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Rileggiamo l’Apocalisse nella sua corretta interpretazione
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L’argomento “apocalisse” è un tema oggigiorno incredibilmente scottante. Scrivo “incredibilmente” perché da un lato l’umanità sembrerebbe votata alla ricerca della felicità perpetua, basata su esigenze tutte terrene, nella speranza di poter godere, attraverso la scienza, di una vita sempre più duratura. Per contro, l’uomo manifesta molto spesso la necessità di ricercare sensazionalismi ed avvenimenti di incredibile portata storica. Il desiderio di vedere “la fine del mondo” è sempre più forte in un buon numero di persone, ed è questo un tratto psicologico difficile da interpretare: l’uomo, nonostante proclami la felicità di cui cerca disperatamente di circondarsi, è intimamente distrutto e sfiduciato nella misura in cui spende la sua esistenza lontano dalla sua vera vocazione, rifiutandola.

Con le tante instabilità che l’umanità sta sempre più sperimentando – economiche e sociali, psicologiche e spirituali – il tema apocalittico è dunque oggi molto di moda, ed è forte di tutto un pullulare di teorie sempre più strampalate e lontane dalla verità, spesso veicolate da libri o film di fantascienza, più volentieri frutto di un immaginario collettivo fortemente deficitario, che nel corso degli anni ha trasformato il cosiddetto “complottismo” (ne esiste uno ancora sano?) in una selva inestricabile di scemenze ed insensatezze, che rivelano un tratto di progressiva perdita del senso del reale nelle persone.

È pur vero che la Chiesa, attualmente e dopo le infatuazioni per il mondo, dopo i “profeti di sventura”, ha smesso di parlare perlomeno apertamente di queste tematiche. La conseguenza del suo tradimento vocazionale, per sostituirlo con l’appiattimento da “misericordina”, è sotto gli occhi di tutti: se tace la legittima depositaria dell’unico libro che certamente – sia per linearità interna al testo che per gli ancoraggi storici di cui gode – anticipa quanto dovrà avvenire, inizieranno a parlare per conto loro, di loro autorità, un infinito numero di voci, moltiplicando esponenzialmente le opinioni le più disparate, creando confusioni ed accozzando errori su errori.

Il 2016 si è aperto fortemente dietro a tali sensazionalismi. Tutti oggi parlano di Apocalisse; ognuno sembra voler convincere il prossimo di avere tra le mani la corretta interpretazione, pronta per essere condivisa su Facebook; una giostra questa, per chi è un po’ avvezzo alle opinioni borderline che infestano la rete, che ha dell’incredibile. Ho ascoltato diverse persone (tra queste anche sacerdoti) arrischiarsi in previsioni e commenti patentemente fantasiosi sulla simbologia apocalittica; ho letto numerosi annunci di sicure collocazioni nel nostro tempo delle punizioni che precedono l’avvento dell’anticristo e visto accusati di volta in volta papi, politici o “gruppi” di precorrere le vie che condurranno al “gran giorno dell’ira”. Sigilli e trombe vengono spiegati un po’ ovunque. Scovare l’anticristo (la bestia che sale dal mare) è diventato oggi un rebus da settimana enigmistica.

In definitiva si tratta di tentativi (a volte anche sinceri) di far combaciare una realtà odierna fortemente problematica (soprattutto relativa alla evidente crisi della Chiesa Cattolica), con gli avvertimenti contenuti nell’ultimo libro del Nuovo Testamento, che rimangono tuttora sigillati ed impermeabili alla nostra comprensione.

Essendo, i nostri, tempi fortemente oscuri e confusi – e per questo pericolosi – è ben lecito percepire un bisogno stringente di rileggere l’unico testo che ci parla di futuri avvenimenti con veracità. Ma l’argomento, risulta della massima importanza, e deve essere affrontato molto seriamente.

Mi rivolgo ai lettori di questo sito che ancora non si sono smarriti dietro una marea di opinioni, complotti e dietrologie: è necessario riportare equilibrio e sodezza su un tema tanto vituperato, strapazzato ed usato per assecondare ogni genere di scemenza narrativa. Nel perdersi dietro a teorie aberranti si corre il rischio di capire poco o nulla di quanto dovrà avvenire, creando la più totale confusione su una tematica che la Chiesa ha sempre custodito ed accettato come verità rivelata per disegno provvidenziale.

Come scrive padre Sales:

«l’Apocalisse è uno dei libri più difficili ad interpretarsi, e nonostante l’applicazione e lo studio di tante generazioni, gli esegeti sono ben lungi dall’accordarsi intorno alla significazione esatta delle diverse visioni descritte, benché tutti convengano nel riconoscere che il tema principale dell’Apocalisse è la seconda venuta di Gesù Cristo alla fine dei tempi».

Per tale motivo, anche la Chiesa dei secoli passati – che apertamente trattava di questi contenuti con autorità – vietò ogni possibile collocazione temporale dei fatti descritti nel libro della “rivelazione”, ammonendo chiunque avesse la presunzione di voler indicare come potenziale anticristo (o suo falso profeta) soggetti problematici, che di volta in volta facevano la loro comparsa nel corso dei secoli.

Ciononostante, non ci è vietato di leggere i “segni dei tempi”, perché servono a prepararci, rafforzarci e disporci spiritualmente ad affrontare quanto verrà. Nel farlo però è doveroso procedere con massima cautela, specialmente oggi, affidandosi alla interpretazione salda e forte di coloro che si sono cimentati, basandosi sulla tradizione dei Padri e della Chiesa, ad indicare possibili letture della fittissima simbologia di cui abbonda l’Apocalisse.

L’Apocalisse commentata da padre Sales


Richard Wagner
  Apocalisse di San Giovanni

Forti dell’esperienza maturata in tanti anni di editoria cattolica, ed avendo intuìto da diversi segnali (anche provenienti dai nostri lettori) che il tema apocalittico sta letteralmente esplodendo – perlomeno in determinati settori culturali –, abbiamo ritenuto urgente realizzare (in anticipo sui nostri programmi) l’ultimo libro del Nuovo Testamento commentato da Padre Marco Sales, che segue ai primi quattro Vangeli già pubblicati. Il nuovo commento di Sales che oggi suggeriamo, lo dico senza tema di poter essere smentito, è oggi obbligatorio, perché chiarisce ed illumina magistralmente numerosi punti, difficili ed oscuri, del testo apocalittico.

L’Apocalisse, lo sappiamo bene, risulta essere un contenuto difficilissimo, anche solo per la successione temporale degli eventi presentati, successione non sempre chiara, perché l’opera giovannea non organizza con continuità sequenziale le visioni di volta in volta avute, ma le fa succedere, una alla volta, così come a san Giovanni si sono manifestate. In diversi punti dunque, il libro interrompe la narrazione dei fatti per ripigliarla e completarla solo successivamente — è il caso dei capitoli XI e XII, che vengono completati solamente attraverso le ultime visioni. Questo apparente accavallamento temporale – che descrive senza soluzione di continuità cose riguardanti gli ultimi tempi frammischiate a periodi molto anteriori e riguardanti il passato (la visione della donna partoriente ne è un chiaro esempio) – può dunque risultare oscuro e di difficile interpretazione, assecondando diversi generi di inciampi.

La guida di Sales si rende subito necessaria, onde evitare di ricascare in un certo numero di errori interpretativi (anche molto gravi) partoriti nel corso dei secoli precedenti. Un caso eclatante è quello del Millenarismo, che si fondò sulla mala interpretazione del tempo che deve trascorrere dopo la sconfitta dell’Anticristo e prima della risurrezione generale: i famosi mille anni, durante i quali Gesù – secondo l’interpretazione dei millenaristi –, dopo aver fatto risorgere i suoi santi, avrebbe regnato con essi su questa terra. Un piccolo esempio di errata interpretazione (molto comune anche al giorno d’oggi soprattutto tra gli esegeti da web, che straparlano di assurdità tipo “parusie intermedie”) che però può condurre il lettore grandemente fuori strada, facendolo scivolare su inesattezze già condannate dalla maggioranza dei Padri apostolici e dai Teologi posteriori come “apertamente contrari alla dottrina del Vangelo e di S. Paolo”.

Come ricorda Sales: “La verità cattolica si è che avrà luogo una sola risurrezione generale che comprenderà i buoni e i cattivi, alla quale seguirà subito il giudizio”, e questa seguirà immediatamente alla sconfitta dell’anticristo. I mille anni (cifra simbolica) sono dunque, e chiaramente, il periodo che si estende dalla prima venuta di Gesù Cristo (con l’Incarnazione del Verbo) alla seconda, che avverrà alla fine dei tempi e che vedrà la disfatta della bestia apocalittica, del suo falso profeta ed in definitiva del dragone che è satana: “e il diavolo (…) fu gettato in uno stagno di fuoco e di zolfo, dove anche la bestia, 10e il falso profeta saranno tormentati dì e notte pei secoli dei secoli”.

Ho voluto qui accennare ad uno dei numerosissimi temi che il lettore dovrà affrontare cimentandosi nella lettura apocalittica. Se il suo desiderio è di farlo seriamente, affidandosi ad un teologo, tomista e profondo studioso dei Padri, il commento che andiamo presentando non potrà che soddisfarlo. Con una guida sicura come Sales è lecito addentrarsi nei misteri di questa rivelazione, per estrarne il loro significato più profondo.

Utilità della lettura apocalittica

Un altro tema che è importantissimo inquadrare correttamente leggendo l’Apocalisse è il senso ultimo del testo, la sua utilità per noi.

L’Apocalisse è un libro donatoci dal Cielo affinché ci preparassimo alle cose che devono accadere, rafforzandoci nella fede. Oltre ad indicare per nostra utilità ciò che avverrà nei tempi ultimi, l’Apocalisse ha un’altra missione ancora più importante, ovvero di ispirare un onesto sentimento di terrore, che va di pari passo con il desiderio di una profonda riforma delle nostre vite per fuggire l’ira divina. La considerazione delle pene riservate ai perversi difatti, è un mezzo efficacissimo per animarci a perseverare nel bene e a tutto soffrire per amore di Gesù Cristo. Dalla lettura del testo otteniamo inoltre, in senso consolatorio, le visioni beatifiche che l’Apocalisse contiene, e la vita in cielo di eterna felicità che ci attende se sapremo partecipare a “ciò che manca ai patimenti di Cristo” (Col. I, 24) in qualità noi di membra del suo corpo mistico — che ordinariamente, escludendo il martirio fisico, sono da intendersi con la pratica della pazienza quotidiana, della rassegnazione (carità) e della fiducia in Dio finché non sarà raggiunta la misura fissata.

L’ultimo libro del N. T. è pertanto una grazia straordinaria elargitaci da Dio, uno strumento molto utile a mantenere i cristiani costanti nella fede e nelle virtù. La fine disgraziata degli empi e la gloria degli eletti, quali appaiono in questo libro, valgono grandemente ad allontanare gli uomini dal peccato e a sostenerli nelle prove. L’Apocalisse è ordinata soprattutto a consolare e ad animare i fedeli mostrando la speciale provvidenza di Dio a loro riguardo, e proprio per questo motivo viene imposto a S. Giovanni di non sigillare gli oracoli, affinché in tutti i tempi i “giusti” possano trarne conforto e consolazione.

Le visioni del premio riservato a coloro che vengono dalla grande tribolazione (contenute nel capitolo VII), tribolazione che riguarda però tutti i tempi, sono destinate a sostenere i fedeli in mezzo alle battaglie spirituali in cui si troveranno via via esposti. Il pensiero del premio che li aspetta, se saranno perseveranti nel bene, non può a meno di infondere loro coraggio e renderli lieti anche in mezzo alle maggiori afflizioni. L’Apocalisse pertanto, lungi dal rappresentare un mero esercizio di ricerca di arcani misteri (il rebus da enigmistica), risulta essere un libro di grande utilità mistica, uno strumento utilissimo per ispirare in noi un vivo desiderio di santità.

Partendo da questo presupposto, il più importante concetto che dobbiamo afferrare è che Dio è misericordioso, secondo la Sua giustizia. Molto spesso le catastrofi descritte colpiscono solamente una porzione della terra e sono pertanto rivolte allo sconvolgimento del creato e della natura; in minor numero vengono direttamente riversate sull’uomo come totalmente annientatrici — ad esclusione degli ultimi flagelli, destinati a punire coloro che fino all’ultimo istante continueranno a bestemmiare Dio.

Le visioni apocalittiche si susseguono mostrando castighi di vario genere, secondo il grado di peccato ed apostasia di cui si sarà macchiato l’uomo. Ma Dio, attraverso queste punizioni, dimostra un amore per l’uomo spropositato, ed il fine punitivo dei suoi flagelli è sempre ordinato all’unico scopo di far sorgere in noi un pentimento, una conversione ed una riforma delle nostre vite. Pertanto, tutto quello che l’Apocalisse descrive sarà opera diretta dell’Onnipotente, a cui nulla sfugge.

Capendo questo ci si allontanerà da tutto quel pattume propagandistico legato all’apocalittica da complotto, che fa incetta di “onde” causate da alieni (narrate dall’ultimo film fanta-apocalittico che sta spopolando in queste settimane), satelliti che generano interruzioni di elettricità, armi elettromagnetiche, scie chimiche, voli spaziali da utilizzarsi per sfuggire agli sconvolgimenti climatici (indotti dai potenti di questo mondo per meglio dominarci), terremoti provocati in laboratorio, e chi più ne ha più ne metta.

Dando spazio a tali, aberranti narrative (profondamente anticattoliche), si rischia di smarrire il senso profondo della lettura apocalittica, assecondando tutto ciò che è inventato per derubare il Creatore degli strumenti di cui si servirà per richiamare l’umanità al suo ultimo destino. Defraudarlo delle sue opere – negandole –, è chiaramente già un segno di totale perdita di intelligenza e delle verità di fede più basilari.

Avvicinandosi all’impero anticristico

Dal mare perenne egli sorge, creando eserciti su ambedue le sponde, mettendo l’uomo contro suo fratello, finché gli uomini non esistono più”.

Ora, se è indubitato che l’Anticristo non verrà che alla fine del mondo, è altrettanto certo che egli ha i suoi precursori e i suoi cooperatori sparsi in tutti i tempi, e quindi di tutti i fedeli che perseverano nel Vangelo nel corso dei secoli si può dire che non hanno adorato la bestia.

Come scrive l’arcivescovo Antonio Martini nella versione settecentesca del testo, ripresa dal Sales:

«non occorre che uno si occupi inutilmente a far ricerche sopra una cosa, la quale non peraltro è stata notata da S. Giovanni se non perché a suo tempo e da questo, e dagli altri segni che egli ci dà in questo libro, possano i fedeli riconoscere agevolmente questo figliuolo di perdizione, e guardarsi dalle sue trame».

Oggi – come mai prima in duemila anni –, una lettura prudente è lecito concedersela, affinché attraverso i segni rivelatici nell’Apocalisse si riesca a “riconoscere questo figliuolo di perdizione, e guardarsi dalle sue trame”.

Il regno del figliolo di perdizione si va preparando; questa è una realtà evidente.

Qui preme ribadire nuovamente un concetto semplice, ma che evidentemente ancora sfugge ad alcuni: secondo quanto scrive San Paolo – e seguendo l’interpretazione della sana esegesi operata sulle lettere apostoliche e sull’Apocalisse – risulta evidentissimo come l’anticristo (e ciò vale anche per il suo falso profeta), sarà un uomo. Che possa nascere da madre ebrea, questo è possibile, ma non certo. Che San Paolo e San Giovanni parlassero di un uomo è invece una verità di fede. L’errore di intendere l’anticristo come qualcosa di ideale, od una nazione, od uno stato di cose, è l’ennesima, cattiva interpretazione delle scritture, oggi molto diffusa. È utile non ingannarsi su questo punto. Che Israele o l’emancipazione ebraica fosse una sorta di auto-messia è una falsa interpretazione di ebrei post-rivoluzionari; se così fosse, la loro redenzione sarebbe già compiuta, o no? Invece, quello che tutt’oggi ancora aspettano è un dominatore terreno, che, visto il carattere di ribellione che li contraddistingue da duemila anni, garantirà un loro dominio sulle nazioni che ancora oggi vi si oppongono.

Pertanto: sia il falso profeta che il suo padrone saranno due uomini, perché saranno “gettati vivi nello stagno di fuoco ardente per lo zolfo” nel momento della loro finale disfatta. Come Nostro Signore è stato uomo, così l’anticristo sarà altrettanto uomo e godrà di tutto il potere proveniente dal dragone (l’antico serpente) che “diede alla bestia del mare [l’anticristo] la sua forza e un grande potere”. Anche il falso profeta (la bestia della terra, un elemento più calmo rispetto al mare, che viene descritto solo con due corna rispetto alle dieci della prima bestia, ovvero minor forza) sarà un uomo, e farà davanti alla bestia del mare “prodigi, coi quali sedusse coloro che ricevettero il carattere della bestia”. La caratterizzazione che San Giovanni dà della bestia che sale dalla terra è molto interessante, poiché sarà ricolma di uno spirito di menzogna prettamente satanico (aspetto molto attuale), e ingannerà per tramite di un forza intellettuale e propagandistico-spirituale riassunta sotto l’appellativo di “falso profeta” nel cap. XIX del libro. Come spiega Sales, “può essere che si alluda a qualche grande impostore”, il quale sarà come la personificazione della falsa scienza (ossia della falsa predicazione). La particolarità delle corna simili a quelle di un agnello dimostra che la seconda bestia “non userà la forza materiale e la violenza, ma cercherà di perdere gli uomini con la seduzione e con la finta mansuetudine”.

Ora, secondo la visione di Giovanni, l’anticristo finale (che all’opposto del falso profeta avrà un carattere di manifesta potenza politica, crudeltà e spietatezza) verrà a compiere il lavoro di ribellione tentato dal dragone fin dall’inizio della storia dell’uomo. L’impero dell’anticristo sarà “quasi un’ottava testa” (Apoc. XVII, 11) – avendo molto maggior potenza – rispetto alle sette teste che formano la bestia apocalittica: La bestia, che era e non è, essa ancora è l’ottavo (regno): ed è di quei sette.

Le sette teste della bestia apocalittica, secondo la comune interpretazione ormai accettata e conosciuta un po’ da tutti, rappresentano sette regni, o re, od imperi. Cinque di questi regni, oppressori del popolo di Dio nel corso dei secoli, non erano più al tempo delle visioni di San Giovanni, che scrive: sono caduti (l’Egitto, l’Assiria, la Caldea, la Persia, la Grecia); uno è (alludendo all’impero romano ed alle persecuzioni che condurrà contro la Chiesa specialmente durante la tetrarchia di Diocleziano) ed il settimo (che formerà il regno dell’anticristo vero e proprio) doveva ancora ricevere la sua potestà: non è ancora venuto. Come si intuisce bene, la bestia apocalittica rappresenta un grande blocco unito, una conglomerata che nel corso dei millenni ha trovato nell’odio a Dio ed all’Agnello il suo comun denominatore.

La settima testa, l’ultima, da cui sorgerà l’anticristo, è la più pericolosa tra tutte: è munita (formata) di 10 corna, ovvero 10 re od imperi che nei tempi ultimi si assoggetteranno all’uomo iniquo, preparandogli il regno, perché costoro hanno un medesimo consiglio, e porranno la loro forza e la loro potestà in mano della bestia (Apoc. XVII, 13).

Sales riassume nel modo seguente le fasi della contesa apocalittica:

La bestia uscita dal mare (XIII, 1), ossia l’Anticristo, che con l’aiuto del dragone (XIII, 2) era riuscito a stendere il suo impero sul mondo e sui re (XIII, 7, 12; XVII, 13), e aveva mosso guerra ai santi (XIII, 5-8), e fatti uccidere i due testimoni (XI, 8), era divenuto il principale sostegno dell’empia Babilonia (XVII, 3); benché già colpito da diversi flagelli (XVI, 1 e ss.), uniti i vari re per la guerra contro Dio (XVI, 13), e radunati tutti nel campo di Mageddo per far guerra alla sua Chiesa (XVI, 16), viene interamente disfatto.

Questi dieci regni (settima testa), per la loro apostasia e il loro odio contro Dio (avendo un medesimo consiglio), diverranno i precursori e i cooperatori dell’Anticristo, e per questo motivo si metteranno interamente al suo servizio, diventando docili strumenti nelle sue mani al momento della sua salita al potere. Secondo la profezia di Daniele (VII, 24) di questi dieci re o regni, che saranno al tempo dell’Anticristo, tre saranno vinti dallo stesso, e gli altri sette si assoggetteranno spontaneamente a lui, in modo tale che egli diverrà il solo re e capo di tutto l’impero (che sarà mondiale).

Seguendo la maggioranza dei teologi, è interessante notare che per questi dieci “regni” – che comporranno il grande impero anticristico – si devono probabilmente intendere altrettanti regni formatisi sulle rovine dell’impero romano (sesta testa), e formanti così, nel loro complesso, il settimo impero (settima testa con le sue dieci corna). Questi 10 regni usciti dalle rovine dell’Impero romano, odieranno la meretrice, e la renderanno deserta e nuda (capitolo XVII, 16), ovvero, per un certo periodo di tempo odieranno la società anticristiana (come fece l’Europa medioevale in senso largo), e poi, come invece è avvenuto ai nostri giorni, daranno il loro regno alla bestia, sinché le parole di Dio siano compiute.

Qui viene chiaramente descritta la fine dell’Europa (allarghiamo il tiro: dell’Occidente) per come oggi la conosciamo, prima nemica dell’anticristo e poi fattasi serva della bestia andando a conglobare la settima testa. Oggi possiamo intravedere, molto più chiaramente rispetto al passato, l’emergere di questo blocco, ancora non del tutto coeso. Da questo blocco, da questa settima testa o base per un impero mondiale, si realizzerà il dominio anticristico permesso da Dio, che avrà a suo capo la Bestia del mare, che avrà potestà su tutti i popoli della terra.

È ancora importante ricordare che sarà Dio a permettere che l’anticristo salga in potenza, perché l’espressione le fu dato [alla bestia del mare] di fare guerra ai santi, così spesso ripetuta nel corso del testo, indica che il demonio non potrebbe far nulla contro la Chiesa e i fedeli se Dio, negli arcani disegni della sua sapienza e giustizia, non glielo permettesse.

Quali siano questi 10 regni – di cui tre verranno distrutti dall’anticristo per consolidare il suo potere – è ancora oggi impossibile determinarlo con sufficiente confidenza senza avventurarsi su un terreno pericolante e scivoloso.

I tre corni che verranno distrutti dall’anticristo secondo la visione di Daniele non saranno probabilmente tre entità del tutto esenti da colpe gravi, perlomeno passate: anch’essi, componendo la settima testa, saranno a loro volta tre regni assoggettati alla bestia. La guerra che l’anticristo muoverà contro di loro sarà pertanto una guerra per così dire “interna”. Si può (forse) azzardare l’ipotesi che questi tre regni, dopo essersi assoggettati, verranno distrutti per un impeto di ribellione o conversione. Un’ipotesi tra le tante su cui è meglio non speculare troppo, anche perché, attraverso questo articolo, e visto l’argomento che stiamo trattando, prudenza desidero evitare paralleli troppo specifici con l’attuale situazione politica mondiale.

Questa parte dell’Apocalisse difatti (capitolo XVII) è probabilmente la sezione più difficile di tutto il testo. Si deve confessare che rimangono molte oscurità. Sales in ogni caso metterà tutto per ordine, chiarendo già molto attraverso il suo commento.

Una cosa è invece possibile constatare con una certa dimestichezza e fin da subito: la panoramica di totale coesione (ripetuta nell’Apocalisse più volte) che assumeranno i maggiori imperi del mondo – avendo il medesimo consiglio – ha realmente tutte le caratteristiche di una dittatura mondiale che, come risulta evidente, non combacia ancora perfettamente con l’attuale situazione geopolitica di apparenti lotte e divisione. Tutto quello che a livello geopolitico si sta manifestando è molto probabilmente l’apparecchiarsi di un conflitto, dove il dragone, in varie sfumature, è ormai onnipresente su entrambi i fronti ed agisce disperatamente avendo bisogno (perché il suo tempo volge al termine) di un ultimo, catastrofico avanzamento mondiale per manifestarsi.

Anticipato quanto sopra, e volendo azzardare per un istante l’ipotesi che queste descrizioni riguardino i nostro tempi od un loro prossimo avvicinamento, oggi tenderei a non fare il tifo per nessuno dei due grossi schieramenti geopolitici attualmente in campo, poiché il rischio di errare è molto alto essendo a mio avviso evidente che il carattere del nemico si manifesta propriamente creando eserciti su ambedue le sponde, infiltrandoli per dirottarli uno contro l’altro all’intento di raggiungere il suo scopo finale. Al massimo, si può continuare ad elogiare la politica distensiva di Putin, utile a disinnescare un conflitto che probabilmente verrà, ma di cui nulla è certo.

Ora, per cementare il blocco dei 10 diademi, e predisporre il mondo, secondo la visione dell’ottava testa, al dominio di tutti i popoli [o forse per eliminare gli ostacoli rimasti (le “tre corna”?)], è necessaria una guerra. Questa guerra – che sarà “inaugurale” del regno anticristico – nell’Apocalisse viene probabilmente descritta con lo spiegamento della sesta tromba:

13E il sesto Angelo diede fiato alla tromba: e udii una voce dai quattro angoli dell’altare d’oro, che è dinanzi agli occhi di Dio, 14la quale diceva al sesto Angelo, che aveva la tromba: Sciogli i quattro angeli che sono legati presso il gran fiume Eufrate. 15E furono sciolti i quattro angeli che erano preparati per l’ora, il giorno, il mese e l’anno a uccidere la terza parte degli uomini. 16E il numero dell’esercito a cavallo ventimila volte diecimila. E udii il loro numero”.

Anche Sales, nel suo commento, si arrischia a dire che con tutta probabilità sotto queste varie figure si annunzia una terribile manifestazione bellica, che menerà strage in tutto il mondo, e precederà il regno dell’Anticristo (XVII, 12 e ss.; Dan. VII, 8, 24).

Da notare però che anche questa conflagrazione viene presentata dall’Apocalisse come una nuova punizione di Dio, perché farà parte dei tre guai gridati agli uomini; si tratterà dunque, anch’essa, di uno strumento nelle sue mani. Questa guerra avrà difatti un carattere differente dalla celebre battaglia dell’Armagedon, nella quale viene descritto l’ultimo, dissennato tentativo da parte dei regni ostili all’Agnello di opporsi a Lui. Capeggiate dall’anticristo e per volontà divina, queste potenze si raduneranno in un unico luogo per essere sbaragliate in un colpo solo dalla collera divina. 11E vidi il cielo aperto, ed ecco un caval bianco [...] 19E vidi la bestia, e i re della terra, e i loro eserciti radunati per far battaglia con Colui che stava sul cavallo (cap. XIX).

Qui pertanto viene descritta una battaglia dall’esito scontato (S. Giovanni, senza fermarsi a descriverla, parla subito del risultato, mostrando che fu facile cosa per l’Agnello vincere l’anticristo). In preda alla disperazione causata dalle coppe ricolme d’ira (E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia: e il suo regno diventò tenebroso, e pel dolore si mordevano le loro proprie lingue) l’anticristo tenterà un’estrema battaglia contro il Cielo, al termine di quei 42 mesi predetti come tempo a sua disposizione. Quest’ultima contesa vedrà i caliginosi imperi convocati a battaglia da tre spiriti immondi simili alle rane (che fanno prodigi, e se ne vanno ai re di tutta la terra per congregarli a battaglia nel gran giorno di Dio onnipotente).

Come vediamo, i protestanti americani filo-sionisti si ingannano grandemente anche su questo punto: la guerra finale non sarà tra “buoni” e “cattivi” in senso terreno e geopolitico, ma avrà un carattere propriamente demoniaco, e vedrà opporsi le schiere infernali all’Agnello, che trionfatore verrà su un caval bianco, e colui che vi stava sopra si chiamava il Fedele e il Verace, e giudica con giustizia, e combatte. 14E gli eserciti, che sono nel cielo [le innumerevoli schiere di angeli], lo seguivano sopra cavalli bianchi, essendo vestiti di bisso bianco e puro.

Dall’Apocalisse si intuisce chiaramente che a cavallo di questi fatti si svilupperà un’altra battaglia (oltre alle prime due già ricordate), ed avrà un carattere di maggior importanza. Sarà una lotta di “resistenza” contro il peccato e le sue tentazioni, e servirà per separare gli “eletti” dai “ripudiati”, ovvero coloro che avranno impresso il marchio anticristico dai seguaci dell’Agnello, che resisteranno tra molte tentazioni e persecuzioni al richiamo idolatrico e sensuale della grande meretrice, mantenendo la cura delle vesti, ossia custodendo gelosamente la Grazia e la Fede.

Questa lotta è già cominciata.

I caratteri che anticipano tale impero

Se i dieci imperi (corna), che prima odiarono e resero nuda la grande meretrice e poi daranno il loro regno alla bestia, sono certamente un segno anticristico che oggi possiamo decifrare, ve ne sono altri, di grande interesse, che destano preoccupazione.

Come risulta evidente in diversi punti dell’Apocalisse, è certo che Gerusalemme, oggi capitale giudaica, sarà anche la capitale della bestia apocalittica; lì verranno esposti i cadaveri dei due olivi, nella “piazza della grande città (…) dove anche il lor Signore è stato crocifìsso”. Sales difatti tiene più volte a ricordare che “Gerusalemme infedele non è più la città santa, ma viene chiamata Sodoma ed Egitto per le sue iniquità. Anche Isaia (I, 10) ed Ezechiele (XVI, 49) hanno chiamato Gerusalemme col nome di Sodoma. Essa viene inoltre chiamata Egitto, nome che preso in senso simbolico indica un luogo dove regnano gli oppressori del popolo di Dio”.

Essendo ai nostri giorni capitale di quel regno terreno e di terrore che è l’Israele sionista, tale appellativo (infedele) non può essere più chiaro ed azzeccato, sia nella sua accezione dottrinale (l’infedeltà dei giudei deicidi) sia nella sua definizione storico-politica, di sede probabile del futuro “liberatore” giudaico, la bestia che sale dal mare, che oltraggerà i due testimoni mandati sulla terra a predicare per mille duecento sessanta giorni.

È intuibile che i “due testimoni”, combattendo contro l’anticristo, metteranno in mostra tutte le iniquità degli ebrei deicidi ed in generale dei peccatori, perché questi due profeti, come è scritto nel capitolo XI, daranno “tormento agli abitatori della terra”, che a Gerusalemme accorreranno per gioire davanti alla loro temporanea sconfitta, impedendo che venga data sepoltura ai loro cadaveri (un trattamento che oggi viene già riservato a coloro che oltraggiano ed sbugiardano l’intoccabile “memoria”). Durante il regno dell’anticristo questa persecuzione ideologica toccherà il culmine dell’indecenza e dell’odio.

La stessa figura della grande meretrice, che siede sopra la bestia apocalittica, è la grande città, che ha il regno sopra i re della terra, ovvero può essere la figura della capitale del regno dell’Anticristo, con la quale hanno fornicato i re. Qui, come altrove, si può riscontrare un forte rimando a Gerusalemme, con cui i re della terra (e purtroppo non solo i re) fornicano ormai da diversi decenni. (In questo caso però, è da tenere in considerazione che numerosi interpreti – Sant’Agostino, S. Prospero, ecc., – ritengono che la “gran meretrice” personifichi non già una città particolare, ma bensì la massa degli empi di tutti i tempi e di tutti i luoghi).

Il potere che oggi fa capo a Gerusalemme come Stato-Nazione ha ormai presa su ogni apparato vitale del pianeta. Lo sforzo bimillenario di ricostruire una nazione contraria ai disegni divini – un intrapresa che risulta avere un carattere persecutorio per gli uomini, ma soprattutto rappresenta una sfida aperta a Dio – è propriamente un altro segno apocalittico, anche considerato il ruolo svolto da tale Paese in perenne ricerca di una conflagrazione devastante il quel punto del mondo, che nel testo giovanneo viene richiamato più volte con la collocazione geografica dell’Eufrate.

In tal senso, è più che mai preoccupante questo desiderio smodato degli ebrei osservanti di sentire come vicino il redentore (o liberatore) del giudaismo talmudico. Può essere pertanto significativo il risalto mediatico che in queste settimane viene dato a questa profezia rabbinica del XIII secolo, che recita:

“Rabbi Yizchok ha detto: ‘L’anno che Melech HaMoshiach [il Messia il Re] sarà rivelato, tutte le nazioni del mondo saranno in lotta le une con le altre. Il re di Persia (Iran) provocherà il re d’Arabia, e il re d’Arabia (Sauditi) andrà a Edom (Occidente) a tenere consiglio, ma il re di Persia minaccerà di distruggere il mondo intero. Le nazioni saranno indignate ed in preda al panico. Cadranno bocconi, e sperimenteranno dolori come dolori del parto. Anche Israele si indignerà e verserà in uno stato di panico, domandandosi “cosa faremo?”. Ma dirai loro: “Figli miei, non temete, ‘Higiyah zman geulatchem’ [è giunto il momento del tuo riscatto]. E l’ultima redenzione sarà differente dalla prima, che è stata seguita da ulteriore schiavitù e dolore. Dopo questa, non sperimenterete più alcun dolore o sottomissione”.

L’incipiente follia di questa previsione – che ribalta i concetti di bene e male in perfetto stile propagandistico – trova preoccupantemente riscontro nell’attuale situazione geopolitica mediorientale. Ricordiamo che la bestia che vide Giovanni “saliva dal mare”; il mare nella Scrittura (Dan. VII, 2; Apoc. XVII, 15, ecc.) simboleggia talvolta le moltitudini umane e più in generale rappresenta le agitazioni dei popoli (le nazioni del mondo saranno in lotta le une con le altre), lotte in seguito alle quali nascono generalmente gli imperi od un nuovo “ordine” di cose.

La redenzione per gli ebrei è dunque attesa quando, da una situazione caotica e di paura mondiale, il messia Re verrà “in suo nome” a stabilire sulle macerie di un mondo sull’orlo del collasso un regno che nelle mire ebraiche risulta chiaramente essere un impero di dominazione mondiale. E questi sono precisamente i connotati di come la tradizione cattolica ha sempre descritto l’impero dell’anticristo, deducendoli dall’Apocalisse e da San Paolo, commentati dai padri della Chiesa.

Pertanto, possiamo pressoché ritenere una verità di fede che il giudaismo talmudico, in odio a Cristo, eleggerà come suo liberatore e redentore terreno colui che per noi si manifesterà chiaramente sotto la figura dell’anticristo. Per gli stessi ebrei ed i maestri della legge di Mosè (falsamente interpretata) il Messia atteso sarà l’Anticristo dei Cristiani, reputando loro Gesù Cristo un falso messia.

Le profezie rabbiniche, lo sappiamo, sono celebri per essere puntualmente smentite dai fatti (innumerevoli sono state in passato i vaticini che davano imminente l’arrivo del messia liberatore); ma i segni dei tempi, perlomeno alcuni, che stiamo registrando, non possono non destare nel cattolico che legge l’Apocalisse una profonda riflessione sulle fasi storiche di cui oggi siamo diretti testimoni (e qualche volta cronisti).

Nel contesto del libro, le prime quattro trombe (capitolo VIII, 7-13) annunziano quei segni precursori del giudizio che sono molto simili alla previsione rabbinica di cui sopra, e che Gesù Cristo (Luc. XXI, 10 e ss.) aveva già annunziato: Si solleverà popolo contro popolo, e regno contro regno (“il mare” da cui sale la bestia) e saranno fieri terremoti in diversi luoghi e pestilenze e carestie, e cose spaventevoli nel cielo, e prodigi grandi — tutti flagelli, ricordiamolo nuovamente, destinati a convertire o a punire gli uomini.

Anche il VI capitolo dell’Apocalisse è estremamente interessante in tal senso: il sesto sigillo ivi descritto pare narrare fatti riguardanti gli ultimi tempi, ed ha anch’esso rassomiglianze molto evidenti con quanto Nostro Signore ha predetto debba avvenire nel periodo storico che precederà il Suo giudizio. Se difatti si paragonano gli avvenimenti descritti all’apertura del sesto sigillo con i segni che Gesù Cristo ha dati come precursori della sua seconda venuta (Matt. XXIV, 29), non si può fare a meno di riconoscere che si tratta delle medesime previsioni, e quindi si dovrà concludere che le ultime rivelazioni del sesto sigillo si riferiscono già a quanto avverrà alla fine del mondo.

In particolare, dato il carattere fortemente devastatorio del sesto sigillo – il sole nero come un sacco di pelo, la luna tutta come sangue, le stelle del cielo cadono sulla terra, il cielo si ritira come un libro che si ravvolge, e tutti i monti e le isole smosse dalla sede – possiamo concludere con certezza che questa apertura non sia oggi ancora avvenuta, anche se il creato sembra già iniziare a patire doglie che preannunciano tali avvenimenti.

Da notare che lo sconvolgimento che seguirà all’apertura del sesto sigillo colpirà direttamente la natura, non già gli uomini, poiché, com’è scritto alla fine del capitolo: i re della terra, e i prìncipi, e i tribuni, e i ricchi, e i potenti, e tutti quanti servi e liberi si nascosero nelle spelonche e nei massi delle montagne. Questo tentativo di fuga da parte dell’uomo, impaurito da tali catastrofici avvenimenti, viene seguito improvvisamente (capitolo VII) dalla sigillazione di 144.000 eletti 8numero simbolico), ovvero di coloro che non adoreranno la bestia (in contrapposizione al marchio anticristico che riceveranno i peccatori).

Questa sigillazione (di carattere propriamente spirituale) viene descritta puntualmente a cavallo tra il 6° ed il 7° sigillo per via del fatto che le successive piaghe, ovvero le sette trombe, saranno scagliate da Dio direttamente contro l’uomo, e personificheranno la sua giustizia, che scatena i suoi flagelli sugli empi, affine di convertirli o di punirli. I sigillati verranno pertanto forse esentati da tali pericoli come la terrificante piaga delle “cavallette”, che salirà dal pozzo dell’abisso e che, come spiega Sales, simboleggia un’orrenda persecuzione demoniaca che si riverserà per l’appunto contro i peccatori, poiché Dio permette o comanda a quest’angelo di scatenare sulla terra le potenze infernali, strumenti della sua giustizia, i quali colpiranno gli uomini con tormenti atroci, di cui non è possibile determinare la natura. Gli eletti (tali non in virtù di qualche appartenenza tribale ma perché non adoreranno l’anticristo) grazie alla predestinazione di questo misterioso “sigillo” riceveranno maggior premio proprio a causa di questi mali.

Inutile dire che su tali temi bisogna andare molto cauti, soprattutto oggi, ed ammettere che sappiamo molto poco della reale natura di questi flagelli, anche se Sales, attraverso il suo commento, tenterà di chiarire diversi punti altrimenti impossibili da decifrare e problematici proprio perché prestano il fianco alla classica interpretazione errata ed aberrante.

Tali aberranti letture (che mi rifiuto anche solo di menzionare qui) oggigiorno spopolano grandemente, anche per via del fatto che la Chiesa ha colpevolmente smesso di ricordare queste verità. È assai significativo che in passati Concili Ecumenici la Chiesa aveva già concordemente dichiarato, con la grande autorità di questi, che gli ebrei sono i veri ministri dell’Anticristo. In tal senso, se è impossibile concepire la realizzazione di un patto o di un’intesa tra cattolicesimo e comunismo (o tra cattolicesimo e massoneria) ancor più impossibile è addivenire alla stipulazione di un patto tra la Santa Chiesa e l’ebraismo satanico, come nel nostro tempo sembrerebbe puntualmente avvenire.

Oggi, come si è già scritto più volte, la Chiesa sta rischiando di andare incontro ai tempi ultimi senza rendersene conto, almeno in apparenza (concediamoci questa speranza).

Dopotutto, anche tale apparente tradimento fa parte delle profezie riguardanti i tempi ultimi, così come anticipò San Paolo parlando della grande apostasia che avrebbe colpito la Chiesa. La tradizione, basata sulle lettere paoline (Rom. XI, 25 e ss.), spiega che gli ebrei abbracceranno la vera fede solo alla fine della storia e solo dopo la venuta dell’anticristo — una conversione che nell’Apocalisse viene probabilmente descritta durante il primo, parziale terremoto che colpirà Gerusalemme, quando i due profeti risorgeranno da morte: 13E in quel punto avvenne un gran terremoto, e cadde la decima parte della città: e nel terremoto furono uccisi settemila uomini: e il restante furono spaventati, e diedero gloria al Dio del cielo. (cap. XI)

Ora, anche questo – il silenzio della Chiesa su questioni di fede così importanti ed urgenti – è un forte segno apocalittico. Ciononostante, dobbiamo continuare ad aver fiducia che la Chiesa Cattolica, consorte dell’Agnello, in vista delle Sue nozze si metterà perfettamente all’ordine.

Un ulteriore aspetto che nell’Apocalisse provoca l’ira punitiva di Dio (cap IX, 20), ed anticipa la Sua seconda venuta, è il seguente:

20E gli altri uomini che non furono uccisi da queste piaghe (qui si parla delle sette trombe), neppure fecero penitenza delle opere delle loro mani, in modo da non adorare i demoni e i simulacri d’oro, e d’argento, e di bronzo, e di pietra, e di legno, i quali non possono né vedere, né udire, né camminare, 21e non fecero penitenza dei loro omicidii, né dei loro venefici, né della loro fornicazione, né dei loro furti.

Il mondo d’oggi è profondamente caratterizzato da tali segni: omicidi (ogni giorno si contano nell’ordine delle decine di migliaia, specialmente i più gravi, ovvero quelli a carattere privato e famigliare); fornicazione (come corruzione sessuale la nostra epoca supera di gran lunga ogni altra epoca mai affacciatasi sulla storia); il che va di pari passo con i venefici (incantesimi, ed in generale ciò che è tossico per la salute dell’anima e per la morale, oggi è legge); idolatrie (benché il Vangelo sia indubitatamente stato propagato per tutto il mondo, e con la copertura mediatica mondiale tale messaggio sarà certamente conosciuto ovunque già oggi, il grado di idolatria è sempre maggiore, e, tocca dirlo, l’attuale pontificato – caratterizzato da un ecumenismo scatenato che sta raggiungendo vette mai sperimentate prima – non ci sembra possa essere in grado di risanare questa situazione).

In generale poi, è chiaro che l’attuale contingenza politica, strettamente legata al katechon paolino, risulti essere ampiamente compromessa e combaci perfettamente con la visione avuta da San Giovanni al capitolo XVII dell’Apocalisse, dove viene descritta l’abbominazione della grande meretrice, con cui i re e potenti della terra avevano fornicato lasciandosi trascinare all’idolatria ed a numerosi disordini morali insieme agli abitatori della terra (le molte acque su cui era seduta la prostituta). Al tempo che precede l’anticristo pertanto, i vizi legati all’idolatria ed al disordine sessuale saranno sopra ogni altra cosa praticati, come una sorta di impazzimento generale. La coppa della grande prostituta era difatti ripiena di “abbominazione e dell’immondezza della sua fornicazione” ed a questo bicchiere aveva fatto bere tutti i popoli soggetti alla sua dominazione.

Seguendo San Paolo (Rom, I. 24) sappiamo difatti che esiste un forte e stretto nesso tra l’idolatria e la perversità morale: 21Perché avendo conosciuto Dio, non lo glorificarono come Dio, né a lui resero grazie: ma divennero stolti nei loro pensamenti, e si ottenebrò l’insensato loro cuore (...) 23E cangiarono la gloria dell’incorruttibile Dio per la figura di un simulacro di uomo corruttibile, e di uccelli, e di quadrupedi, e di serpenti. 24Per la qual cosa Dio li abbandonò ai desideri del loro cuore, alla immondezza: sicché disonorassero in sé stessi i loro propri corpi (...). 26Per questo Dio li diede in balìa di ignominiose passioni. Poiché le stesse loro donne cambiarono l’ordine posto dalla natura in disordine contrario alla natura. 27E gli uomini similmente, lasciata la naturale unione della donna, arsero scambievolmente nei loro desideri facendo cose obbrobriose l’un verso l’altro — ecco il castigo che fa seguito all’idolatria: avendo violato l’ordine naturale adorando gli idoli e le creature (rigettando il Creatore), Dio permette, abbandonandolo, che l’uomo vìoli l’ordine naturale facendo ingiuria alla sua stessa natura, in modo da essere peggiore delle bestie, le quali non conoscono e non fanno cose così orribili.

Il disordine sessuale (soprattutto i peccati contro natura, ovvero l’omosessualità) e la libertà ad esso concessa (opposta alle virtù della castità e della verginità, eccellenti e gradite a Dio) non sono dunque un segno di civiltà e di conquista, bensì anticipano definitivamente le tenebre che sul mondo stanno calando, e sono l’ennesimo e chiaro segno anticristico, a cui già oggi politici, re e legislatori stanno assoggettati ed assoggettano i popoli (il katechon politico secondo l’interpretazione di San Tommaso), ubbidendo agli ordini della grande babilonia, maestra alle anime dei più perversi disordini, e dei vizi più impronunciabili ed infami che oggigiorno sono permessi per legge ed insegnati ai bambini.

Cosa concludere?


Meglio fermarsi qui, almeno per il momento, affidandosi al saldo commento di Padre Sales, che ci guiderà con estrema chiarezza. Il domenicano – che fu incaricato dalla Santa Sede nel 1911 di riscrivere l’intero commento alla Bibbia – ci fornirà una bussola, e mezzi precisi per orientarci in questa selva di rivelazioni, le quali si compiranno totalmente solo alla fine del mondo. Questo orientamento è profondamente fondamentale, poiché serve a chiarire (senza pericolosi azzardi) punti molto oscuri, inquadrandoli nella sana interpretazione dei Padri.

Nell’ultimo secolo siamo stati sommersi da letture deboli, “giudaizzanti” e fanatico-protestanti del tema apocalittico, che hanno fatto perdere il vero senso – sia simbolico che storico – di questa rivelazione, la sua natura, la sua origine ininterrotta (da Dio), che si manifesta compiutamente nelle anticipazioni dei profeti veterotestamentari, nel culto della Vecchia Alleanza manifestata materialmente nell’antico tempio (tempio che preannunciava la Chiesa di Gesù Cristo come società visibile composta di buoni e di cattivi), dal Vangelo definitivamente perfezionata e che ha una sua affascinante corrispondenza in Cielo, che san Giovanni ripetutamente descrive come un tempio analogo all’antico tabernacolo d’Israele, di cui erano figure il tempio e l’altare di Gerusalemme. Il tutto nella corretta comprensione che, in definitiva, il vero Israele di Dio ed il suo popolo sono la Chiesa fondata da Cristo su Pietro ed i suoi fedeli, secondo gli insegnamenti di San Paolo, e la città Santa, che un tempo fu Gerusalemme, dopo la redenzione operata da Cristo è la Chiesa stessa, che sarà devastata (e pervertita, almeno in parte) dall’Anticristo e dagli anticristiani per quarantadue mesi.

Questo attacco, come vediamo, è già cominciato. Ma la solennità delle nozze non sarà celebrata che dopo la seconda venuta di Gesù Cristo, quando lo sposo divino chiamerà tutta la Chiesa a partecipare alla sua gloria e ai suoi trionfi. Solo allora, compiuto il numero degli eletti (ovvero ciò che rimane ai patimenti di Cristo), la Chiesa – tutta gloriosa e senza macchia – godrà per sempre della presenza del suo sposo (Cf. XXI, 2 e ss.; XXII, 17) perché solo allora si metterà perfettamente all’ordine, ossia si sarà preparata indossando le sue vesti più belle (Cf. Salm. XLIV, 14).

Con i paletti piantati da padre Sales, coadiuvato in questo dalle annotazioni di Martini, l’Apocalisse si rivelerà per noi un libro stupefacente, per puntualità e precisione, un dono dell’Onnipotente per coloro i quali, per la loro fede e le loro virtù, vogliono liberamente appartenere alla parte più santa della Chiesa, e formano il vero tempio o santuario di Dio.

Tenerla a portata di mano, in tempi come i nostri, può rivelarsi davvero utile.

Lorenzo de Vita

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Pagine di esempio dall’interno libro:




 
(VII° volume - Apocalisse, 88 pp., formato grande con bandelle)

12,20 euro

 

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