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The Ugly American, The Ugly Jew
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Il detenuto Majid Khan, a Guantanamo, entrò in sciopero della fame. Il vassoio del suo pasto – hummus, pasta, noci e uvetta, il tutto macinato – gli è stato iniettato nel retto come clistere. Khan ha tentato di uccidersi mordendo le proprie vene nella parte interna del gomito. È uno dei cinque che – secondo il rapporto CIA sulle torture praticate dagli americani – hanno subito l’alimentazione forzata rettale. Altri sono stati sottoposti a finte esecuzioni, altri sono stati sodomizzati, o minacciati di esserlo, con un bastone. In un caso, la CIA ha torturato un malato mentale che sapeva innocente, e ha fatto ascoltare le sue grida registrate ai familiari. Khalid Sheikh Mohammed ha subito il waterboarding, il finto annegamento, 183 volte nel mese di marzo 2003, cosa che gli ha procurato vomito, perdita di coscienza, convulsioni. Era accusato di essere il regista degli attentati del’11 settembre, accusa che i suoi torturatori non potevano non sapere falsa. Ma, come lo NKVD d’epoca sovietica, è più che probabile che l’intero scopo delle torture praticate dalla CIA fosse esattamente quello di estorcere false confessioni, false informazioni: il vice-presidente Dick Cheney e il Ministro della difesa Donald Rumsfeld facevano pressioni – ha detto un funzionario dell’intelligence USA al corrente della questione – facevano forti pressioni sugli interrogatori perché ricavassero le prove della collaborazione di Saddam Hussein, il dittatore iracheno, con Al Qaeda, onde avere la scusa per invadere l’Iraq. Sapevano ovviamente che tali legami non esistevano.

Janis Karpinski, che è stato comandante della prigione di Abu Ghraib, ha stimato che il 90% dei prigionieri che aveva in custodia fossero innocenti. Il colonnello Lawrence Wilkerson, che è stato capo dello staff di Colin Powell che era allora segretario di Stato, ha sempre detto che gran parte dei detenuti di Guantanamo non avevano nulla a che fare col terrorismo islamico: era gente catturata sotto i più vacui sospetti, persino essere detenuti in una prigione dei talebani, portare un orologio Casio, guidare un taxi in certe zone, lavorare per la tv Al Jazeera. Similmente, negli anni del Terrore staliniano, il NKVD a volte arrestava a caso, con retate anche nelle stazioni ferroviarie, dovendo completare le quote per il lavoro forzato. Il rapporto senatoriale di 600 pagine sulle torture operate dai servizi USA dall’11 settembre 2001 ad oggi contro stranieri, si pone nel momento in cui i poliziotti americani arrestano per futili motivi, ed uccidono per debolissimi pretesti, cittadini americani, in un clima di Stato di polizia violento ed oppressivo, che ha la popolazione carceraria più grande del mondo: si sentono strani echi di sovietismo in quella che si auto-celebra come «land of free», la terra dei liberi. Il liberismo assoluto porta ad esiti prossimi al totalitaismo leninista.

E non è, come in URSS, un’ideologia feroce a dettare questa deriva: è l’esibizione mondiale, ormai senza remore né il minimo autocontrollo, della personalità collettiva chiamata The Ugly American. Il ‘brutto’ americano, il cattivo americano.

I sudamericani lo conoscono bene, The Ugly American. I cubani sopportano da mezzo secolo l’oppressione castrista , perché paventano il giorno in cui sarà loro data la «libertà» e torneranno gli yanquis: avevano fatto di Cuba il loro bordello dove i loro vacanzieri sfogavano senza vergogna né limiti tutti i vizi che reprimono in patria, e il ricordo è ancora un incubo collettivo.

I cubani hanno conosciuto The Ugly American come turista di massa e ganster, tenutario di case da gioco, sfruttatore di puttane. Altri latinos lo hanno assaggiato come conquistatore:



È una foto eloquente dell’invasione di Panama nel 1989, quando la superpotenza scatenò il suo volume di fuoco contro il minuscolo Stato perché il locale dittatore Noriega (uomo loro, della CIA) minacciava un accordo coi giapponesi sul canale di Panama, di cui spirava il contratto d’affitto con gli USA. Nei quartieri poveri, sorprendentemente, Noriega era popolare. I Marines super-armati, corazzati e mimetizzati sterminarono giovanotti e ragazze in camiciola che avevano tentato di opporsi con qualche revolver. Il numero degli assassinati è ancor oggi sconosciuto, tra i 2600 e i seimila. La turpe macellazione di inferiori con l’ineguagliabile volume di fuoco americano, fu chiamata dal Pentagono – caratteristica sfrontatezza – «Operazione Causa Giusta». Noriega fu catturato per riciclaggio e narcotraffico come delinquente comune, la Nunziatura, in cui s’era rifugiato protetto dall’inviolabilità delle sedi diplomatiche, fu violata con settimane di rumori ad altissimo volume. Un caso perfetto di emersione del The Ugly American senza freni.

Noi europei lo conosciamo meno, l’Americano Brutto. Aderiamo ancora allo stereotipo del liberatore, dell’amico americano, ottimista, democratico, generoso di Lucky Strike ed altro surplus della sovrapproduzione bellica; quelli che l’hanno visto nella sua vera essenza – i prigionieri tedeschi che i coraggiosi Marines hanno ammazzato dopo che si sono arresi a Bastogne, per esempio: gli avevano fatto paura, combattevano bene, la rabbia dei vili si doveva sfogare — sono stati ammutoliti, e per di più sepolti nel satanizzato Male Assoluto.

Faremmo bene a svegliarci in tempo; The Ugly American ha cominciato a scatenarsi anche qui, ha abbandonato ogni freno inibitorio con cui prima, in qualche modo, si conteneva davanti agli europei. Adesso «Fuck Europe!», come ha sibilato la Nuland. Adesso vedete che cosa sta facendo dell’Ucraina maciullata, state vedendo la sua ostinazione bassa e volgare di diffamare, diminuire, umiliare Putin proprio perché ne odia la dignità, vi sospetta una superiorità che non sopporta, e sta applicando la sua superpotenza a rovinare la Russia perché, come ha detto spregiatore Obama, «non produce niente»: non è efficiente nel capitalismo, dunque va eliminata. Il patrimonio russo, l’aver dato Tolstoj e Dostoevskij, Solgenitsin e Bulgakov – senza cui l’Europa sarebbe meno Europa – non ha ovviamente un valore di Borsa a Wall Street, dove si affolla la massima concentrazione di Ugly American — allo stato chimicamente puro.

Dò ragione al blogger Uriel Fanelli, che vuole che non sia firmato il TTIP, il Trattato Transatlantico di Commercio Usa-Europa, per questo motivo: «Il TTIP nasce in un contesto culturale orrendo, da una visione del mondo schiavista, da appetiti inconfessabili, mostruosi, osceni. E da una malvagia determinazione a distruggere tutto ciò che di buono si è fatto fuori dai confini USA». Credete che esageri? È che ha visto di persona, sul lavoro e sul campo operativo, The Ugly American.

Ecco forse il nome dell’ultima ideologia totale: il Cattivismo, il cattivismo americano. Quello deliberato e illimitato che traluce così spesso da un Edward Luttwak, che è l’ideologia istituzionale alla CIA al Pentagono, e un obbligo a Wall Street. Cattiveria di caratteristiche espressioni di analisti e politici internazionali: «Bomb them back thru the Stone Age», bombardare popoli (preferibilmente di antica civiltà) fino a riportarli all’età della pietra. Distruggere, bombardare con l’ineguagliato volume di fuoco. Assoggettare senza legge. Esagero?

Lo Ugly-Americanism espande la sua corruzione senza ritegno a livello globale, in Europa. Vedete la Polonia: solo l’altro ieri s’è liberata dal totalitarismo sovietico con una lunga e nobile resistenza, con insigne dignità. Poi «la CIA ha pagato almeno un milione di dollari alla Polonia perché ospitasse prigioni segrete dove incarcerava pretesi sospetti terroristi dopo l’11 Settembre», e la Polonia ha sporcato la sua dignità facendosi carceriera per conto dei torturatori, ed oggi la nobile patria polacca si è ridotta ad una dependance dei neocon, un ausiliario della menzogna e brutalità americanista.

Non sottovalutate nemmeno l’effetto del cattivismo americano incontrollato sulla stessa società americana. Osservate come il cattivismo applicato senza limiti in Iraq ed Afghanistan, in Siria e in Libia, contro l’Argentina e la Russia, deborda, tracima all’interno. Avete visto i video presi col telefonino su come i poliziotti hanno sparati al ragazzino negro di Ferguson, o strangolato il povero, obeso Garner che a New York vendeva sigarette sciolte. Guardate pure questo, che mi ha mandato un amico di Washington con il titolo: «Senza la minima ragione».

Niente più diritti civili, né diritti umani, e nemmeno la normale gentilezza per la parte «inefficiente» della solidarietà. L’1% di Wall Street, che ha costruito l’immane idrovora che porta in alto il plusvalore del 99% in basso, vuole di più; ha eliminato la classe media americana – ha delocalizzato in Cina – non vuole che lustra scarpe, friggitori di hamburgers e venditori di sigarette sciolte, le classi inferiori cessano di essere un problema sociale, sono un problema di ordine pubblico: i poliziotti hanno capito benissimo come regolarsi .

Lo stesso vogliono fare all’Europa occidentale: giudicano i salari e lo stato sociale uno «spreco», una falla e un freno all’efficienza totale capitalista — ossia all’accaparramento di ogni profitto prodotto in basso.

In questa deriva c’è da chiedere che senso ha la «rivelazione» ufficiale, da parte dello Stato, delle torture, arbitrarie persecuzioni e orribili crudeltà condotte negli interrogatori dai servizi americani. Avrebbe un senso solo se fosse l’atto preliminare dell’incriminazione dei mandanti, l’Amministrazione Bush jr., Dick Cheney, i neocon che in quegli anni concepirono, autorizzarono e legalizzarono questi crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Come ha detto Kenneth Roths, direttore di Human Rights Watch, «se questa apertura alla verità non porta a processare i responsabili, la tortura rimarrà una opzione attuabile in mano ai futuri presidenti».

Ovviamente, l’incriminazione del precedente Governo non è la cosa che Obama farà. Non l’ha fatta appena eletto, quando era forte delle speranze collettive che lo portarono alla Casa Bianca (gli elettori volevano appunto la fine dell’era Bush-Cheney); non lo farà adesso che è debole e in uscita, e la nuova maggioranza repubblicana al legislativo approva, anzi fieramente difende, la tortura come metodo legale praticabile nella democrazia americana.

La tortura resterà uno strumento in mano ai prossimi presidenti, che saranno repubblicani, Ugly American orgogliosi di esserlo.

La conclusione di Obama sul ripugnante rapporto è stata un’ulteriore occasione per esaltare l’eccezionalismo americano, la grandezza morale del solo Stato indispensabile, la sua superiorità: «la pubblicazione del dossier tortura – ha detto – è anche un modo di ricordare che sostenere i valori che professiamo non ci rende più deboli, ci rende più forti, e che gli Stati Uniti d’America restano e resteranno la più grande forza per la dignità e la libertà umana che il mondo ha mai conosciuto». Frasi che, per la loro oscena mescola di ipocrisia e calloso moralismo, unita all’esaltazione del proprio gangsterismo, fanno di Obama un altro, tipico Ugly American.

Tutto si ridurrà a quel che diceva Churchill dei governanti USA: «Di tanto in tanto sentono il bisogno di farsi il bidet all’anima. E poi vogliono farne bere l’acqua a tutti noi». Che è un’altra bella definizione dello Ugly American che sta cominciando ad occuparsi di noi per renderci definitivamente più efficienti.

Ma non si può finire il discorso senza citare la difesa della tortura CIA e dei crimini di guerra da Norimberga americani che ha fatto Giuliano Ferrara sul Foglio del 10 dicembre: «La reazione al 9/11 non poteva che essere anche un lavoro sporco».

The Ugly Israeli

È il lavoro sporco quello che piace allo Ugly Jew, e per questo si inventa il pretesto che sa falso dell’11 Settembre. Il lavoro sporco che compie periodicamente a Gaza assassinando migliaia di donne e bambini, devastandone le case fino alle fondamenta, e quotidianamente nei Territori Occupati sradicando gli oliveti dei palestinesi e pestando quelli di loro che protestano. È una ugliness che fa impallidire anche The Ugly American, tanto da farlo apparire, al confronto, un beneducato e raffinato altruista. Ma la radice è la stessa: la convinzione di essere la razza suprema. La proverbiale rudezza, la violenza gratuita verso i deboli, la spietatezza verso gli indifesi e gli sfavoriti, persino la maleducazione ed insolenza degli israeliani, è il rigurgito del millenario odio e disprezzo del genere umano coltivato nei ghetti, ed ora si manifesta trionfante e contento di sé, per quello che è: l’inciviltà che schiaccia e domina le altre culture, i costumi raffinati, le finezze che il resto dell’umanità ha saputo costruire. È questo che Ferrara chiama «il lavoro sporco» necessario: l’abolizione di ogni legge e civiltà.

Forse non lo sapete, ma nel mondo ebraico vige persino un compiacimento, soddisfatto e narcisista, per la rozzezza e bassezza ebraica. Lo psicologo ebreo Georges Tamarin ha rilevato «il culto della durezza» coltivato fra gli israeliani, composto di «aggressività, etnocentrismo, rudezza chiassosa, ignoranza delle norme elementari internazionali di civiltà», come un «tratto distintivo» nazionale. La Chutzpah, la specifica sfrontatezza giudaica, «è diventata parte integrante del sionismo ed elevata quasi a forma d’arte dagli israeliani di nascita, i sabra», ha scritto il docente ebreo Jay Gonen.

Un esempio di quest’arte lo si vide nel 1987, durante l’Intifada. Fra le centinaia di morti ammazzati dal glorioso Tsahal, ci fu un adolescente palestinese, Nasir Hawwash: con un proiettile nel cranio, Nasir giaceva in ospedale in stato di morte cerebrale irreversibile. La sua famiglia in lutto ricevette una telefonata da un cittadino israeliano: chiedeva che autorizzassero l’espianto del cuore di Nasir per salvare la vita di un ebreo di mezza età in gravi condizioni cardiache. Il fratello maggiore di Nasir, che ricevette la telefonata, fu agghiacciato che un’israeliana (all’altro capo del filo era una donna) potesse chiedere tanto. «Sarebbe un bel modo di fare la pace fra arabi ed israeliani», insisté la voce femminile al telefono. Il fratello: «Come potete chiamare pace sparare ad uno e poi prendergli il cuore per dare la vita ad un altro israeliano?».

Era Chutzpah, un tratto di gustosa civiltà superiore talmudica che i palestinesi – inferiori – non conoscono, e di cui non sanno ridere. Il papà di Nasir si vide offrire «tanti soldi quanti mai la sua famiglia ne avrebbe visto in una vita», e continuò a rifiutarsi. «Cosa vogliono da me? Era mio figlio, me l’hanno tolto, e ora vogliono il suo corpo. Questo non posso darlo». A suo tempo la cosa fece qualche rumore fra i palestinesi. La comunità palestinese fu unita nella morale della storia: «Se diamo agli israeliani questo cuore, presto ci spareranno addosso per prendersi i nostri organi». Il che sta comunque avvenendo, infatti.

Che ne dite? The Ugly American e lo Ugly Jew non erano forse fatti per adottarsi l’un l’altro, trarre forza ed ispirazione reciproca e potenziarsi l’un l’altro nelle loro dogmatiche, nel loro cattivismo?

Il punto di congiunzione fra i due tipi (dis)umani è stato identificato brevemente da Israel Adam Shamir (1), il convertito all’Ortodossia: «Mammona. Mammona è la faccia che Yisrael presenta ai Gentili, è un sottoprodotto della de-spiritualizzazione del mondo. L’attitudine mammonita è fondata sulla concezione «homo homins lupus». Detto più semplicemente: «il neoliberalismo è un giudaismo, senza Dio».

Ed infine: «L’esistenza stessa delle nazioni gentili, con la loro sfera sacrale propria, è un’offesa per il geloso Yisrael (2). È la ragione per cui Yisrael incoraggia la mondializzazione, l’omogeneizzazione del mondo, la micronizzazione dell’umanità».





1) Israel Adam Shamir, «La bataille du discours», Surge Books, pagine 402 e seguenti.
2) Per Ysrael, Shamir intende «la persona narcisistica di rango superiore, sorta di super-ego nevrotico della personalità collettiva degli ebrei che ha la sua propria volontà – volontà che non coincide con le volontà e i desideri degli individui ebraici». Verso questa «grande entità sacrale, Ysrael, l’individuo ebraico ha lo stesso rapporto che l’ape ha con l’alveare... Ysrael è la figura androgina centrale dell’universo ebraico, perché è lo sposo della Torah, la quale è la sposa eletta di JHVH... La Chiesa dei giudei, Ysrael, adora Ysrael ossia: se stessa».



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