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Un’altra libertà che ci tolgono
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Notizia: l’Unione Europea ha ordinato ai gestori dei satelliti Hotbird ed Eutelsat di bloccare la diffusione di tutte le radio e tv dell’Iran. Sono 39 radio e 9 catene televisive che vengono accecate, la più importante essendo quella in inglese, Press TV, che spesso dà informazioni alternative. (Press TV launches facebook petition to save news channel in Europe)

L’eurocrazia, che si preoccupa giorno e notte della nostra salute (vaccini anti-influenzali, chemioterapia, OGM) e del nostro benessere, giudica che gli europei devono essere protetti dal rischio più grave: l’esposizione alla versione dei fatti iraniana, ossia della vittima prossima ventura della «lunga guerra al terrorismo globale». Sono già state accecate, per ordine della UE, le emissioni radio e tv provenienti dalla Siria, nonché una tv del Libano, Al Manar, perché dà voce ad Hezbollah: che è in Libano un partito politico riconosciuto. Ma tant’è: la diffusione globale della democrazia ha i suoi costi. E ci sono tanti virus che vi infettano il cervello, europoidi.

In compenso, gli immigrati musulmani in Europa possono continuare ad ascoltare senza pericoli Al-Jazeera ed Al-Arabya, ossia i canali di propaganda dell’Arabia Saudita e del Qatar (1), le più ripugnanti dittature del Medio Oriente, che diffondono il verbo (e la espansione armata) del takfirismo, la più fanatica versione del salafismo, che sta predicando la soppressione di tutte le «eresie», ossia sciiti ed alawiti e sufi, tramite lo sgozzamento dei suddetti eretici «peggiori degli ebrei». In fondo, l’Europa di Bruxelles non ha fatto che prendere esempio dai sauditi e dal piccolo mostro emiro del Qatar: da tempo questi nostri alleati nella guerra per la democrazia hanno vietato ai proprietari dei «loro» satelliti di comunicazione, Arabsat e Nilesat, di mettere fine alla diffusione dei Al-Aram, la tv iraniana in lingua araba.

Lo scopo evidente è di sopprimere, sui fatti che avvengono in Medio Oriente, ogni copertura che non sia quella ammessa dalla propaganda Usa e israeliana e dei loro lacchè europoidi, ossia delle parti che hanno scatenato la guerra contro Iran, Siria ed Hezbollah.

Ma non dite che in Europa non esiste la libertà di espressione, di stampa e di opinione. Siete liberissimi di pubblicare sui giornali vignette offensive su Maometto. I vostri media sono liberissimi di scendere in campo per difendere la libertà d’espressione delle Pussy Riots, che viene ferocemente repressa dal regime di Mosca. E naturalmente, di lottare per il diritto dei finocchi a sposarsi: sono queste le frontiere avanzate della libertà che l’Europa vi permette.

Qualche lettore penserà che esagero. Che m’importa se non si vedono le tv iraniane e non si ascoltano le radio di Teheran, io non le ascolto. Quando ci sarà da lottare per la libertà di opinione che veramente importa – qui all’interno dell’Europa, pilastro fondamentale della libertà politica – il Parlamento che abbiamo eletto, il governo e la magistratura ci garantiranno quella libertà, come ci garantiscono tutte le altre.

Infatti. I nostri parlamentari, con la scusa di varare un decreto d’urgenza per scampare dal carcere il giornalista Sallusti, hanno tentato di passare un aggravamento enorme (anche cinque volte) delle pene per «diffamazione a mezzo stampa» quando «l’offesa è recata ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad altra Autorità costituita in collegio». Con la precisazione che «costituisce in ogni caso offesa a tali soggetti l’attribuzione di specifiche gravi inefficienze non sussistenti, di gravi eccessi non reali di spese, di emolumenti presentati come eccessivi e non realmente erogati, di paragoni falsi con altre analoghe istituzioni o procedure». (2)

In altre parole, un accecamento totale delle critiche alle Caste, mirata particolarmente ai blog e al web. Maurizio Gasparri: «Anche le cose diffuse on line, di tipo editoriale, devono avere delle regole; dovremo affrontare l’argomento, la diffamazione su internet è addirittura peggiore perché c’è la ripetitività».

Non si potrà più criticare i parlamentari perché si beccano i 15 mila al mese, perché loro possono ribattere che sono solo 12 mila, gli altri sono rimborsi, e per il resto è tutto legale. Non si potranno fare «paragoni falsi»: per esempio informare che il Quirinale ci costa 4 o 5 volte di più di Buckingham Palace. Né si potrà dire che gli emolumenti dei presidenti di Regione sono superiori a quello del Presidente degli Stati Uniti. Né le «gravi inefficienze» dei magistrati, dei burocrati inadempienti e degli altri oppressori e parassiti potranno essere criticate, in quanto «non sussistenti», perché tali inefficienze esistono, ma sono dettate dalla legge – e se no, dal costume e dalla prassi (dei fancazzisti).

Le pene sono ulteriormente aggravate «quando più giornalisti concorrono all’attribuzione di un fatto determinato poi ritenuto diffamatorio»: articolo giustificato come legge contro «la macchina del fango». Guai a dire su Libero e Giornale insieme che Fini-Tulliani ha la casa a Montecarlo.

Non basta. Nella legge regolativa della libertà di stampa, i nostri parlamentari da noi eletti hanno introdotto un codicillo per punire specificamente gli editori di libri-inchiesta: se condannati per diffamazione (e a volte basta aver scritto che «il Tale guidava una BMW» mentre era una Lancia, so quel che dico), gli editori di libri dovranno far pubblicare a loro spese, su almeno 2 quotidiani, la sentenza integrale – a volte lunga 20 pagine. Nel progetto di legge, c’era anche una specifica norma contro la Gabanelli e le sue inchieste: esentando la RAI dal sostenere le spese legali alle accuse di diffamazione contro Report, che nell’80% dei casi sono pretestuose, elevate da politici miliardari che possono pagare avvocati per cause temerarie, e chiedono 10 o 20 milioni di euro di risarcimento.

Forse per quest’ultima furbata, le cose peggiori della legge non sono passate: la sinistra e i suoi organi sono insorti, i parlamentari (vigliacchi come sempre) hanno fatto marcia indietro e annacquato il testo che ci avrebbe tutti ammutolito, come i giornalisti russi sotto Stalin. Per ora la libertà di criticare loro è salva. Ma il tentativo ci fa’ capire quanto stia a cuore a costoro la libertà dell’informazione.

Se ne fregano. Se non si reagisce e non si lotta – e gli italiani non lo fanno – la libertà ci viene tolta pezzo per pezzo. Già abbiamo attualmente un governo frutto di un colpo di Stato quirinalizio (scusate, sarò condannato per diffamazione per questa frase – quindi rettifico). Il grande capo dello Stato, il presidente Giorgio Napolitano, ha appena consigliato gli italiani, in vista delle elezioni di aprile, di «tener conto della importantissima esperienza portata avanti nell’ultimo anno dal governo Monti». Traduzione: votate per chi volete, purché governi ancora Monti.

Come diceva Henry Ford: per l’auto, potete scegliere qualsiasi colore, purché sia nero. Ford, però, scherzava. Napolitano, no. Per questo noi abbiamo solo parole di lode e di giubilo, e plaudiamo uniti il nostro Grande Leader, Caro Leader, Amato e Venerato Venerabile Leader nonché Vero Capo del Governo che Lui ci ha dato. Più o meno come in Corea del Nord, direte voi. Ma quale Corea! Qui potete vedere cinque telegiornali. Lottare per la libertà di parola delle Pussy Riots. Qui, se siete culandre, potete sposarvi. E sentire Al Jazeera quanto vi piace, o Mediaset, che è lo stesso. Che vi importa di Radio Teheran e Press TV? Mica la guardavate, voi.





1) Il Qatar è un Frankenstein incredibile nella scena post-civiltà del mondo: minuscolo (300 mila sudditi, più 1,6 milioni di stranieri che li servono), vassallo di americani e sauditi, un mostro di illegittimità sostenuta solo dal denaro, e tuttavia gonfio di ambizioni e folle di attivismo in tutti i campi: fa’ la guerra alla Siria, arma e finanzia movimenti nella «primavera araba» in Africa dal Mali al Sudan, investe in Francia nelle banlieues (si salvi chi può) e in Italia: dove naturalmente Mediaset del noto politico sta per unirsi dal Al Jazeera, e a farsi finanziare dall’emiro i costi del Milan. L’alleanza fra Berlusconi e l’emiro del Katar, due gemelli in megalomania ridicola, due nani con gli stivali delle sette leghe, era del resto inevitabile. Non poteva che finire che così, in Al-Italyah.
2) L’autore delle tentata legge-bavaglio è il senatore Lucio Malan, del PDl. Che un tempo voleva dire «polo delle libertà». E che vuol continuare a chiedere il voto degli elettori come formazione «moderata e liberale». Ricordiamoci di questo farabutto, nelle urne.


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