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Il pm che fece condannare un innocente a 13 anni
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Discutere sul pm dell'affaire Ruby, Pietro Forno? Diciamo piut­tosto che è lui che fa discutere di se stesso. E delle sue inchieste. Partia­mo dal più recente passato. Era lo scorso aprile quando il capo del po­o­l specializzato in molestie sessua­li e stupri, se ne uscì con una deva­stante accusa proprio in un'intervi­sta al Giornale : «La lista dei sacer­doti che ho indagato per reati ses­suali non è affatto corta, ma in tanti anni in cui ho trattato l'argomento non mi è mai, e sottolineo mai, arri­vata una sola denuncia né da parte di vescovi, né da parte di singoli preti, e questo è un po' strano. La magistratura quando arriva a in­quisire un sacerdote per questi rea­ti ci deve arrivare da sola, con le sue forze».

Affermazioni gravissime che suscitarono l'immediata rea­zione del ministro Alfano, con il conseguente invio degli ispettori in Procura per trovare adeguati ri­scontri che ancora si cercano. All'«attenzione» che suscita nei suoi superiori, Forno si è abituato da tempo. C'è la storia raccontata in luglio ad Avvenire da Raffaella Lucanto, che si è vista incarcerare il marito e sottrarre la figlia Angela a 7 anni (data in adozione e restitui­tale solo dieci anni dopo ma anco­ra con il cognome dell'altra fami­glia) solo perché una cuginetta, ri­sultata poi disturbata mentalmen­te, si era inventata orge e molestie, alla presenza di suo marito e di uno zio che vive e viveva anche all' epoca dei fatti in Argentina.

Citia­mo testualmente alcune delle di­chiarazioni della signora Lucanto: «Una delle zelanti psicologhe che collaboravano con il pm Forno con il compito di far parlare la bam­bin­a le chiese di disegnare un fanta­smino, lei lo fece ... Fu interpretato come simbolo fallico e mio marito il 26 gennaio del 1996 alle 5 del mat­tino fu trascinato a San Vittore. Non capivamo cosa stesse acca­dendo, eravamo certi che in poche ore l'equivoco si sarebbe chiarito, invece restò in cella due anni e mez­zo ». Quando la bimba esce dall'au­diz­ione protetta avuta con la psico­loga, dice: «La signora mi ha detto che dovevo disegnare un fantasma e chiamarlo pisello». Cambiamo pagina: nel 2001, do­po aver avviato un'istruttoria sul metodo Forno, il Csm decide an­che di valutare l'operato dei suoi consulenti di parte: psicologi che emettono sentenze di condanna inappellabili, ginecologi dai discu­tibili pareri medici, e il rapporto stretto fra la procura milanese e un' associazione di psicoterapeuti.

Do­verose precauzioni perché a di­cembre un taxista milanese, Mari­no Viola, incriminato da Forno e ac­cusato di violenze sessuali sulla fi­glia, viene assolto (dopo che ha tra­scorso due anni e mezzo in carce­re) quando a Forno subentra un al­tro pm, Tiziana Siciliano. Un cam­bio di rotta repentino supportato anche dal legale di Viola, Luigi Van­ni, che segnala parecchie irregola­rità avvenute nel corso delle indagi­ni e confermate dalla requisitoria della Siciliano. Il processo diventa un caso che solleva dubbi sui meto­di adottati da Forno e getta ombre sul lavoro dei periti. Il Csm apre un' istruttoria su richiesta del consi­gliere laico Eligio Resta. Forno si di­fende, accusa i giornalisti di stare dalla parte dei pedofili, annuncia la richiesta di trasferimento, la pro­cura milanese si divide, Francesco Saverio Borrelli lo riconferma ma lui chiede ugualmente di venire tra­­sferito a Torino e là rimane per no­ve anni.

Intanto il Csm prosegue. E deci­de di indagare anche su un altro controverso caso istruito da For­no: il processo Artico. Lorenzo Arti­co, educatore in centri per l'assi­stenza all'infanzia è accusato da Torno di aver abusato di alcuni ra­gazzi. Ha 30 anni quando nel 1997 esce dal carcere di Lodi, ma giusto per venire ricoverato nell'ospeda­le psichiatrico di Codogno. Depres­so e dimagrito di dieci chili ripete sempre e soltanto di essere inno­cente. E i suoi genitori temono che si suicidi. Un anno dopo un intero quartiere di Milano, quello della Barona, si mobilita in sua difesa con manifestazioni, cortei e stri­scioni. Persino un nutrito gruppo di ragazzini decide di scrivere alla Procura per difendere Artico che, tra l'altro, è anche l'allenatore dell' As Barona. In altre parole, grandi e piccoli non credono affatto che Lo­renzo sia colpevole. Nel 2001 in appello, la pena a Lo­renzo Artico viene ridotta a 9 anni e due mesi (dai 13 anni del primo gra­do) quindi, nel 2003, a sei anni dall' inizio della sua odissea, la Cassa­zione annulla la condanna.

Un arti­colo di Repubblica di quegli anni, ripreso anche dal Riformista di ie­ri, riporta le parole dell'avvocato Franz Sarno che con Forno ha avu­to spesso a che fare: «Dopo un po' di anni, chiunque finisce per avere una deformazione. Per vedere pe­dofili e violentatori ovunque». Sessantacinque anni, magistra­to dal 1972. negli Anni '70 e '80 For­no si occupa di terrorismo di de­stra e di sinistra. Passa dai Nar di Francesca Mambro e Giusva Fiora­vanti, a «Prima Linea»' ai «Proleta­ri armati per il comunismo». Poi la svolta, la scelta della sua carriera.

Quella cioè di costituire un pool an­ti- molestie e di mettersi a indagare su quelli che lui ama chiamare «i porcelloni». «Passo per un persecu­tore solo perché nessuno sa quan­te archiviazioni ho chiesto: più del doppio delle richieste di giudizio» ribatte ai suoi detrattori. Che certi dubbi, però, continuano ad averli.

Gabriele Villa

Fonte > Il Giornale



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