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Una «Pearl Arbour» elettronica?
11 Maggio 2010
Un lettore ci segnala questa notizia: «L’ex consigliere di Clinton, esperto di terrorismo: ‘Decine di migliaia di cittadini potrebbero morire in una Pearl Harbor elettronica; con un cyber-attacco l’America può crollare in 5 minuti’. Nel libro ‘Cyber War’, uscito giorni fa negli USA per la firma di Richard Clarke, esperto di controterrorismo con 30 anni di lavoro in agenzie governative sotto quattro presidenti, si dice che decine di migliaia di cittadini potrebbero morire, avvisa Clarke, in una sorta di ‘Pearl Harbor elettronica’, se l’America non si attrezza prontamente contro il rischio di azioni di terroristi-hackers. L’esito potrebbe essere devastante come quello di un ordigno nucleare, paventa Clarke. Lo scenario si apre con il collasso del cervellone del Pentagono, che si trasmetterebbe a catena ai provider di internet. Tra gli effetti possibili: il blocco nel funzionamento sicuro degli impianti chimici, con la fuoriuscita di letali nuvole di cloro e di altre sostanze nocive. Le metropolitane delle maggiori città, da New York a Washington a Los Angeles, impazzirebbero trasformando il sottoterra urbano in un inferno di incidenti, scoppi e incendi, mentre nei cieli, saltati i controlli delle torri aeroportuali, gli aerei in volo sarebbero vittime di collisioni a catena. L’allarme di Clarke non è isolato. In una testimonianza al Congresso in febbraio Mike McConnell, ex capo della National Security Agency, era arrivato a dire: ‘Se dovessimo entrare oggi in un conflitto cibernetico, perderemmo’. E il direttore della CIA, Leon Panetta ha azzardato che ‘la prossima Pearl Arbour sarà probabilmente un attacco informatico». Curioso che si rimandi proprio a Pearl Arbour, no? O questi capoccioni la Storia l’hanno studiata solo sul «sussidiario»? Pellegrino I lettori probabilmente ricorderanno che nel settembre del 2000 un think-tank chiamato «Project for a New American Century» (PNAC) pubblicò un memorandum, inteso per il futuro presidente USA, in cui raccomandava un enorme programma di riarmo onde «creare la potenza dominante di domani». Aggiungeva che però sarebbe stato difficile convincere i contribuenti a finanziare la grande impresa, «senza un evento catastrofico e catalizzatore, come una nuova Pearl Harbor». La Pearl Harbor avvenne un anno dopo, l’11 settembre 2001. In quel documento, un intero paragrafo è consacrato alla lo spazio «e cyberspazio» come nuovo teatro di operazioni:
«E’ oggi comune la consapevolezza che l’informazione e le nuove tecnologie (…) stanno creando una dinamica che minaccia la capacità americana di esercitare la sua superiore potenza militare» (pagina 4).
«(…) Controllo dello spazio e del cyberspazio: come il controllo dei mari aperti e la protezione della navigazione internazionale definiva in passato le potenze globali, così il controllo dei nuovi ‘spazi comuni internazionali’ sarà essenziale per il potere mondiale del futuro. Un’America incapace di proteggere i suoi interessi (...) nello spazio o nella ‘info-sfera’ avrà difficoltà ad esercitare la leadership politica globale» (pagina 51).
«Benchè il processo di trasformazione possa occupare decenni (…) ad un certo punto (…) il combattimento avrà luogo in nuove dimensioni: lo spazio, il cyberspazio, e forse il mondo dei batteri» (pagina 60).
William Kristol
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Il PNAC era fondato da due noti neocon americo-israeliani, Robert Kagan e William Kristol. Fra i suoi aderenti, firmatari dello «statement of principles» del PNAC, erano Elliot Abrams, Dick Cheney, Jeb Bush, Elliot Cohen, Francis Fukuyama, Paul Wolfowitz, Donald Rumsfeld, Lewis Scooter Libby, Steve Rosen, eccetera: quasi tutti poi apparsi nel governo di Bush jr., e architetti della politica militare ed estera (unilateralismo) del presidente.
Robert Kagan
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Molti membri del PNAC aderiscono anche al think-tank «American Enterprise Institute». Fin dagli anni ‘90 il PNAC ha promosso la rimozione violenta dal potere di Saddam Hussein e l’occupazione dell’Iraq. Richard Clarke è un uomo del dipartimento di Stato «esperto» in contro-terrorismo, e probabilmente della CIA, che ha affermato di essere uno dei pochi a conoscere in anticipo «la crescente minaccia rappresentata da Al Qaeda». Ebbe degli scontri con i neocon, era contrario alle guerre infinite di Iraq e Afghanistan, ed ha fatto anche qualche rivelazione che ha disurbato la cricca dei neocon. E’ un sedicente esperto di cyber-terrorismo. Chissà se la sua è una previsione, un auspicio, o un lavoro d’altro genere, fatto per chissà chi. Maurizio Blondet
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