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Agonia del mondo moderno (1-2)
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Prima parte

Andiamo Verso un diluvio universale?  

Dieci anni fa il quotidiano Libero (2 novembre 2013, p. 17) titolava a caratteri cubitali: “Direttiva di Bruxelles per educare alla sessualità: la masturbazione insegnata ai bambini di 4 anni, a 6 anni si spiega l’amore gay, a 9 i contraccettivi, a 12 l’aborto”.

Il mondo moderno ha raggiunto il suo apice di perversione intellettuale e morale ed è entrato in un coma irreversibile: falsità e malizia sono legalizzati, canonizzati e chi li critica è incarcerato per “omo-follia”.

Questa situazione è paragonabile, in peggio, alla condizione dell’umanità ai tempi di Noè (Genesi, VII, 11 ss.). Vediamo quel che ci dice la S. Scrittura a proposito di quest’avvenimento (Gen., VI, 5 – IX, 17): «Vedendo Dio com’era grande la malvagità degli uomini sopra la terra e come tutti i pensieri del loro spirito erano intesi a malfare continuamente» la sua Giustizia decretò il Diluvio Universale (Gen., VI, 5-7).

Tuttavia, fra tutti gli uomini empi vi era Noè “uomo giusto e perfetto, che era unito a Dio” (v. 14). Dio gli usò Misericordia e gli ordinò di costruire un’arca (ebraico “thebah” = “cassa”), o meglio una casa con quattro pareti, che s’innalzava sopra una zattera grande e robusta. Dio gli spiegò: “Io manderò sulla terra le acque del Diluvio per uccidere tutti gli uomini […], ma Io farò un Patto con te” (Gen., VI, 17-22). Il Patto con Noè consisteva nel salvare lui e la sua famiglia (8 persone in tutto) più tutti gli animali di ogni specie.

Noè fece tutto ciò che Dio aveva comandato e divenne il “secondo progenitore” del genere umano, una sorta di “secondo Adamo”, figura di Cristo il “Nuovo Adamo”. Gli animali dovevano essere salvati, poiché Dio li aveva creati per servire l’uomo.

Dall’annunzio di Dio del futuro Diluvio al suo inizio reale passarono 120 anni. Noè ne impiegò circa 100 anni per costruire l’arca (Gen. V, 31), nonostante i motteggi dei suoi contemporanei. Egli predicava loro la penitenza e il futuro castigo, ma i suoi amici lo guardavano con ironia e compassione. Anzi, come Gesù ha narrato nel Vangelo (Mt., XXIV, 37): “Gli uomini non badavano alle sue prediche, mangiavano e bevevano …, sino a che non venne il Diluvio e li portò via tutti quanti, mentre Noè entrava nell’arca”. La Misericordia di Dio si era esaurita ed era venuta l’ora della sua Giustizia[1]. Infatti, Dio disse a Mosè di entrare nell’arca poiché “entro sette giorni farò piovere per quaranta giorni e quaranta notti” (Gen., VII, 1 ss.).

L’acqua si alzò sino sommergere tutta la terra e sorpassò di 15 cubiti[2] le montagne più alte (Gen., VIII, 4), ossia di circa quattro metri. Le acque signoreggiarono sulla terra per 150 giorni (Gen., VIII, 10-24). Poi l’arca si poggiò pian piano sul monte Ararat (5.165 m.), che si trova nell’attuale Turchia orientale (Armenia).

L’umanità ai tempi di Noè lasciò a Dio un solo modo per raddrizzarla, il castigo della sua Giustizia, ma nel tempo stesso la Misericordia del Signore concesse agli uomini un periodo notevole per far penitenza (circa 120 anni dall’annuncio del Diluvio, sette giorni dall’inizio del Diluvio alla chiusura dell’arca, quaranta giorni e notti di pioggia ininterrotta e 150 giorni per il processo di riassorbimento del Diluvio).

Allo stesso modo, oggi, un castigo mondiale è l’unico modo d’azione che l’umanità ha lasciato a Dio affinché un gran numero d’anime si possa ancora salvare dall’orrore di dannarsi per l’eternità. Il castigo della Giustizia divina lascia sempre uno spazio alla Misericordia, se l’uomo si pente e accetta la Grazia di Dio si salva, se persevera nel male e rifiuta Dio si danna.

È quel che succederà tra non molto, se pensiamo conformemente a quanto insegna la “Maestra più inascoltata dall’uomo: la Storia Sacra” e la mettiamo in rapporto al modo di vivere dell’uomo contemporaneo.

Costruiamo, perciò, all’interno della nostra anima una “cella interiore” (S. Caterina da Siena), una specie di “arca” ove vivere nascosti assieme al Signore e uniamoci con le piccole oasi di giusti che vivono alla presenza di Dio, in attesa che il Diluvio e lo zolfo dal Cielo siano passati.

Seconda parte

L’agonia delLa modernità

Per quanto riguarda la modernità, possiamo dire che essa, filosoficamente, è caratterizzata 1°) dall’umanesimo integrale, ossia dalla dignità assoluta dell’uomo, che ha rimpiazzato Dio e ogni valore trascendente, e, 2°) dalla promessa del paradiso in questa terra, avendo abolito ogni concetto ultra-terreno.

Tuttavia, lo stato attuale delle cose è la prova del nove del suo fallimento. Questi errori filosofici hanno trovato il loro compimento nel modernismo teologico definito da San Pio X la “cloaca raccoglitrice di tutte le eresie”. Perciò, se vogliamo disintossicarci dalla modernità, dobbiamo liberarci dal veleno del modernismo teologico.

IL FALLIMENTO DEL PROGRESSISMO modernista

Il progressismo (o la divinizzazione dell’ordine naturale e materiale) ha promesso la felicità assoluta in questo mondo, tramite le conquiste che la scienza e la tecnica avrebbero portato all’umanità, la quale avrebbe potuto fare a  meno di un Dio personale e trascendente, essendo essa stessa divina panteisticamente.

L’industrializzazione e il democratismo sono le due forze finanziarie e politiche su cui si è basata la modernità per ottenere il suo scopo: la divinizzazione del mondo e dell’uomo.

Il dominio e lo sfruttamento massiccio della materia, mediante le industrie, la tecnica, la conquista dello spazio tramite mezzi di locomozione sempre più perfetti e veloci (transatlantico, aereo e missili spaziali), in un primo tempo hanno dato all’uomo moderno l’illusione (vedi il “Titanic”) di poter conseguire la beatitudine con le sole forze umane, senza l’aiuto di un Ente superiore.

Tuttavia, ci si domanda, tali conquiste tecniche, che rappresentano certamente un miglioramento quantitativo e materiale, sono anche, sempre e comunque, segno di progresso culturale, morale, spirituale, artistico? Cioè l’uomo - che non è eguale alla bestia e oltre la materia ha una tendenza verso certi valori trascendenti e imperituri (la verità, la bontà, la spiritualità, la bellezza) - può essere perfezionato solo da conquiste tecniche e materiali, oppure tende per sua natura di animale razionale a qualcosa che oltrepassa la sensibilità e la pura materialità?

La filosofia moderna, che 1°) abbassa - errore per difetto - l’uomo al livello degli animali (sensismo inglese), e, 2°) lo innalza - errore per eccesso - al livello dell’Assoluto (idealismo tedesco) risponde di sì. Infatti, se l’uomo è come l’animale, gli basta la tecnica e la conquista materiale, se invece è come Dio, è assolutamente perfetto e felice in se stesso e non ha bisogno di ricevere valori ultraterreni, che già possiede per sua natura.

La retta ragione o il buon senso elevato a scienza filosofica (Platone, Aristotele e San Tommaso), invece, risponde di no. Infatti, l’uomo è limitato, deficiente, non bastante a se stesso, ma non è una bestia, poiché è fornito d’intelletto e di volontà, che sono ordinati alla verità, alla bontà, alla moralità, alla bellezza e alla spiritualità.

LA TECNOLOGIA COME FINE ULTIMO

Perciò pur non ripudiando le conquiste tecniche, scientiste e materiali, la sana filosofia sa che esse possono soddisfare la parte materiale dell’uomo, che è un composto di corpo e anima, ma non la sua parte spirituale. Dunque, il benessere fisico, materiale, sensibile è buono in sé, ma non basta a rendere felice l’uomo, che non è sola materia e perciò esse devono essere subordinate ai beni trascendenti, che sono superiori a quelli sensibili come l’anima è superiore al corpo.

La sana filosofia conosce l’uomo per quel che è realmente: “animale razionale” (Aristotele), invece le false filosofie lo scindono in due: o è solo materia (materialismo, sensismo, fenomenismo), oppure è solo spirito (idealismo, ontologismo, panteismo, immanentismo). Perciò, nel primo caso gli basterebbero i beni materiali e nel secondo avrebbe già in sé quelli spirituali al massimo grado. Invece, l’esperienza ci dimostra il contrario, i beni di questo mondo non ci rendono totalmente felici e la nostra esistenza è fatta di limiti, imperfezioni e deficienze incompatibili con l’ideologia panteistica e idealistica.

Ora tutte le scoperte e conquiste scientifiche e tecniche del mondo moderno non sono viste da quest’ultimo come un mezzo che aiuti l’uomo a conseguire meglio il suo fine ultimo, che è Dio, ma sono intese come il fine in sé poiché il benessere ha preteso di prendere il posto di Dio. Ma, se osserviamo lo stato attuale del mondo e dell’umanità scorgiamo malessere e non benessere. Questo è lo scacco e l’agonia della modernità[3].

Guerra dappertutto, rivolte civili, crisi finanziaria, che è prossima al fallimento d’intere Nazioni e Continenti. Liti interne negli stessi schieramenti politici, crisi in ambito ecclesiale (specialmente dopo il Concilio Vaticano II), caos e disordine nelle famiglie, l’individuo stesso è stato attaccato in ciò che lo rende uomo: la ragione e la libera volontà ed è stato reso schiavo della moda, della droga, del piacere disordinato, dei sentimenti, immoralità per principio e istituzionalizzata, che non può essere criticata sotto pena di galera.

Il mondo moderno è paragonabile al diavolo che promette e non mantiene. C’è stata promessa la felicità sulla terra, la nuova Pentecoste nella Chiesa ed ecco lo scontento, l’abbattimento, la crisi, che invadono l’individuo, la famiglia la società civile e religiosa.

Mancanza di civiltà, di cultura, di arte, di genialità filosofica, teologica, poetica, letteraria, architettonica e musicale. Dappertutto regna il volgare o il mediocre, la quantità detiene il primato sulla qualità. Il mondo moderno è il regno della quantità senza qualità o addirittura contro la qualità.

La modernità ha fallito perché ha sacrificato e annichilato tutti i valori supremi, trascendenti all’ideale del benessere terreno (materialismo pauperistico del comunismo e materialismo epulonico del liberalismo), che ha identificato con la Beatitudine umana, la quale invece non può essere solo sensibile e materiale poiché l’uomo ha un’anima spirituale aperta oggettivamente all’infinito.  Inoltre, la modernità, è entrata in coma nel 2008 poiché non è riuscita a mantenere neppure la promessa dei beni materiali, che oramai scarseggiano nell’occidente consumistico e edonistico. In breve, la modernità ha tolto all’uomo moderno la fede, la speranza e la capacità della rinuncia e poi gli ha fatto mancare persino il materialmente necessario per la vita puramente animale. Questo è il dramma dell’uomo contemporaneo che - come il figliuol prodigo - s’è visto privato dell’unico bene cui teneva: il dio Mammona[4], ma a differenza di esso non sembra intenzionato di ritornare al padre.

Ciò non significa che occorra distruggere le invenzioni tecniche, ma è necessario utilizzarle meglio innanzitutto come mezzi, per vivere virtuosamente e raggiungere il fine ultimo che è Dio e non come fossero il fine ultimo e la felicità dell’uomo. Il problema vero non è d’ordine tecnico materiale ma filosofico spirituale, cioè è la mentalità dell’uomo moderno che vede le invenzioni tecnologiche nell’ottica del benessere materiale come fine ultimo dell’umanità. La tecnologia non deve trasformare l’uomo in una specie robot intento solo a produrre; inoltre, non deve produrre disordini economici che rendano gli operai schiavi dell’industrializzazione, né deve creare dei bisogni artificiali al fine di moltiplicare la produzione di beni di consumo al solo scopo di vendere ed arricchirsi sempre di più. Purtroppo l’uso che se n’è fatto va proprio in questa direzione contro natura che scambia il mezzo per il fine.

d. Curzio Nitoglia



[1] Se morirono tutti gli uomini, tranne otto persone della famiglia di Noè, tra l’Africa mediterranea e l’Asia minore, ciò non significa che tutti furono dannati. Alcuni di loro ebbero il tempo di chiedere pietà al Signore (sette giorni, quaranta giorni e poi centocinquanta) e salvarsi l’anima. Tutto ciò esalta la Giustizia e la Misericordia di Dio, che non vanno mai disgiunte (“La Misericordia e la Giustizia si sono abbracciate e baciate”, Sir., V, 6). La sola “Misericordia” senza Giustizia è bonarietà; la sola “Giustizia” senza Misericordia è crudeltà. Dio non è bonaccione e neppure crudele, ma infinitamente Giusto e Misericordioso: “Superexaltat autem Misericordia Justitiam. La Misericordia divina sorpassa la sua Giustizia” (Giac., V, 6).

[2] Il cubito era l’unità di misura dell’antichità ed equivaleva alla lunghezza di un gomito, ossia l’arto superiore, che va dalla spalla o braccio all’avambraccio (circa 20/30 cm). Perciò, 15 cubiti sono circa 3 -  5 metri.

[3] Cfr. L. de Poncins, tempete sur le monde ou la faillite du progrès, Parigi, Beauchesne, 1934.

[4] Cfr. D. Rops, Le monde sans ame, Parigi, Plon, 1932.



 
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