>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

genocidio_gaza550.jpg
Cronache dal genocidio censurato
Stampa
  Text size
La notizia è passata quasi totalmente sotto silenzio (1): da ottobre, Israele ha bloccato il rifornimento di gas a Gaza, chiudendo l’unico terminale del piccolo gasdotto che riforniva il territorio palestinese, e passa per il varco di Nahal Oz; varco anch’esso chiuso definitivamente.

Il milione e mezzo di palestinesi assediati stanno dunque passando l’inverno senza il fuoco nelle cucine e senza riscaldamento. Numerose panetterie hanno dovuto chiudere per mancanza di combustibile, e così le lavanderie ospedaliere; ogni altra piccola attività economica che richieda il gas è azzerata.

Il poco gas che passa è quello in bombole che i palestinesi fanno arrivare attraverso il varco di Kerem Shalom, un punto di passagio al sud perennemente congestionato, dove i materiali e i rifornimenti transitano col contagocce.

Il lager di Gaza consumava generalmente 6 mila tonnellate di gas in inverno, e 4.500 in estate; oggi ne riceve l’80% in meno. In ottobre sono passate 1.600 tonnellare, in novembre meno di mille, secondo i calcoli dell’Ufficio ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA). Nella seconda settimana di novembre è arrivato nel territorio solo il 3% del fabbisogno, e nella terza il 17%.

Ciò naturalmente aggrava la situazione, già resa disperata dai due anni di blocco di ogni rifornimento non-alimentare: nella città sovraffollata e devastata dai bombardamenti, gli israeliani continuano a vietare l’arrivo di cemento e ferro da costruzione. Anzi, a novembre hanno lanciato ripetuti attacchi aerei (anch’essi passati sotto silenzio) contro alcuni tunnel che venivano scavati per contrabbandare qualche rifornimento. La scusa: ritorsione contro colpi di mortaio. Rivendicati da un ambiguo gruppo salafita Jund Ansar Allah, nato nel 2008 e che combatte soprattutto Hamas (in agosto, la Polizia palestinese ha cercato di stroncarlo armi in pugno): giustamente chiamato «vicino ad Al Qaeda», ossia probabilmente ad «al Mossad».



genocidio_gaza_1.jpg



Favoriti dal silenzio dei media, i sionisti hanno accelerato anche la pulizia etnica all’interno di Gerusalemme. Nell’ultimo anno (2008) il ministero dell’Interno ebraico ha spogliato del diritto di residenza nella città 4.577 abitanti arabi di Gerusalemme Est. Si tratta di un aumento senza precedenti, nota Haaretz (2), ossia 21 volte più spoliazioni di quante siano avvenute nei precedenti 40 anni. Nel quarantennio dal 1967-2007, infatti, «solo» 8.558  residenti arabi sono stati privati del loro diritto.

Questo sopruso speciale richiede qualche spiegazione. Da quando ha occupato Gerusalemme Est nel 1967, il regime israeliano cataloga le centinaia di migliaia di arabi che vi ha trovato (nati e vissuti qui, e le cui famiglie vi abitano da secoli) come «residenti senza diritto di cittadinanza», dato che la talmudico-razzista “Legge del Ritorno” riconosce la cittadinanza solo agli ebrei che provano la loro ebraicità di sangue.

«In pratica, 250 mila arabi che sono da sempre a Geruslemme Est sono trattati come fossero immigrati in Israele, mentre è Israele che li ha occupati 40 anni fa», dice l’avvocato Yotam Ben Hillel del Centro Hamoked (un gruppo per la difesa dei diritti individuali). Ciò significa, per il diritto talmudico, che se uno di questi residenti arabi si assenta dalla sua casa per qualunque ragione (come accade a molti giovani che vanno all’estero a studiare, o a persone che si recano nei Territori Occupati) viene privato automaticamente del diritto di residenza.

Quando un palestinese perde il diritto di residenza, non può tornare a Gerusalemme nemmeno per visitare la famiglia, da cui resta separato per sempre. Inoltre, quei residenti spogliati del diritto di abitare in Gerusalemme in genere non hanno uno stato legale in nessun altro Paese, e (se non ottengono un’altra cittadinanza) divengono apolidi. In molti casi, giovani palestinesi che studiano all’estero non sanno nemmeno di aver perso la residenza, e lo scoprono quando, al ritorno, vengono respinti  alla frontiera del solo Stato razziale rimasto.

E negli ultimi mesi, le spoliazioni di residenza sono state accelerate: il ministero degli Interni sionista ricerca attivamente i presunti «assenti». Come dice Dalia Kerstein, direttrice dello Hamoked: «La revoca delle residenze ha raggiunto un ritmo agghiacciante. L’operazione-repulisti del ministero nel 2008 è parte della direttiva generale, di ridurre la proporzione della popolazione palestinese per mantenere la maggioranza ebraica della città».



genocidio_gaza.jpg



E’ una politica deliberata di «omogeneizzazione etnica», intesa a contrastare la crescita demografica araba accelerando la privazione di diritti dei palestinesi. Tanto più che di per sè la popolazione ebraica di Gerusalemme tende a diminuire: nel 2005, per esempio, solo 10 mila ebrei hanno scelto di abitare a Gerusalemme, mentre 16 mila hanno scelto di traslocare – per lo più sulla costa, dove la vita è più divertente e il controllo sociale attuato dagli estremisti religiosi talmudici meno soffocante. Di fatto, la città santa si riempie soprattutto di ebrei «religiosi», ossia di fanatici haredim  che vogliono instaurare il Regno e ricostruire il Tempio.

Persino l’Unione Europea, in un suo rapporto annuale, ha deplorato Israele per questa politica di espulsione di arabi, che aggiunta alle distruzioni di case palestinesi, ai divieti di nuove costruzione imposti solo agli arabi, e agli insediamenti in espansione in Cisgiordania configura una pulizia etnica; anzi, ammette la UE, un deliberato sforzo di annullare le speranze palestinesi di fare di Gerusalemme Est la loro futura capitale, e «mira a rendere inattuabile la soluzione a due Stati» (sic).

Nessun giornale ha riportato questa rara deplorazione eurocratica. Per contro, i media hanno ampiamente riportato la condanna che l’ADL (Anti-Defamation League of  B’nai B’rith) ha elevato, con vibrato sdegno, contro la Svizzera, dopo il referendum che vieta la costruzione di minareti sul territorio della Confederazione.

«Invitiamo il governo svizzero a vigilare sulla libertà di religione», si legge nel comunicato firmato da Robert Sugarman (presidente nazionale USA dell’ADL) e Abraham Foxman (direttore nazionale): «Non è la prima volta che un voto popolare svizzero promuove l’intolleranza religiosa. Un secolo fa, un referendum elvetico vietò la macellazione rituale ebraica, un chiaro tentativo di espellere la  popolazione ebrea...» (3).

Il persecutore, come al solito, si proclama perseguitato. E il genocida ci fa anche la lezione di civiltà e di morale.




1) «Israel closes sole oil and gas terminal on Gaza border», Christian Science Monitor, 4 dicembre 2009. Il giornale americano è il solo ad aver dato la notizia, che condanna alla morte per fame un milione e mezzo di assediati palestinesi.
2) Nir Hasson, «Israel stripped thousands of Jerusalem Arabs of residency in 2008», Haaretz, 2 dicembre 2009.
3) «In Wake Of Minaret Ban, ADL Urges Swiss Government To Ensure Religious Freedom», comunicato stampa dell’ADL, 1 dicembre 2009. NY, December 1, 2009… The Anti-Defamation League (ADL) today urged the Swiss government to be vigilant in its commitment to ensuring freedom of religion, following a Swiss popular referendum that amended its constitution to ban the construction of minarets. Robert G. Sugarman, ADL National Chair, and Abraham H. Foxman, ADL National Director issued the following statement:  (...) «We urge the government to be vigilant in its defense of religious freedom, even though the SVP is the largest party in the Swiss Parliament and has two of the seven government ministries. The Federation of Swiss Jewish Communities (FSJC) clearly stated its opposition to the initiative before the vote and expressed its disappointment at the result. This is not the first time a Swiss popular vote has been used to promote religious intolerance. A century ago, a Swiss referendum banned Jewish ritual slaughter in an attempt to drive out its Jewish population. We share the FSJC's stated concern that those who initiated the anti-minaret campaign could try to further erode religious freedom through similar means».


La casa editrice EFFEDIEFFE, diffida dal riportare attraverso attività di spamming e mailing su altri siti, blog, forum i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore.


Home  >  Medioriente                                                                                     Back to top

 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità