francese con la nuova “restaurazione” della pace economico/politica del Vecchio Continente.

Nella prossima puntata vedremo come grazie alle industrie (non del tutto gratuite) dei Rothschild, l’Europa avesse evitato (almeno sino al 1848) una nuova “guerra civile europea” e avesse mantenuto la tranquillità politica e soprattutto quella bancaria sempre cara alla Casa di Francoforte.

d. Curzio Nitoglia

Fine dell’ Undicesima Parte

Continua



[1] J. A. Venn, Alumni Cantabrigienses, “Balfour Arthur”, Cambridge, Cambridge University Press, 1922-1958; J. Oppenheim, The Other World: Spiritualism and Psychical Research in England, 1850-1914, Cambridge, Cambridge University Press, 1988, pp. 132-133.


 
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