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I semafori «vampiri»
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La truffa dei semafori «intelligenti» (che la gente ora chiama semafori «vampiri») è esplosa sulle pagine di tutti i giornali, mentre in internet le notizie si moltiplicano e si ripetono all’infinito. Viene esibito come un trionfo della giustizia l’arresto del progettista, tale Raoul Cairoli, (ammi-nistratore unico della Ci.Ti.Esse, società distributrice nazionale in esclusiva dei T-Red, e concessionaria in esclusiva per l’Italia dei misuratori di velocità Autovelox 104/C-2). Tanta tecnica sofisticata aveva avuto impulso grazie all’interesse diretto di una folta schiera di persone della pubblica amministrazione: capi dei vigili, assessori, sindaci, dirigenti di società incaricate di riscuotere multe estorte con la frode.

Adesso si sta verificando una rivolta popolare. Forse il Governo dovrà intervenire con un’apposita legge per la restituzione delle multe già pagate, mentre un’altra legge nazionale dovrà stabilire le caratteristiche costruttive e di funzionamento per omologare in futuro questi semafori.

Oggi la tecnica in Italia gode di piccoli momenti di gloria solo se finalizzata a compiere reati. Sistemi miniaturizzati nelle stazioni dei bancomat per carpire i codici dei clienti, prodigi informatici per entrare nei computer delle banche, per falsificare documenti, per stampare denaro falso, sono esempi di questa attività illegale che procede grazie ai progressi della tecnica.

Dal documento del collaudo del T-Red non risulta che sia fissato il tempo di durata del semaforo giallo (che per legge per i semafori normali dovrebbe essere di 5 secondi). Su questo piccolo particolare «tecnico» si sono indirizzate le speranze di uno stuolo di personaggi della pubblica amministrazione per fare cassa.

La privatizzazione, tanto voluta anche dalla sinistra, ha dischiuso un futuro di guadagni insperati. Di questi tempi come si può condannare il desiderio di arrotondare i magri stipendi? Peccato che quegli arrotondamenti siano stati il risultato di una serie di furti e non il corrispettivo della produzione di beni o servizi. A meno che spennare gli automobilisti sia considerato un servizio reso alla società. Alcuni interventi da parte di personaggi, deputati a difendere la vasta categoria degli automobilisti, hanno sollevato un polverone, che alla fine ha smosso anche il cuore duro dei nostri magistrati, probabilmente perché incappati anche loro nel taglieggiamento semaforico nazionale.

«Non si possono più accettare gli abusi commessi con le nuove tecnologie che assicurano flussi di cassa ai Comuni anziché garantire la sicurezza stradale. Siamo sconcertati dal coinvolgimento di istituzioni pubbliche locali in forme occulte di ‘cartello’ a danno degli automobilisti». Così disse il presidente dell’ACI, Enrico Gelpi, intervenendo sullo scandalo dei semafori manomessi.

«Rilevatori ai semafori e autovelox - secondo Gelpi - servono troppo spesso a produrre soldi anziché ad innalzare gli standard di sicurezza. Lo dimostra il fatto che vengono posizionati prevalentemente su strade urbane trafficate e in quelle a scorrimento veloce piuttosto che in corrispondenza di scuole ed incroci pericolosi».

«Oggi non è prevista alcuna sanzione - sottolinea Gelpi - per quei Comuni che non rispettano l’obbligo di reinvestire a favore della mobilità i proventi delle multe. La vicenda dei semafori manomessi evidenzia ancora una volta la necessità di rendere obbligatoria per i Comuni la presentazione di bilanci annuali degli incassi delle multe e dei loro reinvestimenti per la mobilità in sicurezza, con l’introduzione di sanzioni severe e blocco dei trasferimenti statali per chi non rispetta tale obbligo».

Il fatto è che le dimensioni della truffa appaiono già ora molto cospicue: sono indagati finora vigili, funzionari e una trentina di enti locali. Ma sono destinate ad aumentare, e non si tratta del profondo sud ma del virtuoso e leghista nord. Si scopre paradossalmente in queste occasioni una forma di unità nazionale. Al diavolo le differenze regionali. Si è mossa infine anche la Guardia di Finanza che ha individuato un sistema illegale di gestione dei meccanismi elettronici agli incroci. In certi casi il giallo non durava neanche un secondo.

Ma guarda! In fondo non era poi così difficile, bastava mettersi per qualche minuto ad osservare uno di questi semafori «vampiri» muniti di un cronometro, già solo un cronometro, in fondo
anche lui un’altra diavoleria della tecnica inventato da oltre un secolo (adesso poi ce ne sono
elettronici a poco prezzo). Con il cronometro si poteva verificare la durata del semaforo giallo e la scoperta della truffa era già fatta.

Adesso si scopre che gli imprenditori produttori del meccanismo truffa riuscivano sempre a vincere le gare in tutta Italia, con l’aiuto di pubblici ufficiali e amministratori. Ma guarda la forza che viene dalla speranza di arrotondare lo stipendio! Peccato che si tratti di una associazione per delinquere su scala nazionale. Dove questa associazione spontanea ha potuto agire?

Dai piccoli comuni, proprio dove tutti si conoscono ma nessuno parla, sino a Milano, dove sono stati trovati semafori truccati per fare quante più multe possibili, semafori venduti e gestiti da un cartello di imprese che, con l’aiuto di pubblici ufficiali compiacenti, era riuscito a pilotare gare d’appalto in tutta Italia. Con un intervallo di tempo tra il giallo e il rosso in certi casi lungo neppure un secondo la multa era garantita.

I semafori con l’impianto automatico T-Red sono stati piazzati in una serie di incroci strategici su strade di scorrimento veloce, dove la gente era abituata a sforare il giallo anche quando la sua durata era più che sufficiente per attraversare l’incrocio. E’ quanto è emerso dalle indagini avviate tempo fa dal pm di Milano Alfredo Robledo e che oggi hanno portato ad una svolta: la Guardia di finanza, su ordine del gip Andrea Ghinetti, ha arrestato quattro persone, uno in carcere e tre ai domiciliari. Le accuse sono associazione per delinquere e turbativa di commesse pubbliche per una presunta manipolazione di appalti in 29 comuni.

Come si è già detto, a San Vittore, nell’operazione T-Rex, è finito quello che per gli inquirenti sarebbe il promotore del «cartello» e capo del sodalizio: Raoul Cairoli (indicato come l’inventore?) amministratore unico della Ci.Ti.Esse. Agli arresti domiciliari si trovano, invece, Giuseppe Astorri, 51 anni, direttore commerciale della Scae Spa; Simone Zari, 43 anni, socio e amministratore di fatto della Centro Servizi Srl e Antonino Tysserand, 50 anni, amministratore unico della Tecnotraffico Srl e titolare della ditta individuale Tecnologie per il traffico. Sono stati sequestrati dispositivi elettronici in 16 comuni (nelle province di Milano, Como, Varese, Novara, Livorno, Mantova, Viterbo, Roma, Pisa, Firenze, Pistoia, Venezia, Modena, Benevento e Ferrara). Gli accertamenti hanno riguardato 130 Comuni con la denuncia di 21 persone: oltre ai quattro arrestati (per cui si procede anche per subappalto irregolare), risultano iscritti nel registro degli indagati 17 pubblici ufficiali, responsabili nei vari Comuni delle gare di appalto. A quattro di loro sono stati contestati anche l’abuso di ufficio e il peculato.

Dagli accertamenti è venuta a galla che, in accordo con gli amministratori pubblici, venivano invitate alla trattativa privata per l’affidamento della fornitura del sistema semaforico che fotografa l’infrazione soltanto le imprese affiliate al cartello gestito dagli arrestati. In altri casi, invece, venivano inseriti nei bandi di gara requisiti tali da escludere di fatto le aziende estranee al cartello. Il tutto sarebbe avvenuto avvalendosi di pubblici ufficiali, in particolare responsabili della Polizia locale a cui era delegato lo svolgimento delle gare. Diverse associazioni dei consumatori, dal Codacons al Codici, hanno chiesto che a questo punto i prefetti annullino le multe e restituiscano agli amministratori i soldi non dovuti (1).

«Un’associazione per delinquere», così l’ha definita la Procura di Milano. E non potrebbe essere altrimenti, se verranno provate le accuse nei confronti dei funzionari di trenta Comuni e i comandanti della Polizia Municipale che, con la complicità delle aziende incaricate dell’installazione delle apparecchiature elettroniche, avrebbero truccato i semafori. E avrebbero manipolato le gare d’appalto per piazzare il loro diabolico apparecchio fabbrica delle multe, il T-Red. E’ venuta fuori anche l’Italia dei Diritti (2) con un certo De Pierro che ha tuonato: «Vicenda vergognosa, pene esemplari per chi truffa ignari cittadini».

Antonello De Pierro, indignato, sostiene: «E’ una vicenda assolutamente vergognosa. Se il tutto verrà provato e ci sarà una certezza della reiterazione, ci troviamo di fronte ad una situazione che darebbe un colpo molto forte al sistema istituzionale in tema di fiducia nutrita dai cittadini nei confronti delle istituzioni stesse. La posizione dell’Italia dei Diritti, e naturalmente non potrebbe essere diverso, è lo schieramento in toto dalla parte dei cittadini. La vicenda ci fa riflettere sul fatto che circostanze similari possono annidarsi in quelle situazioni che prevedono l’uso di strumenti elettronici, adottati dagli enti locali per la repressione di violazioni più o meno gravi del codice della strada. Non ci resta - conclude De Pierro - che attendere serenamente gli sviluppi prodotti dall’azione della Procura e, se saranno accertate tutte le ipotesi di reato, il nostro auspicio è l’applicazione, senza sconti di sorta, di pene dure ed esemplari per i colpevoli».

Sulla questione interviene anche il responsabile dell’Italia dei Diritti per la tutela dei consumatori, Vittorio Marinelli, il quale afferma: «Si possono riscontrare diverse figure di reato contro la Pubblica Amministrazione e concordo pienamente con la Procura di Milano quando parla di associazione per delinquere. Sono crimini gravi, resi ancora più odiosi dal fatto che tali dirigenti e funzionari, invece di collaborare con la P.A., vanno ad incidere su norme inerenti la sicurezza stradale e sull’interruzione di servizio di pubblica utilità. Si potrebbe anche  riscontrare ed ipotizzare, sulla base della colpa cosciente e del dolo eventuale, il reato di tentata strage. Non dobbiamo dimenticare che, essendo i semafori tarati in modo non corretto, ciò potrebbe comportare gravi ripercussioni sulla vita degli automobilisti e non solo nelle loro tasche».

Ma ora in tutta Italia ci si accorge finalmente della truffa, tutti si danno da fare e nessuno vuole restare indietro nella corsa moralizzatrice (si tratta del soccorso ai vincitori, un classico della psicologia sociale italica). Così anche il centro-Italia scopre i suoi semafori truccati, con le prime notizie che danno una dimensione della truffa, molto probabilmente anche all’origine di qualche incidente sotto qualche semaforo truccato.

T-Red, una grana da 2 milioni di euro. Chi ha pagato ora vuole essere risarcito. Il seguito è riportato integralmente alla nota (3).

Morale

Si tratta di un episodio rivelatore dell’animo di un popolo. Avevamo il sospetto che gli italiani non avessero più neppure un’anima. Invece almeno l’anima ci è rimasta. Cialtroni e miserabili, piccoli e meschini, schiacciati dalla globalizzazione, impauriti dalla tecnica che non esitiamo a definire diabolica, viviamo come estranei tra le meraviglie del nostro passato, assolutamente incapaci di capire il presente. Alcuni continuano a coltivare la speranza di una rinascita. Ma passano gli anni, i decenni ed i secoli e noi sprofondiamo nella miseria, ci trastulliamo con le nostre reciproche rivalse, con le ripicche, alzando steccati ideologici che non ci riparano da nulla.

Dal XVI secolo gli italiani spesero somme enormi per innalzare attorno alle città grandi mura di difesa dalle quali poi nessuno avrebbe combattuto per ostacolare l’ingresso dei nemici. Arrivarono i francesi che dichiararono le mura fuori moda, essendo di intralcio alla loro conquista, e noi ci affrettammo a demolirle compiendo anche inutili scempi urbanistici.

E’ notizia di questi giorni che si sta mettendo a rischio la stabilità della Bergamo alta (una delle pochissime città italiane che ha dovuto conservare le antiche mura) per costruire un grande parcheggio sotterraneo. I proprietari delle case pericolanti gridano per i crolli che vedono imminenti, gli assessori dicono che tutto è in sicurezza.

La cupidigia del denaro è la forza che stravolge la tecnica, costretta a fare opere destinate all’unico fine supremo: quello di produrre denaro.

Professor Raffael Giovanelli



1) 18 settembre 2008, LaRepubblica, Truffa negli appalti dei T-Red in tredici Comuni lombardi
2) 12 ottobre 2008, Italymedia, Truffa semafori, si scatena l’ira di De Pierro
3) «Perugia, 30 gennaio 2009  Sei indagati a Perugia e tre a Spello. L’inchiesta sul T-red arriva come un ciclone in Umbria. La procura di Verona (che indaga da più di un anno) vuol vederci chiaro anche qui. E ha spedito nove avvisi di garanzia a funzionari (e ex) della polizia municipale, amministratori pubblici, dirigenti e imprenditori privati locali. Nell’inchiesta sono coinvolti 80 Comuni, 63 dirigenti di polizia locale, quaranta amministratori pubblici e sei amministratori di società private. Centonove persone in tutto: nove delle quali, come detto, in Umbria. Che per il gip scaligero Sandro Sperandio, il pm Valerio Ardito, i carabinieri di Desio (Milano) e San Bonifacio (Verona) erano tra ‘i furbetti’ del T-red. Le fotocamere che fotografano chi passa con il semaforo rosso furono montate nel luglio del 2006 e fino alla fine di dicembre, nel capoluogo, fecero più di 21mila multe. Una ‘strage’ che portò a una mezza rivolta popolare. Con diecimila automobilisti che hanno chiesto giustizia ai giudici di pace. Da agosto i T-red non ci sono più: al loro posto i Photo R&V. Che per adesso non provocano troppi malumori. La svolta di ieri è prima di tutto con l’arresto di Stefano Arrighetti, amministratore unico dell’impresa Kria di Milano, che è quella che produce il T-red. Secondo la procura di Verona la fotocamera, in sostanza ‘è difforme da quella omologata dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di Roma’. Infatti, è stato accertato proprio nella sede ministeriale, che Arrighetti ha chiesto e ottenuto l’omologazione solo per le telecamere dei T-red e non per le apparecchiature (cioè l’hardware) contenute in un armadio di vetroresina che stava vicino ai semafori. ‘Questi apparecchi però - per la Procura - costituiscono parti fondamentali per il funzionamento del sistema’. Ma l’inchiesta contiene altre accuse: come quella su chi realmente analizzava le foto di chi passava con il rosso. ‘Tutte le infrazioni - scrive l’accusa - sono state accertate dal personale della Citiesse srl di Rovellasca. Questa società ha percepito una percentuale per ogni infrazione rilevata. Solo in un secondo tempo la polizia locale esaminava le immagini già depurate dal privato’. Il Comune di Perugia aveva affidato la partita del T-red all’impresa comasca, tramite trattativa privata e in una fase che è sempre stata definita di sperimentazione. E in questo caso, comunque, parti offese potrebbero essere le amministrazioni comunali poiché le fotografie degli automobilisti ‘indisciplinati’ venivano  esaminate dal personale della Citiesse e non da un pubblico ufficiale. Da qui la seconda ipotesi, concatenata, che ricade invece sulle amministrazioni comunali ritenute passibili di falso in atto pubblico: non c’era un agente di Polizia municipale a verificare i dati degli automobilisti sanzionabili e sono stati comunque rilevati errori di dati e date sui verbali delle contravvenzioni. Questa accusa, però, il Comando perugino l’ha sempre respinta: ‘Eravamo noi a analizzare ogni passaggio con il rosso’ ripetono. Si parla inoltre, sempre nell’inchiesta, della durata inferiore ai quattro secondi del giallo, delle notifiche irregolari (fatte cioè dall’impresa privata e non dalla polizia municipale) e del fatto che il servizio sarebbe stato assegnato in trattativa privata e non con una regolare gara di appalto. Che succede a questo punto? Difficile dirlo. Ma se si accerterà, ad esempio, che davvero mancava l’omologazione, quelle 33mila e passa multe sarebbero nulle. Cioè da rimborsare. Anzi a questo proposito la procura di Verona fa un appello a chi non ha pagato di rivolgersi al giudice di pace e di allegare la perizia che dimostra che l’omologazione non è regolare. Chi invece ha già pagato può sempre rivolgersi al gdp e chiedere un atto di risarcimento. Risultato: nelle casse del Comune sono entrati poco più di due milioni di euro per il T-red. E restituirli sarebbe una ‘grana’ che la prossima Giunta vorrebbe davvero risparmiarsi.
Michele Nucci
La Nazione 30 gennaio 2009»


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