>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
TUTTI |0-9 |A |B |C |D |E |F |G |H |I |J |K |L |M |N |O |P |Q |R |S |T |U |V |W |X |Y |Z

Archivio Articoli FREE

bibbia_storia
Perchè no a Marcione
Stampa
  Text size
A seguito della discussione apertasi in margine all’articolo «Il Cristianesimo e le altre religioni», molti lettori hanno chiesto chiarimenti sul rapporto tra la Sapienza biblica e la storicità di quanto in essa tramandato.

La Scrittura è un testo storico-teologico ma non storiografico nel senso moderno. Ciò significa che Essa riguarda avvenimenti storici ma li tratta in chiave sapienziale e teologica e non, appunto, storiografica. Ma pur essendo un testo teologico la Bibbia, nonostante in apparenza riprenda, soprattutto nel Genesi, motivi mitologici ben noti alle culture sumeriche, non è affatto un testo «mitico» come, ad esempio, l’Enuma elish babilonese.

Nel testo biblico non ci sono, all’origine del mondo, lotte tra titani e deità o la contrapposizione di «doppi contrari», non c’è la deificazione magica delle potenze della natura e l’uomo non è in balia dell’arbitrio di dèi, emanazioni eoniche di una oscurità abissale non manifestata, dei quali deve rabbonire l’ira magari con sacrifici umani o deve propiziare il favore con offerte rituali anche cruente. In un mondo di magia e di panteismo, la Bibbia, unica, afferma che il sole e la luna non sono deità ma creature. Con questo si apre la strada da un lato all’affermazione della creaturalità, ed alla negazione della divinità del cosmo, e dall’altro al recupero di una sua «sacralità», ma per derivazione creaturale e non per auto-sussistenza. L’universo, in tal modo, può anche essere oggetto di indagine scientifica (se l’universo non è creato, ma è un «dio», è evidente che esso non può essere studiato razionalmente, perché «magico»), ma al tempo stesso deve essere rispettato come dono del suo Autore.

Al di là delle immagini usate, e che cambiano nel corso dei secoli mano a mano che la Rivelazione procede senza per questo cambiare l’essenza del contenuto rivelato (non esiste, ad esempio, un unico racconto della creazione, ma dopo il Genesi, e con immagini diverse, magari più sapienziali, ritroviamo l’idea del cosmo come creazione anche nel libro della Sapienza, nei Salmi e nei Profeti, etc.), il messaggio fondamentale del testo biblico è quello per il quale l’universo ha un inizio e nasce da un atto d’Amore creativo, da un «fiat» che è Parola, Verbo, Progetto, ed ha un fine che è quello della trasfigurazione gloriosa alla fine dei tempi. Per la Bibbia l’universo è fatto per consentire l’esistenza dell’uomo, ossia è fatto per amore dell’uomo.

Ora, questo messaggio, questo contenuto rivelato, è oggi confermato dalla scienza che ha individuato nel cosmo un momento iniziale dal nulla ed una direzione finalizzata alla comparsa della vita intelligente. Il cosiddetto «principio antropico», nella sua formulazione «debole», conferma esattamente quanto il testo biblico, con altro linguaggio, in apparenza mitico nel Genesi, più sapienziale e teologico nei testi detti per l’appunto «sapienziali» come Proverbi o i Salmi, ci ha rivelato.

Certo il mondo non è stato fatto letteralmente in sette giorni, come pretendono i protestanti fondamentalisti e letteralisti (la Chiesa cattolica ha sempre condannato il «letteralismo»). Quel che invece, con il racconto dei sette giorni, il Genesi vuol dirci è che il ritmo settenario rinvia ad un linguaggio cifrato sapienziale che esprime l’armonia cosmico-matematica di un Progetto nato da una Intelligenza Infinita.

Diversi scienziati sono oggi dell’avviso che la descrizione biblica della creazione e quella scientifica dell’origine dell’universo abbiano profonde assonanze quasi si trattasse dello stesso «racconto» secondo linguaggi solo in apparenza distanti ed incomunicabili. Il che non deve farci cadere in un facile ed ingenuo concordismo, anch’esso influenzato dal letteralismo, sul tipo di certo cosiddetto «creazionismo scientifico» di matrice protestante ed americana. L’importante è, però, sempre tenere uniti i due capi dell’unica corda: Sapienza e storicità.

Ho detto, si badi, «storicità», e non a caso. Infatti la Rivelazione, poi codificata nella Scrittura e tramandata dalla Tradizione, ha un carattere sia sapienziale che storico. Ma quando parliamo di storia in rapporto alla Scrittura dobbiamo tenere sempre presente che una cosa è la storicità ed un’altra la «storiograficità» nel senso della moderna indagine storiografica.

Nella Bibbia, soprattutto nella sue parti più antiche, quel che è prevalente è la «storicità», l’essere, come si è detto, a differenza delle culture religiose arcaiche a carattere mitico, una Rivelazione che entra nella storia umana. Non ha importanza l’esattezza storiografica delle date, dei luoghi, dei tempi, come se si trattasse di un moderno testo di storiografia. Quel che ha importanza è la base storica, che è sicura al di là dell’approssimazione storiografica dei riferimenti, letta però, questa base storica, in una chiave tale da trasmettere il senso teologico e sapienziale degli eventi.

Non ha importanza se Abramo provenga effettivamente da Ur dei Caldei o se invece fosse nient’altro che un «hapiru» (da cui pare derivi la parola «ebreo») ossia un tipico nomade semitico dell’area vicino orientale. L’importante è che il contesto della vocazione di Abramo sia storicamente sostenibile, come appunto è quello biblico. La diatriba tra Caino ed Abele rinvia chiaramente alla lotta atavica tra popolazioni agricolo-sedentarie e popolazioni nomadi-pastorali, ma quel che è importante nel testo biblico è l’evidenziazione dell’esito sanguinoso e fratricida del peccato.

Probabilmente il diluvio universale, che è presente quasi fosse un atavico ricordo in tutti i miti antichi, è la memoria di una qualche catastrofe globale, forse dell’esplosione di un «Vei», come i geologi oggi chiamano un supervulcano di gigantesche dimensioni, avvenuta a Sumatra circa 75.000 anni fa (oggi al posto del supervulcano esploso vi è il lago Toba formatosi nell’antica sede del cratere) e che produsse ininterrotte piogge nonché l’ennesima glaciazione ed una sorta di effetto serra su tutto il pianeta, sicché le carestie che ne seguirono per mancanza di sufficiente luce solare sterminarono per fame quasi l’intera popolazione mondiale dell’epoca (si salvarono poche centinaia di persone, adeguatesi a vivere, dopo aver abbandonato le pianure, nelle zone più montuose). Quel che la Bibbia intende sottolineare con la storia del diluvio è che i mali, anche quelli naturali, derivano dall’abbandono, per l’idolatria magica, del vero culto al Dio trascendente. Nella liturgia cristiana poi il Diluvio è diventato simbolo delle acque rigeneratrici del battesimo, che mondano dal peccato.

Non importa che sia esistita davvero una «torre di Babele» così alta da sfiorare il «cielo» perché il racconto biblico ha come sfondo la realtà storica dell’antica Babilonia, con le sue grandi costruzioni templari, che la Scrittura usa per mettere in evidenza la tentazione prometeica dell’uomo post-adamitico il quale crede, anche oggi, di potersi auto-innalzare al Cielo senza la grazia di Dio. Il racconto, in apparenza mitico, della torre di Babele è, a ben riflettere, una nuova formulazione, con immagini diverse che però richiamano lo stesso contenuto teologico, del racconto edenico del peccato originale incentrato sulla suadente tentazione, appunto prometeica, dell’«eritis sicut Dei», del «sarete come Dio», nel quale risuonano a rovescio, però, le parole con le quali, secondo la Rivelazione orale, di cui la Scrittura è solo una successiva codificazione (il che spiega perché molte verità teologiche non sono in Essa ricomprese in forma esplicitamente scritta), l’Arcangelo Michele si oppose a Satana/Lucifero ossia «Chi è come Dio!».

Il racconto della prova cui Dio sottopone Abramo chiedendogli di sacrificare il suo unico figlio, se teologicamente è figura tipologica del Sacrificio del Figlio Venturo, di Cristo, sulla Croce, storicamente rinvia ad un momento nel quale si iniziava da parte dell’umanità ad abbandonare, sebbene lentamente, il sacrificio umano connesso con i riti propiziatori del paganesimo più antico.

Le lotte cruente di Israele con i popoli circumvicini, che spesso scandalizzano, per il fatto che Dio ordina lo «sterminio» dei nemici, anche più di un cattolico tentandolo al marcionismo (ossia al rigetto dell’Antico Testamento in favore del solo Nuovo Testamento), sono l’eco della lotta, che era non solo politica ma anche religiosa, affrontata da Israele per conservare intatto, in un mondo caduto a causa del peccato originale nell’idolatria mitico-immanentista, ossia naturalistica, il deposito della Rivelazione ed impedirne la contaminazione sincretistica con i culti panteistici della fertilità praticati dai vicini popoli pagani: uno sforzo al quale spesso Israele non riesce a tenere fede e, come nel caso di re Salomone, finisce per cedere alla tentazione sincretistica, con conseguenze poi per esso nefaste.

Non importa se Mosé sia stato effettivamente un nobile egizio, anche se la radice del nome indica chiaramente un influsso egizio, ma che egli sia stato profeta del suo popolo. Come non importa se effettivamente gli ebrei non uscirono dall’Egitto già organizzati nelle 12 tribù, organizzazione in effetti tardiva, ed invece emigrarono alla stregua di un’orda nomade tipica del tempo, perché ciò che importa è il significato sapienziale del numero 12, benché radicato nella effettiva realtà storica di un esodo tribale. Il 12 lo ritroviamo successivamente nel numero degli apostoli e nelle stelle che circondano il capo della Donna vestita di sole dell’Apocalisse, ossia della Vergine Maria. Il 12 è il numero simbolico della Universalità.

Si può poi notare come «storicità» e «storiograficità», nel diverso senso dei due termini sopra spiegato, tendano progressivamente a coincidere mano a mano che la Rivelazione procede e si arriva al Nuovo Testamento: l’ambientazione del quale, confermata dai ritrovamenti archeologici e papirologici, è del tutto conforme, negli usi, nei luoghi, nelle persone, a quella della Palestina del I secolo, checché ne pensino gli attardati epigoni dell’ottocentesco veterorazionalismo della «tesi storica» o della «tesi mitica».

Anche nel Vangelo sapienzialità e storicità si presentano sempre unite e mai separate. E se è un errore ridurre l’Antico Testamento al racconto delle gesta più o meno rielaborato, a scopo di propaganda politico-religiosa, di un rozzo popolo di pastori (errore oggi molto diffuso in funzione della contestazione delle pretese sioniste ma, esattamente come queste, viziato dalla stessa prospettiva in fondo ideologica, anche se di segno contrario), è parimenti un errore, speculare e complementare al primo, quello di coloro, magari anche cattolici, che propendono per un’esegesi esclusivamente simbolica, e senza storicità alcuna, dell’Antico Testamento.

Luigi Copertino


Home  >  Storia                                                                                          Back to top


La casa editrice EFFEDIEFFE, diffida dal riportare attraverso attività di spamming e mailing su altri siti, blog, forum i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright ed i diritti d’autore.


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità