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Casa Bianca arruola big di Wall Street per gestire l’emergenza profughi
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L’attentato a Nizza cade a poche ore di distanza dall’ennesimo tentativo americano di rimuovere Assad con l’aiuto della Russia per poi concentrare gli sforzi contro Isis. Ieri notte, quasi a ridosso dell’attentato a Nizza, si è appreso infatti che il segretario di Stato John Kerry ha portato al Cremlino una nuova proposta della Casa Bianca: l’Amministrazione Usa chiede al presidente Putin di bloccare i bombardamenti siriani sui ribelli in modo da far rispettare il cessate il fuoco in cambio di una maggiore cooperazione negli attacchi militari contro le truppe e i territori controllati dal Califfato.

La proposta della Casa Bianca, come era prevedibile, non piace però alle gerarchie militari del Pentagono, la cui posizione resta quella di usare il pugno di ferro contro il regime siriano e in particolare contro Assad: secondo fonti militari raccolte dal Wall Street Journal, i generali Usa temono infatti che la proposta di collaborazione venga interpretata come un cedimento sulla pregiudiziale della rimozione del leader di Damasco. In particolare, secondo gli analisti, la Russia potrebbe alzare la posta sull’avvio della collaborazione militare mettendo sul piatto della trattativa con gli Usa lo stop al «sostegno» accordato dalla Casa Bianca all’esodo dei profughi siriani, sia verso l’Europa sia verso altri Paesi del medio oriente.

Ma ciò che rende ancor più paradossale la posizione americana, che già si trova con una situazione sull’immigrazione caldissima in casa, è che l’Amministrazione Obama ha chiamato a rapporto le multinazionali Usa e le grandi banche di Wall Street per creare una sorta di cordata che si faccia carico del finanziamento di questa operazione in stile “Exodus”: trasporto e ricollocazione negli Stati Uniti (con la qualifica di “rifugiati politici”) di 10.000 profughi siriani entro settembre.

Secondo il Wall Street Journal, i profughi siriani entrati in America al 30 giugno scorso sono poco più di 5.000, ma di cui solo 1.200 hanno già otenuto il visto per risiedere stabilmente in Usa: complessivamente, i rifugiati accolti quest'anno sono 50.000.

Come sempre più spesso accade, insomma, la strategia americana presenta non solo due volti, ma anche un mix di azioni che coinvolgono le imprese private: quando le strategie militari stentano, banche e colossi industriali entrano in campo con le armi più efficaci nella tradizione geopolitica americana, quelle economico finanziarie. Sembra un paradosso, ma nelle truppe di supporto ci sono le banche d’affari protagoniste della speculazione finanziaria dei mutui subprime come Goldman Sachs e Jp morgan, e le grandi società del credito globale come Mastercard e Western Union, che non a caso è specilizzata nel trasferimento di valuta per gli immigrati. Ultime ma non ultime, le grandi firme della new economy e dell’hi-tech Google, Ibm, Linkedin e Tripadvisor .

Goldman Sachs ad esempio ha già versato 4,5 milioni di dollari per migliorare le possibilità di integrazione e impiego dei rifugiati e rendere più ricca la loro conoscenza della lingua inglese. Non solo. Google ha lanciato un programma chiamato “Alphabet” per favorire educazione e formazione dei rifugiati all’uso delle tecnologie per l’informazione: il colosso del web sostiene di poter aiutare l’integrazione di oltre un milione di rifugiati.

Negli Usa, però, c’è anche chi sostiene che non si tratta di sola beneficienza, ma che Google – con questa operazione - stia tirando in realtà la volata alla candidatura di Hillary Clinton alla presidenza degli Stati Uniti: la Clinton, del resto, ha fatto della politica di accoglienza dei profughi un cavallo di battaglia contro Trump.

Per tornare agli altri “partner” dell’operazione “Exodus”, Mastercard ha già preso parte ad altre iniziative di solidarietà promosse dalla Casa Bianca: in Serbia, per esempio, Mastercard ha offerto carte di debito prepagate a 400 rifugiati per un ammontare che si avvicina ai 100.000 dollari.

I tre pilastri su cui si muovono le multinazionali sono : «education, employment and enablement», cioè educazione occupazione, formazione. Del resto, la stessa casa Bianca stima che il 66% dei rifugiati sono in età da lavorativa e che il loro reddito familiare è minore di quello degli altri migranti di ben 3.000 dollari (e di 8.000 dollari rispetto alla famiglia americana media) e a differenza degli altri immigrati sono ben formati e con programmi di integrazione lavorativa potrebbero facilmente entrare nel sistema produttivo statunitense.

L’Amministrazione Obama prevede di aumentare del 30% la spesa per i rifugiati e persino di raddoppiare la spesa per i rifugiati reinsediati in Usa. Nonostante questo impegno profuso delle multinazionali, rimangono seri problemi - secondo l’Unhcr – ancora da risolvere: tra questi, la reperibilità di abitazioni per i rifugiati e i fondi necessari per la distribuzione di cibo e medicine. A Wall Street si fanno una domanda: le risorse finanziarie per tutti i progetti della Casa Bianca sui profughi siriani saranno a carico del contribuente o delle multinazionali? Per Donald Trump, si profila insomma un nuovo cavallo di battaglia su cui lanciare l’attacco finale a Hillary Clinton.

Fonte >  Sole24Ore

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