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Israele ha deciso il presidente USA
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WASHINGTON - Il governo israeliano rifiuta di rivelare in tribunale la reale estensione degli insediamenti ebraici nelle zone occupate della Palestina, con la motivazione che «tale informazione danneggerebbe limmagine del Paese allestero» (1).

La causa è stata promossa da due organizzazioni umanitarie israeliane (fra cui Peace Now) che sono venute a conoscenza di un rapporto ufficiale - ma tenuto segreto - il quale mostra che gli insediamenti sono molto più numerosi di quanto il regime sionista ammetta.

Secondo Peace Now, nel rapporto si dice che gli insediamenti costruiti in Cisgiordania con autorizzazione ufficiale sono 122; ma ne sono stati aggiunti altri cento, definiti pudicamente «avamposti» (outpost) per far intendere che sono estensioni dei vecchi insediamenti, dato che Giuda s’è impegnato, anche ad Annapolis, a non costruirne di nuovi.

Persino Bush  aveva riconosciuto che gli insediamenti (abitati dai più fanatici coloni ebraici, mantenuti dalla diaspora ed armati) sono «un ostacolo alla pace».

In realtà, come già appurato da un rapporto dell’avvocatessa Talia Sassoon, queste «colonie» sono state edificate con l’appoggio attivo ancorchè nascosto, e il finanziamento, di vari organi dello Stato, prima di tutto dell’esercito, spesso in violazione di precise leggi dello Stato ebraico.

E per lo più (provate ad immaginare) su terreni di proprietà palestinese, i cui titolari non sono stati indennizzati.

La Corte internazionale di Giustizia ha definito tutti gli insediamenti nei territori occupati illegali, in base alle convenzioni di Ginevra che proibiscono il trasferimento forzato di popolazioni in territori presi in guerra.

Israele ha risposto che qui non c’è nulla di «forzato», dato che i suoi fanatici ebrei si sono stabiliti nel territorio altrui di loro propria volontà.

Quando si dice Chutzpah.

Secono Peace Now il numero dei coloni di Giuda che vivono in casa d’altri è almeno triplicato da quando Israele ha firmato gli accordi di Oslo (1993): oggi sono 270 mila, a cui vanno aggiunti altri 180 mila che vivono nella parte della Cisgiordania che Israele si è annessa come parte della «sua» Gerusalemme Est.

 

Di ritorno da Annapolis, Olmert ha accelerato alla chetichella loccupazione; centinaia di nuove case sono in costruzione nella cosiddetta Gerusalemme Est.

Almeno 307 nuovi insediamenti.

Tutto ciò, mentre Tzipi Livni, la ministra degli Esteri, ha dichiarato a Bush - in visita a Sion - che Israele «si attiene alla roadmap stabilita dagli USA e chiede che i palestinesi adempiano ai loro obblighi dettati da questo piano».

Olmert ha detto a Bush quel che Israele considera «non negoziabile» coi palestinesi.

Insomma è la visita di un noachico ai suoi padroni talmudici, per prendere ordini.

Il Golem  americano ha pronunciato una frase, secondo il fogliettino che gli era stato messo in bocca: «Il pericolo per il pianeta resta lIran».

Le vere intenzioni di Israele sono state messe nero su bianco da Arnaud De Borchgrave, già direttore ed oggi commentatore del Washington Times (2).

Egli cita «uno dei più importanti ebrei dAmerica appena tornato da Israele».

Questo personaggio, «conversando in privato e non per essere citato», gli ha detto: «Ho parlato con tutti quelli che contano qualcosa in politica, nellesercito, nellintelligence, ho viaggiato in lungo e in largo in Israele e nei Territori, e posso dire che uno Stato palestinese è una pura fantasia. Quelli che contano in Israele sono decisi ad impedire la sua creazione».


Ad Annapolis persino Olmert, dice Borchgrave, aveva parlato di Israele come di uno Stato di apartheid, usando la parola proibita per cui l’ex presidente Jimmy Carter (autore del saggio: «Palestine, peace not apartheid») è stato insultato dall’intera comunità ebraica americana.

Ma tornato in patria, Olmert «ha cambiato registro. Ora dice: spetta ai palestinesi fare concessioni».

La situazione è tale che - udite udite - l’importante anonimo giudeo americano «ha detto una cosa che un numero crescente di ebrei americani stanno dicendosi: che solo una presidenza Bloomberg potrebbe ottenere da Israele le necessarie concessioni».

Infatti, prosegue il giornalista, «i molti amici ricchi e potenti di Michael Bloomberg [il sindaco di New York] sostengono che solo un ebreo può portare la pace in Medio Oriente, come solo un anticomunista come Nixon poteva andare nel 1972 a Pechino a normalizzare le relazioni con Mao».

L’anonimo ricco ebreo, amico di Bloomberg, ha detto al sindaco di New York: «Tu vali 20 miliardi di dollari, potrai pure gettare due miliardi per conquistare la Casa Bianca».

E Bloomberg ha risposto: «Dì pure 40 miliardi, questo valgo oggi».

Effettivamente Bloomberg (34mo nella classifica di Forbes dei 400 più ricchi americani) ha speso rispettivamente 74 e 66 milioni di dollari nelle sue due campagne per diventare sindaco di New York.
«Oggi il fan club dei suoi amici guardano alla data del 18 marzo, quando sperano che scenderà nel ring presidenziale».

Se De Borchgrave ha visto giusto, i caucus e le primarie di questi e dei prossimi giorni sono solo scena.

Dimenticate Obama ed Hillary, lasciamo perdere Ron Paul, Huckabee o Giuliani: il presidente prossimo venturo sarà Michael Bloomberg.

Quello può spendere da 2 a 4 miliardi di dollari (almeno il doppio di tutti gli altri candidati insieme) e dunque, comprarsi il potere supremo a mani basse.

E’ ciò che previde fin dall’inizio il vecchio Lyndon LaRouche: tutto ciò che avviene è una sceneggiata, serve per preparare l’irruzione di Bloomberg (3).

Discendente di ebrei polacchi, Bloomberg s’è fatto le ossa alla Solomon Brothers per 15 anni, lasciandola poi per sviluppare la sua prima azienda, che usava i computer (era il 1982) per fornire dati analitici agli operatori di Wall Street.

Secondo Fortune, Bloomberg ha 250 mila terminali dedicati, che sfornano dati finanziari ed informazioni ad altrettanti clienti, i quali pagano ciascuno 1.500 dollari al mese per il servizio. Bloomberg fa anche programmi di Borsa per almeno 125 stazioni radio e per le televisioni. Insomma è l’uomo in relazione con tutto il mondo dei media e della finanza che conta, dove sono i suoi amici potenti che lo vogliono presidente.

Secondo LaRouche, «lascesa di Bloomberg e del suo impero informativo coincide con il cambiamento di Wall Street e il distacco della finanza dal vecchio stile delle banche dinvestimento al mondo delle cartolarizzazioni e del trading. Bloomberg è contemporaneamente il beneficiario di questo processo e linfrastruttura che lo ha reso possibile».

Con Bloomberg, sarebbe il potere finanziario che conquista apertamente la Casa Bianca.

E il potere ebraico che non ha più bisogno di farsi rappresentare da un noachico né da un Golem, e si sente abbastanza sicuro da governare il mondo con la propria faccia dal ponte di comando della superpotenza.


 Note
1) Ed O'Loughlin  «Israel hiding settlement facts to protect image», Herald, 9 gennaio 2008.2) Arnaud De Borchgrave, «Keeping Palestine in mind», Washington Times, 6 gennaio 2008.

3) The Bloomberg Fascist Campaign Is Taking Off, As LaRouche Warned, LaRouche PAC, 4 gennaio 2008. Bloomberg si presenterà come indipendente. Fra i suoi sostenitori c’è Henry Kissinger.


 
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